Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-07-23, n. 201204206

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-07-23, n. 201204206
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201204206
Data del deposito : 23 luglio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01907/2012 REG.RIC.

N. 04206/2012REG.PROV.COLL.

N. 01907/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1907 del 2012, proposto da:
C A Srl, rappresentato e difeso dagli avv. D V, S A, con domicilio eletto presso D V in Roma, Lungotevere Marzio N. 3;

contro

A S, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge, costituitosi in giudizio;
A S Compartimento della Viabilità Per il Friuli Venezia Giulia;

nei confronti di

Impresa Tomat Spa in persona del legale rappresentante in carica in proprio e quale Mandataria Capogruppo Rti, rappresentato e difeso dall'avv. Alfredo Biagini, con domicilio eletto presso Alfredo Biagini in Roma, via Porta Castello, 33;
Rti-Plona Costruzioni Srl non costituitasi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. del FRIULI-VENEZIA-GIULIA – Sede di TRIESTE-- SEZIONE I n. 00018/2012, resa tra le parti, concernente

AGGIUDICAZIONE APPALTO PER LAVORI DI RIQUALIFICAZIONE ED ADEGUAMENTO FUNZIONALE DELLA SS

52 BIS – RISARCIMENTO DEI DANNI


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’ A S e dell’ Impresa Tomat Spa in proprio e quale Mandataria Capogruppo Rti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, del codice del processo amministrativo;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2012 il Consigliere F T e uditi per le parti gli avvocati Raffaele Izzo in sostituzione di D V, Alfredo Biagini e l’Avvocato dello Stato Daniela Giacobbe;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso di primo grado integrato da motivi aggiunti era stato chiesto dall’ odierna appellante C A S.p.A., l'annullamento del provvedimento, comunicato con nota prot. CTS-0009335-P dd. 5 settembre 2011, con cui l'ANAS aveva aggiudicato in via definitiva all'A.T.I. fra l'Impresa Tomat S.p.A. e Plona Costruzioni S.r.l. l'appalto relativo alla S.S. 52 Bis "Carnica" - lavori di riqualificazione ed adeguamento funzionale della ss 52 bis dal km 7+200 al km. 9+400 in Comune di Arta Terme, di tutti i verbali della Commissione di gara, ed in particolare di quelli relativi al sub-procedimento di valutazione dell'anomalia dell'offerta del R.T.I. Tomat in data 20 aprile, 3 maggio e 5 maggio 2011.

Era stata altresì chiesta la dichiarazione di inefficacia del contratto d'appalto eventualmente già stipulato fra l'ANAS e il R.T.I. fra l'Impresa Tomat spa e Plona Costruzioni srl e la condanna dell'ANAS spa al risarcimento del danno mediante reintegrazione in forma specifica, ovvero, in subordine, per equivalente.

Con successivi motivi aggiunti (formulati in dipendenza della avvenuta proposizione, da parte dell’aggiudicataria odierna appellata di ricorso incidentale) l’odierna appellante aveva anche gravato il Disciplinare della gara d'appalto relativa alla predetta S.S. 52 bis Carnica, nella parte in cui conteneva la disciplina, relativa al contenuto della Busta "C-Giustificazioni" da allegare all'offerta ed il medesimo disciplinare di gara, nella parte in cui stabiliva che "la Stazione appaltante, potrà valutare la congruità di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anomalmente bassa, quando il numero delle offerte ammesse risulti inferiore a 5 (ove esso dovesse essere interpretato nel senso di vietare alla Stazione appaltante di compiere la verifica di congruità delle offerte ammesse, nel caso esse fossero in numero uguale o superiore a 5) nonché del verbale della prima seduta di gara, dd. 30 marzo 2011, nella parte in cui non era stata calcolata la soglia di anomalia e considerata dunque anomala l'offerta del R.T.I. Tomat – Plona.

Ciò in quanto l’ATI controinteressata odierna appellata aveva proposto ricorso incidentale per l’annullamento della prescrizione della lex specialis sulla pretesa inderogabilità dei minimi salariali previsti dalle Tabelle ministeriali ove interpretata nel senso che potesse comportare la immediata esclusione della offerente, e due motivi di censura postulanti la necessità della doverosa preliminare esclusione della odierna appellante.

La originaria ricorrente C A aveva in particolare evidenziato che essa aveva partecipato - in uno con altre 7 imprese - alla gara suindicata ( da aggiudicarsi al prezzo più basso rispetto alla base d’asta).

La lex specialis imponeva la presentazione (già con l’offerta) delle giustificazioni dei singoli prezzi indicati, da verificarsi in sede di valutazione delle offerte anormalmente basse, con la precisazione che “non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge”.

