Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-01-26, n. 201000284

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-01-26, n. 201000284
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201000284
Data del deposito : 26 gennaio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08560/2008 REG.RIC.

N. 00284/2010 REG.DEC.

N. 08560/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso numero di registro generale 8560 del 2008, proposto da M T, rappresentato e difeso dagli avv.ti A A e C P, con domicilio eletto presso Candida Russiello in Roma, via Alfredo Catalani, 4;

contro

Ministero dell'interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;

per la riforma della sentenza del TAR CAMPANIA – NAPOLI, Sezione VI, n. 10116/2007, resa tra le parti, concernente DINIEGO RINNOVO PERMESSO DI SOGGIORNO.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2009, relatore, il Cons. D C, udito per il Ministero dell’interno l’Avvocato dello Stato Borgo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso di primo grado il sig. M T adiva il T.a.r. della Campania, Napoli, impugnando, con ogni altro preordinato e connesso, il decreto del Questore di Napoli 4.6.2007, n. Cat. A12/2007/Imm/2^ Sez. Dinieghi n.7086, con il quale gli era stato negato il rinnovo del permesso di soggiorno sul presupposto della mancanza dei requisiti necessari per soggiornare nel territorio dello Stato, in particolare, per mancanza del rapporto di lavoro e del reddito previsto dalla legge.

A sostegno del gravame il ricorrente deduceva, con due motivi, censure di:

a) violazione e falsa applicazione dell’art.5, comma 5 e 9, e dell’art.6, comma 8, D. L.vo 286/98, dell’art.13, comma 2 e 2 bis, 22, comma 11, del D.P.R.349/99;
omessa, insufficiente motivazione del decreto di diniego;
difetto di istruttoria per erronea valutazione dei fatti e dei presupposti;
eccesso di potere;

b) violazione dell’art. 6, comma 7 e 8, del D.Lvo 286/98;
violazione e falsa applicazione della legge n.241/90;
eccesso di potere;
difetto di motivazione e ingiustizia manifesta.

Nelle conclusioni l’istante chiedeva l’annullamento degli atti impugnati con ogni conseguenzale statuizione anche in ordine alle spese del giudizio.

2. Con la sentenza in epigrafe specificata, resa in forma semplificata, l’adito T.a.r. respingeva il ricorso, dopo avere osservato che:

- circa la doglianza centrale, con la quale veniva denunciata sostanzialmente la mancanza di una adeguata attività istruttoria in ordine alla situazione lavorativa del ricorrente ed allegata la circostanza che il medesimo aveva intrapreso, dopo la cessazione del rapporto di lavoro domestico sulla base del quale aveva richiesto il rinnovo del permesso di soggiorno, un’attività lavorativa autonoma (regolarmente denunciata ed autorizzata) da ritenersi adeguato presupposto per il rinnovo del permesso di soggiorno, la doglianza stessa era destituita di fondamento, posto che, nella prospettiva di leale collaborazione tra l’Amministrazione e gli amministrati, questi ultimi, allorquando la situazione di fatto, in ragione della quale avevano sollecitato l’intervento dell’autorità, veniva a subire dei mutamenti per circostanze sopravvenute, avevano l’onere di renderne tempestivamente edotta l’Amministrazione, in modo da evitare l’inutile svolgimento di attività amministrativa, onere che nella specie non era stato assolto dall’interessato;.

- nel caso del ricorrente, peraltro, l’Amministrazione era stata particolarmente diligente, poiché aveva tentato di notificargli il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’art.10 bis L.n.241/1990, pur essendo rimasto il tentativo senza esito a causa della irreperibilità dell’istante.

