Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-11-30, n. 202007524

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-11-30, n. 202007524
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202007524
Data del deposito : 30 novembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/11/2020

N. 07524/2020REG.PROV.COLL.

N. 00977/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 977 del 2020, proposto da
Società Semplice L'Aquila, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ag.EA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Valle D'Aosta, n. 42/19, con cui è stato respinto il ricorso n. 39/18, resa tra le parti, concernente l'annullamento: i.) del provvedimento Ag.EA 11.4.2018, n.31733, di accertamento definitivo del credito;
ii) della nota 11.4.2018, n. 31756 con cui l’Agenzia per l’erogazione del credito agrario ha richiesto la restituzione delle somme indebitamente percepite.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ag.EA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 novembre 2020, tenutasi in videoconferenza con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, il Cons. Antonio Massimo Marra e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Nel giudizio di primo grado, la Società semplice L’Aquila, odierna appellante, ha impugnato il provvedimento, 11.4.2018, prot. n. 2018.31733 a mezzo del quale l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (d’ora in avanti Ag.EA), sulla scorta del verbale 11.3.2016 del Corpo Forestale dello Stato accertava, in via definitiva, la sussistenza di un credito (pari ad euro 270.168,31), vantato dalla Agenzia stessa, nei confronti della predetta Società, per asserita indebita percezione di contributi comunitari, relativi al regime di pagamento unico per la campagna 2014.

La relativa domanda unica di pagamento n. 40809564095 era stata presentata dalla Società Agricola in data 29.10.2014, ottenendo un finanziamento complessivo di € 270.168,31.

Successivamente, il Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, con il visto processo verbale - nel quale veniva fatto espresso richiamo all’ indagine, avviata dalla Procura della Repubblica di Cuneo - attestava l’irregolarità della predetta domanda unica di pagamento, con riferimento specifico ai terreni, ricadenti nel comune di Marmora (CN) e nel Comune di Varzo (VB), con conseguente applicazione dell’art. 30 del Reg. CE n. 73/2009, ovvero della cosiddetta “clausola di elusione”.

Con il ricorso al TAR Valle D’Aosta, la Società ha agito per l’annullamento dei predetti atti a mezzo dei quali Ag.EA aveva richiesto la restituzione della somma di € 270.168,31 erogata all’interessata oltre interessi, denunziandone in quella sede l’illegittimità per vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto distinti profili;
ad avviso dell’interessata sarebbe stata applicata una normativa inconferente, ossia l’ art. 30 reg. CE n. 73/2009, anziché l’esatta disciplina di cui agli artt. 58 e 60 del reg. n. 1122/2009 (applicabile in relazione ai casi di dichiarazione eccessiva di superficie): quindi, non restituzione integrale, ma avuto riguardo alla misura dello scostamento - tra quanto dichiarato e la superficie rilevata - si sarebbe dovuto applicare la diversa disposizione che prevede la riduzione del premio assegnato (art. 58);
inoltre, quanto alla contestazione contenuta nel verbale del Corpo Forestale dello Stato, circa la mancanza dei titoli di conduzione per le superfici nel territorio del Comune di Varzo, l’addebito non corrispondeva alla realtà dei fatti, così come doveva considerarsi errata la contestazione circa il mancato pascolamento sui terreni interessati (cd. alpeggio);
deduceva infine il difetto di istruttoria, lamentando l’utilizzo di prove poste a sostegno delle contestazioni desunte da un procedimento penale ancora pendente.

In estrema sintesi, le criticità rilevate – integranti i motivi ostativi al riconoscimento delle provvidenze – riguardavano la mancanza dei titoli di conduzione, oltre all’estensione delle superfici in oggetto.

Il primo giudice ha respinto il ricorso, non riconoscendo la prospettazione della odierna appellante secondo cui si sarebbe trattato di uno scostamento involontario e, riconducendo la fattispecie di cui è causa alla disciplina del visto art. 30 reg. CE n. 73/2009, così come indicato nel verbale del Corpo Forestale dello Stato n. 9/2016.

A tal fine ha osservato che, nel processo verbale del Nucleo Investigativo del Corpo Forestale dello Stato n. 9/2016, “… si rinvengono elementi di cognizione e circostanziate notizie, univocamente convergenti nella conclusione di un’avvenuta condotta improntata alla commissione dell’illecito amministrativo, costituito dalla mancanza di valido titolo di possesso dei terreni inseriti in domanda”.

Il Tar ha rilevato, inoltre, che l’art. 30 citato, prevede il caso dell’esercizio dello “ius poenitendi” da parte degli organi competenti nell’ipotesi - quale quella qui in rilievo - in cui gli uffici preposti ai controlli “… rilevino un comportamento complessivamente diretto ad eludere le condizioni di ammissibilità e le finalità della normativa recante i benefici in questione (clausola di elusione) sì da far scattare le relative sanzioni.”