Sul punto, in particolare, il Disciplinare prescriveva che “il costo della mano d’opera deve essere determinato sulla base delle tabelle periodicamente predisposte dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva, …, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale dei diversi settori merceologici e delle diverse aree territoriali”.

Ad avviso della ricorrente, l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara in quanto il sub-procedimento di verifica della congruità della sua offerta (attivato dopo l’aggiudicazione provvisoria) aveva evidenziato la violazione, per quanto concerneva il costo della manodopera, della lex specialis, essendo i valori esposti - relativi agli operai comuni, specializzati e qualificati - inferiori di circa il 19% rispetto ai minimi previsti dalle Tabelle ministeriali.

L’offerta quindi avrebbe dovuto essere ritenuta non congrua e conseguentemente esclusa: in alternativa, si sarebbe dovuta ricalcolare l’offerta tenendo conto dei minimi tabellari previsti, il che avrebbe comportato per l’aggiudicataria un ribasso effettivo del 25,1706% (in luogo di quello dichiarato del 29,1037), quindi superiore al ribasso offerto dalla originaria ricorrente, pari al 28,8880% il che le avrebbe consentito di aggiudicarsi la gara.

Con il proprio ricorso incidentale, la controinteressata Impresa Tomat, spa ( oltre ad avere chiesto l’annullamento della prescrizione della lex specialis sulla pretesa inderogabilità dei minimi salariali previsti dalle Tabelle ministeriali ove interpretata nel senso che potesse comportare la immediata esclusione della concorrente che se ne era discostata) aveva sostenuto che la odierna appellante avrebbe dovuto essere esclusa per non aver allegato alla propria domanda la Busta C (espressamente richiesta a pena di esclusione), contenente le giustificazioni preventive, a nulla rilevando che l’art. 86, comma 5, del D.Lg. 163/06 fosse stato medio tempore abrogato ad opera della L.102/09, (la predetta prescrizione infatti, sanzionata con l’esclusione, era comunque contenuta nel Disciplinare, e non era stata opposta).

Essa aveva parimenti dedotto che, per espressa previsione della lex specialis, neppure si sarebbe dovuta valutare la congruità dell’offerta risultata vincitrice, posto che tale procedura era prevista solo “quando il numero delle offerte ammesse risulti inferiore a 5”, ed in considerazione del fatto che, nella specie, ne erano state presentate sette.

Il Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia ha definito la causa nel merito, respingendo il ricorso principale e conseguentemente dichiarando improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse sia il ricorso incidentale proposto dall’odierna appellata che i motivi aggiunti proposti dall’appellante.

Ciò alla stregua della considerazione per cui, anche avuto riguardo alla prescrizione del disciplinare, il semplice discostamento dalle Tabelle ministeriali non poteva condurre all’esclusione dell’offerta presentata dalla aggiudicataria.

L’ ANAS aveva richiesto (ancorchè su sollecitazione della originaria ricorrente) alla controinteressata giustificazioni in merito al costo del lavoro e la stessa aveva fatto presente, in particolare, che il prezzo del materiale comprendeva anche la fornitura e posa in opera, cosicchè il costo del lavoro si riduceva sostanzialmente alla mera assistenza in cantiere ( ribadendo inoltre che “per una libera valutazione di strategia elaborata in sede di offerta” ha ritenuto di non ottenere utili sulla manodopera).

Dette giustificazioni erano state ritenute congrue dalla S.A. e non contestate, nella sostanza, dalla originaria ricorrente, di guisa che il ricorso doveva essere respinto.

Avverso la sentenza in epigrafe la società originaria ricorrente ha proposto un articolato appello sostenendo che la motivazione della impugnata decisione era apodittica ed errata: ne ha pertanto chiesto la riforma evidenziando che l’amministrazione aggiudicatrice, in sede di prima verifica della congruità dell’offerta non si era affatto accorta dello scostamento (per circa il 19% e per un valore pari a circa 40.000 Euro) dai minimi tabellari (tanto da procedere all’aggiudicazione provvisoria).

Soltanto a seguito della segnalazione dell’appellante (che aveva segnalato che il minor costo pari a circa 40.000 Euro, ove fosse stato invece computato nell’offerta dell’appellata avrebbe comportato la conseguenza che il ribasso da questa offerta si sarebbe collocato dopo quello proposto dalla Cadore -e pertanto quest’ultima si sarebbe aggiudicata la gara- ) in data 11 ottobre 2011 erano stati chiesti chiarimenti sul punto alla impresa appellata.

A tale richiesta l’appellata aveva risposto con nota del 13 ottobre 2011, proponendo una ricostruzione del computo della propria offerta che appariva comunque in palese violazione del disposto di cui all’art. 34 punto 2 lett. c del dPR n. 554/1999

Contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, però, l’A non si era mai pronunciata in ordine a detti “chiarimenti” forniti dall’appellata.

