Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-07-07, n. 202105175

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-07-07, n. 202105175
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202105175
Data del deposito : 7 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/07/2021

N. 05175/2021REG.PROV.COLL.

N. 03962/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3962 del 2019, proposto da
Elemedia Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati D I, G M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Danila Iacovelli in Roma, Lungo Tevere Prati Nr.21;

contro

Comune di Rignano Sull'Arno, Suap Unione di Comuni Valdarno e Valdisieve non costituiti in giudizio;
Arpat - Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, p.za dell'Unità Italiana n. 1;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima) n. 00580/2019, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Arpat - Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2021 il Cons. Thomas Mathà e uditi per le parti l’avvocato G M in collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza appellata indicata in epigrafe il T.A.R. per la Toscana ha respinto il ricorso presentato da Elemedia S.p.a. per l’annullamento in parte qua del provvedimento di autorizzazione di un impianto radiofonico presso la postazione di Poggio Firenze, Comune di Rignano d’Arno, adottato dallo Sportello Unico Associato per le Unità Produttive dell’Unione Comuni Valdarno e Valdisieve il 4.3.2013, limitatamente alla parte in cui l’autorizzazione prescriveva alcune condizioni, nonché il relativo parere dell’A.R.P.A.T. del 25.2.2013, che in seguito l’ente comunale aveva adottato. Queste contenevano sostanzialmente l’obbligo di misurazioni per confermare il rispetto dei valori di legge di 6 V/m e per accertare le modalità d’esercizio dell’impianto, una relazione redatta da un professionista abilitato ed una adeguata cartellonistica sulle vie di accesso all’impianto.

La ricorrente ha contestato in particolare queste specifiche del provvedimento per contrasto con l’art. 87 del decreto legislativo 259 del 2003 e l’art. 1, co. 2 della legge 241 del 1990, non essendo previsto da tale norma procedimentale un’autorizzazione di un impianto subordinato all’espletamento delle attività prescritte dall’ente. In particolare si criticava poi anche l’applicazione di una norma contenuta nel decreto ministeriale n. 381 del 1998, che il ricorrente sostiene essere stato abrogato dal successivo D.P.C.M. del 8 luglio 2003.

Il T.A.R., in reiezione del ricorso, disattese le eccezioni degli enti locali per difetto di legittimazione passiva ed improcedibilità sopravvenuta, ha ritenuto che il predetto decreto ministeriale del 1998 sia invece non da considerare abrogato, ma valido e da applicare. A prosieguo, ha accertato che parte ricorrente aveva ottemperato spontaneamente all’apposizione dei cartelli richiesti, e che comunque la distinzione prospettata (cartelli “ sulla strada ” e “ cartelli sull’impianto ”) era formalistica e rientrante nella piena discrezionalità tecnica di A.R.P.A.T.

2. L’appello di Elemedia s.p.a. contesta la erroneità della sentenza di primo grado deducendo tre articolati motivi di gravame.

3. A.R.P.A.T si è costituita in giudizio in data 5 giugno 2019 e ha depositato una memoria il 13 maggio 2021, insistendo nel difetto di legittimazione passiva, avendo partecipato al procedimento amministrativo come ausiliario dell’ente pubblico competente all’emanazione finale del provvedimento. Ritenendolo un atto meramente interno, senza contenuto provvedimentale autonomo, chiedeva l’estromissione e, per il resto, il rigetto dell’appello, in quanto infondato.

3.1 Non si sono costituiti il Comune di Rignano sull’Arno e l’Unione Comuni Valdarno e Valdisieve.

4. Nell’udienza del 17 giugno 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. Preliminarmente si deve affrontare l’eccezione di estromissione sollevata da A.R.P.A.T., mancando di legittimazione passiva. Prima di tutto, A.R.P.A.T. non ha però impugnato il capo della sentenza del TAR, con il quale venne deciso da quel Giudice di disattendere la medesima richiesta in primo grado. In più, trovando nell’appello le stesse parti del giudizio di prima grado, ad avviso del Collegio non c’è ragione per una tale statuizione. Rimane fermo il ruolo dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale Toscana, stante il parere vincolante nell’ambito della procedura di autorizzazione, in più l’atto di A.R.P.A.T. è stato specificamente censurato in appello. La richiesta va quindi rigettata.

