Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-11-27, n. 202310140

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-11-27, n. 202310140
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202310140
Data del deposito : 27 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/11/2023

N. 10140/2023REG.PROV.COLL.

N. 02052/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2052 del 2019, proposto da
Cina City S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Zumpano, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato S A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Luigi Bi S.r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria (Sezione Prima) n. 65 del 2019, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Zumpano e le memorie difensive dallo stesso depositate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2023 il Cons. Elena Quadri;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Cina City S.r.l. ha proposto ricorso, integrato da motivi aggiunti, per l’annullamento del provvedimento SUAP prot. 4333 del 29 settembre 2017 emesso dal comune di Zumpano, con cui il responsabile dello sportello unico per le attività produttive - disponendo la chiusura del procedimento amministrativo già avviato nei confronti della Cina City S.r.l. - riqualificava il procedimento amministrativo de quo da “annullamento” ad “irrogativo di prescrizioni a sanzione”, nonché del provvedimento prot. n. 5378 del 4 dicembre 2017 con cui è stata disposta la sospensione dell’efficacia giuridica delle autorizzazioni rilasciate dall’ufficio SUAP in favore della Cina City S.r.l. per tre medie strutture di vendita (prot. nn. 4890 - 4891 - 4892 del 2 dicembre 2016 - pratiche SUAP nn. 66-67-69/2016) e del provvedimento prot. n. 627 del 6 febbraio 2018 con cui è stata disposta, ancora una volta, la sospensione dell’efficacia giuridica delle autorizzazioni rilasciate dall’ufficio SUAP in favore della Cina City S.r.l.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria ha respinto il ricorso con sentenza n. 65 del 2019, appellata da Cina City S.r.l. per i seguenti motivi di diritto:

I ) error in procedendo : difetto di istruttoria giudiziale per mancata e/o errata e/o travisata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto e della documentazione di causa;
difetto di motivazione;
motivazione erronea, perpetua ed apparente, illogica e contraddittoria;
eccesso di potere per illogicità ed irragionevolezza;

II ) violazione dell'art. 3 c.p.a. in combinato disposto con l'art. 88 c.p.a.;
violazione del dovere di motivazione;
motivazione omessa ed inesistente, perplessa ed apparente;
violazione dell'art. 111 della Costituzione;
violazione del principio costituzionale del "giusto processo";
violazione degli art. 24 e 113 della Costituzione;
violazione dei principi di effettività e pienezza della tutela giurisdizionale;
violazione delle norme sulla verificazione;

III ) error in procedendo : violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione al vizio di omessa pronuncia;

IV ) error in iudicando : violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c.;
difetto di motivazione;
motivazione apparente, perplessa ed erronea.

Si è costituito per resistere all’appello il comune di Zumpano, che ha, altresì, depositato memorie difensive.

All’udienza pubblica del 16 novembre 2023 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione l’appello proposto da Cina City S.r.l. per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria n. 65 del 2019 che ha respinto il ricorso dell’appellante, integrato da motivi aggiunti, per l’annullamento dei provvedimenti emessi dal SUAP del comune di Zumpano e concernenti l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’art. 22 del d.lgs. n. 114 del 1998 e la sospensione dell’attività commerciale fino alla dimostrazione dell’ottemperanza alle prescrizioni impartite.

Più specificamente, nel prescrivere modifiche tecniche alla struttura immobiliare di vendita, è stata irrogata nei confronti di Cina City S.r.l. una sanzione amministrativa pecuniaria per violazione degli artt. 8 e 9 del d.lgs. n. 114 del 1998 in ragione di irregolarità e carenze riscontrate in sede di verifica dei requisiti richiesti per le “medie strutture” di vendita, sul rilievo che, contrariamente a quanto indicato nelle segnalazioni d’inizio attività presentate, i tre esercizi commerciali di cui si compone l’immobile costituirebbero un unicum indistinto, una struttura di vendita unitaria, quindi, di grandi dimensioni.

Il provvedimento sanzionatorio oggetto di impugnazione principale è motivato con riferimento ai molteplici sopralluoghi effettuati (18 e 31 agosto;
1, 2, 5 e 9 settembre 2017), peraltro sollecitati da esposti presentati all’attenzione delle strutture comunali da imprenditori con attività commerciali localizzate nelle vicinanze.

Il provvedimento contiene inoltre, una serie di prescrizioni tecniche, rivolte alla società ricorrente, da attuare entro 30 giorni, finalizzate all’adeguamento dello stato di fatto dei luoghi, in modo da garantirne la piena rispondenza ai contenuti della documentazione presentata a supporto delle autorizzazioni rilasciate.

