Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-10-22, n. 201007622
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N. 07622/2010 REG.SEN.
N. 06268/2009 REG.RIC.
N. 06392/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 6268 del 2009, proposto da:
Arno Societa' Cooperativa Edilizia, Reno Societa' Cooperativa Edilizia, S.Ciro Societa' Cooperativa Edilizia, Irec 812 Societa' Cooperativa Edilizia, Parmense Soc. Coop a R.L., nelle persone dei legali rappresentanti, rappresentati e difesi dagli avvocati D D F, R F e A R, con domicilio eletto presso R F in Roma, via G.B. De Rossi n.30;
contro
Comune di Napoli, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati G T, Anna Pulcini, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II n.18;
Regione Campania, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato M L, domiciliato in Roma, via Poli n. 29;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Palaponticelli S.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato R M, con domicilio eletto presso Luigi Napolitano in Roma, via Sicilia n. 50;
Con.cab Coop a R.L, non costituito;
Sul ricorso numero di registro generale 6392 del 2009, proposto da:
Concab - Consorzio Cooperative Abitazione S.c.a.r.l. in Liquidazione Coatta Amministrativa, rappresentato e difeso dagli avvocati Bruno Capponi e Gennaro Micillo, con domicilio eletto presso Bruno Capponi in Roma, via Donatello n.75;
contro
Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato G T, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 18;
Regione Campania, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato Lidia Buondonno, con domicilio eletto in Roma, via Poli n. 29;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
nei confronti di
Palaponticelli S.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato R M, con domicilio eletto presso Luigi Napolitano in Roma, via Sicilia, 50;
Soc. Coop. Arno, Soc. Coop. Reno, Soc. Coop. S. Ciro, Soc. Coop. Irec 812, Soc. Coop. Parmense, non costituite;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Campania - Napoli: Sezione IV n. 3033/2009, resa tra le parti;
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Napoli, della Regione Campania, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Palaponticelli S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 13 luglio 2010 il Cons. A A e uditi per le parti gli avvocati R F, G T, R P su delega di M L, R M e l’avvocato dello Stato C M P;
Visto il dispositivo di decisione n. 523 del 2010;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con bando pubblicato sul B.U.R.C. n. 47 del 2003 la Regione Campania ha indetto, ai sensi delle leggi nn. 457 del 1978 e 179 del 1992, una selezione per la concessione di contributi in favore di soggetti attuatori legittimati per la costruzione di alloggi in ambito regionale.
Alla selezione hanno partecipato le cooperative oggi appellanti, le quali hanno proposto la realizzazione di alloggi di edilizia convenzionata nell’ambito del piano di zona di Ponticelli, collocandosi in posizione utile nella relativa graduatoria.
Con decreto n. 537 del 2007 la Regione ha concluso il procedimento amministrativo per la parte di sua competenza, approvando il cronoprogramma dei lavori dopo aver dato atto ai sensi dell’art. 7 del T.U. n. 380 del 2001 della pregressa approvazione dei progetti da parte del comune.
Con deliberazione della Giunta comunale n. 3622 in data 19.11.2007 il comune di Napoli da un lato ha dato atto della inesistenza di rapporti concessori con le cooperative edilizie Arno, Reno, S. Ciro, Irec 812 e Parmense e della intervenuta risoluzione dei rapporti concessori intrattenuti nel passato con il fallito consorzio Irec per la realizzazione di interventi di edilizia residenziale in Ponticelli;dall’altro ha annullato in via di autotutela l’atto con il quale la Regione Campania, nell’esercizio di poteri delegati dallo stesso comune, avrebbe provveduto alla approvazione di uno o più progetti di edilizia residenziale sovvenzionata, convenzionata e terziario di completamento presentati dalle predette cooperative per i campi 4, 6 e 7 di Ponticelli.
