Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-11-21, n. 202309963

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-11-21, n. 202309963
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202309963
Data del deposito : 21 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/11/2023

N. 09963/2023REG.PROV.COLL.

N. 09420/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9420 del 2020, proposto da
Comune di Macomer, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato A R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Cagliari, via Ada Negri 32;

contro

A D, A D e P M, rappresentati e difesi dall'avvocato P C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Raffaella Chiummiento in Roma, via Salaria 103;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda) n. 405/2020, resa tra le parti,


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di A D e di A D e di P M;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2023 il Cons. Sara Raffaella Molinaro e uditi per le parti gli avvocati viste le conclusioni come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La controversia riguarda l’attività commerciale svolta al piano terra dell’immobile sito nel Comune di Macomer, in Corso Umberto I, censite al catasto urbano del medesimo Comune sotto la categoria C/1 (commerciale) al foglio 29, particella 970.

2. I signori A D, A D e P M sono comproprietari di detto immobile e hanno stipulato, il 29 agosto 2018, un contratto di affitto del negozio di cui al subalterno 1 con la signora G P, intenzionata a trasferirvi un’attività commerciale di fioraia.

3. Il 29 settembre 2018 la signora P ha avviato il procedimento di scia ex art. 34 l.r. Sardegna n. 24 del 2016 presso lo Sportello unico delle attività produttive di Macomer per il “ trasferimento attività di commercio al dettaglio di fiori, piante e composizioni floreali ”.

4. Il 28 ottobre 2018 il Comune di Macomer ha comunicato un preavviso di provvedimento negativo (preannuncio di provvedimento interdittivo) ai sensi dell’art. 10- bis della legge n. 241 del 1990.

5. Il Comune di Macomer, con nota 29 gennaio 2019 n. 1674, ha adottato il provvedimento interdittivo e l’atto confermativo il successivo 20 marzo 2019.

6. I signori A D, A D e P M hanno proposto ricorso al T Sardegna, con il quale hanno impugnato la determinazione dirigenziale del Comune di Macomer 29 gennaio 2019 n. 1674 e l'allegata proposta di provvedimento interdittivo 22 gennaio 2019 n. 1319, la nota recante controdeduzioni 20 marzo 2019 n. 5197 e, per quanto occorrer possa, del preavviso di provvedimento negativo 16 ottobre 2018 n. 20241, nonché tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali.

7. Con motivi aggiunti i ricorrenti hanno gravato la determinazione del Dirigente dello Sportello unico attività produttive del Comune di Macomer 19 luglio 2019 n. 14034 e l’allegata proposta di provvedimento interdittivo 11 luglio 2019 n. 13609, nonché tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, ivi espressamente compreso, per quanto occorrer possa, il preavviso di provvedimento negativo 2 luglio 2019 n. 12878.

Con i motivi aggiunti i signori A D, A D e P M hanno altresì chiesto la declaratoria dell’illegittimità degli atti già impugnati con il ricorso introduttivo del presente giudizio, ai sensi dell’art. 34 comma 3 c.p.a. e, in ogni caso, la condanna del Comune di Macomer a risarcire pro quota i ricorrenti nella misura complessiva di € 37.995,07, oltre agli interessi da rivalutazione, o comunque nella diversa misura ritenuta di giustizia.

8. Il T, con sentenza 20 luglio 2020 n. 405, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere relativamente all’atto introduttivo del gravame, ha accolto la domanda impugnatoria avanzata con i motivi aggiunti e, per l’effetto, annullato la determinazione del Comune di Macomer 19 luglio 2019 n. 14034 e relativi atti presupposti indicati in epigrafe, nonché ha respinto la domanda di risarcimento del danno.

9. La sentenza è stata appellata dal Comune di Macomer con ricorso n. 9420 del 2020.

I signori A D, A D e P M hanno proposto appello incidentale.

10. All’udienza del 19 ottobre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

11. L’appello è fondato.

L’appello incidentale è infondato.

12. In via pregiudiziale si rileva l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità dell’appello dedotta con appello incidentale in ragione del fatto che non sarebbe stato impugnato il capo della sentenza che accoglie la censura sul decorso dei termini per l’adozione dei provvedimenti impugnato con il ricorso introduttivo.

Nondimeno quel capo della sentenza contiene un obiter dictum sulla correttezza della statuizione cautelare relativa alla censura sul decorso dei termini dedotta con il ricorso introduttivo, sul quale è stata dichiarata la cessazione della materia del contendere.

L’omessa impugnazione non rileva quindi sull’ammissibilità dell’appello che ha riguardo all’accoglimento dei motivi aggiunti, riguardanti atti successivi a quelli per i quali è stato dedotto il decorso dei termini con la domanda introduttiva del giudizio.