3. Avverso tale sentenza è stato interposto l’odierno appello affidato dal sig. M T. al seguente articolato motivo:

“Violazione e falsa applicazione degli articoli.5, commi 5 e 9, 22, comma 11, del D.Lgs. 286/1998, nonché degli artt. 13 e 13 bis del D.P.R. n.394/1999;
eccesso di potere per sviamento del potere per assoluta contraddittorietà e mancanza di motivazione”

Al riguardo, sostiene in particolare l’appellante:

a) che egli, a tutt’oggi, soddisfa tutti i requisiti per la conservazione del permesso di soggiorno, essendo un lavoratore inserito nel contesto lavorativo e sociale italiano, senza avere precedenti e pendenze penali;
che non può essere privato del richiesto rinnovo di permesso solo perché avrebbe omesso di segnalare la variazione di domicilio;
che l’art.5, comma 5, D. Lgs. 286/1998 precisa che il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando manchino o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’art.22, comma 9, cit. D.Lgs. cit., e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili;
che nel suo caso, comunque, dalla documentazione depositata si evince che egli possiede tutti i necessari requisiti per la conservazione del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo o per motivi di attesa occupazione;
che, quindi, nella specie non sarebbe stata effettuata una valutazione concreta attuale e oggettiva della sussistenza nei propri confronti dei necessari presupposti per la conservazione del permesso di soggiorno;
che, infine, non è imputabile al ricorrente la mancata comunicazione da parte della CCIAA e del Comune di Napoli alla locale Questura dell’avvenuta iscrizione della impresa individuale, dell’attività svolta da medesimo, nonché dell’avvenuta variazione del suo domicilio;

b) che il T.a.r. avrebbe errato nel ritenere infondata la censura relativa alla denunciata carenza di istruttoria, perché “la sussistenza dei requisiti per la conservazione del permesso di soggiorno non era stata valutata né dall’Amministrazione né dal collegio giudicante”

c) che non vi sarebbe stata nel caso in esame, peraltro, alcuna prova oggettiva della diligenza dell’Amministrazione in ordine alla notifica dell’avviso dell’avvio del procedimento.

Nelle conclusioni l’appellante chiede l’accoglimento del ricorso in esame, previa sospensione della esecuzione della gravata pronuncia.

Ricostituitosi il contraddittorio nell’attuale fase di appello, il Ministero dell’interno ha replicato, con un’articolata memoria alle censure ex adverso svolte, concludendo per la reiezione del gravame.

Alla camera di consiglio del 18.11. 2008 l’istanza cautelare è stata respinta, con ordinanza n. 6191/2008, non ravvisandosi, in particolare, “profili idonei a far venir meno il fondamento dell’impugnata sentenza (tenuto anche conto che il preavviso di rigetto non è giunto a buon fine non per scarsa diligenza della p.a.)”.

4. La causa, infine, è stata assunta in decisione nella pubblica udienza del 24 novembre 2009.

DIRITTO

1. Con la sentenza impugnata viene respinto il gravame proposto dal cittadino pakistano indicato in epigrafe nella considerazione essenziale che nei suoi confronti era stata accertata, da parte dell'Amministrazione dell'interno, la mancanza del presupposto della sussistenza del rapporto di lavoro;
e ciò a seguito degli accertamenti esperiti dagli organi della Polizia di Stato che avevano rilevato che lo straniero predetto era disoccupato dagli inizi del 2005, come dichiarato dalla datrice di lavoro, presso la quale aveva prestato servizio per alcuni mesi, essendo in possesso di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato dal 6.7.2004 al 6.7.2006 proprio perché assunto come domestico alle dipendenze della medesima. La stessa sentenza ha ritenuto, peraltro, che il decreto impugnato fosse adeguatamente motivato, atteso che dal contesto dello stesso risultavano chiaramente le ragioni del diniego espresso, integrate dall'insussistenza del rapporto di lavoro e dall'indicazione della relativa normativa violata.

2. In relazione alla sentenza anzidetta, motivata nei sensi dianzi indicati, le doglianze proposte nell'odierno appello - che ripropongono sostanzialmente gli stessi rilievi mossi nel giudizio di primo grado e disattesi motivatamente dal T.a.r. della Campania - non possono essere condivise.

