Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-01-30, n. 201300598

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-01-30, n. 201300598
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201300598
Data del deposito : 30 gennaio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04273/2002 REG.RIC.

N. 00598/2013REG.PROV.COLL.

N. 04273/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4273 del 2002, proposto da:
Data Medica S.p.a., Euganea Medica S.r.l., Cemes S.r.l., Uni X Ray S.r.l., Studio S. Giacomo di Baraldo G. &
C. S.a.s., Studio S. Giacomo S.r.l., tutti rappresentati e difesi dall'avv. F L, con domicilio eletto presso F L in Roma, viale G. Mazzini, 6;

contro

Regione Veneto, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO – VENEZIA, SEZIONE III, n. 00788/2001, resa tra le parti, concernente corresponsione somme per riconoscimento prestazioni ambulatoriali.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2012 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti l’avvocato Colagrande su delega di Lofoco e l’avvocato dello Stato Lumetti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Alcune strutture accreditate per erogare prestazioni radiologiche, con distinti ricorsi, hanno impugnato dinanzi al TAR del Veneto la d.G.R. n. 5270 in data 29 dicembre 1998, con la quale è stato aggiornato il nomenclatore tariffario delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, e sono stati fissati i tetti di spesa per il 1999 (prevedendosi l’applicazione della c.d. regressione tariffaria in caso di superamento dei limiti prefissati), unitamente alla d.G.R. n. 5122 in data 28 dicembre 2000, che applica la regressione tariffaria anche per il 2000, ancorché in misura meno penalizzante.

In sintesi, hanno complessivamente lamentato che (incorrendo i provvedimenti impugnati in violazione e falsa applicazione degli artt. 8 del d.lgs. 502/1992, 4 e 6 del la legge 724/1994, 2 della legge 549/1995, 1 della legge 662/1996, 32, comma 8 della legge 449/1997, 2, comma 7 del d.P.R. 14 gennaio 1997, 41 Cost., 6 e 7 della legge 241/1990, nonché in eccesso di potere sotto vari profili):

- la fissazione dei tetti di spesa ed il meccanismo della regressione tariffaria sono incompatibili con il criterio delle tariffe predeterminate a vantaggio dell’Amministrazione, il criterio della libera scelta dell’assistito, la necessità di una programmazione contrattata;

- il provvedimento è intervenuto tardivamente, allorquando era inibita ogni possibilità di pianificazione imprenditoriale;

- i tetti sono stati individuati con riferimento al budget relativo al 1998, ottenuto sulla base del fatturato 1997, così contraddicendo la d.G.R. n. 4776/1997 (tetti di spesa 1998) che, basandosi sul fatturato dell’anno precedente, premiava gli erogatori più efficienti e capaci di attrazione nei confronti dell’utenza (e disposti a lavorare con un ristretto margine di guadagno);

- il provvedimento, per quanto concerne le tariffe delle prestazioni inserite ex novo (determinate, per correntezza, in analogia ad altre prestazioni o previa maggiorazione dei costi diretti di produzione), contrasta con gli articoli 3 e 4 del DM 15 aprile 1994, che richiede di tener presente i costi di produzione ed i costi generali per l’erogazione delle prestazioni sanitarie;

- è mancata una adeguata partecipazione delle strutture e delle organizzazioni sindacali, idonea ad individuare un equo contemperamento delle diverse esigenze.

2. Il TAR Veneto, con la sentenza appellata (III, n. 788/2001), riuniti i ricorsi li ha rigettati, affermando in sostanza:

- che il provvedimento non potesse considerarsi tardivo o retroattivo e la regressione tariffaria fosse legittima, alla luce dei vincoli di ordine finanziario, della difficoltà della Regione nell’intervenire con maggiore tempestività, della possibilità per le strutture private di effettuare comunque investimenti finalizzati alla crescita anche di fronte all’eventualità di restrizioni adottabili dalla Regione, intervenute comunque in esito a procedimento partecipato dalle associazioni rappresentative;

- che il criterio per la fissazione delle tariffe delle nuove prestazioni non fosse irragionevole, tenuto conto del contesto operativo concreto.

