Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-09-12, n. 201304519

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-09-12, n. 201304519
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201304519
Data del deposito : 12 settembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04767/2005 REG.RIC.

N. 04519/2013REG.PROV.COLL.

N. 04767/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4767 del 2005, proposto da:
Azienda Ospedaliera “Ospedale San Gerardo” di Monza, rappresentata e difesa dagli avv. R M e F L, con domicilio eletto presso F L in Roma, via del Viminale, 43;

contro

G M G, M M, M U, D S A, C M, C A, S C, T N, D E, P A, B R, B G, C A, D A, L G, P M F, G E, L P, L G, C R;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, SEZIONE II, n. 00182/2005, resa tra le parti, concernente accertamento diritto a percepire l'indennità di fine servizio.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2013 il Cons. Pierfrancesco Ungari e udito per la parte appellante l’avvocato Sasso su delega di Lorenzoni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Gli appellati erano dipendenti dell’Ospedale San Gerardo (dapprima ente ospedaliero, poi passato alla USL 64 di Monza, quindi costituito in Azienda ospedaliera), in servizio da prima del 1966 e cessati dallo stesso dal 1992 al 1995. Al momento della cessazione hanno ricevuto il pagamento dell’indennità di fine servizio prevista dall’art. 191 del Regolamento generale amministrativo dell’Ospedale.

La legge 152/1968, nel vietare alle Amministrazioni di prevedere trattamenti supplementari di fine servizio e pensionistici ai propri dipendenti, aveva fatto salvi quelli deliberati entro il 1 marzo 1966, limitatamente al personale in servizio a tale data.

La vigenza dell’art. 191 è stata confermata, tra l’altro, dalla delibera della USL 64 n. 52 in data 27 novembre 1985 e dalla delibera dell’Azienda ospedaliera n. 945 in data 7 ottobre 1996.

Tuttavia, detta ultima delibera, oggetto di rilievi da parte del Collegio dei revisori, è stata revocata in via di autotutela con delibera commissariale n. 142 in data 17 febbraio 1997 (sulla base della considerazione che l’art. 191 del regolamento doveva considerarsi inefficace sin dalla cessazione dell’ente ospedaliero e del passaggio del personale al SSN).

Cosicché, con nota prot. 754 in data 26 febbraio 1997, l’indennità di fine servizio ex art. 191 è stata negata ai ricorrenti;
e con nota prot. 1040 in data 19 marzo 1997, è stato loro comunicato il recupero delle somme corrisposte.

2. I dipendenti hanno adito il TAR Lombardia che, con la sentenza appellata (Milano, II, n. 182/2005), pur sottolineando che il d.P.R. 761/1979 aveva soppresso tutte le voci di fondi integrativi esistenti presso gli enti soppressi e che pertanto una volta disciolto l’ente ospedaliero e confluito il personale nel SSN non vi era più alcun titolo per legittimare la concessione di trattamenti di fine rapporto integrativi, ha accolto il ricorso affermando che:

- il diritto al trattamento in questione, in coerenza all’art. 17 della legge 152/1968, era stato riconosciuto dall’Azienda ancora nel 1996, dopo la cessazione dei ricorrenti dal servizio, e quindi le loro situazioni giuridiche risultavano ormai consolidate e intangibili al momento della revoca in autotutela;

- è illegittimo il recupero di somme corrisposte indebitamente, in presenza di un’attiva partecipazione della P.A. nel compimento dell’ “errore” ed in assenza di addebiti contestabili al dipendente.

3. Appella l’Azienda ospedaliera.

Sottolinea che il d.P.R. 761/1979, disponendo agli artt. 74 e 76 l’iscrizione obbligatoria del personale alla CPDEL ai fini del trattamento di fine servizio e di quiescenza con riconoscimento del servizio prestato presso gli enti di provenienza, ha abrogato l’art. 17 della legge 152/1968.

E che, d’altro canto, si tratta di un fondo alimentato dall’ente ospedaliero, senza contribuzioni dei dipendenti.

I ricorrenti in primo grado sostenevano che l’abrogazione delle norme regolamentari non spiegherebbe effetti nei loro confronti, in quanto erano transitati nel Presidio Ospedaliero Multizonale “Ospedale San Gerardo di Monza”. Ma, ribatte l’Azienda, esso era una di quelle strutture organizzative istituite dalla regione, in base all’art. 18 della legge 833/1978, in relazione a finalità specifiche e a caratteristiche tecniche e specialistiche, ed operava pur sempre nell’ambito della USL, alla quale era attribuita la gestione, e comunque al personale dei Presidi Municipali in base all’art. 10 della l.r. Lombardia 41/1984 si applicava il d.P.R. 761/1979.

Anche la richiesta subordinata, relativa al trattamento di fine servizio ipoteticamente maturato all’entrata in vigore del d.P.R. 761/1979 era dunque infondata, mancando proprio la norma regolamentare al momento (della cessazione del rapporto) in cui il diritto sarebbe maturato.

In ogni caso, la pretesa era prescritta, per decorrenza dei cinque anni dal d.P.R. 761/1979, o comunque dalla cessazione dell’ente ospedaliero e dal definitivo passaggio dei ricorrenti al SSN (16 settembre 1986).

