Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-03-11, n. 201600964

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-03-11, n. 201600964
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201600964
Data del deposito : 11 marzo 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00625/2009 REG.RIC.

N. 00964/2016REG.PROV.COLL.

N. 00625/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 625 del 2009, proposto da:
Azienda Sanitaria Locale Napoli 1, rappresentato e difeso dagli avv. I M, A N, con domicilio eletto presso I M in Roma, Via Giovanni Nicotera, 29;

contro

D R N, D G M, rappresentati e difesi dagli avv. F L, A Maffettone, con domicilio eletto presso A Maffettone in Roma, Via Alberto Caroncini N. 51;

nei confronti di

Comune di Napoli, rappresentato e difeso dagli avv. F M F, E C, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
Regione Campania;
Ministero della Salute, Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE I n. 15604/2007, resa tra le parti, concernente diniego autorizzazione esercizio attività odontoiatrica (chiesta con domanda del 4.1.2001) opposto dal Comune di Napoli , Servizio Tutela Salute, con la nota 5.3.2007


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Napoli e di Ministero della Salute e di Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 novembre 2014 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia e uditi per le parti gli avvocati Del Vecchio su delega di Militerni, Maffettone e dello Stato Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il presente contenzioso trae origine dall’iniziativa assunta dagli attuali appellati per avviare l’esercizio, in forma associata, di uno studio odontoiatrico, in locali ubicati in Napoli, via Guglielmo Sanfelice 33 ( istanza del 4.1.2002).

Il Comune di Napoli, con nota prot. 343 del 5 marzo 2007, ha comunicato agli istanti il diniego dell’autorizzazione da essi richiesta. Il diniego era motivato con riferimento al verbale della commissione dell’A.S.L. Napoli 1 la quale aveva rilevato che i locali in questione erano in parte utilizzati anche per una diversa attività sanitaria (uno studio oculistico) e che, pertanto, non presentavano tutte le caratteristiche necessarie.

Con nota del 26 marzo 2007 gli interessati hanno chiesto un riesame della questione, segnalando di avere apportato alcune modifiche ai locali ed alla loro utilizzazione;
univano allo scopo una relazione tecnica.

Con atto del 1° ottobre 2007 l’apposita Commissione dell’A.S.L. Napoli 1 ha espresso al Comune il parere sfavorevole con la motivazione che “lo studio odontoiatrico non dispone di spazi propri e dedicati indispensabili al rilascio dell’autorizzazione. Infatti negli stessi locali coesistono altre attività sanitarie per le quali non è previsto il rilascio del titolo autorizzativo”.

Con atto comunicato il 14 ottobre 2007 il Comune di Napoli, Dipartimento Ambiente, ha espresso il diniego definitivo dell’autorizzazione richiesta, richiamando il parere dell’A.S.L..2.

2. I due odontoiatri associati hanno proposto ricorso al T.A.R. Campania, sede di Napoli (R.G. 6085/2007), impugnando l’atto del Comune del 14 ottobre 2007 e gli atti presupposti, fra cui il precedente diniego del 5 marzo 2007.

Nel ricorso si contestavano argomentatamente le motivazioni (peraltro sommarie) degli atti impugnati.

Con sentenza n. 15604/2007, emessa all’esito della camera di consiglio cautelare, il T.A.R. ha accolto il ricorso, giudicando incongrua e insufficiente la motivazione del diniego impugnato.

3. Ha proposto appello a questo Consiglio l’Azienda Sanitaria Locale Napoli 1, sostenendo argomentatamente la legittimità del diniego.

Nel giudizio d’appello si è costituito il Comune di Napoli, sostanzialmente aderendo all’appello dell’A.S.L.. In proposito il Comune ha fatto presente che il proprio provvedimento era strettamente vincolato dal conforme parere dell’A.S.L..

Si sono costituiti anche i due originari ricorrenti, inizialmente opponendosi all’appello. Con successiva memoria in corso di causa essi hanno fatto presente di avere recentemente trasferito lo studio associato in altri locali (questa volta pacificamente autorizzati dall’autorità sanitaria) e pertanto di non aver più interesse alla decisione.

