Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-06-09, n. 201402903

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-06-09, n. 201402903
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201402903
Data del deposito : 9 giugno 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01024/2007 REG.RIC.

N. 02903/2014REG.PROV.COLL.

N. 01024/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1024 del 2007, proposto da:
N A, rappresentato e difeso dagli avv. R A e M G, con domicilio eletto presso lo studio degli stessi c/o avv. Ao C in Roma, via Carlo Fea, 4;

contro

Azienda Sanitaria Regionale A.S.R.E.M. Molise di Campobasso e Gestione Liquidatoria ASL n.3 Centro Molise di Campobasso, rappresentate e difese dall'avv. A L, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Ombrone, 12 Pal. B;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. MOLISE - CAMPOBASSO n. 01192/2005, resa tra le parti, concernente sospensione erogazione indennita' medico-veterinaria


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti costituzione dell’Azienda sanitaria regionale Molise-A.S.R.E.M. e della Gestione liquidatoria ASL n.3 Centro Molise di Campobasso;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2014 il Cons. V S e udito l’avvocato Angelone su delega dell’avv. Loiodice;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Tribunale amministrativo regionale per il Molise, con sentenza n. 1192 del 23 novembre 2005 depositata il 19 dicembre 2005, ha respinto, con compensazione delle spese, i ricorsi proposti dal dr. A N, veterinario in servizio presso l'Azienda Sanitaria Locale n. 3 “Centro Molise” di Campobasso (già U.S.L. n. 4 di Bojano), avverso le deliberazioni n. 9 del 18 gennaio 1991 e n. 120 del 26 novembre 1991, con le quali il Comitato di Gestione dell'U.S.L. n. 4 di Bojano ha dapprima sospeso l'erogazione dell'indennità veterinaria di ispezione, vigilanza e polizia veterinaria e quindi disposto la ripetizione di lire 60.833.489 già corrisposte a quel titolo per il periodo 1° giugno 1985 – 28 febbraio 1991.

Il Tribunale ha ricostruito la normativa vigente in materia (articolo 47, comma 4, della legge n. 833/1978;
articoli 88, 89 e 92 del D.P.R. n. 270/1987;
articolo 110 del D.P.R. n. 384/1990) e sulla base del consolidato orientamento giurisprudenziale, ha ribadito che la predetta indennità spetta solo in caso di esercizio di attività libero-professionale intramoenia non rilevando in alcun modo l'entità e le modalità di svolgimento di quella extramoenia , né l'avvenuto o meno allestimento da parte della U.S.L. di strutture idonee per l'attività inframuraria.

Ha soggiunto che il recupero delle somme di cui trattasi, in quanto percepite sine causa e indebitamente, costituisce un atto dovuto ex articolo 2033 c.c. e a tal fine non rileva il tempo trascorso.

2. Il dr. A N, con atto notificato il 20 gennaio 2007 e depositato il 5 febbraio 2007, ha interposto appello, riproponendo sostanzialmente i motivi di primo grado.

Ribadisce il diritto a percepire in ogni caso l'indennità in questione anche se l'attività professionale è stata svolta al di fuori dell'U.S.L., in assenza di locali idonei per quella intramoenia.

Il recupero delle somme non ha tenuto conto del notevole tempo trascorso, della buona fede e senza comparazione dell'interesse pubblico con il sacrificio imposto;
soggiunge la mancata comunicazione dell'avvio del procedimento.

3. La Gestione Liquidatoria della A.S.L. n. 3 “Centro Molise” di Campobasso (ex U.S.L. n.4 di Bojano) e l'A.S.RE.M. (Azienda Sanitaria Regionale Molise) con sede in Campobasso si sono costituite con atti depositati il 31 marzo e il 13 aprile 2007 a sostegno dell'operato dell'Amministrazione e della sentenza impugnata.

La predetta Gestione Liquidatoria, con memorie depositate l'11 giugno 2013 e l’11 giugno 2014, ha replicato ai motivi dell'appello.

4. La causa, all'udienza pubblica del 22 maggio 2014, è stata trattenuta in decisione.

5.1. L'appello è infondato e la sentenza impugnata merita conferma, essendo condivisibili le argomentazioni già svolte dai giudici di primo grado e ritenendo la Sezione di conformarsi all'orientamento emerso in questo Consiglio (cfr., fra le altre, sentenze V Sezione n. 1361/2003 e n. 5124/2006;
III n. 2414/2012).

5.2. La vertenza de qua ha ad oggetto la corretta applicazione della normativa, richiamata dal T.A.R., in materia di percezione, in caso di esercizio esterno dell'attività libero-professionale, dell'indennità di ispezione, vigilanza e polizia veterinaria, in particolare nell'ipotesi in cui l'Azienda sanitaria abbia omesso di predisporre le strutture necessarie per svolgere l'attività libero-professionale intramoenia.