Ne conseguiva che, innanzitutto, ai sensi della prescrizione contenuta nel disciplinare di gara l’impresa aggiudicataria avrebbe dovuto essere immediatamente ed automaticamente esclusa;
a tutto concedere, si sarebbe dovuta valutare la complessiva congruità dell’offerta,alla stregua delle precisazioni fornite dall’appellata;
posto che l’offerta, anche alla luce delle precisazioni fornite dall’appellata, appariva “non congrua”, quest’ultima avrebbe dovuto essere esclusa in quanto anomala.

L’appellante ha poi confutato i motivi di ricorso incidentale proposti in primo grado dall’appellata ed assorbiti dal primo giudice.

Essa ha in proposito sostenuto che la clausola contenuta nel disciplinare di gara ed asseritamente violata dall’appellante (che non aveva allegato alla propria domanda la Busta C contenente le “giustificazioni preventive”) era illegittima in quanto l’art. 86, comma 5, del d.Lgs. 163/06 era stato medio tempore abrogato ad opera della legge n. 102/09.

La prescrizione sanzionata con l’esclusione contenuta nel Disciplinare era frutto di un difetto di coordinamento ed era radicalmente nulla in quanto collidente con le disposizioni comunitarie: in ogni caso era inapplicabile all’appellante in quanto la propria offerta non aveva presentato alcun indice di anomalia.

Secondariamente, la interpretazione del bando di gara patrocinata dalla appellata nel senso che la verifica di congruità sarebbe stata possibile soltanto laddove fossero state presentate ed ammesse meno di cinque offerte era certamente errata, proprio alla luce del disciplinare, che aveva riportato la disposizione di cui all’art. 86 del d.Lgs 106/2003 e succ. mod.

L’appellata ha depositato una articolata memoria chiedendo la declaratoria di inammissibilità ( in quanto nuovi e non antecedentemente proposti) dei motivi di censura avversanti il merito delle giustificazioni dalla stessa presentate con la nota del 13 ottobre 2011 ed ha chiesto la reiezione dell’appello perché infondato riproponendo i motivi di ricorso incidentale già proposti in primo grado ed assorbiti dal primo giudice.

Alla camera di consiglio del 3 aprile 2012 fissata per la delibazione della domanda cautelare la Sezione ha accolto la domanda cautelare sospendendo l’esecutività della impugnata decisione ed ha contemporaneamente fissato la trattazione del merito alla odierna pubblica udienza del 5 giugno 2012.

Con la medesima ordinanza cautelare, la Sezione ha disposto (avendolo ritenuto opportuno ed indispensabile ai fini del decidere) che l’amministrazione appellata trasmettesse copia delle valutazioni da essa rese in ordine ai chiarimenti forniti dall’aggiudicataria in relazione alla nota datata 11 ottobre 2011 chiarendo altresì le proprie valutazioni in punto di affidabilità complessiva dell’offerta (ovvero provvedesse a formalizzare le dette valutazioni trasmettendo copia della relativa relazione) entro giorni 15 dalla comunicazione in via amministrativa ovvero dalla notificazione della ordinanza.

L’Amministrazione ha ottemperato alla detta ordinanza ed ha depositato una nota, sottoscritta dal Capo Compartimento della viabilità A per il Friuli Venezia Giulia, con la quale si è affermato che l’offerta della Tomat SPA odierna appellata era stata ritenuta congrua anche a seguito delle giustificazioni dalla stessa depositata, in quanto, per un verso, era evidente che l’offerta conteneva un mero errore materiale, facilmente riconoscibile, laddove aveva invertito il costo indicato per l’operaio specializzato con quello dell’operaio comune;
sotto altro profilo, la circostanza che i costi erano inferiori ai minimi tabellari previsti, era stato giustificato in quanto era stato dall’impresa applicato il valore tabellare del minimo salariale alla manodopera privato degli incrementi previsti per gli utili e le spese generali (motivando tale opzione con la crisi economica e con la circostanza che essa era nella disponibilità di una grande qualità di materiale, di guisa che poteva comunque rientrare negli utili sull’acquisto dei beni di consumo).

Tali giustificazioni erano apparse congrue alla stazione appaltante, alla luce della circostanza che le spese generali erano motivate nel 10% e della circostanza che in tale genere di gare l’utile di impresa non frequentemente superava la soglia del 5%.


Sia parte appellante che l’appellata controinteressata hanno depositato scritti difensivi successivi al deposito della detta nota da parte della stazione appaltante, ribadendo e puntualizzando le proprie difese.

In particolare, l’appellante ha puntualizzato che, all’esito del deposito della suindicata nota da parte della stazione appaltante era rimasto definitivamente comprovato quanto si era già invano affermato in primo grado (e ribadito in appello): l’appellata amministrazione non aveva svolto alcuna verifica di anomalia in sede infraprocedimentale, per cui risultava ingiustificabile l’affermazione del primo giudice secondo cui le giustificazioni della controinteressata Tomat “sarebbero state ritenute congrue”.