6. L’appello è fondato nei termini di seguito indicati.

7. Con il primo motivo, la società appellante, contesta la statuizione del giudice di prime cure in merito alla corretta applicazione del decreto ministeriale 381/1998 nei provvedimenti impugnati.

Il T.A.R. Toscana avrebbe errato a dichiarare che con il D.P.C.M. 8 luglio 2003 il Presidente del Consiglio dei Ministri abbia preferito non abrogare il vecchio decreto ministeriale del 1998, dettando una mera disciplina di completamento della precedente disposizione e mantenendo in questo modo la sostanziale forza normativa del decreto ministeriale 381/1998.

A sostegno della tesi esposta, l’appello aggredisce il principale argomento che regge la motivazione del T.A.R., basato sul “ considerato ” del nuovo D.P.C.M. del 2003, dove si cita il vecchio decreto del 1998, in ottemperanza alla legge 249 del 1997 competente a fissare limiti di esposizione, misure di cautela e procedure per il conseguimento degli obiettivi di qualità.

Tale considerato – in sostanza – sarebbe stato enfatizzato dal giudice di prime cure.

Il T.A.R. avrebbe sbagliato ad accertare la riviviscenza del vecchio decreto, stante invece l’espressa sua abrogazione ad opera dell’articolo 16 della legge 36 del 2001, e quindi avrebbe accolto una tesi fragile in dispetto del principio del rapporto gerarchico fra le fonti normative ai sensi degli artt. 1 e 4, disposizioni sulla legge in generale ed in espressa violazione di legge (non essendo il D.P.C.M. legittimato ad operare una riscrittura del rapporto fra le fonti non consentita dalla legge ordinaria).

O, sarebbe errata la lettura del “ considerato ” nella sentenza, volto a motivare l’intento di completare la disciplina precedente senza sostituirla.

Non solo, ad avviso dell’appellante, questo intento di completamento o conferma della vecchia pregressa disciplina non risulterebbe da nessuna parte della citata parte preliminare del D.P.C.M., ma a fortiori sarebbe in forte contrasto con ratio e contenuto dell’interno atto normativo nuovo.

Ciò sarebbe ulteriormente stato avvallato anche dalla successiva evoluzione normativa, espressa nell’art. 14, co. 8 del D.L. 172/2012, dove il legislatore avrebbe avuto modo di tornare una seconda volta sulla materia, confermando unicamente il D.P.C.M. del 2003.

La sentenza sarebbe pure errata dove ritiene che si giungerebbe ad applicare alla fattispecie una fonte normativa – che per sua stessa filosofia d’impostazione – non sarebbe esaustiva (e ciò ad ulteriore riprova della mancanza del suo effetto abrogativo), limitandosi a prevedere solo previsioni di completamento della normativa vigente (mentre così non sarebbe essendo l’intento della nuova disciplina di innovare semplificando).

7.1 La censura convince il Collegio.

Il decreto ministeriale 381 disciplina in 6 articoli e 3 allegati, in ossequio all’art. 1, comma 1, lettera a) punto 15: “ Il Ministero dell'ambiente, d'intesa con il Ministero della sanità e con il Ministero delle comunicazioni, sentiti l'Istituto superiore di sanità e l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA), fissa entro sessanta giorni i tetti di cui al presente numero, tenendo conto anche delle norme comunitarie”. Quando si parla di tetti, il riferimento è “tetti di radiofrequenze compatibili con la salute umana e verifica che tali tetti, anche per effetto congiunto di più emissioni elettromagnetiche .”