Orbene, l'articolo 92, comma 8, del citato D.P.R. 20 maggio 1987 n. 270 dispone che: “L'indennità medico veterinaria di ispezione, vigilanza e polizia veterinaria spetta al personale che svolge la libera professione nei limiti di cui all'art. 88”, il quale, a sua volta, stabilisce che “L'attività libero-professionale del personale veterinario è esercitata alle condizioni di cui all'art. 89, purché tale attività venga prestata nell'ambito delle strutture dei servizi e presidi pubblici, con i limiti e le modalità fissati dalla legge regionale”.

Il quadro normativo, dunque, affida al legislatore regionale il compito di fissare i limiti e le modalità dell'esercizio dell'attività libero-professionale del personale medico veterinario delle Unità sanitarie locali, nel presupposto però che in ogni caso si può avere titolo all'indennità soltanto se quell'attività si svolga all'interno delle strutture della U.S.L..

In mancanza quindi della legge regionale e della conseguente concretizzazione della fattispecie normativa, l'Amministrazione non era in grado né era quindi suo onere predisporre l'organizzazione di strutture per lo svolgimento dell'attività intramuraria, per cui l'interessato, mentre poteva esercitare l'attività professionale all'esterno, non poteva pretendere la corresponsione dell'indennità più volte menzionata, espressamente connessa dalla norma allo svolgimento “intramoenia” della professione.

In definitiva la corresponsione della pretesa indennità di ispezione, vigilanza e polizia veterinaria al personale veterinario in servizio presso le Aziende sanitarie, effettuata fino al luglio 1987, è venuta meno in applicazione del citato art. 92, comma 8, che l'aveva limitata, come detto, ai veterinari che avessero esercitato la libera professione “nell'ambito delle strutture dei servizi e presidi pubblici”.

Orbene, come sottolinea anche il T.A.R., le norme richiamate sono di stretta interpretazione e, si soggiunge, non possono autorizzare esborsi di denaro pubblico non previsti esplicitamente da quelle disposizioni normative.

5.3. Quanto al disposto recupero delle somme già erogate a titolo di indennità, essendo indebita la percezione dell'indennità di cui trattasi, del tutto fuor d'opera sono i richiami – astrattamente condivisibili in linea generale ma inconferenti nel caso di specie – ai principi di legittimo affidamento e della buona fede.

La percezione di emolumenti non dovuti da parte dei pubblici dipendenti impone all'Amministrazione l'esercizio del diritto-dovere di ripetere le relative somme, ai sensi dell'art. 2033 c.c.: il recupero è atto dovuto, privo di valenza provvedi mentale e costituisce il risultato di attività amministrativa, di verifica e di controllo, di spettanza di tutti gli uffici pubblici in merito a spese erogabili e/o erogate a carico del S.S.N., quindi necessariamente da recuperare e/o da trattenere in caso di accertata loro non debenza, a tutela proprio dell'erario e dell'utenza, in tempi ragionevoli come effettuato nella fattispecie.

In tali ipotesi l'interesse pubblico è “in re ipsa” e non richiede specifica motivazione, in quanto, a prescindere dal tempo trascorso, l'atto oggetto di recupero produce di per sé un danno per l'Amministrazione, consistente nell'esborso di denaro pubblico senza titolo, ed un vantaggio ingiustificato per il dipendente (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 14 luglio 2011, n. 4284;
Consiglio Stato, sez. VI, 27 novembre 2002, n. 6500).

La non ripetibilità delle maggiori somme corrisposte dall'Amministrazione al dipendente può, semmai, trovare riscontro solo in specifiche disposizioni normative (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 03 dicembre 2010, n. 8503).

Il solo temperamento al principio dell'ordinaria ripetibilità dell'indebito è rappresentato dalla regola per cui le modalità di recupero devono essere, in relazione alle condizioni di vita del debitore, non eccessivamente onerose, ma tali da consentire la duratura percezione di una retribuzione che rassicuri un'esistenza libera e dignitosa (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 17 giugno 2009, n. 3950).

Pertanto, nel caso di indebita erogazione di denaro ad un pubblico dipendente l'affidamento di quest'ultimo e la stessa buona fede non sono di ostacolo all'esercizio da parte dell'Amministrazione del potere di recupero e l'Amministrazione non è tenuta a fornire un'ulteriore motivazione sull'elemento soggettivo riconducibile all'interessato (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 17 gennaio 2011, n. 232).

5.4. Infine, non ha pregio la dedotta omessa comunicazione dell'avvio del procedimento, in quanto proposta per la prima volta in appello, e, in ogni caso, contraddetta dalla istruttoria svolta e dallo scambio di corrispondenza con l'Amministrazione.

Comunque, trattandosi di atti dovuti, sovviene l'art. 21 octies legge n. 241/1990.

6. In conclusione l'appello va respinto, e, per l'effetto, la sentenza impugnata deve essere confermata.

Tenuto conto del tempo trascorso e della particolarità del caso di specie le spese possono essere integralmente compensate tra le parti.

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