Con successivo provvedimento il comune di Zumpano ha disposto la sospensione delle autorizzazioni rilasciate in favore della ricorrente per il periodo di venti giorni dalla notifica (ai sensi del comma 6 dell’art. 22 del d.lgs. n. 114 del 1998), a seguito dell’esito negativo del sopralluogo (del 10 novembre 2017) per la verifica dell’ottemperanza alle prescrizioni in precedenza impartite. In seguito ad ulteriore sopralluogo del 5 gennaio 2018 ha dato conto che le prescrizioni comminate sono rimaste inottemperate e ha, quindi, adottato il terzo provvedimento di sospensione dell’attività commerciale, sino alla dimostrazione dell’effettiva ottemperanza alle prescrizioni impartite, in dichiarata applicazione del comma 6 dell’art. 22 del d.lgs. n. 114 del 1998.

Il Tar, dopo avere effettuato una verificazione sullo stato dei luoghi, ha statuito, in particolare, che: “ I rilievi tecnici e strutturali contenuti negli atti del procedimento e in specie nella motivazione del provvedimento impugnato con il ricorso principale, diretti a dimostrare la mancata corrispondenza tra la situazione di fatto della struttura di vendita e la documentazione esibita a supporto delle istanze abilitative riferite invece a tre distinti esercizi, in palese elusione della relativa, più stringente disciplina autorizzatoria (artt. 8 e 9 d.lgs 114/1998), trovano pieno riscontro negli accertamenti compiuti in sede di verificazione disposta dal Collegio, dai quali emerge l’oggettiva unicità della struttura commerciale (soprattutto per effetto dell’unico ingresso principale del centro commerciale, sul quale campeggia la relativa insegna, che tramite scale mobili conduce indistintamente a tutti e tre gli esercizi commerciali, con percezione, anche “visiva”, dell’unitarietà strutturale e funzionale degli stessi) ”.

Con il primo motivo l’appellante ha dedotto che la sentenza, senza fornire la benché minima motivazione, avrebbe disatteso le deduzioni esposte nel ricorso di primo grado (corroborate dalla documentazione tecnica e fotografica allegata) nonché le puntuali osservazioni alla verificazione in merito al reale stato dei luoghi. Dalla documentazione allegata in primo grado emergerebbe, invero, pacificamente, che le tre strutture di vendita sono assolutamente distinte tra di loro e realizzate in assoluta autonomia gestionale, così come distinti ne sono gli ingressi e i correlativi servizi igienici.

Con la seconda censura l’appellante ha dedotto che la sentenza appellata, nonostante le puntuali e specifiche osservazioni della Società, avrebbe ritenuto corretti gli esiti della verificazione, non facendo, tuttavia, riferimento né ai dati di fatto della relazione tecnica né alle specifiche motivazioni per le quali è giunto a prendere la decisione.

La totale inesistenza di motivazione non consentirebbe di soddisfare l'esigenza di controllo sull'esercizio del potere giudiziario in attuazione del principio di subordinazione del giudice alla legge;
la sentenza, erroneamente ed illegittimamente, da una parte avrebbe utilizzato la verificazione per accertare l’esistenza della legittimità degli atti impugnati e non per l’accertamento di fatti e, dall’altra, non avrebbe effettuato alcun recepimento critico delle conclusioni contenute nella relazione di verificazione.

Con il terzo motivo l’appellante ha dedotto che la sentenza avrebbe omesso di pronunciarsi in ordine alle numerose ed articolate doglianze ed eccezioni mosse dall’odierna appellante negli atti del giudizio di primo grado rispetto al reale stato dei luoghi.

Infine, con la quarta censura, l’appellante ha censurato la sentenza gravata, che sarebbe erronea anche con riferimento al capo relativo alle spese di lite, con cui ha condannato la Società all’integrale rimborso delle spese del giudizio, liquidate in euro 2.000,00 in favore del comune di Zumpano, oltre alla corresponsione della cifra di euro 2.000,00 al verificatore, quale pagamento del compenso, avendo fondato la sua decisione su un presupposto del tutto erroneo, ovverosia la totale soccombenza dell’odierna appellante. Il giudice di prime cure, tuttavia, decidendo la causa nel merito, non avrebbe proprio tenuto in considerazione i provvedimenti impugnati con i motivi aggiunti (ritenuti illegittimi in sede cautelare sotto il profilo della durata della sospensione, nonché dell’illegittimo comportamento dell’amministrazione comunale nella gestione dell’attività istruttoria), bensì si sarebbe limitato a prendere atto delle risultanze della verificazione, rigettando, così, il solo ricorso introduttivo. Alla luce di quanto esposto, pertanto, sarebbe evidente che non è risultata nel caso in esame una soccombenza totale dell’odierna appellante, bensì una soccombenza reciproca, con la conseguenza che la sentenza avrebbe dovuto compensare le spese di giudizio tra le parti.