Tale delibera comunale, insieme ad atti ad essa presupposti e conseguenti, è stata impugnata con ricorso avanti al T.A.R. Campania dalle cooperative oggi appellanti, le quali ne hanno chiesto l’annullamento. Con due atti di motivi aggiunti le ricorrenti hanno poi impugnato successivi pprovvedimenti concernenti l’attuazione del programma di recupero urbano della zona di Ponticelli.
Analoga impugnazione veniva spiegata dal consorzio Concab, il quale – nella sua qualità di originario concessionario di una parte degli interventi di edilizia residenziale previsti dal piano di zona ex legge n. 167 in Ponticelli – ha sostenuto di aver diritto ad un compenso convenzionale nel caso di realizzazione dei progetti approvati dalla Regione.
Ad entrambi i ricorsi ha resistito il comune di Napoli.
Si è poi costituita ad opponendum la s.r.l Palaponticelli, nella qualità di proprietaria di un suolo ( ri(ricompreso tra quelli sui quali le cooperative assumono di aver acquisito il diritto di superficie) interessato da un progetto di intervento per attrezzatura urbanistica e territoriale approvato dal comune.
Si è costituita la Regione Campania, in quel grado insistendo per la legittimità degli atti da essa nel tempo adottati.
Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito Tribunale, riuniti i gravami, ha da un lato dichiarato inammissibile il ricorso delle cooperative per difetto di legittimazione ad agire, statuendo che le stesse non avevano mai acquisito l’accampato diritto di superficie sulle aree in controversia e non erano mai subentrate nel rapporto concessorio originariamente intercorrente tra i consorzi e il comune;dall’altro conseguentemente ha dichiarato il ricorso del consorzio Concab inammissibile ( oltre che per difetto di legittimazione nel senso anzidetto) anche per difetto di interesse, vista la pratica impossibilità di percepire compensi in relazione a progetti presentati dalle cooperative ma non realizzabili.
A sostegno del decisum il Tribunale ha poi in via concorrente osservato per un verso che il piano di zona del quale i progetti delle cooperative pretendono di costituire applicazione ha perso la sua efficacia;per l’altro che la disciplina urbanistica applicabile alla zona di Ponticelli è ormai completamente modificata a seguito della approvazione di una variante mai impugnata dai soggetti ricorrenti.
La sentenza è stata separatamente impugnata con i ricorsi all’esame dal consorzio e dalle cooperative soccombenti i quali ne hanno chiesto l’integrale riforma deducendo in primo luogo che, essendosi realizzate le espropriazioni dei suoli oggetto di intervento ed essendosi perciò inverata la condizione sospensiva originariamente prevista in sede convenzionale, il diritto di superficie si è intestato in capo alle cooperative, alle quali era stato legittimamente trasferito dai consorzi concessionari senza necessità di approvazione comunale.
Per quanto concerne la perdita di efficacia del piano di zona, gli appellanti hanno dedotto che lo stesso fu invece prorogato ai sensi dell’art. 1 bis del D.L. n. 901 del 1984.
Per quanto concerne la sopravvenienza dei nuovi strumenti urbanistici, gli appellanti hanno dedotto la sostanziale compatibilità degli interventi assentiti con le previsioni di cui alla variante del 2004 e quindi il loro difetto di interesse ad ogni impugnazione della medesima.
Si sono costituiti in resistenza in resistenza il comune di Napoli e la Palaponticelli s.r.l..
Anche la Regione Campania, costituitasi, ha in questo grado del giudizio concluso per la reiezione degli appelli.
Le Parti hanno presentato memorie, insistendo nelle già rappresentate conclusioni.
In particolare il consorzio Concab ha contestato la compatibilità urbanistica dell’intervento ( costruzione di una grande struttura di vendita) la cui realizzazione da parte della s.r.l. Palaponticelli è stata autorizzata dal comune.
All’udienza del 13 luglio 2010 gli appelli sono stati trattenuti in decisione.
DIRITTO
Gli appelli vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 del codice di procedura civile, trattandosi di impugnazioni rivolte avverso la stessa sentenza.