Quanto al recupero dell’indebito, costituisce per la P.A. attività doverosa, e la buona fede del percipiente influisce solo sulle modalità del recupero.

4. Gli appellati non si sono costituiti in giudizio.

5. L’appello è parzialmente fondato e va accolto nei limiti appresso indicati.

5.1. L’art. 17 della legge 152/1968 ha previsto che « E’ fatto divieto alle amministrazioni degli enti locali di corrispondere trattamenti supplementari di fine servizio e pensionistici in favore dei propri dipendenti in aggiunta al trattamento dovuto dagli enti previdenziali cui il personale medesimo è iscritto per legge. I trattamenti supplementari e pensionistici deliberati dagli organi competenti a favore del personale degli enti locali entro il 1° marzo 1966 e debitamente approvati dagli organi di tutela sono mantenuti limitatamente al personale in servizio a tale data (…)».

L’art. 70 del d.P.R. 348/1983 ha stabilito che « A decorrere dall'entrata in vigore del decreto che approva il presente accordo, cessano di avere efficacia nei confronti del personale confluito nel comparto sanitario le norme specifiche dei settori di provenienza ».

Con riferimento a tali disposizioni, la giurisprudenza ha affermato che i trattamenti supplementari previsti dall’art. 17 della legge 152/1968 sono stati mantenuti in favore del personale in servizio alla data del 1° marzo 1966 sino all’entrata in vigore del d.P.R. 348/1983, che ha previsto che, a decorrere dall’entrata in vigore del medesimo, cessano di avere efficacia nei confronti del personale confluito nel comparto sanitario le norme specifiche dei settori di provenienza, ed ha, quindi, riconosciuto il diritto al trattamento supplementare fino all'entrata in vigore della norma regolamentare (20 luglio 1983), ma non oltre (cfr. Cass. lav., 17 maggio 2010, n. 11983;
15 giugno 2010, 14333;
7 settembre 2006, n. 19234;
SS.UU. , 28 ottobre 2009, n. 22750;
vedi anche CGA, 4 luglio 2007, n. 545).

In altri termini, i trattamenti ex art. 17, cit., ove siano stati deliberati dagli organi competenti entro il 1° marzo 1966 a favore dei dipendenti sanitari e debitamente approvati dagli organi tutori, sono mantenuti nei riguardi di detto personale in servizio a tale data e non vengono meno per effetto dell’art. 70, cit., in quanto quest'ultimo non comporta la perdita del beneficio già validamente acquisito, ma esclude la conservazione dello stesso per i periodi svolti successivamente presso un’amministrazione diversa dall’ente ospedaliero di provenienza (cfr. CGA, 2 marzo 2009, n. 65).

5.2. Pertanto, non essendo contestati gli altri presupposti previsti dalle citate disposizioni, il trattamento previsto dall’art. 191 del regolamento spettava, sulla base di un calcolo dell’anzianità riferito alla data 20 luglio 1983, ed era stato interamente maturato dagli appellati, nel momento in cui (vigendo la norma regolamentare) essi sono cessati dal servizio ed hanno ottenuto la corresponsione delle relative somme.

Trattandosi di ripetizione di quanto erogato, non rileva la prescrizione del diritto al trattamento supplementare (peraltro, divenuto esigibile solo al momento della cessazione dal servizio).

5.3. Tuttavia, dalla delibera n. 945/1996, si evince che, nei confronti dei dipendenti in essa considerati, era stato riconosciuto il diritto al trattamento di fine servizio previsto dall’art. 191 del regolamento “ maturato al 16.9.1985, data di cessazione dell’Ente Ospedaliero, differendo la erogazione dello stesso alla data di effettiva cessazione dal servizio da parte di ciascun dipendente interessato ”, stabilendo altresì di procedere con le stesse modalità nei confronti del “ restante personale avente titolo ” (tra cui, gli odierni appellati) al momento della cessazione dal servizio.

Per la parte calcolata considerando il periodo successivo al 20 luglio 1983, ed erogata in tal misura (deve presumersi, in assenza di contrarie deduzioni) agli appellati, il trattamento non spettava.

5.4. Quanto alla ripetibilità delle somme eccedenti, la giurisprudenza è consolidata nel senso che, in caso di indebita erogazione di denaro ad un pubblico dipendente l’affidamento di quest’ultimo e la stessa buona fede non sono di ostacolo all’esercizio da parte dell’Amministrazione del potere-dovere di recupero ed essa non è tenuta a fornire un’ulteriore motivazione sull'elemento soggettivo riconducibile all’interessato;
di conseguenza il solo temperamento al principio dell'ordinaria ripetibilità dell’indebito è rappresentato dalla regola per cui le modalità di recupero devono essere, in relazione alle condizioni di vita del debitore, non eccessivamente onerose, ma tali da consentire la duratura percezione di una retribuzione che assicuri un'esistenza libera e dignitosa (cfr. Cons. Stato, V, 18 dicembre 2012, n. 6505;
III, 10 dicembre 2012, n. 6287;
IV, 20 settembre 2012, n. 7043). Di quest’ultimo profilo non viene fatta questione.

5.5. Considerato l’esito della controversia, sembra equo confermare la compensazione delle spese di giudizio.

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