Nel merito, neppure la depositata nota soddisfaceva tale onere: da un canto risultavano carenti le valutazioni in punto di affidabilità complessiva dell’offerta dell’appellata richieste nella più volte citata ordinanza istruttoria;
sotto altro profilo, la “valutazione di congruità” appariva essere piuttosto un apodittico recepimento delle generiche giustificazioni fornite dall’appellata che non aveva chiarito come potesse essere stata idonea a “coprire” l’omessa considerazioni del 20%delle spese generali per la manodopera nell’offerta.

Essa era anche fondata su affermazioni tanto generiche quanto incontrollabili ed incontrollate (ad esempio quella fondata sulla circostanza che l’appellata possedeva un esubero di materiale disponibile presso i propri magazzini).

L’appellante ha poi puntualizzato che era certamente infondata l’eccezione formulata dall’appellata nella memoria da essa depositata il 30 marzo 2012 circa la inammissibilità del primo motivo di appello (asseritamente fondata sul preteso onere dell’appellante censurare già in primo grado, con motivi aggiunti, le giustificazioni tardive fornite dalla Tomat con la nota del 13 ottobre 2011 ovvero il silenzio serbato dall’A).

Essa infatti non avrebbe potuto impugnare (in quanto inesistente) alcun formale provvedimento assunto in sede di verifica della anomalia dell’offerta, e si era correttamente “limitata” a gravare la impugnata decisione nella parte in cui aveva affermato circostanze mai avvenute.

Ha poi chiesto la declaratoria di inammissibilità dei motivi di ricorso incidentale proposti dall’appellata in primo grado e pretesamente riproposti in appello, in quanto l’appellata, nella propria memoria depositata il 30 marzo 2012 si era limitata a genericamente richiamarli, senza riproporne il contenuto.

In ogni caso, i motivi di gravame incidentale erano palesemente infondati.

In ultimo, l’appellante ha riproposto il petitum risarcitorio, chiedendo di subentrare nel contratto in corso di esecuzione.

Alla odierna pubblica udienza del 5 giugno 2012 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1. L’appello principale è infondato e va respinto, dal che discende la improcedibilità dell’appello incidentale.

2. Si ritiene in via preliminare, anche al fine di perimetrare il materiale cognitivo esaminabile dal Collegio ed individuare le doglianze esaminabili, di prendere in esame alcune eccezioni e censure che assumono portata pregiudiziale.

2.1. A tale proposito, è certamente infondata la eccezione di inammissibilità dell’intero appello principale formulata dalla controinteressata appellata nel primo motivo delle proprie memorie datate 29 marzo 2012 e 14 marzo 2012.

Invero l’appellante non aveva alcun motivo ( o, quantomeno, alcun onere, a pena di inammissibilità del gravame) di “censurare” in primo grado le “giustificazioni” fornite alla stazione appaltante dalla controinteressata odierna appellata con la nota del 13 ottobre 2011.

Invero l’impugnazione deve dirigersi, come è noto, avverso provvedimenti amministrativi;
l’appellante avrebbe avuto l’onere, semmai, di aggredire l’eventuale provvedimento formale della Stazione appaltante che, (a conclusione della verifica di anomalia “suppletiva” instaurata anche a seguito della segnalazione dalla stessa inoltratale in ordine al superamento dei limiti tabellari da parte della offerta formulata dalla ditta aggiudicatrice) avesse motivatamente ritenuto congrue le giustificazioni offerte dalla ditta appellata (ovvero l’eventuale diniego espresso a procedere a tale supplemento di verifica).

Soltanto laddove fosse intervenuto un provvedimento formale proveniente dalla stazione appaltante infatti, la Cadore avrebbe avuto l’onere di impugnarlo eventualmente sollevando censure in ordine alle motivazioni del positivo vaglio effettuato dalla stazione appaltante: essa non aveva alcun onere di impugnare l’ atto di parte riposante nella esternazione delle “giustificazioni”.

Tuttavia tale ultimo segmento dell’azione amministrativa, riposante nel vaglio delle “giustificazioni” fornite dalla controinteressata appellata con la nota del 13 ottobre 2011 non era stato osteso.

Di più: all’esito della istruttoria dibattimentale disposta dalla Sezione è emerso che l’appellata amministrazione non aveva provveduto ad emettere alcun formale provvedimento di positivo vaglio in ordine al contenuto della predetta nota del 13 ottobre 2011 indirizzatole dall’aggiudicataria.