Essi risultano infondati e la sentenza stessa va pertanto confermata.
Chiaramente infondati sono in primo luogo i motivi mediante i quali gli appellanti, ed in particolare le cooperative, contestano quanto statuito nella sentenza impugnata in ordine alla intervenuta scadenza, con conseguente perdita di efficacia, del piano di zona che originariamente disciplinava il comprensorio di Ponticelli.
Infondati, di conseguenza, sono i motivi mediante i quali gli appellanti deducono la perdurante vigenza del piano Ponticelli anche dopo l’approvazione ad opera del Decreto del Presidente della G.R. n. 323 del 2004 della variante urbanistica insistente sulla zona stessa.
Come è noto, in virtù del disposto dell’art. 1 della legge n. 247 del 1974 e dell’art. 51 della legge n. 457 del 1978, l’efficacia dei piani di zona di cui alla legge n. 167 del 1962 originariamente fissata in dieci anni fu portata prima a quindici anni e poi a diciotto anni.
Il Piano di zona del comprensorio di Ponticelli fu approvato con D.M. n. 516 del 14 settembre 1968 e dunque ha perso la sua efficacia ed è scaduto il 14.9.1986, non risultando che la Regione l’abbia prorogato su richiesta del comune in applicazione dell’art. 9 della ridetta legge n. 167.
Non può seguirsi l’appellante quando sostiene la perdurante vigenza del piano in controversia ai sensi dell’art. 1 bis del decreto legge 22.12. 1984 n. 901, convertito con modificazioni dalla legge 1.3.1985 n. 42.
L’art. 1 bis ora citato così dispone al comma 1: “L'attuazione dei piani di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 , e successive modifiche ed integrazioni, i quali scadano entro il 31 dicembre 1987, può essere portata a compimento qualora entro sei mesi dalla data di scadenza siano adottati gli atti o iniziati i procedimenti comunque preordinati all'acquisizione delle aree o all'attuazione degli interventi.”.
Come chiarito dalla Corte costituzionale ( cfr. sentenza n. 141 del 1992 richiamata dagli stessi appellanti), dalla Suprema Corte di Cassazione ( ad es. I Sez. sentenza n. 4428 del 2008) e dalla concorde giurisprudenza della Sezione ( per tutte IV Sez. n. 981 del 1997) la normativa in questione va interpretata secondo una lettura costituzionalmente orientata ed in linea con le esigenze di certezza circa la sorte della proprietà privata assicurate tra l’altro dall'art. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, in modo da evitare la soggezione del bene privato ad una procedura espropriativa di durata indeterminata o comunque rimessa alla discrezionalità dell'ente espropriante.
Ne consegue che nel termine semestrale doveva profilarsi con certezza la durata della vicenda ablatoria, dovendo in sostanza l’Amministrazione entro tale termine indicare la data del compimento dei lavori e della procedura espropriativa, così delimitando l'eccezionale prolungamento dell'efficacia diciottennale dei piani di zona per l'edilizia economica e popolare: il che nel caso in esame non può dirsi avvenuto.
Alla luce di quanto esposto non possono perciò seguirsi gli appellanti quando interpretano la norma indicata nel senso della sufficienza di qualsivoglia, generica attività da parte del concedente o del concessionario per determinare la proroga dell’efficacia del piano di zona.
Dunque, come esattamente indicato nella sentenza impugnata e come sostenuto sia dal comune di Napoli che dalla società Palaponticelli, deve concludersi che lo strumento attuativo di cui si discute ha perso efficacia in epoca ben precedente alla approvazione della variante urbanistica del 2004.
Le conclusioni ora raggiunte su questo punto in diritto non sono certo smentite dal fatto che il Consiglio comunale di Napoli con la delibera n. 126 del 2003 – in sede di esame delle osservazioni presentate dalle cooperative nel merito della variante allora adottata – sembra aver opinato diversamente, in quanto come si è detto a giudizio del Collegio la proroga dell’efficacia del piano di zona non poteva considerarsi rimessa alla discrezionalità dell’ente.
