Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-07-02, n. 201503299

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-07-02, n. 201503299
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201503299
Data del deposito : 2 luglio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06648/2014 REG.RIC.

N. 03299/2015REG.PROV.COLL.

N. 06648/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6648 del 2014, proposto da:
Cooperativa Sociale Haus Sonnenschein - O.n.l.u.s. , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato E P S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M A S, in Roma, corso Vittorio Emanuele, 349;

contro

Provincia autonoma di Bolzano, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati M C, R v G, S B, J S e L F, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, Via Bassano del Grappa, 24;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. - SEZIONE AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO, n. 9/2014, resa tra le parti e concernente: prescrizioni dell’Ufficio provinciale prevenzione incendi;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione appellata;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 10 marzo 2015, il Consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Sandulli e Costa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, respingeva il ricorso n. 6648 del 2014, proposto dalla Cooperativa Sociale Haus Sonnenschein - O.n.l.u.s. avverso i seguenti atti:

(i) le prescrizioni dell’Ufficio provinciale prevenzione incendi del 13 luglio 2011 (e gli atti presupposti e connessi) relative alle tre strutture destinate a comunità abitative per anziani gestite dalla cooperativa ricorrente in Merano (presso l’ ex -Hotel Augusta in via Ottone Huber, n. 2, la Villa Burgund in via Manzoni, n. 43, e l’ ex -Hotel Bel Sit in via Pendl, n. 2;
quest’ultima struttura risulta essere stata chiusa dopo la proposizione del ricorso di primo grado), le quali erano state adottate in esito ad un sopralluogo eseguito dal direttore dell’Ufficio e sul presupposto che si trattasse di strutture assimilabili a case di riposo o ospizi per anziani, imponendo di conseguenza:

- di predisporre un progetto di prevenzione incendi e di eseguire il collaudo a lavori eseguiti, per tutte e tre le strutture, poiché ciascuna delle stesse dotata di oltre 25 posti letto;

- di adeguare le misure antincendio alle prescrizioni di cui al titolo III del decreto del Ministero dell’interno del 18 settembre 2002 ( Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione e l’esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private. Ecologia );

- di addestrare il gruppo d’intervento antincendio;

- di collaudare, per la sola struttura presso l’ ex -Hotel Bel Sit, l’impianto di riscaldamento;

(ii) la decisione della conferenza dei servizi per la protezione antincendio e civile dell’8 settembre 2011 (notificata il 20 settembre 2011), reiettiva del ricorso gerarchico proposto avverso l’atto sub (i), basata sul seguente centrale rilievo motivazionale: « Dalle summenzionate lettere dell’Ufficio anziani e Distretti sociali si deduce senz’altro che le strutture gestite da Haus Sonnenschein sono sotto tutti i punti di vista Ospizi per anziani. Pertanto si dovranno anche effettuare gli adeguamenti a tale scopo previsti dalle norme antincendio ai sensi della lettera dell’Ufficio prevenzione incendi del 13.07.2011 ».

2. In particolare, l’adìto T.r.g.a. provvedeva come segue:

(i) respingeva il primo motivo di ricorso – con cui la ricorrente aveva dedotto la violazione degli artt. 11, 12, 14 e 15 l. prov. 22 ottobre 1993, n. 17 ( Disciplina del procedimento amministrativo e del diritto di accesso ai documenti amministrativi ), per omessa comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento e per violazione delle garanzie partecipative procedimentali –, in quanto:

- il contestato sopralluogo del 7 luglio 2011 si innestava in una preesistente situazione ‘conflittuale’ tra le parti, connotata dalla circostanza che la cooperativa ricorrente per anni non aveva provveduto a rispondere alle richieste dell’Amministrazione provinciale di presentare istanza per la dichiarazione di idoneità al funzionamento delle strutture da essa gestite, ai sensi dell’art. 15 l. prov. 30 ottobre 1973, n. 77 ( Provvedimenti in favore dell’assistenza agli anziani ), e per l’accreditamento, ai sensi della deliberazione della Giunta provinciale n. 2251 del 7 settembre 2009 ( Criteri per l’accreditamento dei servizi residenziali per anziani );

- dalla fitta corrispondenza intercorsa tra la cooperativa e i competenti uffici provinciali emergevano sia il costante coinvolgimento della presidente della cooperativa nella problematica relativa all’inadeguatezza delle misure antincendio, sia la sua presenza al sopralluogo effettuato il 7 luglio 2011 dal direttore dell’Ufficio prevenzione incendi, sia la tempestiva comunicazione degli esiti dell’ispezione con nota del 13 luglio 2011, contenente anche l’indicazione dei mezzi d’impugnazione;