In via istruttoria, l’appellante chiede che il giudice adito disponga una verificazione o una C.T.U. finalizzata a stabilire lo stato dei luoghi.

Per il Comune, contrariamente a quanto indicato nelle segnalazioni d’inizio attività presentate, i tre esercizi commerciali di cui si compone l’immobile della società appellante, qualificate dalla stessa come tre “medie strutture di vendita”, costituirebbero, invece, una struttura di vendita unitaria, quindi, di grandi dimensioni (un centro commerciale).

Il Collegio ritiene che, alla luce delle risultanze della verificazione effettuata in primo grado, emerga in maniera inequivocabile la natura di unico centro commerciale della struttura di vendita di cui è titolare l’appellante, disciplinata dall’art 4 del d.lgs. n. 114 del 1998.

Ed invero, la stessa è costituita da un unico edificio, con un unico ingresso principale, un unico parcheggio, corridoi e spazi comuni gestiti in maniera indifferenziata, gestita dalla stessa società, la China city S.r.l., la cui denominazione è anche riportata nell’unica insegna posta sulla facciata dello stabile.

Né tale unitarietà può venir meno per la presenza di altri accessi, posti sulle facciate laterali, indicati nelle istanze di autorizzazione come ingressi autonomi, mentre all’esito della verificazione sono risultate delle mere uscite di emergenza.

Le tre unità commerciali al dettaglio (di “calzature”, “abbigliamento” e “casalinghi”) di proprietà della società appellante costituiscono, dunque, esercizi inseriti in un’unica struttura con specifica destinazione commerciale e con gestione unitaria da parte di China city S.r.l., in assoluta conformità alla nozione di centro commerciale elaborata dalla consolidata giurisprudenza di questo Consiglio.

Ed invero: “ Ai sensi dell'art. 4 comma 1 lett. g), d.lg. 31 marzo 1998, n. 114 per centro commerciale deve intendersi una media o grande struttura di vendita, nella quale più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente;
elementi caratteristici sono, dunque, la destinazione specifica della struttura, composta da più esercizi commerciali, e la gestione unitaria di infrastrutture e spazi comuni, di cui essi usufruiscono
(cfr., fra le tante, Cons. Stato, IV, 23 agosto 2016, n. 3672;
6 maggio 2013, n. 2446).

Riguardo alle doglianze con cui l’appellante deduce la carenza di motivazione della sentenza in relazione al procedimento di verificazione, come risulta dal costante orientamento della giurisprudenza amministrativa: “ il giudice che abbia disposto consulenza tecnica (ovvero verificazione), qualora ne condivida i risultati, non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento e, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico (o del verificatore) che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l'obbligo della motivazione con l'indicazione delle fonti del suo convincimento;
non è quindi necessario che egli si soffermi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili con le conclusioni tratte
” (Cons. Stato, IV, 1 marzo 2022, n.1446;
III, 7 dicembre 2020, n. 7717;
IV, 16 aprile 2014, n. 1895;
Cons. giust. amm. Sicilia, 19 marzo 2014, n. 147).

Nella specie, dunque, l’incontestabile esito della verificazione integra adeguatamente la pur chiara e sufficiente motivazione della sentenza appellata.

Risulta, quindi, la piena soccombenza dell’appellante, come si evince dalla motivazione della sentenza impugnata, che sancisce l’illegittimità dell’esercizio di una grande struttura di vendita - e non di tre medie strutture -, illegittimità che ha prima condotto all’adozione del provvedimento sanzionatorio con prescrizioni, oggetto del ricorso principale, e successivamente alla sospensione delle autorizzazioni, prima per venti giorni a seguito dell’inottemperanza al primo provvedimento, impugnata con i primi motivi aggiunti, e poi alla sospensione sino all’adeguamento alle prescrizioni, impugnata con gli ulteriori motivi aggiunti.

Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza appellata di reiezione del ricorso di primo grado.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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