Conseguentemente, seppur essendo palese che l’appellata amministrazione, provvedendo ad aggiudicare la gara, avesse ritenuto il contenuto della predetta nota “idoneo” a smentire sospetti di anomalia dell’offerta, la carenza di provvedimento formale sul punto, (oltre a costituire una non secondaria eccentricità procedimentale) esonerava l’appellante dall’articolare ulteriori censure ( si rammenta peraltro che l’art. 34 comma 2 del codice del processo amministrativo stabilisce che “in nessun caso il giudice puo' pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”: a fortiori l’appellante non era tenuta ad articolare doglianze non effettivamente parametrate alla motivazione resa dall’amministrazione appellata in ordine alla nota dalla stessa vagliata).

L’eccezione è pertanto del tutto sfornita di fondamento.

2.2. E’ del pari certamente infondata la eccezione proposta dall’appellante nella propria memoria conclusiva datata 18 maggio 2012 (punto 6) volta a sostenere che l’appellata sarebbe decaduta dalla riproposizione in appello dei motivi di ricorso incidentale proposti in primo grado ed assorbiti dal primo giudice.

Contrariamente a quanto sostenutosi dall’appellante, infatti, l’appellata Tomat, nella propria memoria del 29 marzo 2012, non soltanto ha espressamente dichiarato di volere riproporre i detti motivi di gravame incidentali, ma ne ha anche ribadito la sostanza ( sia pure in forma dialogica, evitando di riproporre pedissequamente il testo contenuto nel mezzo di primo grado, ma) formulando le dette eccezioni in modo da contestare gli argomenti contenuti nell’atto di appello principale della Cadore con i quali se ne era sostenuta la fondatezza.

Tale modo di procedere è non soltanto scevro da qualsiasi profilo di inammissibilità, ma financo encomiabile, in quanto ossequioso del principio di sinteticità degli atti processuali e volto ad evitare di appesantire l’atto di costituzione in appello riproponendo il testo dei motivi di ricorso incidentale assorbiti in prime cure.

Essa ha infatti ribadito le dette doglianze già incidentalmente proposte in primo grado alla luce degli argomenti contrari proposti dall’appellante.

Le dette censure incidentali sono pertanto certamente ammissibili.

3. Ciò premesso, e passando al merito dell’appello principale, è certamente da disattendere il motivo volto a sostenere l’obbligo della stazione appaltante di escludere l’appellata fondato sulla circostanza che l’offerta della medesima con riferimento al costo della manodopera, della lex specialis, si era discostata di circa il 19% rispetto ai minimi previsti dalle Tabelle in materia di costo del lavoro.

3.1. Rammenta in proposito il Collegio, che per costante quanto condivisa giurisprudenza amministrativa tale scostamento non può essere causa di esclusione dell’offerta, fondata sulla presunzione iuris et de iure di inaffidabilità della stessa (proprio a cagione del detto riscontrato scostamento).

Nelle procedure di evidenza pubblica, infatti, un'offerta non può ritenersi senz'altro anomala e comportante l'automatica esclusione dalla gara per il solo fatto che il costo del lavoro sia stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali , che costituiscono non parametri inderogabili ma indici del giudizio di congruità;
invero, affinché possa propendersi per l'anomalia dell'offerta, occorre che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata.

3.2. Si è detto in proposito, infatti, che ( Consiglio di Stato sez. V 28 giugno 2011

n. 3865)“nelle gare pubbliche indette per l'aggiudicazione di appalti di servizi con la p.a., se è vero che le tabelle ministeriali recanti il costo della manodopera espongono dati non inderogabili, si deve altresì convenire che le medesime assolvono ad una funzione di parametro di riferimento dal quale è possibile discostarsi, in sede di giustificazione dell'anomalia, solo sulla scorta di una dimostrazione puntuale e rigorosa, tanto più se si considera che il dato delle ore annue mediamente lavorate dal personale coinvolge eventi (malattie, infortuni, maternità) che non rientrano nella disponibilità dell'impresa e che quindi necessitano, per definizione, di stima di carattere prudenziale.”.

Parimenti, è stato rilevato in passato che devono considerarsi anomale solo le offerte che si discostano in misura rilevante dai valori risultanti dalle tabelle ministeriali . I dati risultanti dalle tabelle de quibus non costituiscono, infatti, parametri assoluti e inderogabili, ma sono ben suscettibili di scostamento in relazione a valutazioni statistiche ed analisi aziendali svolte dall'offerente, che, evidenziando una particolare organizzazione imprenditoriale, rimettono alla stazione appaltante ogni valutazione tecnico discrezionale di congruità. Conseguentemente, è da reputarsi ammissibile l'offerta che da essa si discosti, purché il divario non sia eccessivo e vengano salvaguardate le retribuzioni dei lavoratori, così come stabilito in sede di contrattazione collettiva. (T.A.R. Roma Lazio sez. III 05 dicembre 2011 n. 9570).