13. Prima di scrutinare il merito della controversia si riassumono per sommi capi le vicende di fatto che interessano la presente controversia.

In data 21 settembre 2018, i signori L S M e A D e gli attuali appellati (comproprietari dell’immobile suddetto in forza di successione ereditaria) hanno stipulato con la signora G P un contratto di locazione avente ad oggetto il subalterno 1 per l’esercizio di attività commerciale (risulta dal contratto depositato).

In data 29 settembre 2018 la signora G P ha presentato al Comune di Macomer una dichiarazione sostitutiva ex art. 31 comma 4 della l.r. n. 24 del 2016 per il trasferimento dell’attività di commercio al dettaglio di fiori, piante e composizioni floreali nell’unità immobiliare sita in Corso Umberto 1 n. 111, Foglio 29, mappale 970, subalterno n. 1 (come risulta dalla dichiarazione depositata).

Con nota n. 20241 del 16 ottobre 2018 l’Amministrazione ha comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

In data 2 novembre 2018, oltre il termine indicato per il contraddittorio, il signor A P (comproprietario dell’immobile concesso in locazione alla Sig.ra P) ha risposto al preavviso di diniego affermando l’intervenuto mutamento di destinazione d’uso dell’immobile. Con successiva nota 19 novembre 2018 il medesimo signor P presentava integrazioni alle osservazioni già effettuate.

La nota n. 1319 del 22 gennaio 2019 contiene la motivata proposta di provvedimento interdittivo in cui, riscontrata ogni singola osservazione, si ritiene inaccoglibile l’istanza della signora P.

Con determinazione 29 gennaio 2019 n. 1674 il Comune di Macomer, in conformità alla citata proposta, ha ordinato la cessazione immediata dell’attività della Sig.ra G P di commercio al dettaglio di fiori e piante e composizioni floreali.

In data 20 febbraio 2019 il signor D ha inviato ulteriori osservazioni mediante le quali ha contestato la legittimità del provvedimento interdittivo.

Sul ricorso introduttivo avverso gli atti da ultimo richiamati è stata dichiarata dal T la cessazione della materia del contendere, con statuizione non impugnata.

Il Comune di Macomer ha infatti “ annullato in autotutela il provvedimento inibitorio impugnato con l’atto introduttivo del gravame e ha avviato contestualmente un procedimento per l’emanazione di un provvedimento inibitorio in autotutela ai sensi dell’art. 19, comma 4, l. 241/1990 ” (così dalla sentenza gravata).

Nel presente grado di giudizio il thema decidendum è quindi limitato ai successivi atti, la determinazione 19 luglio 2019 n. 14034 e l’allegata proposta di provvedimento interdittivo 11 luglio 2019 n. 13609, nonché gli atti presupposti, connessi e consequenziali, compreso, per quanto occorrer possa, il preavviso di provvedimento negativo 2 luglio 2019 n. 12878.

Rispetto a detti atti il T ha accolto la domanda demolitoria ritenendo fondati due mezzi contenuti nei motivi aggiunti: disparità di trattamento (“ ingiustificata disparità di trattamento fra due situazioni identiche e, per altro verso, la contraddittorietà insita nelle decisioni assunte dall’amministrazione con riferimento ai due subalterni ”) e lesione dell’affidamento (“ in considerazione dell’avvenuto cambio di destinazione d’uso risalente nel tempo (fine 1965) e conseguente svolgimento di attività commerciale nei locali in questione per oltre cinquant’anni ”).

14. Riassunto il fatto, possono esaminarsi i motivi di appello.

15. Con il primo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il T ha condiviso “ il rilievo dei ricorrenti in ordine ad una ingiustificata disparità di trattamento fra due situazioni identiche e, per altro verso, la contraddittorietà insista nelle decisioni assunte dall’Amministrazione con riferimento ai due subalterni ”.

15.1. Il motivo è fondato.

15.2. L’impugnato provvedimento negativo dell’Amministrazione in relazione alla scia presentata dalla signora G P per il trasferimento di una attività di commercio al dettaglio di fiori, piante e composizioni floreali nel subalterno 1 è motivato facendo (innanzitutto) riferimento alla destinazione residenziale e non commerciale dell’immobile.

Al riguardo si osserva quanto segue in relazione agli atti depositati che riguardano il subalterno 1, oltre che il subalterno 2 (mentre non risulta adeguatamente comprovata l’affermazione di parte appellata, già ricorrente in primo grado, circa un asserito smarrimento degli atti da parte del Comune).

