Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-02-08, n. 201900945
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Pubblicato il 08/02/2019
N. 00945/2019REG.PROV.COLL.
N. 06202/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6202 del 2018, proposto da
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro
pro-tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Comune di Vico Canavese in persona del Sindaco
pro-tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati M F e G F R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Romanelli in Roma, via Cosseria n. 5;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) n. 39/2018, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Vico Canavese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2019 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Venturini per l'Avvocatura Generale dello Stato e M F;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Ministero dell’economia e delle finanze impugnava dinanzi al Tribunale amministrativo del Piemonte la deliberazione consiliare n. 7 del 6 aprile 2017 del Comune di Vico Canavese di determinazione della TARI, lamentandone l’illegittimità per violazione dell'art. 1 comma 169 della legge 27 dicembre 1996 n. 296 e dell'art. 1 comma 683 della legge 27 dicembre 2013 n. 147, in quanto la deliberazione impugnata era stata adottata oltre il termine del 31 marzo 2017 fissato per l'anno 2017 ai fini dell'approvazione del bilancio di previsione.
Il Comune di Vico Canavese si costituiva in giudizio per resistere.
Con la sentenza n. 39 del 9 gennaio 2018 il Tribunale amministrativo, rilevata la legittimazione e l’interesse del Ministero ad agire in giudizio giusta l’art. 52 comma 4 del d. lgs. 446 del 1997, accoglieva in parte il ricorso rilevando che dal complesso di norma evocate nell’impugnativa le tariffe e le aliquote relative ai tributi degli enti locali andavano deliberate entro la data fissata dalle norme statali per la formazione del bilancio di previsione, nella specie per l'esercizio 2017 differito al 31 marzo 2017 dall’art. 5 comma 11 del d. l. 244 del 2016
La conseguenza dell’inosservanza di tale termine ne avrebbero determinato l’illegittimità o comunque la perdurante inefficacia a parere del Ministero ricorrente ai sensi della seconda parte dell’art. 1 comma 169 della legge n. 296 del 2006, ma il giudice di primo grado aderiva sul punto alle difese comunali, secondo cui il regime temporale di efficacia delle consimili deliberazioni in questione approvate tardivamente risiedeva nel disconoscerne la natura retroattiva anche laddove approvate per una determinata annualità di bilancio, facendone risalire l’efficacia dalla data di adozione della deliberazione alla stregua di una serie di norme all’interno dell’ordinamento (art. 193 comma 3 del TUEL e art. 54 comma 1bis del D.lgs. n. 446/1997) che prevedono la possibilità per l’ente locale di modificare le tariffe nel corso dell’esercizio finanziario, sussistendone particolari esigenze di bilancio e di copertura dei costi;veniva così sancito il principio che una modifica “in corso d’opera” non è di per sé incompatibile con il sistema, per cui il ricorso del MEF doveva intendersi proposto “nella misura in cui è diretto a contestare l’efficacia intertemporale delle deliberazioni comunali”, dovendosi ritenere che il periodo di tempo contestato fosse quello decorrente dal 1° gennaio alla data di esecutività delle deliberazioni impugnate, nel caso di specie il 6 aprile 2017.
Con appello in Consiglio di Stato notificato il 9 luglio 2018 il Ministero dell’economia e delle finanze impugnava la sentenza in questione e sosteneva l’inammissibilità del frazionamento dell’anno di imposta in più periodi ognuno rispondente ad un’aliquota diversa e dunque la totale mancanza di effetti per l’anno di eventuali tardive deliberazioni tariffarie ed inoltre il carattere eccezionale delle modifiche delle tariffe ai sensi dell’art. 193 del t.u.e.l. da inserire in un’ampia rimodulazione del bilancio e non per singole tariffe onde far fronte a singoli aumenti di spese e ciò anche per l’art.1 comma 169 l. 296 del 2006 comunque entro il 31 luglio dell’anno. Ed ancora che la TARI è formata secondo un piano finanziario del servizio di gestione annuale e dunque non può essere giustificata la sussistenza di una modificazione per parte di anno.
Il Ministero concludeva per l’accoglimento dell’appello con vittoria di spese.
Il Comune di Vico Canavese si è costituito in giudizio, sostenendo l’infondatezza delle tesi sostenute da controparte e chiedendone il rigetto.
All’udienza del 24 gennaio 2019 la causa è passata in decisione.
