Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-03-13, n. 201701144
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Pubblicato il 13/03/2017
N. 01144/2017REG.PROV.COLL.
N. 03400/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3400 del 2011, proposto dal signor G C, rappresentato e difeso dall'avvocato L P, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2
contro
A D C, rappresentato e difeso dagli avvocati A B e A R, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2
nei confronti di
Istituto Autonomo Case Popolari per la Provincia di Bari, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato R D R, con domicilio eletto presso lo studio Roberto Ciociola in Roma, via Bertoloni, n. 37
per la riforma della sentenza del T.A.R. della Puglia, Sezione II, n. 2911/2010;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Istituto Autonomo Case Popolari per la Provincia di Bari e del signor A D C;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 marzo 2017 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati L P, A B e R D R;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. della Puglia, recante il n. 1813/2008 l’odierno appellato signor A D C (figlio dell’appellante G C) impugnava il provvedimento con il quale l'Istituto Autonomo Case Popolari (I.A.C.P.) della Provincia di Bari aveva respinto l'istanza di voltura in suo favore del contratto di locazione di un immobile di edilizia residenziale pubblica nel Comune di Bitetto inizialmente assegnato a suo padre e in seguito assegnato alla madre in sede di separazione consensuale e di divorzio giudiziale.
Il ricorrente in primo grado esponeva al riguardo di abitare fin dal 1986 nell'alloggio popolare in questione, assegnato all'epoca all’odierno appellante con decreto del 12 dicembre 1988, quale abitazione della famiglia. A seguito della separazione intervenuta tra i genitori nel 1992 il Tribunale civile di Bari aveva stabilito l'assegnazione della casa coniugale alla madre Cesarea O e, in esecuzione del disposto del Tribunale, l’I.A.C.P. aveva stipulato un nuovo contratto di locazione con quest'ultima.
In data 8 maggio 2006 la sig.ra O era deceduta e il ricorrente, quale figlio convivente, aveva presentato istanza per la voltura del contratto, respinta dall'istituto sul presupposto della mancanza delle condizioni per la voltura e, in particolare, del decesso del legittimo assegnatario (l’odierno appellante), tuttora in vita. Quest'ultimo peraltro aveva richiesto la disponibilità dell'alloggio, non essendo mai decaduto dall'assegnazione.
Con la sentenza in epigrafe il T.A.R. della Puglia ha accolto il ricorso del signor A D C e, per l’effetto, ha annullato i provvedimenti impugnati in primo grado.
La sentenza in questione è stata impugnata in appello dal signor G C il quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:
- Inammissibilità del ricorso di primo grado per omessa impugnazione del provvedimento dirigenziale IACP de 26 settembre 2008;
- Violazione dell’articolo 15 delle legge Regione Puglia 20 dicembre 1984, n. 54 in relazione all’articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale, avuto riguardo all’articolo 9 della l. 898 del 1970, all’articolo 155-quater cod. civ. e all’articolo 710 del cod. proc. civ.;
- Violazione dell’articolo 19 delle legge Regione Puglia 20 dicembre 1984, n. 54, anche in relazione all’articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale – Carenza di potere giurisdizionale.
Si è costituito in giudizio l’I.A.C.P. della Provincia di Bari il quale ha concluso nel senso dell’accoglimento dell’appello.
Si è altresì costituito in giudizio il signor A D C, figlio dell’appellante e ricorrente in primo grado il quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Alla pubblica udienza del 2 marzo 2017 il ricorso in epigrafe è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge in decisione il ricorso in appello proposto dal signor G C (il quale aveva ottenuto nel 1988/89 l’assegnazione di un immobile di edilizia residenziale pubblica nella città di Bitetto in seguito assegnato alla moglie in sede di separazione e di divorzio) avverso la sentenza del T.A.R. della Puglia con cui è stato accolto il ricorso proposto da suo figlio A D C (il quale aveva chiesto il subentro nell’assegnazione del medesimo immobile alla morte della madre) e, per l’effetto, è stato annullato il provvedimento con cui l’I.A.C.P. aveva ‘retrocesso’ l’immobile in favore dell’appellante ritenendo che la morte della coniuge assegnataria avesse comportato la riespansione dell’originario provvedimento di assegnazione
2. Deve in primo luogo essere esaminata la questione (sollevata dall’appellante con la memoria del 30 gennaio 2017) di inammissibilità del ricorso proposto in primo grado dal signor A D C per difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo.
