Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-04-16, n. 201202151
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Testo completo
N. 02151/2012REG.PROV.COLL.
N. 00253/2002 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello n. 253 del 2002, proposto da S S, rappresentato e difeso da se stesso e dall’avv. E S, ed elettivamente domiciliato presso l’agenzia Omnia Service s.r.l. in Roma, via Duilio n. 22;
contro
Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del presidente legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;
Presidenza del Consiglio di Stato, in persona del presidente legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;
Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, in persona del presidente legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, n. 836 del 26 luglio 2001 e dell’ordinanza n. 315 del 3 luglio 2001.;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2012 il Cons. D S e uditi per le parti l’avvocato S S e lgli’avvocatio dello Stato Daniela Giacobbe e Paola Zerman;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 253 del 2002, S S propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, n. 836 del 26 luglio 2001 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, la Presidenza del Consiglio di Stato ed il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa per per l'annullamento delle delibere del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa in data 28.10.99, 6.11.99, 25.11.99 e del DPCM 27.12.99.
Impugna altresì l’ordinanza n. 315 del 3 luglio 2001 con la quale è stata dichiarata l’inammissibilità dell’istanza di ricusazione proposta contro l’intero collegio.
Dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente ha chiesto - previa sospensiva dell'efficacia dell'atto - l'annullamento del provvedimento s.n. del 27/12/99, con cui il Presidente del Consiglio dei Ministri - accogliendo la proposta all'uopo formulata dal C.P.G.A. nella seduta del 6/11/99 - gli ha irrogato la sanzione disciplinare della perdita dell'anzianità per anni due ed, in via accessoria, lo ha trasferito d'ufficio al TAR della Campania.
Il ricorrente, impugnando altresì tutti gli atti presupposti di quello testé menzionato, deduceva al riguardo - oltre che l'eccesso di potere sotto svariati profili - violazione di una numerosissima serie di disposizioni legislative e regolamentari.
Costituitisi la Presidenza del Consiglio dei ministri, la Presidenza del Consiglio di Stato ed il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sulla base dell’irricevibilità del ricorso ed anche della sua infondatezza in merito.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, in relazione alla esistenza dei presupposti per l’emissione di una sentenza in merito ed alla fondatezza delle sue censure.
Nel giudizio di appello, si è costituita l’Avvocatura dello Stato per le amministrazioni intimate, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Nelle more del processo, l’appellante presentava un’istanza di ricusazione, in data 10 novembre 2011, riguardante l’intero collegio attualmente giudicante.
Dopo un primo rinvio all’udienza del 15 novembre 2011, all’udienza del 21 febbraio 2012, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
2. - Preliminarmente, il Collegio deve esaminare l’istanza di ricusazione proposta dall’avv. S S.
Nel presente caso, occorre osservare che le ragioni della ricusazione (proposta per il caso in cui i componenti del Collegio non abbiano in precedenza aderito all’invito di astenersi, loro rivolto dalla parte) si fondano, in sostanza, su ragioni processuali, afferenti alla fissazione di una pluralità di cause che vedono tutte come parte l’avv. S S.
Secondo il ricusante, in particolare una pluralità di “anomalie tecniche” evidenziate nell’atto di ricusazione, “valgono ad evidenziare, fino prova contraria, una costante e perseverante ostilità nei confronti del sottoscritto, sotto vari profili, integrante inimicizia in senso funzionale, rilevante nei sensi e in rapporto della previsione di cui all’art. 51, comma 1, n. 3 c.p.c.”.
Il ricusante chiede quindi di “darsi atto dell’effetto sospensivo della presente ricusazione”.
Occorre ricordare che questa Sezione ha già avuto modo di pronunciarsi in tema di ricusazione (sotto il vigore del nuovo Cpa) con sentenza 28 febbraio 2012 n. 1162 (e già prima con ord. 6 giugno 2011 n. 3406), dalle cui considerazioni non vi è ragione di discostarsi.
Orbene, l’art. 18 Cpa prevede, in ordine alla decisione dell’istanza di ricusazione, tra l’altro che:
a) “il collegio investito della controversia può disporre la prosecuzione del giudizio, se ad un sommario esame ritiene l’istanza inammissibile o manifestamente infondata” (comma 4);
b) che “in ogni caso la decisione definitiva sull’istanza è adottata, entro trenta giorni dalla sua proposizione, dal collegio previa sostituzione del magistrato ricusato, che deve essere sentito” (comma 5).
Dalle norme riportate si evince che, nella prima ipotesi (cioè quando ravvisi l’inammissibilità o la manifesta infondatezza dell’istanza), il Collegio può decidere, anche in composizione comprendente il o i magistrati ricusati, dovendosi porre il problema del rinvio ad altra udienza (“previa sostituzione del magistrato ricusato”):
- sia quando non si rinvengano ragioni fondanti la declaratoria di inammissibilità o manifesta infondatezza dell’istanza (e quindi la stessa deve essere compiutamente esaminata);
- sia quando il Collegio ha delibato l’inammissibilità o la manifesta infondatezza dell’istanza, essendo in questo caso prevista una “seconda decisione”, come si evince dal comma 8, secondo periodo, in base al quale “l’accoglimento dell’istanza di ricusazione rende nulli gli atti compiuti ai sensi del comma 4 con la partecipazione del giudice ricusato”, norma che sarebbe priva di senso ove non si prevedesse una decisione successiva alla immediata delibazione di cui al comma 4, in applicazione – anche in questo caso – del successivo comma 5.
Né vi sono ragioni per distinguere, quanto all’applicazione dei commi 4 e 5 dell’art. 18, l’ipotesi in cui destinatario dell’istanza di ricusazione sia un determinato (o più determinati) componenti del Collegio giudicante, ovvero oggetto dell’istanza siano tutti i componenti del Collegio medesimo, di modo che, anche nel presente caso, il Collegio deve innanzi tutto delibare l’istanza e, se la ritenga inammissibile o