- dovevano dunque ritenersi rispettate le garanzie procedimentali partecipative;

(ii) respingeva il secondo motivo – con cui erano stati dedotti la violazione degli artt. 7 e 25 l. prov. n. 17 del 1993 ed i vizi di eccesso di potere per illogicità, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, sviamento e difetto di istruttoria –, rilevando che l’inquadramento, negli atti impugnati, delle strutture in oggetto come veri e priori ospizi/centri di degenza/case di riposo per anziani, anziché come forme innovative di comunità abitative per anziani (come da previsione statutaria della cooperativa), era sorretta da adeguata istruttoria e motivazione, rimasta confermata in sede giudiziale dagli esiti dell’espletata consulenza tecnica d’ufficio;

(iii) respingeva il terzo motivo di ricorso – con cui erano stati dedotti i vizi di ingiustizia manifesta, violazione dell’art. 7 l. prov. n. 17 del 1993, eccesso di potere per difetto d’istruttoria, illogicità, travisamento dei fatti e difetto di motivazione, sotto ulteriori profili –, ritenendone l’inconsistenza alla stregua della documentazione versata in giudizio;

(iv) respingeva il quarto motivo – proposto avverso la decisione amministrativa di rigetto sub § 1.(ii) ed avente ad oggetto le censure di violazione degli artt. 7, 9 e 18 l. prov. n. 17 del 1993, per motivazione omessa o incompleta e contraddittoria, travisamento dei fatti ed istruttoria insufficiente –, rimarcando la legittima motivazione per relationem con riguardo alla documentazione su cui si reggevano gli atti impugnati in sede amministrativa, a loro volta legittimi, e la riconducibilità delle denunziate imperfezioni formali a meri errori materiali, non inficianti la legittimità della gravata decisione.

3. Avverso tale sentenza interponeva appello l’originaria ricorrente, deducendo i motivi come di seguito rubricati:

a) « Ingiustizia manifesta. Violazione e falsa applicazione dell’art. 11, commi 1 e 5, nonché degli artt. 12 e 14 della l.p. n. 17/1993, nonché dell’art. 15 della l.p. n. 17/1993. Eccesso di potere per illogicità, travisamento dei fatti e difetto di motivazione »;

b) « Ingiustizia manifesta. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 3, in riferimento all’art. 25 della l.p. n. 17/1993. Eccesso di potere per illogicità, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, sviamento, difetto di istruttoria »;

c) « Ingiustizia manifesta. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 3, della l.p. n. 17/1993, con riferimento all’eccesso di potere e al difetto di istruttoria. Eccesso di potere per illogicità, travisamento dei fatti e difetto di motivazione »;

d) « Ingiustizia manifesta. Violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 9, commi 12 e 18, della l.p. n. 17/1993, in relazione all’omessa motivazione e alla carenza di istruttoria. Eccesso di potere per illogicità, travisamento dei fatti e difetto di motivazione ».

L’appellante chiedeva pertanto, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’impugnata sentenza e in sua riforma, l’accoglimento del ricorso di primo grado.

4. Costituendosi in giudizio, l’appellata Provincia eccepiva l’inammissibilità dell’appello, in quanto meramente ripropositivo dei motivi di primo grado, contestandone comunque la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.

5. Accolta con ordinanza n. 4423/2014 l’istanza di sospensiva esclusivamente sotto il profilo del periculum in mora sulla base di una valutazione comparativa degli interessi in conflitto, la causa all’udienza pubblica del 10 marzo 2015 è stata trattenuta in decisione.

6. Premesso che deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello – sollevata dalla Provincia appellata sotto il profilo della mera riproposizione dei motivi di primo grado –, contenendo l’appello, nello svolgimento dei singoli motivi come sopra rubricati, una critica alle argomentazioni poste dai primi giudici a fondamento della sentenza, si osserva nel merito che l’appello è infondato.

6.1. Destituito di fondamento è il motivo d’appello sub § 3.a), in quanto:

- risulta ex actis che la cooperativa ricorrente negli anni precedenti il 2011 era stata ripetutamente invitata dai competenti uffici provinciali di adottare le necessarie misure per la dichiarazione di idoneità al funzionamento ai sensi dell’art. 15 l. prov. 30 ottobre 1973, n. 77 ( Provvedimenti in favore dell’assistenza agli anziani ) delle tre strutture da essa gestite e per l’accreditamento ai sensi della deliberazione della Giunta provinciale n. 2251 del 7 settembre 2009 ( Criteri per l’accreditamento dei servizi residenziali per anziani ), con una serie di inviti rimasti inevasi (v. doc. 1, 2, 4, 5, 7 e 10 del fascicolo di primo grado della Provincia;
v., inoltre, sub doc. 16, la lettera r.r. del direttore dell’Ufficio anziani e distretti sociali del 14 ottobre 2010, diretta alla cooperativa, nella quale viene espressamente rilevata la mancanza di adeguate misure antincendio), sicché deve ritenersi che la cooperativa fosse stata posta tempestivamente a conoscenza della contestazione in oggetto;