3. Nell’appello, vengono dedotti molteplici profili di censura, in parte coincidenti con quelli dedotti in primo grado ed in parte nuovi, ma quasi integralmente riferiti ai provvedimenti regionali impugnati, senza che vengano formulate considerazioni critiche direttamente volte a confutare le argomentazioni con cui il TAR ha disatteso le censure dedotte in primo grado.

Da qui due profili concomitanti di inammissibilità che coprono gran parte dei motivi di appello.

4. Peraltro, quanto al merito delle pretese, l’evoluzione della giurisprudenza ha ormai chiarito (in particolare, secondo la ricostruzione fornita da Cons. Stato, A.P., n. 3/2012) che:

- Il modello di servizio sanitario nazionale, che si è andato delineando a partire dal d.lgs. 502/1992, è ispirato alla coniugazione del principio di libertà dell'utente con il principio della necessaria programmazione sanitaria;
quest'ultimo è perseguito con l'adozione di un piano annuale preventivo, finalizzato ad un controllo tendenziale sul volume complessivo della domanda quantitativa delle prestazioni mediante la fissazione dei livelli uniformi di assistenza sanitaria e l'elaborazione di protocolli diagnostici e terapeutici, ai quali i medici di base sono tenuti ad attenersi, nella prescrizione delle prestazioni.

- Ai sensi dell'art. 32, comma 8, della legge 449/1997, le Regioni, in attuazione della programmazione sanitaria ed in coerenza con gli indici di cui all'art. 2, comma 5, della legge 549/1995 e s.m.i., individuano preventivamente, per ciascuna istituzione sanitaria pubblica e privata, compresi i presidi ospedalieri di cui al comma 7, o per gruppi di istituzioni sanitarie, i limiti massimi annuali di spesa sostenibile con il Fondo sanitario ed i preventivi annuali delle prestazioni, nonché gli indirizzi e le modalità per la contrattazione di cui all'art. 1, comma 32, della legge 662/1996;
di conseguenza alle Regioni è affidato il compito di adottare determinazioni di natura autoritativa e vincolante in tema di limiti alla spesa sanitaria, in coerenza con l'esigenza che l'attività dei vari soggetti operanti nel sistema sanitario si svolga nell'ambito di una pianificazione finanziaria.

- Spetta ad un atto autoritativo e vincolante di programmazione regionale, e non già ad una fase concordata e convenzionale, la fissazione del tetto massimo annuale di spesa sostenibile con il fondo sanitario per singola istituzione o per gruppi di istituzioni, nonché la determinazione dei preventivi annuali delle prestazioni.

- Il valore autoritativo e vincolante delle determinazioni in tema di limiti delle spese sanitarie di competenza delle Regioni ai sensi dell'art. 32, comma 8, della legge 449/1997, esprime la necessità che l'attività dei vari soggetti operanti nel sistema sanitario si svolga nella cornice di una pianificazione finanziaria;
segue da ciò che tale funzione programmatoria, volta a garantire la corretta gestione delle risorse disponibili, rappresenta un dato inabdicabile nella misura in cui la fissazione dei limiti di spesa si atteggia ad adempimento di un obbligo che influisce in modo pregnante sulla possibilità stessa di attingere le risorse necessarie per la remunerazione delle prestazioni erogate.

- Le Regioni, nell'esercitare la potestà programmatoria in materia sanitaria, godono di un ampio potere discrezionale, chiamato a bilanciare interessi diversi, ossia l'interesse pubblico al contenimento della spesa, il diritto degli assistiti alla fruizione di prestazioni sanitarie adeguate, le legittime aspettative degli operatori privati che ispirano le loro condotte ad una logica imprenditoriale e l'assicurazione dell'efficienza delle strutture pubbliche che costituiscono un pilastro del sistema sanitario universalistico.