Osserva al riguardo l’appellante che, trattandosi di impugnativa avverso sentenza pubblicata prima dell’entrata in vigore del cod. proc. amm. (16 settembre 2010), non troverebbe applicazione il relativo articolo 9 secondo cui nei giudizi di impugnazione il difetto di giurisdizione è rilevato solo se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che ha statuito sulla giurisdizione.
2.1. La tesi non può essere condivisa.
Al riguardo ci si limita ad osservare che, in base a un condiviso orientamento, la previsione di cui all’articolo 9 del cod. proc. amm. non ha contenuto innovativo rispetto all’assetto materiale che, in tema di deducibilità delle questioni di giurisdizione, si era affermato già prima dell’entrata in vigore del medesimo codice, ma ne costituisce soltanto la traduzione normativa.
Infatti anche prima dell’entrata in vigore del nuovo codice del rito amministrativo, la giurisprudenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione aveva già enucleato il principio del c.d. ‘giudicato implicito’ sulla giurisdizione (sentenza n. 24883 del 2008, secondo cui nei giudizi di appello la deducibilità delle questione di giurisdizione resta(va) subordinata alla deduzione di tale questione “ con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione ”).
Riconducendo i principi in questione alle peculiarità del caso in esame, è pacifico che la sussistenza della giurisdizione dell’adito G.A. non abbia costituito oggetto di specifico motivo di ricorso, ragione per cui non può ritenersi che essa sia rilevabile ex officio , se del caso previa sollecitazione attraverso uno scritto di parte cui non può essere riconosciuta in parte qua la qualificazione di motivo di ricorso.
Inoltre, per le ragioni appena esposte, la soluzione alla questione proposta non sarebbe suscettibile di esiti diversi laddove si tenesse conto (come sottolineato dall’appellante) del fatto che la sentenza qui appellata è stata pubblicata in data anteriore rispetto a quella di entrata in vigore del nuovo ‘codice’.
3. Non può poi trovare accoglimento l’istanza di sospensione del presente giudizio proposta dal signor A D C in ragione del fatto che pende dinanzi all’A.G.O. (Tribunale civile di Bari – Sezione di Modugno) un giudizio dallo stesso proposto al fine di sentir dichiarare la sua posizione di “unico e legittimo assegnatario dell’alloggio di E.R.P.”.
L’istanza in questione viene giustificata dal signor Domenico Antonio Cannale per il fatto che, nel corso del giudizio civile, è stato sollevato un regolamento preventivo di giurisdizione ai sensi dell’articolo 41 cod. proc. civ. attualmente pendente dinanzi alle Sezioni unite della Corte di cassazione. Ritiene sul punto il deducente che, stante la sostanziale identità di petitum e di causa petendi fra i due giudizi, si renderebbe necessaria la sospensione del presente giudizio nelle more della decisione sul regolamento di giurisdizione.
3.1. Si osserva al riguardo che l’oggetto immediato e diretto del presente giudizio non è rappresentato dall’accertamento del diritto del signor A D C (invece che di suo padre G C) al godimento dell’alloggio per cui è causa, quanto – piuttosto – dalla dedotta illegittimità del provvedimento con cui l’I.A.C.P. ha respinto l’istanza di voltura del contratto di locazione.
Pertanto, anche a non condividere la tesi secondo cui la giurisdizione sulla presente vicenda spetti al G.A. in base all’articolo 133, comma 1, lettera b) del cod. proc. amm. (il quale richiama le “ controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici ”), la potestas decidendi sulla vicenda per cui è causa resterebbe comunque attribuita al giudice amministrativo ai sensi del comma 1 dell’articolo 8 del cod. proc. amm., secondo cui “ il giudice amministrativo nelle materie in cui non ha giurisdizione esclusiva conosce, senza efficacia di giudicato, di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale ”.
