Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-10-04, n. 201906701
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Testo completo
Pubblicato il 04/10/2019
N. 06701/2019REG.PROV.COLL.
N. 01003/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 1003 del 2019, proposto da
Banca Ifis S.p.A., in persona del legale rappresentante
pro-tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Bologna, Strada Maggiore 47;
contro
Ministero dei Lavori Pubblici e dei Trasporti del Portogallo non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 11744/2018, resa tra le parti, concernente per l'ottemperanza della sentenza resa dal T.A.R. per il Lazio - Roma, Sezione I, n. 6907/2011, pubblicata in data 2 agosto 2011 e munita di formula esecutiva in data 10 dicembre 2016, mai eseguita né ottemperata;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 settembre 2019 il Cons. Raffaele Prosperi, nessuno comparso per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La Banca Ifis acquisiva il 2 febbraio 2015 il credito litigioso vantato nei confronti del Ministero dei Lavori Pubblici e dei Trasporti del Portogallo (“ Secretaria de Obras Publicas ”), di importo pari a €. 74.819,68, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal 1994, così come determinato nella sentenza del Tar Lazio n. 6907/2011, passata in giudicato, a titolo di risarcimento del danno, in favore della società “Costruzioni Callisto Pontello in liquidazione”, riconosciuto in relazione alla mancata aggiudicazione di una gara indetta dalla amministrazione intimata, per la costruzione di strade in territorio portoghese, mancata aggiudicazione poi annullata dal Tribunale amministrativo del Portogallo.
Tale decisione, munita di formula esecutiva nonché di diffida ad adempiere e di atto di cessione del credito a Banca Ifis S.p.A., veniva notificata il 30 gennaio 2017 al Ministero dei Lavori Pubblici e dei Trasporti del Portogallo ma, nonostante ciò, il Ministero non vi dava esecuzione neppure dopo la diffida ad ottemperare del 30 gennaio 2017.
Chiedeva allora al Tribunale amministrativo del Lazio che venisse dichiarato l’obbligo del Ministero intimato di eseguire la decisione del medesimo Tribunale corrispondendo alla parte ricorrente le somme quantificate e nel caso di perdurante inadempimento la nomina di un commissario ad acta affinché provvedesse in luogo del Ministero a disporre il pagamento delle somme dovute.
Il Ministero dei Lavori Pubblici e dei Trasporti del Portogallo non si costituiva in giudizio.
Nelle more del giudizio la Corte di Cassazione, investita tramite regolamento preventivo della questione relativa alla giurisdizione, aveva affermato la giurisdizione nazionale in quanto accettata tacitamente dal Ministero dei lavori pubblici della Repubblica Portoghese non costituitosi in giudizio dinanzi al TAR del Lazio, ed inoltre la corretta instaurazione della questione dinanzi al giudice amministrativo ai sensi della l. 21 luglio 2000 n. 205 peraltro relativamente ad evento dannoso prodottosi in Italia, ove comunque dovrà darsi esecuzione all'eventuale condanna del resistente straniero (SS.UU. ord. 15 aprile 2010 n. 8988).
Per il Collegio tale ultimo inciso aveva valore di individuazione della giurisdizione italiana in relazione alla ipotetica fase esecutiva nascente dalla condanna dell’autorità straniera, ma non comportava la possibilità o la necessita che si avviasse dinanzi al giudice italiano l’utilizzo del rimedio dell’ottemperanza nell’eventuale caso di successiva condanna del Ministero portoghese, ma principalmente che si potesse procedere ai sensi dell’art. 115, comma 2, c.p.a. che permette l'esecuzione nelle forme disciplinate dal Libro III del codice di procedura civile riguardo ai provvedimenti emessi dal giudice amministrativo che dispongono il pagamento di somme di denaro, quale rimedio per la tutela esecutiva dei diritti rispetto alla complementarietà del giudizio per l’ottemperanza al giudicato.
Le condizioni per coltivare anche l’azione di ottemperanza davanti al giudice amministrativo nei confronti di una pubblica amministrazione di uno Stato estero non sussistevano invece per il giudice di primo grado: tale azione permette al giudice amministrativo di determinare il contenuto di un provvedimento amministrativo o emanare lo stesso in luogo dell’amministrazione (art. 114, comma 4, lett. a, c.p.a.), eventualmente avvalendosi dell’ausilio di un commissario ad acta; ora, nel caso di un’amministrazione di uno Stato estero, il giudice amministrativo italiano non potrebbe efficacemente imporre l’emanazione di un ordine di pagamento in favore del ricorrente, non essendogli in alcun modo consentito di esercitare le funzioni di giudice dell’esecuzione forzata di cui al libro III del codice di procedura civile.
L’azione era dunque inammissibile, così come lo era la soluzione indicata dalla ricorrente di ordinare al Ministero degli Affari Esteri di chiedere, per i canali istituzionali, il pagamento delle somme richieste, delle quali doveva farsi carico l’Amministrazione italiana salva ripetizione, trattandosi con tutta evidenza di un soggetto terzo.