In data 20 luglio 1962 le signore M L e M M (danti causa degli appellati) hanno presentato istanza per l’approvazione di un progetto per la costruzione di casa di “ civile abitazione ” nel Comune di Macomer, Corso Umberto I (così dal documento depositato).

Il suddetto progetto di civile abitazione risulta approvato da parte della Commissione edilizia del Comune di Macomer il 20 luglio 1962 (così dal visto 21 luglio 1962, apposto sul documento depositato).

Dalla lettura della dichiarazione, depositata in giudizio, di inizio e fine lavori resa dal Sindaco di Macomer in data 14 aprile 1965, emerge che “ le sig.re Laconi Maria e M Maria hanno iniziato i lavori di ricostruzione di una casa di civile abitazione sita nel Corso Umberto I° in data 20.1.1964 e li hanno portati a termine il 10.4.1965 ”. A fronte di tale esplicita qualificazione della destinazione d’uso dell’immobile (“ civile abitazione ” appunto) parte appellata, già ricorrente in primo grado, non può utilizzare il riferimento, ivi contenuto, alla presenza di due “ saloni ” a piano terra per sostenere che detto certificato riconosca (e legittimi) la presenza di due negozi.

Né, di conseguenza, il riferimento ai due saloni contenuto nel certificato di abitabilità 16 aprile 1965 (peraltro avente altra finalità e contenuto, non afferente alla destinazione urbanistica dell’immobile), non ai due negozi, può comportare il riconoscimento della destinazione commerciale.

In data 10 ottobre 1969, le stesse signore M L e M M hanno chiesto il rilascio di licenza edilizia per la sopraelevazione, rilasciata dalla Commissione edilizia in data 23 marzo 1970, secondo quanto risulta nel progetto approvato, avente come destinazione d’uso sempre la “ civile abitazione ”. In particolare, il progetto allegato reca “”sopraelevazione casa di civile abitazione”, laddove la specificazione di “civile abitazione” è evidentemente riferita alla casa, di cui si chiede la sopraelevazione. Sicché può affermarsi che il titolo del 1970, che prova detto progetto, conferma la natura di civile abitazione dell’intero immobile.

Né la raffigurazione, nel prospetto dell’immobile fronteggiante Corso Umberto I, di due infissi è idonea ad attestare che il progetto comprendesse due negozi (e quindi che implicitamente riconoscesse la destinazione commerciale dello stesso).

Pertanto la costruzione, attualmente suddivisa nei subalterni 1 e 2, risulta avere destinazione di civile abitazione.

A fronte di detta destinazione, riconosciuta da provvedimenti aventi natura urbanistica ed edilizia, vi sono atti, aventi una finalità diversa, che riportano altri contenuti:

- in data 4 febbraio 1970 il Comune di Macomer ha concesso al signor G R, licenza a esercitare il commercio per la vendita al pubblico di merci (“ calzolerie, cuoiami, articoli per calzolai, pelletterie, valigerie ”, così dalla licenza depositata) in Corso Umberto I (senza specificare il subalterno);

- l’immobile è censito al catasto del Comune di Macomer per la categoria C/1 (commerciale) al foglio 29, particella 970, sub. 1 e 2 (così dalla visura catastale depositata);

- il subalterno 2 nel certificato di agibilità del 24 dicembre 2003 risulta avere “ destinazione d’uso commerciale ”.

Dette circostanze non sono idonee a imprimere una diversa destinazione urbanistica degli immobili.

Innanzitutto il permesso di costruire e il certificato di agibilità sono collegati a presupposti diversi e hanno contenuto e finalità non sovrapponibili.

In particolare il certificato di agibilità rilasciato dal Comune in data 16 aprile 1965 è comunque superato dalla presenza di una licenza edilizia, cioè di un provvedimento successivo e avente natura edilizia e urbanistica, datata 23 marzo 1970, che riporta la dicitura della destinazione d’uso di “ civile abitazione ”, e comunque prende atto della sussistenza dei requisiti d’igiene, salubrità e sicurezza degli ambienti “Visto il certificato di ispezione dell’Ufficiale sanitario in data 14.4.1965”.

Infatti “ il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile al quale si riferisce è stato realizzato nel rispetto delle norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti (come espressamente recita l' art. 24 t.u. edilizia), mentre il rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche è oggetto della specifica funzione del titolo edilizio, con la conseguenza che i diversi piani possano convivere sia nella forma fisiologica della conformità dell'edificio ad entrambe le tipologie normative sia in quella patologica di una loro divergenza ”.

La diversa struttura e funzione dei due titoli comporta che i suddetti certificati non possano avere valenza sostitutiva dei titoli edilizi (Cons. St., sez. VI, 13 gennaio 2020 n. 316).

