Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-03-06, n. 201801424
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Pubblicato il 06/03/2018
N. 01424/2018REG.PROV.COLL.
N. 01020/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1020 del 2012, proposto da:
P F M e M R C, rappresentati e difesi dagli avvocati A S e C M, con domicilio eletto presso lo studio C M in Roma, via Panama, 58;
contro
Comune di Sesto Fiorentino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato N G, con domicilio eletto presso lo studio Gian Marco Studio Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE III n. 01283/2011, resa tra le parti, concernente diniego di condono edilizio
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sesto Fiorentino;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2018 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati C M e Franco Gaetano Scoca per delega dell'avv. N G;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 - In data 9 dicembre 1989, P F M e M R C hanno presentato domanda di autorizzazione edilizia per la realizzazione di una piscina, quale pertinenza della propria abitazione sita nel Comune di Sesto Fiorentino, in via delle Croci n. 1, in zona soggetta a tutela paesaggistica (ex legge n. 1497/1939).
2 - Il Comune di Sesto Fiorentino ha concesso il nulla osta ex art. 7 della legge n. 1497/1939, con delibera G.M. n. 747 del 23 aprile 1991, poi annullata dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali con decreto n. 747 del 23 aprile 1991.
3 - Di conseguenza, l'autorizzazione edilizia non è stata più rilasciata ed il Comune, con ordinanza n. 214 del 2 agosto 1991, ha ingiunto ai ricorrenti la demolizione delle opere nelle more realizzate, pur in assenza di concessione edilizia.
4 – Quindi, i ricorrenti si sono avvalsi della riapertura dei termini per il condono straordinario disposto dalla legge n. 724/1994, presentando, in data 24 febbraio 1995, domanda di concessione in sanatoria ai sensi delle leggi n. 47/1985 e 724/1994.
Con provvedimento del 26 febbraio 1996, prot. n. 7 841/95, è stato comunicato il diniego della concessione in sanatoria, comunicando anche il diniego dell'autorizzazione ex art. 7 della legge n. 1497/1939 sulla base del parere espresso dalla C.E.I. nella seduta del 23 gennaio 1996.
5 - Con ricorso notificato al Comune di Sesto Fiorentino il 23 aprile 1996, P F M e M R C hanno impugnato dinanzi al TAR Toscana il diniego di concessione in sanatoria, il diniego di autorizzazione paesaggistica e il parere negativo della C.E.I., chiedendo l'annullamento di tali atti in quanto illegittimi.
6 - Con sentenza n. 1283/2011 del 2 agosto 2011, il TAR Toscana ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato. Avverso tale decisione è stato proposto appello per i motivi di seguito esaminati.
7 – In via preliminare, deve ritenersi infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello, che, secondo il Comune, rappresenterebbe la mera riproposizione dei motivi di impugnazione dedotti in primo grado, senza contenere alcuna critica alla sentenza impugnata in violazione dell’art. 101 c.p.a.
Al riguardo, giova ricordare che il ricorso in appello, ai sensi dell’art. 101 comma 1 c.p.a., deve contenere «l'esposizione sommaria dei fatti, le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata, le conclusioni». L’atto presentato nel caso concreto soddisfa tali requisiti, posto che i motivi di impugnazione, che sono esplicitamente indicati come tali, contengono nella loro formulazione letterale una critica alla sentenza impugnata. E’ inoltre noto che la critica alla sentenza impugnata - che comunque, come detto, nell’atto all’esame del Collegio si ritrova - da parte dell’appellante che sia il ricorrente soccombente in primo grado ben si può risolvere nella riproposizione dei motivi dedotti in quella sede, sull’implicita premessa che il primo Giudice non li abbia correttamente valutati.
8 – Tanto premesso, l’appello è fondato, essendo condivisibili le critiche degli appellanti alla sentenza del Tar, nei punti in cui questa ha ritenuto sufficiente la motivazione del provvedimento di diniego oggetto di giudizio, non essendo viceversa lo stesso fondato su di un concreto e analitico accertamento del pregiudizio ambientale e paesaggistico arrecato dalle opere in questione.
9 - In particolare, con il primo motivo di appello si deduce l’errore di giudizio in ordine al primo motivo di ricorso in cui sarebbe incorso il Giudice di primo grado.
Più precisamente - in disparte le considerazioni circa il fatto che il Comune di Sesto Fiorentino aveva in passato già concesso il nulla osta ex art. 7 della legge n. 1497/1939 con delibera G.M. n. 747 del 23 aprile 1991 - l’appellante sostiene che i provvedimenti adottati in merito alla autorizzazione paesaggistica - sia di carattere negativo, che positivo - debbano sempre recare una motivazione espressa sulla compatibilità dell'intervento con i vincoli gravanti sull'area, non essendo ammissibile - contrariamente a quanto sostenuto dal TAR Toscana nella sentenza impugnata - che un simile giudizio sia ricavabile solo in via implicita.