Con appello in Consiglio di Stato notificato il 30 gennaio 2019 presso la sede diplomatica del Portogallo a Roma, Banca Ifis impugnava la sentenza in questione e riprendeva gli argomenti tratti nel ricorso introduttivo, insistendo particolarmente sul fatto che il riconoscimento della giurisdizione italiana così come affermato dalle Sezioni Unite sarebbe rimasto privo di tutela esecutiva senza la possibilità dell’esperimento del ricorso per l’ottemperanza, nonostante che la necessità di tale tutela fosse stata riconosciuta dalla Corte di Cassazione come naturale prosecuzione del giudizio di cognizione.
La Repubblica Portoghese non si è costituita in giudizio.
Alla camera di consiglio del 19 settembre 2019 la causa è passata in decisione.
Il Collegio ritiene di dover confermare la sentenza impugnata nei sensi che seguono.
Va condiviso principalmente il ragionamento svolto dal Tribunale amministrativo, secondo cui è da escludersi, come prospettato dall’appellante, che l’inesperibilità dell’azione per l’ottemperanza al giudicato che Banca Ifis domanda possa comportare un vulnus irreparabile al principio di effettività della tutela giurisdizionale, in quanto al ricorrente è sempre consentito di utilizzare lo strumento dell’azione esecutiva innanzi al g.o., che del resto, come rappresentato nel ricorso introduttivo, è stato effettivamente avviato.
L’utilizzo del giudizio di ottemperanza da parte del giudice amministrativo italiano nei confronti di un altro Stato o comunque di una sua struttura amministrativa, sia pure anch’esso facente parte dell’Unione Europea, si pone inevitabilmente in contrasto con il principio di sovranità.
La sovranità di uno Stato, così come intesa nei sistemi giuridici moderni formatisi con la Pace di Westfalia, è un complesso di potestà supreme che sono di per sé escludenti nel proprio interno dell’esercizio di potestà autoritative di un altro Stato e ne riassumono l’indipendenza rispetto ad ogni altro ordinamento;i suoi limiti risiedono nell’ordinamento internazionale, di natura consuetudinaria o pattizia.
La struttura del giudizio di ottemperanza, così come prevista dall’art. 114 del codice del processo amministrativo, si pone in contrasto evidente con la sovranità di un altro Stato così come ora sommariamente delineata: in caso di accoglimento del ricorso, il giudice dispone l'esecuzione dei contenuti della sentenza da eseguire e ne determina le modalità, ove occorra dichiara nulli gli eventuali atti in violazione o elusione del giudicato e nomina un commissario ad acta .
Dunque da un lato dichiarebbe nulli atti giuridici pertinenti ad un ordinamento del tutto separato rispetto all’ordinamento italiano e dall’altro si verrebbe ad inserire nell’ordinamento statuale differente tramite il commissario che opererebbe come longa manus del giudice italiano, ma inserito in una struttura amministrativa di un altro Stato.
I limiti alla sovranità prima richiamati che risiedono nel diritto internazionale non prevedono un meccanismo del genere: non lo prevedono le norme consuetudinarie, né quelle pattizie ordinarie.
Soccorrono le norme eurounitarie, rappresentate per la materia che qui interessa dal regolamento CE 44/2001, sostituito dal regolamento CE/2015, riguardante le sentenze civili o commerciali e che hanno riconosciuto il valore delle sentenze date nei singoli Stati appartenenti all’Unione, con la specificazione di cui all’art. 1 comma 1, secondo cui la disciplina riguarda la materia civile e commerciale e non si estende, oltre che alla materia fiscale, doganale e amministrativa, alla responsabilità dello Stato per atti od omissioni nell'esercizio di pubblici poteri.
Ma nel caso di specie la sentenza di cognizione ha investito il tema del risarcimento del danno e non si può fare questione di esercizio di poteri autoritativi, questi conosciuti dal giudice amministrativo portoghese che ha annullato l’atto di aggiudicazione al tempo impugnato dalla Costruzioni Callisto Pontello.
Perciò la via maestra resta quella indicata dal giudice di primo grado secondo l’indicazione generale delle SS.UU. della Corte di Cassazione, ovverosia l’esperimento delle procedure stabilite nel libro III del codice di procedura civile, le quali contemplano una serie di possibilità di ottenere il bene – il risarcimento – riconosciuto nel processo di cognizione e che possono svolgersi in Italia anche con l’eventuale aggressione da parte del giudice dell’esecuzione e dei suoi ausiliari di beni appartenenti iure privatorum al Portogallo e situati in Italia.
Né tale procedura resta isolata, poiché i regolamenti CE sopra richiamati prevedono il riconoscimento pressoché automatico delle sentenze “civili e commerciali” come appunto il caso di specie, ed una preclusione che si venisse a creare nell’esecuzione, ancor più precisamente il caso eventuale di un’impossibilità per il giudice dell’esecuzione di agire nei confronti del Portogallo per questioni di sovranità, in senso lato pubblicistiche, la stessa procedura potrebbe essere attivata presso il giudice dell’esecuzione portoghese.
L’appello deve dunque essere respinto con le precisazioni finora descritte.
La mancata costituzione in giudizio della Repubblica portoghese esime il Collegio dalla pronuncia sulle spese.