Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-10-28, n. 202209348
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Testo completo
Pubblicato il 28/10/2022
N. 09348/2022REG.PROV.COLL.
N. 09244/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9244 del 2019, proposto da:
Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Leather Tannery S.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti A R e R R C, con domicilio eletto presso lo studio del dott. A P in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;
Doc Italian Leather Tannery S.r.l., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 8676/2019.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio Leather Tannery S.r.l. in liquidazione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il Cons. Laura Marzano;
Nessuno presente per le parti nell'udienza straordinaria del giorno 14 ottobre 2022;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR) ha impugnato la sentenza del TAR Lazio, Sez. III Bis , n. 8676 del 3 luglio 2019, con cui è stato accolto il ricorso proposto dalla società Doc Italian Leather Tannery S.r.l. (per brevità “la società”) per l’annullamento del provvedimento del 18 marzo 2011, recante la revoca del finanziamento concesso ai sensi dell'art. 5 decreto ministeriale 8 agosto 2000 per il progetto autonomo per la realizzazione di attività di ricerca in ambito nazionale e della successiva comunicazione di rigetto della richiesta di sospensione della suddetta revoca.
Il Tribunale ha affermato che la revoca del finanziamento per morosità della società non era un atto dovuto, bensì discrezionale, la cui emanazione doveva essere supportata dalla ricorrenza di altri presupposti. A sostegno di questa soluzione, il Collegio ha richiamato il combinato disposto di cui agli artt. 7, comma 6, e 13 del contratto di finanziamento in oggetto. In altri termini, il primo Giudice ha ritenuto che il Ministero avesse a disposizione una pluralità di scelte, come quella cautelare relativa all’interruzione del finanziamento sicchè, stante il carattere discrezionale del provvedimento di revoca, l’amministrazione era tenuta a comunicare l’avvio del procedimento, precisando le ragioni sottese all’adozione della misura più gravosa.
Avverso tale pronuncia, il Ministero ha interposto appello con cui, dopo aver tratteggiato nel dettaglio il quadro normativo di riferimento, con un unico motivo ha dedotto il vizio di motivazione della sentenza sottolineando da una parte che il provvedimento di revoca del finanziamento in oggetto era un atto dovuto da parte dell’amministrazione in considerazione della morosità del beneficiario a tutela dell’Erario e, dall’altra, che è stato mantenuto un dialogo costante con la società appellata, nella persona del liquidatore dott. G, con la conseguenza che non sarebbe ravvisabile la lamentata violazione delle garanzie partecipative.
La società appellata si è costituita nel presente grado di giudizio chiedendo la conferma della sentenza impugnata e ribadendo le deduzioni difensive già svolte in primo grado, sostenendo la sussistenza di una sfavorevole congiuntura economica, che avrebbe diminuito sensibilmente il volume di affari dell’intero settore in cui essa opera, rendendo impossibile la restituzione della parte di finanziamento ottenuto a titolo di credito agevolato. Secondo la società la mancanza di liquidità sarebbe stata cagionata anche dal ritardo con cui il MIUR avrebbe proceduto con le erogazioni, tanto da porla in condizione di dover fare ricorso al concordato preventivo, al quale ritiene che il Ministero avrebbe tacitamente aderito con la nota del 14 aprile 2011, con la quale comunicava “di poter considerare in concreto la possibilità di sospendere il provvedimento di revoca adottato con D.D. n. 974 del 28 dicembre 2010, con l’invito al liquidatore Sig. Luciano G, ad indicare entro e non oltre 15 giorni dal ricevimento della presente nota, la data dell’effettiva restituzione del finanziamento erogato”. In ogni caso l’appellata ha riproposto le censure non esaminate dal giudice di prime cure, di seguito sintetizzate:
- l’amministrazione avrebbe fatto cattivo uso del proprio potere discrezionale, non avendo riscontrato la nota con cui era stata informata che il debito, essendo stato aperto concordato preventivo, era stato inserito nella massa passiva della procedura, previo assenso del comitato dei creditori e in privilegio, per l’intero importo della parte di finanziamento soggetta a restituzione, oltre gli interessi su base contrattuale, per un totale di € 431.219,00;
- il Ministero non avrebbe acquisito i necessari elementi istruttori, prima dell’adozione del provvedimento di revoca del finanziamento, segnatamente la relazione della banca prevista dall’articolo 13 del contratto;
- la normativa applicabile alla fattispecie in esame (D.Lgs. n. 279/1999 e D.Lgs. n. 123/1998) non contemplerebbe l’ipotesi della revoca del finanziamento per morosità del beneficiario essendo il credito dell’amministrazione assistito dal privilegio speciale;
- sarebbe dovuta essere valorizzata la compiuta realizzazione del progetto di ricerca, come accaduto nel caso di specie;
- essendo la revoca del finanziamento un atto di estrema penalizzazione della parte interessata, il potere di adottare