2.1. Priva di pregio è, innanzitutto, la censura sopra indicata al punto 3 a) dell’esposizione in fatto, con la quale si sostiene, in sintesi, che sussisterebbero attualmente in capo al ricorrente i requisiti per conseguire il rinnovo del permesso di soggiorno richiesto, trovandosi egli ormai inserito nel contesto lavorativo e sociale italiano, senza avere, peraltro precedenti e pendenze penali. Al riguardo, ritiene, infatti, il Collegio, da una parte, che la mancanza del rapporto di lavoro accertata dall’Amministrazione e la connessa mancanza del requisito reddituale richiesto sono da reputarsi motivi ostativi alla concessione del permesso di soggiorno e al suo rinnovo, secondo quanto disposto dall’art.13, comma 2, e 2 bis del D.P.R. n.394/1999, modificato dal D.P.R n.334/2004, e, dall’altra, che, in relazione alla asserita assenza di pendenze penali, l’assunto dell’interessato è smentito dalla documentazione depositata agli atti del giudizio(v. rapporto della Questura in data 2.10.2007 da cui si evince che a carico del ricorrente risultava pendente un procedimento penale (n.4620/05) presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecce, avendo fornito false generalità per sottrarsi ad una compiuta identificazione da parte degli organi della Polizia di Stato). Quanto poi al rilievo che il ricorrente non potrebbe essere privato del richiesto rinnovo di permesso per il solo fatto di avere omesso di segnalare la variazione di domicilio, esso non è fondato, giacché, come osservato dal T.a.r., il richiedente il rinnovo del permesso, ha l’onere, ove la situazione di fatto in relazione alla quale ha richiesto il rinnovo di permesso venga a subire dei mutamenti per circostanze sopravvenute, di rendere di ciò tempestiva comunicazione all’Amministrazione, onde evitare l’inutile svolgimento di attività amministrativa, onere questo che, invero, non è stato osservato nel caso in esame dall’interessato, non avendo egli comunicato la variazione di indirizzo, in violazione dell’art.6, comma 8, del D.Lgs. n.286/1998, come modificato dalla L. n.189/2002, dal che la riscontrata irreperibilità dello stesso all’indirizzo dichiarato come abituale dimora.

Appare pertanto irrilevante quanto osservato nell’appello circa la non imputabilità al ricorrente della mancata comunicazione, da parte della CCIAA e del Comune di Napoli alla Questura di Napoli, in ordine all’avvenuta iscrizione della impresa individuale e dell’attività del ricorrente, nonché in ordine all’avvenuta variazione del suo domicilio in violazione della disposizione appena richiamata, non potendo ciò comunque escludere l’osservanza del predetto onere da parte dell’interessato.

Quanto poi allo specifico rilievo del ricorso in esame, secondo cui l’art.5, comma 5, D.Lgs, 286/1998 precisa che il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’art.22, comma 9, del citato D.Lgs. e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili, il Collegio deve osservare che nella specie appare evidente, sulla base degli atti di causa, che il ricorrente era cessato dal rapporto di lavoro, quale domestico, dall’inizio dell’anno 2005 e che il legale del medesimo aveva asserito che lo straniero risultava titolare di una presunta impresa individuale a partire dal 2.9.2005, senza produrre tuttavia documentazione probante dell’assunto ed appare evidente altresì la presenza dello stato di disoccupazione dell’interessato dall’inizio del 2005 e la conseguente impossibilità di chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di attesa occupazione, avendo il medesimo già fruito della tipologia di permesso di soggiorno ex art.22, comma 11, D. Lgs. n.286/1998.

Nel caso in esame, dunque, oltre che alla mancanza del possesso in capo al ricorrente dei requisiti richiesti per il rilascio del titolo di soggiorno dal Legislatore (art.13, comma 2 e 2 bis del D.P.R. n.394/1999, così come modificato dal D.P.R. n.334/2004), risulta anche la mancanza in capo allo stesso del requisito fondamentale della disponibilità di sufficienti mezzi di sussistenza, nel rispetto dell’art.13, comma 2, del D.P.R. 31.8.1999 n.394, secondo cui il rinnovo del titolo di soggiorno è subordinato, tra l’altro, alla sussistenza della disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte lecita, sufficiente al sostentamento del richiedente e dei familiari conviventi a carico e dell’art.26 del D.Lgs. n.286/1998, secondo cui l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato è consentito ai lavoratori stranieri non appartenenti all’Unione Europea che dimostrino di “disporre di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per la esenzione dalla partecipazione sanitaria”.

