Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-07-12, n. 201703427

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-07-12, n. 201703427
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201703427
Data del deposito : 12 luglio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/07/2017

N. 03427/2017REG.PROV.COLL.

N. 09793/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9.793 del 2016, proposto da
AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Minardi Giorgio e Molinari Michela, in proprio e quali legali rappresentanti della Società Agricola Minardi S.S., rappresentati e difesi dall'avvocato C B, domiciliati ai sensi dell’art. 25 c.p.a. presso la Segreteria della III Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna - Sezione Staccata di Parma, Sezione Prima, n. 181/2016, resa tra le parti, concernente comunicazione AGEA - regime quote latte;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Minardi Giorgio e di Molinari Michela, in proprio e quali legali rappresentanti della Società Agricola Minardi S.S.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2017 il Consigliere O L e uditi, per l’appellante, l'Avvocato dello Stato Maria Vittoria Lumetti e, per gli appellati, l’Avvocato C B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Emilia Romagna – sezione staccata di Parma, gli odierni appellati hanno impugnato, chiedendone l’annullamento, previa istanza di sospensione, la comunicazione AGEA CPR65-04156071-P, contenente l’esito dei calcoli di fine periodo della campagna lattiera 2014/2015 e la contestuale comunicazione del prelievo supplementare imputato per le eccedenze produttive realizzate.

In particolare, i ricorrenti hanno formulato quattro motivi di censura:

1) Violazione di legge per difetto di motivazione ex articolo 3, L. 241/1990, in ordine alle modalità di calcolo del prelievo supplementare imputato al produttore.

2) Violazione dell’articolo 9, L. 119/2003, in ordine alle modalità di calcolo dell’importo del prelievo supplementare da restituire ai produttori.

3) Violazione di legge per difetto di motivazione ex articolo 3, L. 241/1990, in ordine alle modalità di calcolo del prelievo supplementare da restituire ai produttori.

4) Violazione dell’articolo 3, L. 119/2003, in ordine alla mancata revoca e riassegnazione delle quote latte individuali.

Si è costituita in giudizio l’AGEA, per resistere al ricorso avversario.

Con successivo atto per motivi aggiunti i ricorrenti hanno formulato i seguenti ulteriori motivi:

5) Violazione dell’art. 1, comma 214, L. 190/2014, in merito al quantum del prelievo supplementare in eccesso destinato al fondo per gli investimenti nel settore lattiero-caseario e non restituito ai produttori in esubero.

6) Violazione dell’articolo 9, L. 119/2003, in merito all’ordine dei criteri di priorità nella restituzione del prelievo supplementare.

AGEA ha dimesso una propria memoria, con la quale, però, apparentemente per errore, ha dedotto una serie di argomentazioni riferite ad un caso di impugnazione di cartelle di pagamento che non ha nulla a che fare con la controversia sub iudice ,

Il Tribunale amministrativo regionale ha quindi accolto il ricorso, ritenendolo fondato “sotto i profili dedotti da parte ricorrente e già posti a fondamento della sua precedente ordinanza istruttoria, aventi carattere assorbente” , ovvero “il primo, in relazione al difetto di motivazione con particolare riferimento ai criteri applicati per la determinazione del quantum richiesto, al calcolo della percentuale del 5% sull’importo da restituire (in relazione al secondo motivo di gravame), alla quota destinata al fondo per gli investimenti nel settore lattiero caseario (in relazione al quinto motivo di ricorso) ed al criterio di priorità applicato (in relazione al sesto motivo di ricorso)” .

Avverso tale decisione, AGEA ha interposto gravame, chiedendo “l’annullamento” della sentenza, con conseguente rigetto dell’originario ricorso.

Si sono costituiti in giudizio gli appellati che, in via preliminare, hanno chiesto la dichiarazione di inammissibilità del gravame, per la violazione del combinato disposto degli articoli 38 e 40, c.p.a. (violazione del dovere di specificità dei motivi di impugnazione) e, nel merito, hanno concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

Il Collegio ha dapprima accolto l’istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata e, all’udienza del 22 giugno 2017, ha trattenuto la causa in decisione.

Per motivi di ordine logico-sistematico va innanzitutto affrontata l’eccezione di inammissibilità dell’appello, la quale non merita accoglimento.