Nella presente fase di appello, la Società Semplice L’Aquila, censura come erronea l’interpretazione delle disposizioni operata dal giudice di primo grado.

A tal fine osserva la società appellante osserva che:

- l’art. 30 reg. CE n. 73/2009, riveste natura sussidiaria, nel senso che detta norma, di chiusura, in tanto è applicabile, in quanto manchino disposizioni specifiche, anzi la stessa, come chiarito nell’incipit dell’art. 30 citato trova applicazione “… senza pregiudizio di eventuali disposizioni specifiche di singoli regimi di sostegno”;

- esistono disposizioni specifiche - artt. 58 e 60 del regolamento CE n. 1122/2009 - che disciplinano i casi di dichiarazione eccessiva di superficie, (con conseguente decurtazione del premio in misura corrispondente), ovvero, dichiarazioni eccessive intenzionali (con la esclusione totale del premio);

- le “riscontrate irregolarità”, come chiarito proprio dal verbale del Corpo forestale dello Stato, riguarderebbero una superficie pari a trenta ettari, corrispondente al 4% di scostamento rispetto a quanto dichiarato nella domanda di pagamento, sicché trova conferma l’applicazione dell’art. 58, con conseguente riduzione del premio assegnato;

- contrariamente con quanto affermato dal primo giudice, ulteriore conferma di quanto dedotto si rinviene nella documentazione depositata in atti, specie nei verbali delle sommarie informazioni testimoniali poste a fondamento quale unico elemento di prova, del citato verbale che, il giudice di prime cure, ha qualificato come “documento di importanza fondamentale”.

Ag.E.A. si è costituita ritualmente in giudizio, eccependo anzitutto l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione e richiedendone nel merito la reiezione.

Alla pubblica udienza del giorno 11 novembre 2020, tenutasi in videoconferenza con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, la causa è stata trattenuta in decisione.

Anzitutto deve essere respinta l’eccezione d’inammissibilità dell’appello sollevata da Ag.E.A., confermando, anche in sede di gravame, la giurisdizione del giudice amministrativo.

Osserva, in proposito, il Collegio nel far richiamo al consolidato indirizzo giurisprudenziale (Consiglio di Stato, decisione n. 6/2014 dell’Adunanza Plenaria), secondo cui “in materia di aiuti comunitari all’agricoltura e benefici analoghi e con riferimento al problema della giurisdizione si deve distinguere tra la fase amministrativa della concessione del contributo e la fase successiva durante la quale le due parti debbono adempiere i rispettivi obblighi: la pubblica amministrazione l’obbligo di erogare il contributo stabilito, il beneficiario l’obbligo di eseguire integralmente gli impegni assunti a pena di decadenza dal beneficio e di restituzione di tutto quanto già percepito.

Nella prima fase, la posizione giuridica dell’agricoltore è di interesse legittimo;
laddove, nella seconda, quella di diritto soggettivo”.

Alla luce delle suesposte coordinate ermeneutiche, deve dunque ritenersi che, non vertendosi, nella specie, di questioni inerenti agli adempimenti/inadempimenti agli obblighi, quanto piuttosto alla esatta valutazione circa la veridicità intenzionale o meno delle dichiarazioni fatte dalla società interessata ai fini dell’ottenimento della concessione degli aiuti, la giurisdizione pertiene al giudice amministrativo.

Quanto al merito, con il primo motivo di appello, la Società Semplice L’Aquila sostiene, anche in questa sede, che illegittimamente Ag.EA e, poi erroneamente il primo giudice, hanno ritenuto applicabile l’art. 30 del Reg. CE 73/2009, norma, avente carattere antielusivo, in assenza di una comprovata intenzionalità nell’indicare l’interessata ai fini della concessione dell’aiuto superfici agricole diverse da quelle effettivamente esistenti.

Detto ordine di idee non è condiviso dal Collegio.

E’ opportuno richiamare, anzitutto, il tenore letterale di detta disposizione secondo cui: “ (..) non sono erogati pagamenti ai beneficiari che risultino aver creato artificialmente le condizioni necessarie per ottenere tali pagamenti (…).

Secondo la prospettazione dell’appellante, il primo giudice non avrebbe tenuto in debita considerazione la locuzione della ridetta previsione regolamentare, là dove è stabilito: “senza pregiudizi di eventuali disposizioni specifiche dei singoli regimi di sostegno”.

La norma rivestirebbe, secondo la difesa appellante, un’applicazione essenzialmente “residuale”;
laddove, la disposizione particolare sarebbe da rinvenire nell’art. 58 del Regolamento CE 1122/2009, norma allegatamente eccezionale che, come tale escluderebbe l’applicabilità dell’art. 30 Reg. CE 73/2009.

