Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-04-08, n. 201902272
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 08/04/2019
N. 02272/2019REG.PROV.COLL.
N. 04645/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4645 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
S S, rappresentato e difeso dagli avvocati F T e D G, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, largo Messico, n. 7;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri e Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, in persona del rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
F P G, A P e Paolo La Rosa, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Seconda, n. 2215/2018, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa;
Vista l’ordinanza collegiale della Sezione del 7 novembre 2018, n. 6298;
Visti i motivi aggiunti successivamente proposti dall’appellante dottor S S;
Vista la memoria depositata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa in risposta ai motivi aggiunti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2019 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Granara Daniele e Pietro Garofoli per l’Avvocatura dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il presidente di Sezione del Consiglio di Stato dott. S S propone appello contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio in epigrafe, con cui è stato definitivamente respinto il suo ricorso, integrato da motivi aggiunti, per l’annullamento della nomina del dott. F P G, all’epoca anch’egli presidente di Sezione dell’Istituto, a presidente aggiunto del Consiglio di Stato ai sensi dell’art. 6- bis , comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354 ( Disposizioni urgenti per il funzionamento dei tribunali delle acque, nonché interventi per l’amministrazione della giustizia , convertito dalla legge 26 febbraio 2004, n. 45). La nomina impugnata era adottata con decreto del Presidente della Repubblica in data 3 marzo 2016, sulla base della presupposta delibera del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa n. 16 del 12 febbraio 2016, a sua volta assunta su proposta della IV commissione consiliare espressa nel verbale n. 5 del 5 febbraio 2016. Oltre agli atti ora menzionati il dott. S impugnava quale ulteriori provvedimenti presupposti gli atti relativi alla nomina dell’avvocato A P a presidente del Consiglio di Stato (decreto del Presidente della Repubblica in data 29 dicembre 2015 ed atti presupposti, tra cui il parere espresso dal Consiglio di presidenza della Giustizia Amministrativa, con delibera n. 177 del 18 dicembre 2015, su proposta della IV commissione consiliare espressa nel verbale n. 41 dell’11 dicembre 2015, e delibera del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 23 dicembre 2015).
2. Con sentenza non definitiva del 24 maggio 2017, n. 6126, confermata da questa Sezione con sentenza dell’11 ottobre 2017, n. 4718, il medesimo Tribunale amministrativo aveva in precedenza respinto o dichiarato inammissibili gran parte dei motivi di impugnazione. Contestualmente il giudice di primo grado aveva disposto l’acquisizione dei fascicoli personali dei due magistrati, in relazione alle censure di difetto di istruttoria e motivazione formulate dal presidente S, il cui esame veniva riservato all’esito dell’incombente.
3. All’esito veniva pronunciata la sentenza ora oggetto di appello.
4. Con essa il giudice di primo grado, richiamando stralci della motivazione della pronuncia di questa Sezione, reputava innanzitutto legittimo il parere dell’organo di autogoverno reso ai sensi dell’art. 22 della legge 27 aprile 1982, n. 186 ( Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali ) per la nomina a presidente del Consiglio di Stato, con il quale, su conforme richiesta del Presidente del Consiglio dei ministri (in data 4 dicembre 2015, prot. n. 8188), era stata formata una rosa di cinque presidenti di Sezione, tra i più anziani nel ruolo organico, nell’ambito della quale il dott. F P G (oltre che l’avvocato P, in precedenza nominato presidente del Consiglio di Stato) veniva anteposto al ricorrente, benché in possesso di minore anzianità rispetto al ricorrente. Quindi il Tribunale giudicava infondate le censure di carenza di istruttoria e motivazione riferite sia alla graduazione dei cinque indicati dall’organo di autogoverno per la nomina a presidente dell’Istituto, sia alla successiva valutazione dei profili di carriera e attitudinali per la nomina a presidente aggiunto.
5. Prima di pervenire a tali statuizioni di merito il Tribunale aveva peraltro respinto in via preliminare le richieste del presidente S di rinvio della trattazione della controversia o di sospensione del processo, motivate dalla pendenza del ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione dallo stesso ricorrente promosso davanti alle Sezioni unite della Corte di Cassazione contro la citata sentenza di questa Sezione.
Il ricorso è stato poi respinto dalla Suprema Corte, con sentenza del 30 luglio 2018, n. 20168.
Sempre in via preliminare il Tribunale aveva inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale e pregiudiziali europee nei confronti delle norme di legge nazionale regolatrici del procedimento di nomina del Presidente del Consiglio di Stato.
6. Nel proporre appello contro la sentenza di cui si è ora sintetizzato il contenuto il presidente S ripropone anche le questioni di costituzionalità e di compatibilità con il diritto euro-unitario dichiarate inammissibili dal giudice di primo grado; ulteriori questioni di costituzionalità, anche sotto il profilo della violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e pregiudiziali europee con riguardo alla giurisdizione del giudice ammnistrativo sulle controversie relative alla nomina dei propri organi di vertice e sulla motivazione e il giusto procedimento per tale nomina; ed inoltre censure concernenti la composizione del collegio giudicante di primo grado e di quello che ha pronunciato la sentenza parziale.
7. Si sono costituiti in resistenza all’appello la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa.
8. Con atto di motivi aggiunti il dott. S ha formulato ulteriori censure nei confronti degli atti impugnati, emerse a suo dire dagli atti del « nuovo procedimento di nomina del Presidente del Consiglio di Stato », nella persona del dott. F P G (nomina di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 25 settembre 2018, impugnata separatamente dal medesimo dott. S, con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, iscritto al n. di r.g. 12010/2018).
DIRITTO
1. Con il primo motivo d’appello il presidente S deduce la nullità della sentenza di primo grado, perché emessa da un collegio del Tribunale adito (Seconda Sezione) formato senza rispettare il criterio dell’anzianità nel ruolo, stabilito dal Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa. Secondo l’appellante la violazione dedotta sarebbe stata causata dalla presenza nel collegio giudicante del consigliere di Tribunale amministrativo dottor A Aolfi, in luogo del pari grado consigliere più anziano dottor Roberto Proietti, pur presente all’udienza di discussione e componente di altri collegi in essa fissati. Attraverso la descritta composizione si assume violato il principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge (art. 25, comma 1, Cost.) e quello convenzionale del diritto ad un processo equo (art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali).
2. Inoltre, il presidente S censura la sentenza di primo grado nella parte in cui fa riferimento alla propria sentenza non definitiva resa in questo giudizio (24 maggio 2017, n. 6126, sopra citata), poiché anch’essa inficiata dall’illegittima partecipazione al collegio giudicante di due magistrati del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, dottori Roberto C e Silvia M, tuttavia a quell’epoca nominati consiglieri di Stato.
3. Il motivo è inammissibile, prima ancora che infondato, sotto entrambi i profili in cui esso si articola.
4. L’inammissibilità discende dal fatto che – come già affermato da questa Sezione nella sentenza 24 ottobre 2018, n. 6047 - la composizione dei collegi è oggetto di provvedimenti di amministrazione del processo adottati dal Presidente del Tribunale amministrativo regionale, soggetti alla duplice pubblicità prevista dall’art. 114 disp. att. cod. proc. civ., e quella consistente nell’indicazione nei singoli ruoli d’udienza. Sulla base di questa premessa, nel condivisibile precedente ora richiamato si è concluso nel senso che la mancata contestazione « in limine (ossia, al più tardi, in occasione della prima udienza di discussione) dall’interessato », comporta un’acquiescenza che ne preclude la relativa deduzione « per la