Conseguentemente, non può seguirsi l’appellante quando argomenta e formula richieste istruttorie volte a dimostrare la compatibilità delle previsioni in esso contenute con la nuova disciplina urbanistica della zona dettata dalla variante, compatibilità che invece è negata dal comune e dalla controinteressata.
Infatti – anche a voler ammettere in fatto la compatibilità urbanistica delle opere previste dai vecchi programmi – resta che una volta accertata la intervenuta scadenza del piano viene meno la posizione giuridicamente differenziata delle cooperative rispetto ad uno strumento urbanistico ( da esse non tempestivamente gravato nei termini di decadenza) che a ben vedere ne disconosce in radice la qualità privilegiata di soggetti attuatori degli interventi di edilizia popolare originariamente affidati.
Quindi i motivi di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse o acquiescenza individuati in via per così dire concorrente dalla sentenza impugnata resistono alle critiche svolte dagli appellanti.
Con il primo motivo dei rispettivi ricorsi – e si passa ad esaminare il profilo che ha assunto rilievo centrale nella controversia alla luce di quanto statuito dal T.A.R. e delle contrapposte argomentazioni versate dalle Parti - gli appellanti tornano ad affermare la titolarità da parte delle cooperative del diritto di superficie sulle aree dei campi 4, 6 e 7 e dunque la loro legittimazione ad impugnare con il ricorso introduttivo il provvedimento di autotutela adottato dal comune.
Sostengono in sintesi gli appellanti che ai sensi delle convenzioni nn. 25282 e 34400 stipulate tra Concab/ Irec e il comune di Napoli il diritto di superficie sui terreni oggetto dell’intervento attribuito ai consorzi era liberamente trasferibile da essi alle cooperative ( purchè già aderenti al momento della stipula delle convenzioni) senza necessità di consenso del concedente: e ciò ai sensi dell’art. 1357 del cod. civ. sotto la condizione sospensiva del realizzarsi degli espropri.
Di fatto tale trasferimento condizionato avvenne con delibere consortili del 1986, mentre nel 1987 il Consorzio Irec nella sostanza trasferì al Concab i diritti derivanti dalla convenzioni citate, con l’approvazione del comune.
Da quanto esposto consegue in primo luogo, secondo gli appellanti, che il Concab è rimasto concessionario degli interventi e non ha mai trasferito il relativo diritto: erra dunque il comune quando si riferisce a diritti di concessione trasferiti alle cooperative senza il suo necessario consenso.
In secondo luogo consegue l’inopponibilità a Concab della delibera comunale n. 5312 del 1996 con la quale, a seguito del fallimento di Irec, fu dichiarata risolto di diritto ogni rapporto concessorio tra il comune e il consorzio stesso, cui aderivano le cooperative oggi appellanti.
Infine, secondo gli appellanti, la conclusione delle procedure espropriative riguardanti i campi 4, 6 e in parte 7 in base ad atti di cessione volontaria rogati dallo stesso segretario generale del comune ha fatto venire meno la condizione sospensiva cui era sottoposta la cessione del diritto di superficie in favore delle cooperative: queste dunque, diversamente da quanto affermato in sentenza, a seguito della originaria cessione da parte del consorzio e del completamento delle espropriazioni sono titolari del diritto in questione ed hanno perciò legittimazione per impugnare il provvedimento comunale di autotutela.
Il mezzo è infondato.
In via preliminare si osserva che tanto il comune quanto soprattutto la Palaponticelli nell’ambito della memoria di costituzione contestano radicalmente non solo che gli espropri cui si riferiscono
gli appellanti abbiano mai avuto luogo ma altresì e soprattutto affermano che nessuna procedura ablativa fu mai avviata per la realizzazione di quei piani di zona.