In secondo luogo, l'accatastamento ha valore a fini fiscali ma “ alle risultanze catastali non può essere riconosciuto un autonomo valore probatorio anche ai fini dell'individuazione dell'effettiva destinazione d'uso ” (Cons. St., sez. VII, 8 marzo 2023 n. 2461).

A tale ultimo riguardo si rileva che non è applicabile al caso di specie la previsione di cui all’art. 9- bis comma 1- bis del d.P.R. n. 380 del 2001, in base alla quale per gli interventi per i quali non era obbligatorio acquisire il titolo edilizio, come (in tesi) il mutamento di destinazione d’uso senza opere, occorre fare appunto riferimento alle informazioni catastali di primo impianto.

Innanzitutto la previsione è stata introdotta dopo l’adozione del provvedimento impugnato e quindi non poteva essere presa in considerazione dall’Amministrazione (con  l'art. 10 comma 1 lett. d) n. 1) del d.l. 16 luglio 2020 n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020 n. 120), di talché il mancato rispetto di essa non può costituire motivo di illegittimità del provvedimento.

In secondo luogo, “ ai sensi dell’art. 9 bis d.P.R. 380/2001, lo stato legittimo dell’immobile è quello corrispondente ai contenuti dei rispettivi titoli abilitativi ” (Cons. St., sez. VI, 1 settembre 2022, n. 7621).

Né detto criterio di esame dello stato legittimo di un immobile dal punto di vista edilizio e urbanistico può essere messo in dubbio dalla previsione contenuta nel comma 1- bis dell’art. 9- bis del d. P.R. n. 380 del 2001.

Con detta previsione infatti lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare continua ad essere quello stabilito dai titoli edilizi, che continua ad avere rilevanza dirimente in punto di stato legittimo di tipo urbanistico ed edilizia ( titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e quello che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali: “ Lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo ”, così il primo periodo del comma 1- bis .

La modifica legislativa, contenuta nel secondo periodo del comma 1-bis (“ Per gli immobili realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti "), ha avuto proprio lo scopo di dare soluzione ai casi in cui il titolo edilizio non sussista.

Il riferimento al presupposto temporale (abilitante l’utilizzo di documenti diversi dal titolo abilitativo) della “ epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio ” è da intendersi in tal senso, come si desume dall’ultimo periodo del comma 1- bis , in base al quale la possibilità di avvalersi di documenti diversi dal titolo edificatorio si applica “ altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia ”.

L’elemento dirimente è evidentemente la sussistenza, o meno, del titolo, non della normativa di riferimento.

Del resto, il contenuto del titolo edilizio e la funzione tipica di attestare lo stato dell’immobile, che l’ordinamento gli riconosce, non consente che venga smentito da un documento, come quello catastale, avente altra finalità.

Del resto, proprio considerando il disposto dell’art. 9- bis , il Consiglio di Stato ha affermato che “i dati catastali non sono decisivi ai fini dell'accertamento della conformità urbanistico-edilizia di un immobile ”, atteso che “ il catasto si basa sulle comunicazioni e dichiarazioni dei soggetti interessati, sulle quali l'amministrazione finanziaria – non competente in materia di vigilanza edilizia – può, al più, esercitare un riscontro formale ab externo” (Cons. St., sez. VI, 1 settembre 2022, n. 7621, in riferimento a un cambio di destinazione d’uso).

Atteso quindi che l’eventuale valenza dei certificati catastali rileva solo in mancanza di titoli edificatori, circostanza che non ricorre nel caso di specie, dove vi sono due titoli edilizi (quello del 1962 e quello del 1970) che fanno riferimento alla costruzione di una civile abitazione, non possono essere utilizzati i dati catastali al fine di comprovare lo stato legittimo dell’immobile, non rilevando a tal fine neppure l’asserita circostanza che sin dal primo accatastamento l’immobile avesse destinazione commerciale (smentita dal titolo edilizio del 1970) .

Del resto, la sentenza citata da parte appellata, già ricorrente in primo grado, non è dirimente nel caso di specie, in quanto si riferisce a un immobile costruito prima del 1967 e rispetto al quale non sussistono titoli edilizi dell’epoca ma altri “ documenti probanti ”, quali la licenza di commercio al minuto, la dichiarazione di abitabilità, la

licenza per l’esercizio del commercio di vendita al pubblico di merci e l’autorizzazione al commercio al minuto (Cons. St., sez. IV, 6 dicembre 2022 n. 10670).

Nel caso di specie invece sussiste il titolo edilizio del 1962 e quello del 1970, con le conseguenze sopra esposte.

In ogni caso, quanto ai dati catastali, il Consiglio di Stato, pur valutando la portata dell’art.

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