L’appellante A.S.L. ha replicato che da parte sua vi è ancora interesse alla decisione, per ottenere il riconoscimento della legittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado.

Il giudizio è quindi passato in decisione.

4. Si deve prendere atto della dichiarazione di permanenza dell’interesse da parte dell’appellante A.S.L.;
tale dichiarazione prevale su quella contraria degli appellati.

5. Con il primo motivo d’impugnazione, l’appellante deduce che il T.A.R. avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il ricorso, in quanto il primo atto di diniego (5 marzo 2007) non era stato impugnato nei termini, mentre il secondo atto di diniego (14 ottobre 2007) aveva carattere “meramente confermativo” e pertanto non aveva riaperto il termine per ricorrere.

Il Collegio ritiene infondato questo motivo. L’atto comunicato il 14 ottobre 2007 non è “meramente confermativo” del precedente. Infatti è stato emesso a seguito di una nuova istruttoria, su istanza dai richiedenti. Tale istanza era motivata con l’argomento che erano intervenute alcune modifiche nella distribuzione degli spazi e nella utilizzazione dei locali e a questo scopo erano stati prodotti appositi documenti.

Non si tratta dunque di un atto “meramente confermativo” e perciò l’impugnazione del secondo diniego (14 ottobre 2007) è ammissibile e tempestiva.

Resta il fatto che il primo diniego (5 marzo 2007) non è stato impugnato nei termini e perciò l’impugnazione fatta contestualmente a quella del secondo diniego risulta tardiva. Di più: gli interessati, ricevuto il primo diniego, anziché impugnarlo o comunque contestarlo, hanno prestato acquiescenza, perché, come si è detto, hanno proposto una nuova istanza basata sulla rappresentazione di uno stato di fatto modificato rispetto ciò che avevano rappresentato nella precedente occasione. Il loro intento era dunque quello di superare – con le opportune trasformazioni - i rilievi che erano stati mossi nella prima fase della procedura. Donde l’inammissibilità dell’impugnazione dell’atto del 5 marzo 2007, per tardività e acquiescenza.

6. Ciò posto, si osserva che il diniego del 5 marzo 2007 era motivato con la considerazione che lo studio odontoiatrico associato, esercito dai due ricorrenti, condivideva gli spazi dedicati ai servizi (attesa, segreteria, servizi igienici, e altro) con una diversa attività professionale (studio oculistico) esercita da altri professionisti in vani attigui dello stesso appartamento.

In altre parole, era stato rilevato: (a) che l’intera struttura consisteva in un unico appartamento;
(b) che in esso erano allocati, fianco a fianco, studi odontoiatrici e studi oculistici;
(c) che tutti i locali di servizio erano comuni alle due attività, peraltro senza essere opportunamente dimensionati in rapporto a questa duplice utilizzazione.

Va notato che in quel primo diniego non si affermava (come erroneamente ritenuto dal T.A.R.) che vi fosse un qualche divieto di istituire una struttura plurispecialistica con alcuni servizi in comune. Il punto essenziale di quell’atto, invece, era che i locali adibiti a servizi comuni non risultavano adeguati dal punto di vista dimensionale.

7. La nuova istanza presentata dagli interessati dopo il primo diniego si basava sulla produzione di una nuova planimetria che conteneva solo i locali adibiti a studio odontoiatrico e quelli adibiti ai servizi, come se questi ultimi fossero dedicati esclusivamente all’attività odontoiatrica;
i vani adibiti a studio oculistico non vi apparivano più, tamquam non essent (ma in realtà esistevano ancora).

Pare evidente che nessuna censura può essere mossa alle autorità competenti (A.S.L. e Comune) se in questa situazione hanno ritenuto che la nuova rappresentazione dei luoghi non fosse utile a superare i rilievi che erano stati fatti in precedenza.

8. In questa luce l’appello deve essere accolto e in riforma della sentenza del T.A.R. deve essere rigettato il ricorso proposto in primo grado.

Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza e pertanto, liquidate in complessivi euro 2.500,00, oltre gli accessori di legge ed il rimborso del contributo unificato, sono poste a carico degli appellati.

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