3.3. Ciò implica la sicura reiezione della detta corrispondente censura, riproposta nell’appello principale,anche tenuto conto della circostanza che nessuna clausola del bando o del disciplinare imponeva la immediata esclusione della impresa offerente in detta evenienza: in particolare, non certamente in tali termini può essere intesa la prescrizione contenuta al quarto capoverso del punto 2 del disciplinare (rubricato: procedimento di verifica delle giustificazioni ed esclusione delle offerte anormalmente basse) posto che la detta ultima clausola, peraltro in maniera sostanzialmente non perspicua fa riferimento alla non ammissibilità di giustificazioni in relazione“ai trattamenti minimi salariali stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge” e tali non possono considerarsi le tabelle ministeriali in quanto costituenti, come si è prima dimostrato, meri parametri di valutazione e che il bando faceva espresso riferimento, richiamandoli integralmente, agli artt. 86 ed 87 del d.Lgs. n. 163/2006, ratione temporis vigenti .

3.4. Ciò comporta altresì che la verifica giudiziale si incentri sulle ulteriori doglianze sollevate dall’appellante principale, il che investe la verifica svolta dall’amministrazione sull’offerta predetta.

4. L’appellante ribadisce in proposito, da un canto la erroneità delle affermazioni contenute in sentenza secondo cui la verifica di anomalia era stata positivamente espletata – e formalizzata- anche con riferimento alle giustificazioni formulate dalla Tomat con la propria nota del 13 ottobre 2011.

Secondariamente evidenzia che – posto che la detta “valutazione”- in realtà non era mai avvenuta in epoca antecedente alla proposizione del ricorso essa non poteva utilmente avvenire successivamente.

In ultimo, ne contesta l’esito e la complessiva ritenuta affidabilità dell’offerta dell’aggiudicataria da parte della stazione appaltante.

4.1. I primi due profili di censura meritano una breve precisazione: come già chiarito al punto 2.2. della presente decisione, è incontestabile che nessun provvedimento formale di verifica incidente sui chiarimenti forniti dall’appellata con la propria nota del 13 ottobre 2011 fosse stato prodotto in primo grado.

La contraria affermazione contenuta nella sentenza è errata e va quindi rettificata, quantomeno ove riferentesi ad una avvenuta formalizzazione documentale da parte della stazione appaltante del vaglio espletato sulle dette giustificazioni di cui alla nota del 13 ottobre 2011.

Posto che, peraltro, neppure a seguito della ordinanza istruttoria del Collegio è stato prodotto alcun documento risalente ad epoca immediatamente successiva alla ricezione della detta nota da parte della Stazione appaltante, se ne deve presumere che la stessa non abbia formalizzato documentalmente l’esito della propria verifica incentrata sulle giustificazioni di cui alla più volte richiamata nota della Tomat del 13 ottobre 2011.

4.1.1. A fronte di una simile situazione, tuttavia, non può accedersi alla tesi successivamente e conseguenzialmente prospettata dall’appellante, secondo cui detta trasfusione documentale in un documento di una verifica di riscontro alle note non potesse mai più avvenire, e che, di conseguenza, l’aggiudicazione fosse comunque viziata.

Si rammenta in proposito che il vaglio di anomalia costituisce potestà discrezionale affidata alla stazione appaltante e che ai sensi del principio contenuto nell’art. 34 comma 2 del codice del processo amministrativo, laddove questo statuisce che il giudice non può pronunciarsi su poteri non esercitati, essa non avrebbe potuto essere utilmente demandata in sede giudiziale, in carenza di alcuna cognizione di quali fossero state le motivazioni che avevano condotto la stazione appaltante a considerare soddisfacenti i chiarimenti articolati dalla Tomat.

Tuttavia, sebbene costituisca una non irrilevante eccentricità dello svolgimento procedimentale, la circostanza che la verifica antecedentemente espletata e/o implicitamente ritenuta positiva venga successivamente compiutamente esternata non costituisce causa di assoluta e radicale illegittimità, tale da inficiare la disposta aggiudicazione (come peraltro già chiarito dal Collegio nella motivazione della ordinanza istruttoria).

4.1.2.La problematica, quindi, si sposta, sulla valutazione che di tali giustificazioni è stata resa dalla stazione appaltante,e, in ultima analisi, sulla valutazione di affidabilità complessiva della offerta che dalla stessa è stata resa, tenendo conto, sul punto, comunque, di una rilevante circostanza: neppure parte appellante, che richiama principi di matrice giurisprudenziale in materia di rimaneggiamento dell’offerta e di successiva riduzione dei margini di utlle, si spinge ad affermare che l’offerta dell’appellata mancasse di un margine di utile o che questo fosse pari allo zero.