2.2. Priva di pregio è, altresì, la censura dell’appello in base alla quale sarebbe erronea la gravata sentenza per avere ritenuto infondata la censura relativa alla denunciata carenza di istruttoria, non essendo stata valutata dai primi giudici, oltreché che dall’Amministrazione, la sussistenza nella specie dei requisiti per la conservazione del permesso di soggiorno.

Ritiene, infatti, il Collegio al riguardo che dal procedimento svoltosi nel caso in esame non risulta che l’Amministrazione sia incorsa nel denunciato vizio di legittimità, non essendo tenuta a svolgere un’ulteriore attività istruttoria oltre quella già adeguatamente espletata che avrebbe determinato, peraltro, un inutile svolgimento di attività amministrativa, con aggravio del procedimento stesso.

2.3.. Infondata è, infine, anche l’ultima doglianza sopra specificata al punto 3 c), atteso, da una lato, che, trattandosi di procedimenti ad istanza di parte, non era richiesta nella specie la comunicazione dell’avviso dell'inizio dei procedimento, ai sensi dell'invocato art. 7 della legge n. 241/1990, ben potendo l’interessato parteciparvi, per avere determinato egli, con la sua richiesta, l'inizio del procedimento stesso, mediante la presentazione al competente Ufficio della specifica domanda di rinnovo del permesso in questione in data 30.8.2006 ed atteso, dall'altro, che la doglianza di eccesso di potere per difetto di motivazione, ora reiterata, non poteva avere alcun pregio, giacché dal provvedimento impugnato in prime cure emergevano con evidenza i motivi che avevano dato luogo alla reiezione dell'istanza predetta;
motivi basati principalmente sulla riconosciuta insussistenza del rapporto di lavoro, sulle norme ritenute violate e sull'indagine svolta in ordine all’indirizzo dichiarato quale abituale dimora presso cui l’interessato era risultato irreperibile.

2.4. In conclusione, con riguardo al caso in esame, nel quale il decreto questorile impugnato in prime cure è stato il frutto di una valutazione in via amministrativa adeguatamente motivata e supportata da riscontri oggettivi, deve ribadirsi, da un canto, come la valutazione effettuata dall'Amministrazione - in un contesto procedimentale caratterizzato dall'assenza di tracce dell'effettivo svolgimento di attività lavorativa alle dipendenze della menzionata datrice di lavoro da parte del ricorrente nel periodo di efficacia del suo permesso di soggiorno per il periodo dall’inizio del 2005 al 6.7.2006 - non appaia inficiata dai vizi di legittimità denunciati dall’interessato, tanto più che egli non ha fornito chiari elementi, diretti o indiretti, utili a dimostrare o almeno a rendere plausibile l'effettivo svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa nel periodo anzidetto e, all'altro, che la mancanza della prestazione lavorativa deve ritenersi sufficiente (come già accennato) a giustificare il diniego impugnato in primo grado, non venendo in alcun modo in rilievo la stessa esistenza del presupposto fondamentale della rapporto di lavoro e del requisito reddituale;
sicché, anche se fosse mancata un'espressa previsione in questo senso, discende comunque dai generali criteri ermeneutici che è la stessa mancanza degli elementi costitutivi della fattispecie che impedisce il preteso rinnovo del permesso in questione.

3. Alla stregua delle considerazioni che precedono, l'appello in esame deve essere, dunque, respinto.

Sussistono giusti motivi, in considerazione della particolarità del caso anche in relazione alla natura degli interessi coinvolti, per compensare tra le parti le spese di giudizio.

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