Sul punto va rilevato che, se è vero che il combinato disposto degli articoli 38 e 40, comma 1, lett. d) c.p.a. prevede la necessaria esposizione di motivi specifici su cui si fonda l’appello, va comunque dato atto che la giurisprudenza non richiede l’impiego di formule sacramentali, ma ammette che le censure possano essere dedotte anche dal contesto dell’atto di gravame e dai fatti esposti nelle premesse dello stesso, purché il giudice del gravame sia posto nelle condizioni di comprendere con chiarezza i principi, le norme e le ragioni per cui il primo giudice avrebbe dovuto decidere diversamente.

Ebbene, nel caso, di specie, tali condizioni possono ritenersi senz’altro sussistenti.

L’appellante, infatti, dapprima espone la parte di motivazione della sentenza che intende impugnare e, in seguito, deduce le argomentazioni per cui ritiene non condivisibili le conclusioni cui è giunto il primo giudice. In particolare, per quanto riguarda il primo motivo di ricorso accolto, deduce che “per quanto attiene al provvedimento finale degli importi dovuti, il suo contenuto è scaturito da mere operazioni aritmetiche …” e che “… non può ravvisarsi, nel caso di specie, la violazione dell’obbligo di motivazione, di per sé affievolito dalla natura vincolata dei provvedimenti adottati da AGEA, in pedissequa applicazione della puntuale normativa e operando solo dei calcoli matematici per determinare lo specifico contenuto della singola comunicazione” . La stessa constatazione, poi, permette di ritenere utilmente gravato anche l’accoglimento del secondo motivo di ricorso da parte del giudice di prime cure, attinente alla presunta falsa applicazione dell’art. 9, commi 1 e 2 della L. 119/2013. Per quanto riguarda il quinto motivo di censura accolto dal primo giudice, l’appellante deduce, invece, che “pertanto, esclusa l’illegittimità nel calcolo dell’esubero, non residuano ostacoli all’applicazione, da parte del legislatore nazionale, dell’art. 84 del Regolamento, che consente l’imputazione del prelievo eccedente l’esubero al finanziamento delle misure di cui all’articolo 75, par. 1, lett. a), del Reg. n. 1.234/07, da cui consegue la conformità all’ordinamento comunitario della destinazione dell’esubero, in linea con la giurisprudenza formatasi in relazione ad analoghe, precedenti previsioni del legislatore” . In relazione alla decisione del giudice di primo grado circa il sesto motivo di ricorso, l’appellante sostiene, invece, sottolineando la perfetta applicazione dei criteri di restituzione previsti dal legislatore, che “in ordine, poi, ai criteri di ridistribuzione, come chiarito nella relazione illustrativa sull’esito dei calcoli di fine periodo – campagna 2014/2015, il prelievo è stato ripartito secondo le priorità previste dall’articolo 9, comma 3 della L. 119/2003” e che il fatto che le dimensioni del contributo imposto a favore del fondo per gli interventi nel settore lattiero caseario siano circa il doppio dell’esubero reale non viola alcun principio costituzionale e/o comunitario “ove si consideri che il suo ammontare è stato determinato, esclusivamente, dall’ingente sovrapproduzione di oltre 10.000 aziende … con la conseguenza che la consistenza del fondo è stata di fatto determinata dagli stessi produttori i quali, con il loro comportamento hanno offerto allo Stato la possibilità di optare per la non restituzione dei consistenti prelievi anticipati” .

Da quanto esposto, segue, quindi, che l’appellante ha senz’altro formulato specifici motivi di censura nei sensi e limiti già sopra evidenziati.

Per quanto riguarda il merito della controversia, il Collegio ritiene che l’appello sia senz’altro fondato, per le considerazioni di seguito esposte.

In primo luogo, invero, non si condivide l’accoglimento del primo motivo di ricorso da parte del giudice di prime cure, censura con la quale i ricorrenti hanno denunciato l’illegittimità del provvedimento impugnato per difetto di motivazione ex art. 3, L. 241/90 in ordine alle modalità di calcolo del prelievo supplementare imputato al produttore.

In particolare, essi hanno esposto che, per monetizzare il prelievo supplementare individuale, AGEA avrebbe usato, nel provvedimento impugnato, il moltiplicatore di Euro 0,2783 per ogni kg, definendolo “importo unitario di prelievo” , senza spiegare l’origine di tale dato.

Ebbene, il moltiplicatore de quo è previsto dall’art. 78, Reg. CE n. 1.234/07, per cui si ritiene di poter affermare che – trattandosi di dato alla cui applicazione la pubblica amministrazione è vincolata ex lege – non sia necessario che il provvedimento contenga una specifica motivazione sul punto, ovvero che nel medesimo sia indicata puntualmente e specificatamente la norma applicata, ovvero la ragione giuridica.