Va dapprima cancellata la memoria di Fabio Balducci Romano, erroneamente costituitosi nell’appello in esame invece che nel R.G.R. 6206/2018.
L’appello del Ministero dell’economia e delle finanze è fondato e va confermata l’ordinanza cautelare n. 3870 emessa il 30 agosto 2018, ordinanza data sulla stregua della giurisprudenza sempre di questa Sezione.
Il Ministero ha impugnato le deliberazioni comunali sopra indicate, deducendone l’illegittimità in quanto adottate in violazione del termine di cui all’articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) e l’inapplicabilità dell’art. 193 del t.u.e.l da considerarsi norma del tutto eccezionale.
L’art. 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 prevede che: “ Gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. Dette deliberazioni, anche se approvate successivamente all’inizio dell’esercizio purché entro il termine innanzi indicato, hanno effetto dal 1º gennaio dell’anno di riferimento. In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno ”.
Il Ministero appellante evidenzia che l’impostazione seguita dal giudice di primo grado appare in netto contrasto con il principio dell’ineliminabile connessione fra la manovra tributaria e le previsioni di bilancio e ancor più con i principi generali in materia di annualità dei tributi locali: la lettura data dal Tribunale amministrativo della sentenza di questa Sezione n. 4104 del 29 agosto 2017 è del tutto errata alla luce dei principi ora indicati, ma anche della norma specifica sul punto di cui al comma 169 dell’art. 1 della legge finanziaria per il 2007, prima riportata nel testo integrale.
Questa Sezione aveva inteso precisare che la violazione del termine perentorio di approvazione del tributo non avrebbe inciso sulla legittimità degli atti comunali, ma esclusivamente sul regime di efficacia temporale, per cui nel rispetto del predetto art. 1 comma 169 della l. 296 del 2006 era preclusa per l’anno a venire l’applicazione di quelle nuove tariffe: queste, nel rispetto della norma specifica e del principio di annualità dei bilanci e dei tributi locali, erano applicabili nell’anno solare successivo, quindi dal futuro 1° gennaio.
Nel caso di specie, il Comune di Vico Canavese ha approvato le nuove aliquote della TARI il 6 aprile 2017 e dunque, fatte salve modificazioni anteriori al successivo 31 dicembre 2017, queste avrebbero potuto avere applicazione dal 1° gennaio dell’anno 2018: la dizione del comma 169 in parola non ammette altra interpretazione e dunque il frazionamento inteso dal primo giudice è del tutto non applicabile nell’ordinamento. Ne consegue dunque che risulta preclusa l’applicazione (retroattiva) all’esercizio in corso (a partire dal 1° gennaio) delle tariffe e le aliquote approvate in data successiva al 1° gennaio e quindi una sorta di loro efficacia intertemporale.
Quanto all’art. 193 del t.u.e.l. sulla salvaguardia degli equilibri di bilancio chiamato in causa dal primo giudice ai fini di giustificare la possibilità per l’ente locale di modificare le tariffe nel corso dell’esercizio finanziario in caso di esigenza di copertura dei costi, va rilevato che effettivamente il comma 2 dell’art. 193 in parola prevede che “ Con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell'ente locale, e comunque almeno una volta entro il 31 luglio di ciascun anno, l'organo consiliare provvede con delibera a dare atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, ad adottare, contestualmente:
a) le misure necessarie a ripristinare il pareggio qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di gestione o di amministrazione, per squilibrio della gestione di competenza, di cassa ovvero della gestione dei residui;
b) i provvedimenti per il ripiano degli eventuali debiti di cui all'art. 194;
c) le iniziative necessarie ad adeguare il fondo crediti di dubbia esigibilità accantonato nel risultato di amministrazione in caso di gravi squilibri riguardanti la gestione dei residui. ”
Ma tale norma va in primo luogo attentamente analizzata nella sua portata generale, poiché essa fa riferimento a misure necessarie senza indicarne il carattere, a provvedimenti per il ripiano dei debiti ed all’adeguamento del fondo crediti in caso di gravi squilibri;tale carattere assolutamente generale non può derogare una norma speciale in materia di tributi rimessi agli enti locali. In secondo luogo non appare meno importante nella risoluzione delle antinomie il fatto che il t.u.e.l. è stato approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, mentre lo specifico comma 169 rientra nell’art. 1 della legge finanziaria per il 2007 e la sua successione nel tempo non è argomento da sottovalutare.
L’appello del Ministero deve quindi essere accolto.
La peculiarità della questione giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.