Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-01-15, n. 201300198
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Testo completo
N. 00198/2013REG.PROV.COLL.
N. 00954/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 954 del 2010, proposto da I.F.B. Stroder S.r.l., rappresenta e difesa dagli avv. D V e R I, con domicilio eletto presso il primo in Roma, Lungotevere Marzio, n. 3;
contro
- l’ A.I.F.A. - Agenzia Italiana del Farmaco;il Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali;il Ministero della salute;il Ministero dell' economia e delle finanze, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
- la Regione Campania, rappresentata e difeso dall'avv. C P, con domicilio eletto presso l’ Ufficio di rappresentanza della regione Campania in Roma, via Poli, n. 29;
- l’ Azienda Sanitaria Locale Napoli 5;il Commissario Straordinario della A.S.L. Napoli 3 Sud, non costituitisi in giudizio;
nei confronti di
- Teva Italia s.r.l. (già Teva Pharma Italia s.r.l.), rappresentata e difesa dagli avv. Maria Grazia Medici, Giovanni Verusio, Filippo Satta, Anna Romano, con domicilio eletto presso l’avv. Filippo Satta in Roma, Foro Traiano 1/A;
Doc Generici s.r.l.;Ratiopharm Italia s.r.l.;Mylan s.p.a.;Ranbaxy Italia s.p.a., non costituitisi in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE I n. 05131/2009, resa tra le parti, concernente interventi per la razionalizzazione ed il contenimento della spesa farmaceutica
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’ A.I.F.A. - Agenzia Italiana del Farmaco, del Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali, del Ministero della salute, del Ministero dell' economia e delle finanze, della Regione Campania e di Teva Italia s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2012 il consigliere Bruno Rosario Polito e uditi per le parti gli avvocati Vaiano, Panariello, per delega dell’avv. Palumbo, Romano e l’avvocato dello Stato Cherubini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con deliberazione 26 novembre 2008, n. 1882, la Giunta regionale della Campania nell’ambito del piano di rientro dal disavanzo sanitario di cui alla D.G.R.C. 20 marzo 2007 n. 460, introduceva ulteriori misure volte alla razionalizzazione ed al contenimento della spesa farmaceutica, con specifico riferimento, tra l’altro, alla promozione del farmaco equivalente, in considerazione dell’esistenza nella maggior parte delle classi farmacologiche, e principalmente in quelle più incidenti sulla spesa farmaceutica regionale, di principi attivi con brevetto scaduto di recente o di prossima scadenza, in modo da consentire la cura di molte patologie attraverso i meno costosi farmaci equivalenti.
Nella deliberazione si faceva espresso richiamo alla misura contenuta nella D.G.R.C. 20 marzo 2007, n. 460, secondo la quale i medici avrebbero dovuto prescrivere solo il principio attivo farmacologico senza indicare il nome commerciale del prodotto, criterio su cui in seguito si era deciso di soprassedere, in ragione della conseguente diminuzione di valore che avrebbero subito i marchi commerciali dei prodotti farmaceutici e la connessa autorizzazione all’immissione in commercio, nonché per problematiche inerenti all’appropriatezza di tale metodo prescrittivo in riferimento alla connessa responsabilità che deve spettare esclusivamente al medico e non anche al farmacista in sede di dispensazione.
Acquisita la preventiva approvazione dei Ministeri della Salute e dell’Economia secondo quanto previsto dall’art. 3 del piano di rientro, ai sensi dell’art. 1, comma 180 della legge 30 dicembre 2004 n. 311, venivano introdotte ulteriori misure di contenimento della spesa farmaceutica in termini di prescrittibilità dei farmaci.
In particolare, era stabilito che tutti i medici prescrittori sono tenuti a prediligere nelle prescrizioni farmaceutiche a pazienti naifs (ossia mai trattati prima), nell’ambito delle diverse classi terapeutiche, i farmaci equivalenti che abbiano principi attivi con brevetto scaduto, utilizzando le specialità medicinali solo nei casi di documentata intolleranza o possibili interazioni farmacologiche.
Inoltre, lo specialista ambulatoriale interno e convenzionato esterno, il medico ospedaliero o universitario devono prescrivere farmaci nell’ambito del prontuario terapeutico ospedaliero aziendale (P.T.O.A.);nell’ipotesi in cui, per finalità terapeutiche, venga ritenuto indispensabile il ricorso a medicinali non presenti nel P.T.O.A., la prescrizione dovrà avvenire congiuntamente all’apertura di una scheda di monitoraggio. Nella deliberazione regionale viene anche previsto che le Aziende sanitarie, nel redigere il P.T.O.A., oltre a scegliere esclusivamente principi attivi presenti nel Prontuario Terapeutico Ospedaliero Regionale, devono utilizzare, laddove possibile, farmaci contenenti principi attivi con brevetto scaduto. Infine si stabiliva che nel 2008 la spesa farmaceutica per alcuni farmaci equivalenti dovesse essere contenuta a livello regionale e di singola azienda almeno entro determinate percentuali minime rispetto a quella complessiva per principio attivo di riferimento.