- la presenza della presidente della cooperativa all’ispezione effettuata il 7 luglio 2011 dall’Ufficio prevenzione incendi – i cui funzionari, a norma dell’art. 6, comma 5, l. prov. 16 giugno 1992, n. 18 ( Norme generali per la prevenzione degli incendi e per gli impianti termici ), rivestono la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria, potendo, in tale veste, in ogni momento procedere a sopralluoghi, anche senza preavviso – e la tempestiva comunicazione degli esiti dell’ispezione con l’impugnata nota del 13 luglio 2011, che supplisce la mancata contestuale redazione di un verbale d’ispezione (con conseguente infondatezza del correlativo profilo di censura, dedotto nell’ambito del terzo motivo) e che contiene anche l’indicazione dei mezzi d’impugnazione, escludono la violazione delle garanzie partecipative denunziate dall’originaria ricorrente.

A ciò si aggiunga – con motivazione autonomamente sufficiente a disattendere il motivo in esame sotto un profilo processuale – che la cooperativa, in sede di ricorso gerarchico proposto avverso le prescrizioni in oggetto, ai sensi dell’art. 11 l. prov. 16 giugno 1992, n. 18 (dinnanzi al direttore della Ripartizione provinciale protezione antincendi e civile, il quale convoca la conferenza di servizi di cui al comma 2 del citato articolo di legge, qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti), non ha dedotto alcuna censura di natura procedimentale (v. il ricorso amministrativo del 21 luglio 2011, in atti), sicché ne resta preclusa la deduzione, per la prima volta, in sede giurisdizionale. Infatti, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato (v. Cons. St., Sez. VI, 20 settembre 2012, n. 4984;
Cons. St., Sez. V, 15 marzo 2012, n. 1444;
Cons. St., Sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1603), in sede di ricorso giurisdizionale proposto contro una decisione adottata a seguito di ricorso gerarchico sono inammissibili i motivi nuovi di ricorso che non siano stati proposti nella predetta sede contenziosa amministrativa, a meno che il termine a ricorrere contro l’originario provvedimento impugnato non sia ancora decorso, e ciò al fine di evitare che la mancata impugnativa di un atto asseritamente illegittimo attraverso il rimedio giustiziale e la sua successiva impugnativa ( per saltum ) con il rimedio giurisdizionale possa costituire la via attraverso la quale eludere l’onere di impugnare tempestivamente l’atto nell’ordinario termine decadenziale (nel caso di specie, il ricorso introduttivo di primo grado è stato notificato all’Amministrazione resistente il 15-17 novembre 2011, eppertanto oltre il termine di 60 giorni dalla comunicazione dell’originario provvedimento del 13 luglio 2011).

6.2. Infondato è, altresì, il motivo d’appello sub § 3.b), che devolve al presente grado la questione centrale della presente controversia, già oggetto della decisione amministrativa di rigetto, costituita dalla qualificazione delle strutture in questione come strutture di assistenza residenziale per anziani assoggettate, sotto l’aspetto concernente il regime delle misure antincendio – che qui viene in rilievo, considerato il contenuto del provvedimento impugnato in primo grado –, alle disposizioni del titolo III del decreto del Ministero dell’interno del 18 settembre 2002, che disciplinano le misure antincendio per le strutture esistenti con più di 25 posti letto « che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero e/o in regime residenziale a ciclo continuativo e/o diurno » (v. così, testualmente, la rubrica del titolo III del citato decreto ministeriale), oppure come comunità abitative costituenti espressione di « nuove forme di assistenza per gli anziani, che si discostano da quelle offerte dagli ospizi o dalle case di cura tradizionali, in quanto consistenti nella messa a disposizione per i soci, tramite contratto di sublocazione con la cooperativa, di un alloggio personale, di modo che gli stessi possano godere di una “abitazione propria” all’interno di una comunità » (v. così, testualmente, la prospettazione dell’odierna appellante nel ricorso in appello).

La qualificazione delle strutture in questione, adottata negli impugnati provvedimenti, come strutture residenziali assistenziali sostanzialmente assimilabili ad ospizi o case di riposo per anziani, soggetti al riconoscimento dell’idoneità al funzionamento ai sensi dell’art. 15 l. prov. n. 77 del 1973 ed alle misure antincendio di cui al titolo III del decreto ministeriale del 18 settembre 2002, risulta sorretta da adeguata istruttoria e motivazione, aderente alle risultanze di fatto emergenti dalla documentazione in atti.