Con il decreto vengono regolati: il campo di applicazione, le definizioni e le unità di misura, i limiti di esposizione, le misure di cautela e gli obiettivi di qualità ed i risanamenti, concludendo con l’entrata in vigore della norma. Seguono due tabelle che riportano dettagli sulle definizioni ed unità di misura e modalità di esecuzione delle misure e delle valutazioni.

La legge 22 febbraio 2001, n. 36, “ Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici ”, rielaborando ed innovando la cornice normativa del settore, ha previsto all’articolo 16 un regime transitorio, disponendo che “ Fino alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a), si applicano, in quanto compatibili con la presente legge, le disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 104 del 6 maggio 1992, e successive modificazioni, le disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 settembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 232 del 4 ottobre 1995, nonché le disposizioni del decreto del Ministro dell’ambiente 10 settembre 1998, n. 381.

Il decreto di cui all’articolo 16 è stato emanato l’8 luglio 2003 (G.U. 199 del 28 agosto 2003) e riedita la stessa materia in 7 articoli e 3 allegati. Anche questa nuova norma, con la quale il legislatore ha previsto espressamente la cessazione del pregresso decreto ministeriale 381/1998, disciplina: il campo di applicazione, definizioni ed unità di misura, limiti di esposizione e valori di attenzione, obiettivi di qualità, esposizioni multiple, tecniche di misurazione e rilevamenti dei livelli di esposizione e gli aggiornamenti delle conoscenze. Lascia ai due allegati ulteriori dettagli in merito alle definizioni ed i limiti di esposizione.

Stante questa ampia disciplina rifatta, anche in funzione di recepire la precedente innovazione legislativa comunitaria e nazionale, è effettivamente impossibile constatare una perdurante efficacia della norma di esecuzione ministeriale pregressa. Avendo ridisegnato tutta la materia, il destinatario della normativa non ha nessuna chiara indicazione quale parte dovesse ancora essere in vigore o meno. Manca qualsiasi riferimento nella parte dispositiva nel nuovo D.P.C.M. del 2003, quale parte cogente della disciplina pregressa debba ancora essere da applicare.

Ad avviso di questo Collegio, l’indicazione nel “ considerato ” del decreto è da intendere come riferimento di indirizzo, dove il legislatore ha inteso appore un quadro dell’evoluzione normativa e non, come sostiene il T.A.R., salvare alcune parti del D.M. 381/1998, in necessità di un completamento.

Risulta invece logica e coerente l’interpretazione che il DPCM in oggetto sia lo stesso completamento della disciplina. Effettivamente il decreto avrebbe oltrepassato il limite invalicabile della gerarchia delle fonti se avesse portato in riviviscenza alcune parti del D.M. 381/1998, avendo l’articolo 16 della legge 36/2001 puntualmente ed espressamente previsto un’applicazione – tra l’altro con la riserva di esame di compatibilità con la stessa nuova norma – temporanea del decreto ministeriale, che termina con l’emanazione di un nuovo assetto di esecuzione di dettaglio, avvenuto con la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale il 28 agosto 2003 ed entrato in vigore successivamente alla vacatio legis .

Ma c’è di più. La disposizione che è oggetto di interpretazione, contenuta nella tabella B del decreto 381/1998, regola “ modalità ed esecuzione delle misure e valutazioni ”. L’articolo 6 del nuovo DPCM del 2003, disciplinando specificamente “ tecniche di misurazione e di rilevamento dei livelli di esposizione ”, non ripetendo più i dettagli contemplati dalla vecchia tabella B e non prescrivendo più misurazioni in luogo di calcoli, qualora risultasse superato il limite della metà, risulta quindi in netto contrasto con la norma pregressa. Il vecchio decreto non conteneva un tale articolo specifico, ma aveva fatto riferimento a questo dettaglio esclusivamente nell’allegato.

Definire la disciplina nuova del

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