4.2.Sul punto, è bene rammentare che il Collegio non intende discostarsi dai consolidati principi in punto di verifica dell’anomalia delle offerte cui è in passato approdata la giurisprudenza amministrativa.

Si rimarca in proposito che per pacifica giurisprudenza i parametri della illogicità ed arbitrarietà sono gli unici cui deve restare ancorata la verifica giudiziale, a fronte della penetrante discrezionalità amministrativa sia in sede di valutazione dell’anomalia che, a fortiori, di scelta di quali “strumenti” di indagine e verifica avvalersi per dissipare i dubbi di anomalia dell’offerta riconosciuti in capo alla stazione appaltante (ex multis, in merito alla discrezionalità tecnica che assiste il seggio di gara in materia di valutazione dell’anomalia dell’offerta si veda, tra le tante, Consiglio Stato , sez. IV, 05 agosto 2005, n. 4196)

Come è noto,infatti, per evidenti fini di tutela del pubblico interesse, la "ratio" cui è preordinato il meccanismo di verifica della offerta anomala è la piena affidabilità della proposta contrattuale.”(Consiglio Stato , sez. V, 05 ottobre 2005, n. 5315).

Conseguenzialmente alla detta premessa, ancora di recente è stato affermato che “il giudizio di verifica della congruità di un'offerta anomala ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme, con conseguente irrilevanza di eventuali singole voci di scostamento. Altresì, non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, essendo invero finalizzato ad accertare se l'offerta nel suo complesso sia attendibile. In merito al procedimento di verifica dell'anomalia delle offerte, il Giudice Amministrativo può sindacare le valutazioni compiute dalla P.A. sotto il profilo della loro logicità e ragionevolezza e della congruità dell'istruttoria, ma non può operare autonomamente la verifica della congruità dell'offerta presentata e delle sue singole voci, poiché, così facendo, invaderebbe una sfera propria della P.A., in esercizio di discrezionalità tecnica.” (Cons. Stato Sez. III, 26-01-2012, n. 343 ).

Rammenta il Collegio che in coerenza con l’orientamento per cui la verifica di anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, ma mira ad accertare se l'offerta, nel suo complesso, sia attendibile o inattendibile, e dunque se dia o meno serio affidamento circa la corretta esecuzione dell'appalto, ancora recentemente è stato ribadito che (Consiglio di Stato, Sezione Sesta n.4801/2011) il procedimento di verifica è avulso da ogni formalismo ed è improntato alla massima collaborazione tra stazione appaltante e offerente;
il contraddittorio deve essere effettivo;
non vi sono preclusioni alla presentazione di giustificazioni, ancorate al momento della scadenza del termine di presentazione delle offerte;
mentre l'offerta è immodificabile, modificabili sono le giustificazioni, e sono ammesse quelle sopravvenute e compensazioni tra sottostime e sovrastime, purché l'offerta risulti nel suo complesso affidabile al momento dell'aggiudicazione, a garanzia di una seria esecuzione del contratto. (Consiglio Stato, sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3146).

Nei limiti della ragionevolezza (discendente da dati variabili tra i quali va annoverato, anche, anche quello rappresentato dalla complessità dell’appalto, dal valore del medesimo, dal numero delle voci oggetto di rilievo e giustificazioni, etc), non vi sono limitazioni prefissate al potere di verifica della stazione appaltante, e, per altro verso, per la pacifica giurisprudenza infatti non è escluso che si possa procedere in sede di verifica di anomalia ad un limitato rimaneggiamento dei suoi elementi, purché la proposta contrattuale non venga modificata o alterata ( Consiglio Stato , sez. VI, 7 marzo 2008 , n. 1007;
sez. VI, 26 aprile 2005, n. 1889;
sez. V, 11 novembre 2004, n. 7346).

Ciò che rileva è che l’offerta rimanga nel complesso “seria”.

E seria rimane, anche laddove l’utile d’impresa si riduca, purchè non risulti del tutto azzerato.

Si rammenta in proposito che l’art. 87, comma 1, del decreto legislativo12 aprile 2006, n. 163, nella versione antecedente alla modifica introdotta dall’articolo 4-quater, comma 1, lettera c), punto 1), del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 disponeva che, “Quando un'offerta appaia anormalmente bassa, la stazione appaltante richiede all'offerente le giustificazioni, eventualmente necessarie in aggiunta a quelle già presentate a corredo dell'offerta, ritenute pertinenti in merito agli elementi costitutivi dell'offerta medesima”.

L’utilizzo dell’inciso “in aggiunta” consente di rilevare che, purché l’utile di impresa sia indicato e risulti permanere all’esito della verifica d’anomalia, e purché non si registrino indebite “sostituzioni di voci”, anche un eventuale rimaneggiamento dell’offerta appare non soltanto consentito, ma addirittura fisiologico.