- La fissazione, in corso d'anno, di tetti che dispieghino i propri effetti anche sulle prestazioni già erogate non può considerarsi, in quanto tale, illegittima atteso che la retroattività dell'atto di determinazione della spesa non vale ad impedire agli interessati di disporre di un qualunque punto di riferimento regolatore per lo svolgimento della loro attività.;
è infatti evidente che in un sistema nel quale è fisiologica la sopravvenienza dell'atto determinativo della spesa solo in epoca successiva all'inizio di erogazione del servizio, gli interessati, fino a quando non risulti adottato un provvedimento formale, potranno aver riguardo all'entità delle somme contemplate per le prestazioni dei professionisti o delle strutture sanitarie dell'anno precedente, diminuite della riduzione della spesa sanitaria contemplata dalle norme finanziarie dell'anno in corso.

Tali orientamenti generali consentono di superare la gran parte dei profili di censura dedotti in primo grado, sopra ricordati, risultando condivisibili le conclusioni del TAR, altresì sopra sintetizzate – in particolare, alla luce della non retroattività dei provvedimenti impugnati e della intervenuta consultazione con le associazioni di categoria di cui essi danno atto.

A detti richiami, vanno aggiunte alcune considerazioni, in ordine alle censure che riguardano contenuti peculiari dei provvedimenti impugnati, ed a quelle che si appuntano specificamente su pretese lacune o contraddizioni della sentenza appellata.

Per le prime, con riferimento al criterio di determinazione delle tariffe per le prestazioni inserite ex novo nel nomenclatore, possono condividersi le considerazioni del TAR in ordine alla non irragionevolezza della determinazione – comportante l’applicazione della tariffa relativa a prestazioni analoghe, ovvero una maggiorazione del 12 % rispetto ai costi di prestazioni rispetto alle quali erano stati rilevati i costi generali - in quanto tiene conto delle esigenze di definire sollecitamente una remunerazione per dette prestazioni ed individua un parametro non irragionevole, alla luce della ristrettezza dei tempi disponibili, per sopperire ad oggettive carenze di analisi dei costi.

Per le seconde, nella sentenza di primo grado non è stato espressamente affrontato il profilo di censura legato alla contradditorietà tra l’affermazione della valenza di disincentivazione dell’erogazione di prestazioni eccedenti i tetti programmati, attribuita al criterio della regressione tariffaria, e l’esplicito riconoscimento (contenuto nella d.G.R. impugnata) della permanenza, in attuazione del principio di libera scelta da parte degli assistiti, dell’obbligo delle strutture private accreditate di fornire comunque le prestazioni loro richieste. Tuttavia, la contraddizione non vizia il provvedimento in quanto uno dei suoi termini è erroneo: l’obbligo di assistenza incondizionata grava sulle strutture pubbliche (e gravava anche, prima della legge 133/2008, sulle strutture “equiparate” a quelle pubbliche), ma non su quelle private accreditate, essendo queste ultime tenute ad erogare prestazioni entro i limiti derivanti dalla programmazione sanitaria.

Inoltre, quanto alla censura sul riferimento dei tetti al budget assegnato, anziché al fatturato registrato, nell’anno precedente, è vero che il criterio penalizza gli erogatori dimostratesi maggiormente attivi, ma non può trascurarsi di rilevare che svolgere attività eccedente i tetti comporta di per sé l’aver disatteso le indicazioni programmatorie dell’anno precedente;
e che quindi il mutamento del criterio (probabilmente dettato anche dalla insufficiente disponibilità dei dati), se si tiene conto dell’obiettivo prioritario di razionalizzazione della spesa pubblica sanitaria, manifesta una sua intrinseca logicità.

In conclusione, l’appello deve essere respinto.

5. L’evoluzione della giurisprudenza suggerisce di disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

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