Avverso tale deliberazione proponeva ricorso e successivi motivi aggiunti la I.F.B. Stroder s.r.l.., azienda farmaceutica titolare di autorizzazione all’immissione in commercio di alcune specialità medicinali comprese nella classe A, quindi integralmente rimborsabili dal servizio sanitario nazionale.
Con il primo motivo di impugnazione deduceva l’incompetenza della Regione Campania ad intervenire sui livelli essenziali di assistenza, trattandosi di un ambito di competenza esclusiva statale, contestando al riguardo anche l’introduzione di criteri limitativi della prescrittibilità di farmaci di classe A attraverso il Prontuario Terapeutico Regionale, utilizzato come ambito massimo di espansione cui attingere per l’individuazione di medicinali destinati ai singoli Prontuari Terapeutici Ospedalieri Aziendali.
Con il secondo motivo di ricorso veniva dedotta la violazione del diritto alla salute in termini di illegittimo condizionamento del principio di libertà prescrittiva dei farmaci da parte del medico.
Con la sentenza di estremi indicati in epigrafe il T.A.R. adito respingeva il ricorso.
Avverso la sentenza reiettiva l’azienda farmaceutica interessa ha interposto atto di appello ed a confutato le conclusioni del T.A.R., insistendo, anche in sede di note conclusive, nei motivi articolati in prime cure.
Resistono i Ministeri della salute, dell’Economia e delle finanze, l’ A.I.F.A., Agenzia italiana del farmaco, la Regione Campania e la s.r.l. Teva Italia che, con le rispettive memorie hanno, eccepito l’inammissibilità dell’appello in diversi profili e disatteso nel merito i motivi di impugnativa concludendo per il rigetto dell’ appello.
All’udienza pubblica del 5 ottobre 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.
2. Le amministrazioni resistenti e la controinteressata società Teva hanno correttamente delineato il quadro normativo ed istituzionale nel cui ambito è intervenuta la regolamentazione introdotta della Regione Campania, volta a prediligere la prescrizione di farmaci c.d. equivalenti (con principi attivi a brevetto scaduto), fermo restando il ricorso alle specialità medicinali nei casi di documentata intolleranza e di possibili interazioni farmacologiche.
Le previsioni che si contestano vanno ad integrare il complesso di misure finanziarie ed organizzative che trovano ordine nello strumento del piano di rientro - elaborato con le modalità e le forme indicate dai Ministeri della Salute e dell’Economia e delle Finanze – finalizzato al risanamento del deficit di spesa nel settore sanitario ed al raggiungimento di una gestione in regime in equilibrio economico e finanziario.
Nello specifico la delibera della Giunta Regionale della Campania n. 1882 del 2008 si configura tesa a perseguire obiettivi di “razionalizzazione e contenimento della spesa farmaceutica”, che notoriamente concorre in modo rilevante sui costi di assistenza a livello territoriale.
2.1. Le linee di indirizzo di contenimento della spesa farmaceutica trovano, inoltre, riscontro nell’art. 7 del d.l. n. 347 del 2001, convertito nella legge n. 405 del 2001, che per i medicinali aventi uguale composizione e principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e di dosi, attesta il rimborso al farmacista “fino alla concorrenza del prezzo più basso del corrispondente prodotto disponibile nel normale ciclo distributivo regionale, sulla base di apposite direttive definite dalla regione”.
La disposizione medesima pone, inoltre, a carico del farmacista, in assenza di attestazione nella ricetta di non sostituibilità della specialità medicinale, di fornire il farmaco al prezzo più basso disponibile nel normale ciclo distributivo regionale. La differenza di prezzo rispetto al farmaco dichiarato dal medico in sede di prescrizione non sostituibile, o che l’assistito non accetti in sostituzione, è in ogni caso posta a carico dell’assistito, salvo le ipotesi di esenzione da detto onere.