Ma ciò che maggiormente giova ribadire, alla luce delle censure proposte dall’appellante, è che, armonicamente con le conclusioni della giurisprudenza (Consiglio Stato, sez. VI, 16 gennaio 2009, n. 215) non può essere fissata, ai fini della valutazione di anomalia delle offerte presentate nelle gare di appalto, una quota rigida di utile al di sotto della quale l'offerta debba considerarsi per definizione incongrua, dovendosi invece avere riguardo alla serietà della proposta contrattuale e risultando in sé ingiustificabile solo un utile pari a zero, atteso che anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio importante (si pensi alle ricadute positive che possono discendere in termine di qualificazione, pubblicità, curriculum discendenti per una impresa dall’essersi aggiudicata e dall’avere poi portato a termine un prestigioso appalto).

4.2.1. Proprio alla stregua delle superiori coordinate esposte, il complesso delle censure prospettate dall’appellante sul punto non persuade il Collegio.

La stazione appaltante, infatti, aveva già espletato una verifica tecnica di congruità sulla offerta prima graduata proposta dalla aggiudicataria;
ed in seno alla detta procedura – se è vero che non si era fatto riferimento alla questione dello scostamento dei minimi tabellari- era stata svolto uno stringente controllo articolatosi nelle riunioni del 20 aprile 2011, 3 maggio 2011 e 5 maggio 2011, laddove la commissione aveva provveduto a segnalare 5 profili meritevoli di approfondimento, per quanto concerneva le lavorazioni, ed una incongruità tra il ribasso medio offerto ed il ribasso risultante applicando i prezzi relativi alle singole analisi (quanto a tale profilo, l’impresa aveva segnalato di avere ridotto il proprio utile dal 12% al 10,04%).

All’esito della detta procedura di verifica, l’offerta era risultata congrua, ed alla luce di tale esito, appare evidente che le ulteriori problematiche concernenti lo scostamento dai minimi tabellari ( alla verifica di detti profili la stazione appaltante si risolse a seguito della “segnalazione” della Cadore, richiedendo alla Tomat le giustificazioni da questa trasmesse con la nota del 13 ottobre 2011), “accedano”, alla prima verifica di congruità tecnica svolta, nel senso che, proprio alla stregua dei principi di matrice giurisprudenziale sopra riportati, ne avrebbero potuto sovvertire l’esito, soltanto laddove avessero condotto ad un risultato tale da condurre ad un azzeramento dell’utile dell’impresa aggiudicataria.

Ciò tuttavia non è avvenuto come sufficientemente ed esaustivamente chiarito dalla stazione appaltante, che ha spiegato per quali ragioni l’utile di impresa nelle suddette gare possa essere ridotto e sia, di media, pari al 5%, quale sia stata l’incidenza dell’attuale stato di crisi sui margini di utile delle imprese partecipanti a simili tipologie di appalti, con una verifica che appare sintetica ma comunque esauriente in relazione ai profili demandatigli, proprio tenuto conto della circostanza che, per altri aspetti, l’offerta prima graduata aveva già formato oggetto di approfondimento tecnico.

Può così essere più chiara la ragione per cui non si ritenne, da parte della stazione appaltante di formalizzare documentalmente tale ulteriore profilo di approfondimento, e, al contempo, risultano prive di fondamento le ulteriori specificazioni delle doglianze in ultimo formulate dall’appellante nella propria memoria conclusiva, laddove non si tiene conto che l’utile valutabile debba essere quello complessivo (e non già quello relativo alle singole voci)e, con affermazioni impingenti sul merito della lata discrezionalità della stazione appaltante ci si spinge ad ipotizzare ulteriori “approfondimenti” (quali quelli relativi alla veridicità delle asserzioni dell’appellata relativa alla propria ampia disponibilità di giacenze di materiale presso i propri magazzini) che semmai, rientravano nella –incensurabile in sede giudiziale- iniziativa della stazione appaltante.

Né, per prendere in esame l’ultimo profilo segnalato dall’appellante, appare persuasiva la notazione secondo cui posto che già una prima volta, in sede di sub-procedimento di verifica dell’anomalia era stata accertata una modesta riduzione dell’utile indicato in analisi, il successivo vaglio sul profilo dello scostamento tabellare avrebbe dovuto tenere conto che, a cagione della ulteriore incidenza sull’utile la offerta avrebbe dovuto essere dichiarata complessivamente inaffidabile, atteso che “sommando” entrambe le riduzioni residua comunque una quota di utile, siccome non contestato neppure dall’appellante.

5. L’appello principale, alla stregua delle superiori considerazioni, deve essere disatteso, con assorbimento delle ulteriori censure formulate volte a contestare l’appello incidentale, e da ciò discende la improcedibilità dell’appello incidentale medesimo.

6. La complessità e parziale novità delle questioni esaminate legittima la integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

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