Inoltre, in merito al giudizio sulla compatibilità dell'intervento, secondo l’appellante, non può rimanere priva di rilevanza la circostanza che la piscina di cui si chiede la sanatoria non sia visibile da alcun luogo pubblico, ma solo dalla proprietà dei ricorrenti o da altra limitrofa. In definitiva, parte appellante censura come l'Amministrazione sia pervenuta ad un giudizio negativo sulla compatibilità paesaggistica, senza valutare la visibilità dell'opera nel contesto ambientale e senza esaminare le specifiche caratteristiche del progetto. Ciò avrebbe dovuto condurre alla dichiarazione di illegittimità degli atti impugnati per difetto di istruttoria e di motivazione;di qui, l'erroneità della sentenza impugnata laddove ha escluso l'esistenza di simili vizi.
9.1 - Come noto, l’Amministrazione dispone di un'ampia discrezionalità tecnico - specialistica nel dare i pareri di compatibilità paesaggistica ed il potere di valutazione tecnica esercitato è sindacabile in sede giurisdizionale soltanto per difetto di motivazione, illogicità manifesta ovvero errore di fatto conclamato. In generale, la giurisprudenza ha affermato che, nello specifico settore delle autorizzazioni paesaggistiche, la motivazione può ritenersi adeguata quando risponde a un modello che contempli, in modo dettagliato, la descrizione: I) dell'edificio mediante indicazione delle dimensioni, delle forme, dei colori e dei materiali impiegati;II) del contesto paesaggistico in cui esso si colloca, anche mediante l’indicazione di eventuali altri immobili esistenti, della loro posizione e dimensioni;III) del rapporto tra edificio e contesto, anche mediante l'indicazione dell'impatto visivo al fine di stabilire se esso si inserisca in maniera armonica nel paesaggio (cfr. Cons. St., sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4899, e 11 settembre 2013, n. 4481, cui il Collegio aderisce).
9.2 - Il provvedimento di diniego all’attenzione del Collegio reca la seguente, testuale, motivazione: "in quanto la realizzazione della piscina per le sue caratteristiche estetico formali contrasta in modo palese con il limitrofo complesso immobiliare, i cui connotati storico-tipologici di valore, propri di un'edilizia inserita in un contesto ambientale paesaggistico-agricolo, impongono un'azione di salvaguardia rispetto alla quale non risulta compatibile il mantenimento della piscina".
9.3 – Nel provvedimento impugnato non vi è neppure la descrizione dell’opera, né il richiamo alle dimensioni della piscina, né alla tipologia dell’opera abusiva, non ritenendosi a tal fine sufficiente l’inciso “per le sue caratteristiche estetico-funzionali” che, secondo il Comune presupporrebbe il riferimento alle dimensioni della piscina e la sua conformazione, in quanto dati già desumibili dalla domanda di condono.
In ogni caso, la motivazione trascura completamente l’illustrazione delle caratteristiche dell’ambiente circostante nel quale si colloca l’opera;né è data alcuna descrizione del “limitrofo complesso immobiliare, i cui connotati storico-tipologici di valore, imporrebbero un’azione di salvaguardia”.
9.4 - Alla luce di tali precisazioni, risulta di tutta evidenza come, nel caso di specie, lo stringato rilievo posto a fondamento del provvedimento di diniego sia del tutto inidoneo a costituire sufficiente supporto motivazionale dello stesso, poiché esso non rende conto in alcun modo: né delle caratteristiche del bene tutelato, né delle specifiche ragioni per cui le opere sarebbero incompatibili con l'ambiente.
Invero, l'Amministrazione non può limitare la sua valutazione al mero riferimento ad un pregiudizio ambientale, utilizzando espressioni vaghe o formule stereotipate, ma tale motivazione deve contenere una sufficiente esternazione delle specifiche ragioni per le quali si ritiene che un'opera non sia idonea ad inserirsi nell'ambiente, attraverso l'individuazione degli elementi di contrasto;pertanto, occorre un concreto ed analitico accertamento del disvalore delle valenze (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 8 maggio 2008, n. 2111).
9.5 – Nel caso di specie, inoltre, la piscina realizzata all’interno della proprietà degli appellanti non parrebbe nemmeno visibile da alcun luogo pubblico.
Al riguardo - seppur la giurisprudenza abbia chiarito che hanno una indubbia rilevanza paesaggistica tutte le opere realizzate sull’area sottoposta a vincolo, anche se non vi è un volume da computare sotto il profilo edilizio (Cons. St., Sez. VI, 20 giugno 2012, n. 3578), ed anche se si tratta di una piscina (Cons. St., Sez. VI, 2 marzo 2011, n. 1300), poiché le esigenze di tutela dell’area sottoposta a vincolo paesaggistico possono anche esigere l’immodificabilità dello stato dei luoghi (ovvero precludere una ulteriore modifica) – doveva ritenersi doverosa una specifica valutazione di tale aspetto legato alla visibilità (o meno dell’opera), poiché per la tutela dell'ambiente e del paesaggio è essenziale che le valutazioni amministrative risultino consapevoli della concreta incidenza delle opere sul contesto ambientale e della irreversibile riduzione dei tratti naturali esistenti e di quelli percepiti (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 23 maggio 2006, n.3079).
10 – In definitiva, l’appello è fondato e, in riforma della sentenza del Tar Toscana n.1283/2011, deve trovare accoglimento il ricorso di primo grado con annullamento dei provvedimenti ivi impugnati.
11 – Le spese di lite, considerata la complessità della vicenda, devono essere compensate.