L’incentivazione all’utilizzo del farmaco c.d. generico, equivalente alle specialità medicinali, trova da ultimo conferma all’art. 11, comma 12, del d.l. n. 1 del 2012, convertito nella legge n. 27 del 2012, che impone al medico, sulla base della sua specifica competenza professionale, di informare il paziente dell’eventuale presenza in commercio di medicinali “aventi uguale composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio e dosaggio uguali”. Il farmacista - con salvezza della prescrizione del medico di insostituibilità - è tenuto a fornire il medicinale con minor prezzo rispetto a quello prescritto, ove esistente in commercio, salvo contraria richiesta dell’assistito.
2.2. In siffatto contesto normativo, nonché di razionalizzazione, contenimento e governo del disavanzo nel settore sanitario, si collocano le misure sui limiti di spesa nel rimborso dei farmaci per uso terapeutico adottate dalla Regione.
L’ art. 6, del d.l. n. 347 del 2001, convertito nella legge n. 405 del 2001, prevede, in particolare, che la regione “con provvedimento amministrativo . . . tenuto conto dell’andamento delle propria spesa farmaceutica rispetto al tetto di spesa programmato” può stabilire la totale o parziale esclusione della rimborsabilità dei farmaci “in relazione al loro ruolo non essenziale, alla presenza fra i medicinali concedibili di prodotti aventi attività terapeutica sovrapponibile secondo il criterio delle categorie terapeutiche omogenee”.
Sussiste, quindi, in capo alla regione una sfera di competenza, esercitabile a mezzo di provvedimento amministrativo, in punto di esclusione della rimborsabilità del farmaco essenziale, ma terapeuticamente equipollente ad altro più economico, che consente di adeguare il regime vigente di rimborsabilità alla particolare condizione finanziaria di ciascuna regione (cfr. Corte Costituzionale, n. 271 dell’ 11 luglio 2008).
Ribadisce la Corte che “il potere previsto dall’art. 6 del decreto legge n. 347 del 2001 resta in vigore ed è esercitabile, per espressa volontà del Legislatore statale, anche dalla regione tramite ‘provvedimento amministrativo’ ”.
Diversamente da quanto dedotto in appello la Regione Campania non ha debordato dai limiti dell’anzidetta sfera di attribuzioni, né ha introdotto in ambito territoriale un abbattimento dei livelli essenziali di assistenza, da assicurarsi in modo uniforme su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’art. 117, comma 2, della Costituzione.
Il deliberato regionale è rivolto a sollecitare in capo ai medici prescrittori di “prediligere” nelle prescrizioni relative ai pazienti trattati per la prima volta farmaci equivalenti che abbiano principi attivi con brevetto scaduto, con scelta selettiva che si qualifica virtuosa in relazione all’andamento della spesa farmaceutica, secondo quanto consentito dall’art. 6, comma 2, del d.l. n. 347 del 2001.
Non si determina, quindi, per i paziente un effetto privativo dell’intervento di cura, che – diversamente da quanto argomentato dalla società appellante – non va raccordato in senso nominalistico ad una determinata specialità medicinale, ma al principio attivo cui segue l’effetto terapeutico.
La delibera censurata non dà luogo, inoltre, ad un effetto ablatorio dell’utilizzo di medicinali nominativamente qualificati dal D.P.C.M. 29 novembre 2001 di classe A , quindi essenziali ai fini dell’assistenza convenzionata, la cui prescrizione è invece rimessa al prudente apprezzamento del medico “nei casi di intolleranza o possibili interazioni farmacologiche”.
A livello ordinamentale non vige, infatti, un principio di insostituibilità assoluta del prodotto farmaceutico agli effetti del suo rimborso che, invece, si desume consentita - per di più in sede di prescrizione e di dispensa da parte del farmacista - dall’art. 7 del d.l. n. 347 del 2001 e, da ultimo, dall’art. 11, comma 12, del d.l. n. 1 del 2012 innanzi richiamati.
La delibera regionale sul contenimento della spesa non è, inoltre, intervenuta in assenza di asseveramento da parte dell’ organo cui sono assegnati compiti di consulenza tecnica al Governo ed alla conferenza permanente fra Stato, regioni e provincie autonome, in materia di politiche per il farmaco e, segnatamente, con riferimento al regime di rimborsabilità.
La Commissione consultiva tecnico scientifica dell’ A.I.F.A. ha espresso parere favorevole sulla scelta della Regione, nel quadro del piano di rientro dal disavanzo sanitario, rilevando che “l’indirizzo dell’attività prescrittiva verso farmaci a brevetto scaduto potrebbe determinare uno spostamento delle prescrizioni verso farmaci equivalenti e quindi verso un contenimento della spesa”.