Il Collegio, poi, non ritiene nemmeno condivisibile l’accoglimento del secondo motivo di ricorso da parte del primo giudice, con il quale i ricorrenti hanno censurato la falsa applicazione dell’art. 9, L. 119/2003, in quanto AGEA avrebbe adottato modalità di calcolo radicalmente difformi dalla legge. Secondo i ricorrenti, AGEA avrebbe sottratto dalla somma degli esuberi individuali (in tonnellate) l’esubero nazionale aumentato di una quota del 5% (in tonnellate), mentre l’art. 9 della L. 119/2003 riferisce il procedimento di restituzione all’importo di prelievo supplementare (in euro), diminuito della percentuale del 5%.

A parere del Collegio, la censura de qua è infondata, in quanto è basata su un erroneo presupposto, per le seguenti ragioni.

Il secondo comma dell’articolo 9, L. 119/2003 in commento prevede, infatti, che il 5% di un importo pari a quello del prelievo nazionale (= esubero nazionale) venga detratto dall’ammontare del prelievo versato in eccesso (= somma esuberi individuali in eccesso), per essere accantonato per eventuali restituzioni successive a quelle di cui all’articolo 9 stesso, derivanti dalla soluzione di casi di contenzioso amministrativo o giurisdizionale. Il successivo comma 3 statuisce, poi, che l’ammontare del prelievo versato in eccesso (= somma esuberi individuali in eccesso), decurtato dell’importo accantonato ai sensi del comma 2, viene ripartito tra i produttori titolari di quota (in base ai criteri prioritari di cui ai commi da 3 a 4-ter-1 dello stesso articolo 9, ndr).

Appare quindi evidente che la somma da accantonare in virtù delle disposizioni citate vada a ridurre i prelievi individuali in eccesso da restituire ai produttori e non ad aumentarli.

Ciò chiarito, va rilevato che, se è vero che, nella sua relazione illustrativa, AGEA ha proceduto ad un’operazione aritmetica che, a prima vista, potrebbe sembrare non rispettosa del dettato legale, il risultato che ne è uscito corrisponde, però, comunque alla volontà del legislatore.

AGEA, infatti, ha dapprima aumentato il prelievo (esubero) nazionale accertato (espresso in tonnellate) del 5% e ha poi portato in detrazione tale prelievo (esubero) nazionale, maggiorato del 5%, dalla somma degli esuberi individuali in eccesso (espressa in tonnellate), mentre l’operazione “giusta” (ovvero corrispondente all’esatto tenore letterale della norma) sarebbe stata la seguente: somma degli esuberi individuali meno esubero nazionale e riduzione del relativo risultato del 5% dell’esubero nazionale [in cifre: 721.213,48 tonnellate di esuberi individuali meno 109.720,545 tonnellate di esubero nazionale = 611.492,935 tonnellate di esubero in eccesso;
da questo esubero (prelievo) in eccesso va poi, secondo il dettato normativo, detratto il 5% dell’esubero nazionale, pari a 5.486,03 tonnellate]. Il risultato finale delle due operazioni matematiche (ovvero quello previsto per legge e quello a cui ha proceduto AGEA) è però sempre lo stesso, ovvero quello indicato nella relazione illustrativa, di 606.006,91 tonnellate di esubero in eccesso restituibile ai produttori. Del tutto irrilevante è invece il fatto censurato dai ricorrenti che il calcolo sia stato effettuato da AGEA usando quale parametro quello del peso e non quello monetario, in quanto, in termini economici, il risultato rimane sempre lo stesso.

Con il quinto motivo di censura formulato in primo grado è stato invece dedotta la violazione dell’art. 1, co. 214, legge 190/2014 (legge finanziaria 2015). Secondo i ricorrenti, AGEA avrebbe deciso illegittimamente di destinare 71,65 milioni di euro del prelievo non restituito ai produttori al fondo per gli investimenti nel settore lattiero-caseario, la cui istituzione è prevista dalla norma appena citata, la quale prevede, per il 2015, quale dotazione del fondo, la somma di soli 8 milioni di euro.

Anche questa doglianza è infondata e sarebbe stata da respingere dal giudice di prime cure.

La facoltà di non restituire ai produttori l’intero prelievo imputato in eccesso trova, infatti, il suo fondamento normativo e la sua giustificazione non nella normativa istitutiva del fondo, ma nell’art. 9, co.

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