Il citato art. 58 così statuisce in particolare: “Qualora, in relazione a un gruppo di colture, la superficie dichiarata ai fini di qualsiasi regime di aiuto per superficie, fatta eccezione per le patate da fecola e le sementi, di cui al titolo IV, capitolo 1, sezioni 2 e 5, del regolamento (CE) n. 73/2009, sia superiore alla superficie determinata in conformità all’articolo 57del presente regolamento, l’importo dell’aiuto è calcolato sulla base della superficie determinata, cui è sottratta due volte la differenza constatata, se questa è superiore al 3 % o a due ettari ma non superiore al 20 % della superficie determinata.”

In buona sostanza la ricorrente sostiene che lo scostamento tra quanto dichiarato in domanda e quanto allegatamente ammissibile – considerando l’infondatezza delle contestazioni relative ai terreni siti nel Comune di Varzo e di quella del Comune di Marmora - non supererebbe il 4% e, dunque, Ag.EA, applicando la suestesa diposizione regolamentare (Reg. 73/2009), avrebbe dovuto semplicemente ridurre l’aiuto.

La suesposta conclusione non può essere condivisa, specie in riferimento alla puntuale ricostruzione fattuale fatta dal primo giudice.

Osserva, in primo luogo il Collegio l’interpretazione offerta dall’appellante sul rapporto delle due disposizione anzidette (art. 30 e art. 58), non appare condivisibile, dovendosi ritenere che le predette norme disciplinano, invero, fattispecie distinte e non sovrapponibili.

L’art. 30 sanziona, infatti, la creazione artificiosa delle condizioni di ammissibilità dell’aiuto;
laddove, l’art. 58 disciplina l’ipotesi in cui il richiedente abbia indicato una superficie superiore rispetto a quella ammissibile.

D’altro canto, la dichiarazione di una superficie superiore a quella ammissibile, non esclude la “creazione artificiosa della condizioni di ammissibilità dell’aiuto”, qualora il dichiarante - come nel caso di specie - sia consapevole della mendacità della propria dichiarazione, motivata dal precostituirsi le condizioni per l’erogazione dell’aiuto.

Del resto che non vi sia incompatibilità tra dichiarazione di una superficie eccedente con l’elusione di cui al citato art. 30 Reg. 73/2009 è, peraltro, evidenziato nello stesso art. 57 Reg. 1122/09 là dove al comma 3 disciplina l’ipotesi di una dichiarazione di superficie eccedente di modica entità (non superiore a 0.1 ettari) facendo espressamente salva l’applicabilità della clausola antielusiva di cui all’art. 30 Reg. 73/2009.

In definitiva, se l’art. 57 del Reg. 1122/09, nel disciplinare ipotesi “irrilevanti” di dichiarazioni eccedentarie di superfici ammissibili, non esclude espressamente l’applicabilità della clausola generale antielusiva, deve ritenersi a fortiori applicabile detta clausola anche con riferimento all’art. 58, che come detto, disciplina ben più consistenti scostamenti, tra superficie dichiarata ed ammissibile.

Nel caso all’esame è stato ben evidenziato, nella decisione gravata, che ad essere oggetto di dichiarazione non è stata la mera difformità tra superfici dichiarate ed ammissibili quanto piuttosto la creazione artificiosa per le condizioni dell’aiuto.

In dettaglio, ad essere contestata è stata, invero, la stessa titolarità di un titolo idoneo di conduzione.

Con riferimento ai terreni dichiarati insistenti nel Comune di Varzo, in particolare, la ricorrente ha rimarcato - anche in sede di gravame - che la legittima conduzione degli stessi sarebbe risultata provata dalla stessa delibera di Giunta, a mezzo della quale il Comune di Varzo avrebbe accolto la richiesta di “sanatoria” per l’utilizzo delle superfici dichiarate dall’odierna appellante per la campagna 2013 – 2014.

Detta conclusione non può essere condivisa, dovendosi anche in questa sede ribadire l’inidoneità della vista dichiarazione a costituire titolo idoneo di conduzione delle superfici: la delibera comunale è, infatti, intervenuta successivamente alla scadenza dei termini di cui all’art. 14 Reg. CE 1122/2009, assegnati per la modifica/rettifica della domande.

Del resto l’invocata delibera giuntale è intervenuta in vigenza del divieto a contrattare con la PA, circostanza, del resto non smentita dall’odierna appellante.

Riguardo poi agli ulteriori profili di erroneità della sentenza, l’odierna appellante lamenta che il giudice di prime cure non avrebbe rilevato il difetto di istruttoria in cui sarebbe incorsa AGEA.

Sul punto occorre ribadire che AGEA, come emerge dal provvedimento impugnato, ha valutato autonomamente le risultanze delle indagini effettuate dagli organi inquirenti, confermando l’assenza di un valido titolo di conduzione, circostanza peraltro non adeguatamente smentita dalla società istante.

In conclusione, alla stregua di quanto esposto, l’appello va respinto in ragione dell’infondatezza dei motivi dedotti.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

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