E’ quindi contestato che la condizione sospensiva si sia effettivamente, come sostenuto dagli appellanti, avverata con conseguente espansione del diritto prima condizionato.
Il punto non merita però di essere approfondito, in quanto la argomentazione degli appellanti fa perno su una errata interpretazione del testo delle convenzioni sopra citate, come ben evidenziato dall’appellato comune.
Come si è detto sopra, l’art. 1 della convenzione base n. 25282 prevede la costituzione da parte del comune e in capo ai consorzi del diritto di superficie “ora per quando esso ne acquisterà la proprietà
per effetto della espropriazione”, risultando quindi chiaramente che “ benvero la concessione di tale diritto è condizionata all’effettiva emissione dei decreti di espropriazione relativi”.
Questa normativa – in aderenza al disposto dell’art. 10 della legge n. 167 del 1962 come sostituito dall’art. 35 della legge n. 865 del 1971 – effettivamente consente al comune di cedere il diritto di superficie al concessionario sotto condizione della realizzazione degli espropri.
A norma dell’art. 16 primo comma della convenzione in esame tale diritto può ben essere dal concessionario trasferito alle cooperative originariamente aderenti senza il consenso del concedente ma – come appunto evidenziato dal comune appellato a pag. 6 della memoria di costituzione – all’ulteriore condizione che sia intervenuta la realizzazione dell’immobile, realizzazione che incontestabilmente nel caso all’esame non si è mai verificata né può mai verificarsi de futuro essendo il piano irrimediabilmente scaduto.
In altri termini la acquisizione da parte delle cooperative del diritto di superficie eventualmente ad esse anteriormente ceduto presuppone l’avverarsi – in chiave bifasica – di una duplice condizione sospensiva: l’espletamento delle espropriazioni ( che rende efficace la cessione al concessionario prevista in convenzione) e la realizzazione degli immobili ( che rende efficace il sub contratto e quindi intesta il diritto di superficie alle cooperative sue aventi causa).
Conclusioni non diverse del resto si raggiungono ricostruendo la fattispecie in termini di divieto convenzionale o impossibilità di cessione del diritto da parte del concessionario in favore delle cooperative prima della realizzazione dell’immobile, specie ove si ricordi che le delibere di cessione del 1986 cui si riferiscono gli appellanti e le scritture private attuative del 1994 non risultano per quanto è dato comprendere trascritte né, a ben vedere, formalmente comunicate al comune.
Solo ove ricostruita ed interpretata nel senso di cui sopra, la normativa convenzionale in rassegna si rapporta dunque ragionevolmente al testo delle norme primarie sopra citate le quali in effetti individuano il concessionario ( e quindi nel caso all’esame non le cooperative) quale primo beneficiario del diritto di superficie.
Concludendo sul punto, anche ad ammettere che le procedure espropriative cui si riferiscono gli
appellanti abbiano avuto corso, il diritto di superficie sulle aree di riferimento non è mai stato efficacemente acquisito dalle cooperative aderenti ai consorzi concessionari come chiarito dal T.A.R..
Naturalmente una volta confermato il difetto di legittimazione e di interesse delle cooperative resta confermata l’inammissibilità del ricorso del loro consorzio il quale ha agito allegando un interesse ( quello alla provvigione sugli interventi da realizzare) del tutto dipendente da quello delle associate.
Quanto sin qui evidenziato è sufficiente a determinare la integrale reiezione degli appelli.
Può quindi restare assorbita ogni ulteriore questione ed in particolare la disamina dei complessi argomenti svolti dal comune per dimostrare che la delibera di G.C. n. 5312 del 1996 ha risolto il rapporto concessorio non soltanto nei confronti del fallito consorzio Irec ma anche nei confronti delle cooperative ad esso associate e da esso aventi causa sotto condizione.
Le spese di questo grado del giudizio, liquidate forfettariamente in dispositivo, seguono la soccombenza nei confronti del comune e sono invece compensate tra tutte le altre Parti costituite