Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-01-05, n. 202400199
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Testo completo
Pubblicato il 05/01/2024
N. 00199/2024REG.PROV.COLL.
N. 06295/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6295 del 2017, proposto da
ZO NO, TA NO, rappresentati e difesi dagli avvocati Ermes Coffrini, Massimo Colarizi e Marcello Coffrini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Massimo Colarizi in Roma, via Giovanni Antonelli Nr 49;
contro
Comune di Felino in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Roberto Ollari, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini 30;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna sezione staccata di Parma (Sezione Prima) n. 00250/2017, resa tra le parti,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Felino;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 marzo 2023 il Cons. Ulrike Lobis e uditi per le parti gli avvocati Lorenzo Coleine in delega dell'avv. Massimo Colarizi e Roberto Ollari;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Nel presente giudizio è stato proposto appello avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sez. staccata di Parma, del 29 giugno 2017, n. 250 che ha respinto i ricorsi proposti dal sig. ZO NO e dalla sig.ra TA NO., proprietari di un immobile ubicato in San Michele Tiorre, avverso:
i) la nota del 19 aprile 2016 con la quale il Comune di Felino aveva respinto la loro istanza di riesame in autotutela dell’ordinanza n. 65/2012 del 10 agosto 2012 con la quale era stata irrogata la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 16 della legge regionale n. 23/2004 (ricorso RG 231/2016)
ii) il provvedimento del 28 dicembre 2016 con il quale il Comune replicava alle controdeduzioni dei proprietari sigg.ri NO dopo la comunicazione dell’avvio del procedimento di annullamento in autotutela/inefficacia della SCIA in sanatoria (ricorso RG 21/2017).
1.1. L’ordinanza n. 65/2012 era stata emessa a seguito di un riscontrato abuso, consistente nell’avvenuto cambio d’uso senza opere dei locali, situati nel piano seminterrato, destinati a superficie accessoria degli appartamenti ubicati nei piani superiori, ma abitati da quattro nuclei familiari.
L’iniziale sanzione di euro 181.200 era stata poi ridotta, con ordinanza del 6 novembre 2013, ad euro 91.200.
1.1.1. In particolare, i ricorrenti presentavano nel 2015 una SCIA in sanatoria, per l’accertamento di conformità del cambio destinazione con opere, ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge regionale 24/2004, e con istanza del 16 febbraio 2016 chiedevano al Comune di sospendere l’efficacia dell’ordinanza di irrogazione della sanzione del 2012, come modificata nel 2013, fino alla definizione del procedimento di sanatoria.
1.1.2. Il Comune ha rigettato tale richiesta, affermando l’efficacia non retroattiva della SCIA e la conseguente impossibilità di concludere l’iter dell’ordinanza 65/2012 con la presentazione della SCIA.
Avverso il suddetto atto con il Ricorso RG n. 132/2016 i ricorrenti deducevano la violazione e/o erronea applicazione dell’art. 17 della legge regionale n. 23/2004 e l’eccesso di potere per illogicità, falso supposto, travisamento, in quanto, ad avviso dei ricorrenti, la presentazione della SCIA avrebbe determinato l’eliminazione dell’abuso, con ripristino della legalità, e conseguente impossibilità di irrogare la sanzione di cui all’art. 16 della legge regionale citata.
1.2. Con il ricorso R.G. n. 21/2017 i ricorrenti impugnavano il provvedimento del 28 dicembre 2016 con il quale il Comune replicava alle controdeduzioni dei proprietari sigg.ri NO dopo la comunicazione dell’avvio del procedimento di annullamento in autotutela/inefficacia della SCIA in sanatoria.
1.2.1. I ricorrenti deducevano la violazione e/o erronea applicazione dell’art. 14, comma 12, della legge regionale 15/2013, eccesso di potere per illogicità e difetto di motivazione, denunciando la mancanza del presupposto del ripristino della legalità violata, confermato dalla mancata esecuzione di alcuna opera.
2. Secondo l’adito TAR l’istanza di autotutela e il ricorso di primo grado proposto dagli odierni appellanti si fondavano sull’erroneo assunto che la previsione di cui all’art. 16 della legge regionale Emilia Romagna n. 23 23/2004 per “gli interventi edilizi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività” , laddove farebbe salvo il caso in cui l’interessato provveda al ripristino dello stato legittimo, si riferirebbe anche all’ipotesi in cui venga presentata una SCIA in sanatoria successivamente all’irrogazione della sanzione.
2.1 Ad avviso del Giudice di prime cure nel caso di specie la questione controversa riguarda l’effetto della proposta SCIA in sanatoria con opere sulla sanzione precedentemente irrogata ai sensi dell’art. 16 della l. r. n. 23/2004. Al riguardo il TAR ha affermato che “ Ai sensi dell’art. 17 della legge regionale 23/2004 l’accertamento di conformità, ovvero la SCIA in sanatoria, può essere richiesta “fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 13, comma 3, e 14, comma 1, e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative” (vedi comma 1) e deve essere accompagnata “dalla dichiarazione del professionista abilitato che attesti, ai sensi dell'articolo 481 del codice penale, le necessarie conformità.” Sembra evidente che nel caso di specie la proposta richiesta di accertamento di conformità, non solo non possa essere accompagnata dalle necessarie conformità, trattandosi di SCIA in sanatoria con opere da realizzarsi, ma viene presentata a distanza di 3 anni dalla irrogazione della sanzione definitiva, inoppugnata e inadempiuta. Pertanto, il ripristino dello stato legittimo, nel caso di specie, a cui fa riferimento l’art. 16 l.r. 23/2004, non può identificarsi con la presentazione di SCIA in sanatoria con opere ancora da realizzarsi, a distanza di anni, ma semmai con il ripristino di fatto, a suo tempo, della legalità, mediante destinazione dei locali conformemente ai titoli edilizi, fatto di cui non vi è evidenza alcuna”.
2.1.1 La nota comunale, impugnata con il ricorso R.G. n. 21/2017, secondo i Giudici di primo grado, si poneva nel solco delle argomentazioni sopra esposte, confermando l’inammissibilità di una SCIA in sanatoria oltre i termini previsti dall’art. 17 della l. r. n. 23/2004.
3. Avverso la suddetta pronuncia sono stati formulati i seguenti motivi di appello
a) – Violazione e/o erronea applicazione dell’art. 16 della l.r. Emilia-Romagna n. 23/2004 travisamento – illogicità – falso supposto;
b) – Violazione e/o erronea applicazione dell’art. 17 l.r. n. 23/2004 – illogicità – travisamento – contraddittorietà;
c) – Violazione e/o erronea applicazione delle norme e principi in tema di esercizio del potere di autotutela - violazione e/o erronea applicazione dell’art. 14 comma 12 della l.r. n. 15/2013 - violazione e/o erronea applicazione dell’art. 34 l.r. n. 9/2015 sostitutiva dell’art. 28 l.r. n. 15/2013 - falso supposto – contraddittorietà – difetto