Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-12-09, n. 202210788

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-12-09, n. 202210788
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202210788
Data del deposito : 9 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/12/2022

N. 10788/2022REG.PROV.COLL.

N. 10382/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10382 del 2015, proposto da
Real Lab S.r.l., Mepa di Pavoni Morena e C S, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dagli avvocati A L e P R, con domicilio eletto presso lo studio P R in Roma, via Appia Nuova 96;



contro

Comune di Sirmione, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati F B, G S, S V e P R, con domicilio eletto presso lo studio P R in Roma, via Marcello Prestinari, 13;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia, Sezione Prima, n. 606/2015.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sirmione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2022 il Cons. Ugo De Carlo e viste le conclusioni delle parti presenti, o considerate tali ai sensi di legge, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

1. Le società appellanti hanno impugnato la sentenza indicata in epigrafe, che aveva respinto il ricorso avverso il provvedimento dell’ufficio tecnico del Comune di Sirmione che aveva espresso parere contrario all'adozione del Piano Esecutivo Area Commerciale Ovest A17, con la conseguenza che non era stato neanche discusso in Consiglio Comunale.

2. Le società sono proprietarie di terreni ubicati ai limiti dell'edificato di Sirmione in una vasta area che rientra nel vigente P.G.T. in un ambito di trasformazione denominato "Colombarola" la cui scheda A17 del Documento di Piano prevede come uso ammesso il commercio al dettaglio limitatamente agli esercizi di vicinato.

Le società, ritenendo che, per effetto delle sopravvenute normative in tema di liberalizzazioni delle attività economiche, fosse possibile prevedere la creazione di strutture per la media distribuzione, presentavano domanda di piano attuativo.

Nonostante il positivo esito dell’istruttoria urbanistica anche per quanto riguardava il parere paesaggistico, il parere tecnico finale era negativo perché la destinazione ammessa dal P.G.T. era esclusivamente quella commerciale per esercizi di vicinato di superficie non superiore ai mq. 150, circostanza che precludeva anche l’esame da parte del Consiglio comunale.

3. La sentenza impugnata ha innanzitutto respinto la censura di incompetenza sollevata nei confronti del funzionario che aveva sottoscritto l’atto impugnato poiché l'art. 14, comma 1, ultima parte della l. r. 12 del 2005 prevede che l’esito negativo della fase istruttoria pone termine al procedimento di adozione dei piani attuativi e loro varianti. Inoltre i provvedimenti pianificatori non prevederebbero il preavviso di rigetto ex art. 13 l. 241 del 1990.

Nel merito l’effetto abrogativo delle norme che hanno liberalizzato il commercio riguarda quelle con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico. Pertanto le norme di piano che impediscono di aderire alla richiesta delle ricorrenti non sono implicitamente venute meno per effetto della novella legislativa né si è verificata un’illegittimità sopravvenuta delle stesse. Le limitazioni per categorie delle attività commerciali insediabili sul territorio è tuttora possibile, purché ciò sia giustificato da ragioni urbanistiche e non da fini di dirigismo economico.

4. L’appello è articolato sulla scorta di cinque motivi.

4.1. Il primo sostiene che l’interpretazione dell'art. 14, comma 1, ultima parte della l. r. 12 del 2005 espressa dal primo giudice sia erronea in quanto la possibilità di concludere il procedimento prima dell’intervento del Consiglio comunale è possibile solamente quando chi presenta la domanda non produce la documentazione necessaria o non modifica il progetto nel senso richiesto.

Nel caso di contrasto tra la proposta di piano attuativo e lo strumento urbanistico è, invece, necessaria una decisione da parte del Consiglio Comunale che, laddove lo ritenga opportuno, può variare le previsioni urbanistiche vigenti. Infatti il responsabile del procedimento, dopo aver rilevato il contrasto del piano attuativo con il PGT vigente, rimetteva la decisione al Consiglio Comunale con conseguente illegittimità della decisione di togliere dall'ordine del giorno del Consiglio Comunale stesso l'adozione del piano. Oltretutto il contrasto con le limitazioni di P.G.T., da subito colto in fase istruttoria, non aveva impedito l'espressione di pareri urbanistici e paesaggistici favorevoli.

4.2. Il secondo motivo contesta che il provvedimento impugnato potesse considerarsi fuori del campo di applicazione dell’obbligo del preavviso di rigetto.

L’art. 13 l. 241 del 1990 si rivolge ai soli atti a contenuto generale, non riferibili a soggetti determinati e non avviati ad istanza di parte.

La richiesta di approvazione di un progetto specifico e dettagliato, da parte dei proprietari di un fondo non è in alcun modo assimilabile all'emanazione di atti di pianificazione, ma può equipararsi all'approvazione di un permesso di costruire.

4.3. Il terzo motivo denuncia un incompleto esame del terzo motivo del ricorso dinanzi al T.a.r.

Dal momento che l’art. 3 d.l. 138/2011 esclude l’effetto abrogativo delle normative che ponevano limiti alle attività commerciali solo quanto alle norme indispensabili per la protezione della salute umana, la

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