Diversamente da quanto argomentato dalla società appellante la delibera della Regione Campania non introduce una regola di sostituzione a regime del farmaco da essa prodotto con altri aventi attività terapeutica sovrapponibile e con diversi principi attivi, secondo il criterio delle categorie terapeutiche omogenee, ipotesi in presenza della quale è invocato il preventivo giudizio tecnico dell’ A.I.F.A., ai sensi dell’art. 6, comma 1, del d.l. n. 347 del 2001.
La scelta terapeutica è rimessa, con atto di indirizzo, all’ apprezzamento del medico prescrittore, in base ad un giudizio di equivalenza dell’effetto terapeutico, con valutazione di contenuto tecnico/professionale caso per caso, che non deve necessariamente cadere sui farmaci a brevetto scaduto, in presenza della singolarità del caso per accertata intolleranza e possibili interazioni farmacologiche.
Detto meccanismo, come innanzi detto, è stato asseverato dall’ A.I.F.A. come pratica virtuosa nella scelta dei presidi terapeutici, allo scopo non eludibile di contenimento e risanamento della spesa sanitaria a livello territoriale;esso non introduce un abbattimento dei L.E.A., che restano garantiti, non essendo in discussione la somministrazione del prodotto medicinale ritenuto congruo per la cura della patologia diagnosticata e la sua rimborsabilità a carico del servizio sanitario regionale.
2.3. Il T.A.R. ha correttamente dichiarato inammissibili, perché non immediatamente incidenti sulla commercializzazione di farmaci prodotti dalle società ricorrenti, le censure indirizzate avverso le statuizioni della Regione in base alle quali “lo specialista ambulatoriale interno e convenzionato esterno, il medico ospedaliero o universitario . . . . prescrivono farmaci nell’ambito del Prontuario Terapeutico Ospedaliero Aziendale” salvo che per finalità terapeutiche venga ritenuto indispensabile il ricorso a medicinali non presenti nel P.T.O.A.
Solo, invero, l’assenza nel prontuario di un farmaco di livello A, che integra i livelli essenziali di assistenza, potrebbe dare ingresso alle doglianze, per la ricaduta della misura limitativa sull’iniziativa di impresa della società produttrice.
Sotto ulteriore profilo, diversamente da quanto argomentato in appello, l’interesse alla contestazione non si raccorda al vulnus che si assume inferto al “potere prescrittivo dei medici” interni, o in rapporto convenzionale o di pubblico impiego, che deve, invece, coordinarsi, con le misure di contenimento delle spesa pubblica nel settore sanitario, nel cui ambito concorre quella per il rimborso dei farmaci.
2.4. Il T.A.R. ha, inoltre, correttamente escluso l’incidenza delle determinazioni impugnate sul principio di libertà di prescrizione del medico, le cui scelte soggettive, nelle prospettazioni del ricorrente, non potrebbero soffrire limitazioni.
Ed invero:
- non sussiste un’area di assoluta libertà prescrittiva dei medicinali che per i medici in rapporto convenzionale, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 270 del 2000, deve avvenire, per qualità e quantità, secondo le modalità stabilite dalla legislazione vigente e nel rispetto del prontuario terapeutico nazionale;
- ai sensi dell’art. 15 bis del citato d.P.R. il medico di medicina generale è tenuto inoltre, unitamente agli altri operatori del servizio sanitario pubblico, ad un appropriato uso delle risorse disponibili, secondo criteri di adeguatezza allo scopo e prevenendo sprechi, onde garantire livelli essenziali di assistenza per la generalità dei cittadini in presenza di mezzi finanziari non illimitati;
- lo stesso art. 7, comma 2, del d.l. n. 347 del 2001, ai fini delle riduzione della spesa sanitaria, orienta il medico verso la prescrizione del farmaco con prezzo più basso, regola da ultimo ribadita per la generalità delle prescrizioni dall’art. 11, comma 12, del d.l. n. 1 del 2012;
- la delibera regionale volta a “prediligere” la prescrizione del farmaco equivalente con principio attivo con brevetto scaduto non incide sulla sfera di libero apprezzamento del medico, al quale, in scienza e coscienza, è rimessa la valutazione dell’appropriatezza terapeutica secondo il criterio di equivalenza del principio attivo e con salvezza di ogni scelta verso la specialità medicinale in relazione alla peculiarità del caso clinico.
L’infondatezza nel merito di motivi di appello esime il collegio dall’esame delle plurime eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate dalle amministrazioni resistenti e dalla soc. Teva.
In relazione ai profili della controversia spese ed onorari del giudizio possono essere compensati fra le parti.