Infatti, in sede di sopralluogo effettuato dal Comando Carabinieri per la tutela della salute - N.A.S. di Trento il 28 luglio 2010 nelle tre strutture gestite dalla ricorrente, presso le quali « viene data assistenza complessivamente a 82 anziani, con vari gradi di non autosufficienza », è rimasto accertato che « le attività ispezionate sono di fatto delle case di riposo sotto il profilo organizzativo e strutturale » (v. così, testualmente, il rapporto del 1 settembre 2010, diretto all’Ufficio anziani e distretti sociali della Provincia, contenente una puntuale descrizione della situazione riscontrata presso le tre strutture, connotata da una forte componente assistenziale, e giammai riconducibile ad una mera funzione residenziale/alloggiativa).

Nelle note dell’Ufficio anziani e distretti sociali del 3 agosto 2011 e del 2 settembre 2011, richiamate nella nota del 13 settembre 2011, con cui viene comunicata la decisione di rigetto del ricorso amministrativo presentato dall’odierna appellante, si conferma che nelle strutture in esame vengono erogate, in modo sistematico e continuativo, prestazioni di cura e di assistenza a persone anziane con elevato grado di non autosufficienza, il che trova, tra l’altro, riscontro nell’elevato ammontare delle rette di ricovero.

In esito alla consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado è rimasta ulteriormente confermata la correttezza di tale qualificazione: così, dei 31 anziani residenti ed assistiti presso l’ ex -Hotel Augusta sei risultavano classificati al massimo livello di non autosufficienza (livello 4), sedici erano classificati al grado di non autosufficienza appena inferiore (livello 3), mentre solo due erano completamente autosufficienti;
analoga situazione è stata riscontrata presso la Villa Burgund, dove quattro dei 30 anziani ivi alloggiati erano classificati al massimo livello 4 di non autosufficienza, quattordici erano classificati al livello 3 di non autosufficienza, mentre solo tre erano completamente autosufficienti. Il consulente tecnico d’ufficio ha, altresì, accertato che le strutture sono ubicate in edifici a più piani e che i residenti sono alloggiati in camere a due o più persone, trascorrendo le ore diurne in locali ad uso comune, sicché le strutture sono gestite secondo un modello organizzativo proprio delle tradizionali case di risposo od ospizi, con conseguente necessità, per evidenti ragioni di sicurezza, di applicare gli standard propri delle misure di prevenzione incendi stabiliti dal titolo III del decreto ministeriale del 18 settembre 2002.

A fronte di tale quadro probatorio, non può non confermarsi la statuizione di primo grado, affermativa della legittimità delle impugnate prescrizioni dell’Ufficio prevenzione incendi, le quali, oltre a fondarsi su una corretta qualificazione delle strutture in esame per gli effetti della disciplina antincendi, contengono una puntuale enunciazione dei presupposti di fatto per l’applicabilità del regime di cui al titolo III del menzionato decreto ministeriale (strutture con più di 25 posti letto e con superfici superiori a 500 mq, superamento dell’altezza di 12 m per le strutture dell’ ex Hotel Augusta e dell’ ex Hotel Bel Sit, ecc.) in relazione alla tipologia delle prescritte misure.

6.3. Privo di pregio è il motivo d’appello sub § 3.c).

A prescindere dal rilievo dell’inammissibilità dei correlativi profili di censura dedotti in primo grado, per mancata deduzione in sede di ricorso amministrativo, si osserva nel merito che, come puntualmente argomentato nell’impugnata sentenza, la documentazione invocata dall’originaria ricorrente a suffragio dei dedotti vizi di contraddittorietà e carenza d’istruttoria dell’azione amministrativa si riferisce ad aspetti estranei alla questione centrale dedotta in giudizio, con conseguente infondatezza anche nel merito delle censure in esame.

6.4. Destituito di fondamento è, infine, il motivo d’appello sub § 3.d), in quanto:

- la sopra accertata legittimità delle prescrizioni del 13 luglio 2011 esclude i vizi di illegittimità derivata dedotti avverso il provvedimento sub 1.(ii);

- né hanno consistenza i dedotti vizi d’illegittimità propria, i quali o si risolvono in mere irregolarità non vizianti o, quanto all’asserito difetto di motivazione, sono superati dall’ivi contenuto richiamo per relationem ai precedenti atti e accertamenti, come correttamente deciso nell’impugnata sentenza.

6.4. Per le esposte ragioni, l’appello è da respingere con assorbimento di ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini decisori.

7. Tenuto conto della natura della controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra le parti.

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