4. E’ quindi possibile passare al merito della res controversa .
4.1. Come anticipato in narrativa, è controverso se l’originario assegnatario di un immobile di E.R.P. (immobile che sia stato assegnato al coniuge in sede di separazione personale e poi in sede di sentenza di divorzio) abbia titolo, alla morte del coniuge, di invocare la retrocessione nell’assegnazione (come ritenuto dall’I.A.C.P.) ovvero se debba ritenersi che in tale ipotesi il rapporto sia trasmissibile agli eredi del coniuge defunto (come invece ritenuto dai primi Giudici).
Ai fini della risoluzione di tale quaestio iuris assume rilievo dirimente, ad avviso della Sezione, il secondo comma dell’articolo 6 della l. 27 luglio 1978, n. 392, secondo cui “ In caso di separazione giudiziale (…) nel contratto di locazione succede al conduttore l’altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal Giudice a quest’ultimo ”.
Tale disposizione deve essere letta in combinato disposto con il comma 6 dell’articolo 15 della legge regionale pugliese 20 dicembre 1984, n. 54 secondo cui “ in caso di separazione, di scioglimento del matrimonio, ovvero di cessazione degli effetti civili del medesimo, l'ente gestore provvede all'eventuale voltura del contratto di locazione uniformandosi alla decisione del giudice ”.
Dal coacervo di tali norme si ricava che, in caso di assegnazione ope iudicis di un alloggio di E.R.P. a un coniuge diverso da quello inizialmente assegnatario, il diritto di godimento si estingue in capo a quest’ultimo e diviene invece trasmissibile in favore degli eredi del coniuge beneficiario del provvedimento giudiziale.
Pertanto, il comma 1 dell’articolo 15 della richiamata legge regionale (secondo cui “ in caso di decesso dell'aspirante assegnatario o dell'assegnatario, subentrano rispettivamente nella domanda e nell'assegnazione i componenti del nucleo familiare come definito al precedente art. 2 e secondo l'ordine ivi indicato ”) deve essere riferito (non già ai componenti del nucleo familiare dell’originario assegnatario, bensì) ai componenti del nucleo familiare del coniuge beneficiario del provvedimento giurisdizionale.
Infatti, in base a un condiviso orientamento giurisprudenziale (correttamente richiamato dall’appellato) l’assegnazione di un immobile di edilizia residenziale pubblica viene meno ipso iure , senza bisogno di alcun provvedimento amministrativo formale, nel caso in cui il giudice ordinario, in sede di separazione dei coniugi, attribuisca l'uso del suddetto immobile al coniuge dell'assegnatario (in tal senso: Cass. Civ., III, 26 giugno 2007, n. 14741).
Non può quindi essere condivisa la tesi dell’appellante (di fatto, coincidente con quella sottesa al provvedimento impugnato in primo grado) secondo cui la morte della signora O (cui l’immobile era stato assegnato in sede di separazione fra i coniugi) avrebbe determinato una sorta di riespansione o reviviscenza del titolo dell’odierno appellante alla conduzione dell’immobile.
4.2. Non può neppure essere condivisa la tesi dell’appellante secondo cui la revocabilità in giudizio (e quindi, l’ontologica provvisorietà) del provvedimento giudiziale di assegnazione comporterebbe nei fatti la riespansione del titolo originario al decesso del soggetto beneficiario di tale provvedimento.
Si osserva al riguardo che una cosa è affermare che il provvedimento giudiziale reso in sede di separazione fra coniugi è sempre revocabile e modificabile con un nuovo e diverso provvedimento, mentre ben altra cosa è ritenere che la revocabilità e la modificabilità in sede giudiziale comportino altresì la decadenza automatica degli effetti di tale provvedimento alla morte del beneficiario.
4.3. Per le medesime ragioni deve invece condividersi l’assunto dei primi giudici secondo cui le determinazioni assunte giudizialmente in sede di separazione personali fra i coniugi e poi di divorzio hanno determinato in capo alla signora O l’insorgere di un’autonoma posizione, ex se trasmissibile ai suoi aventi causa al ricorrere dei presupposti di legge.
4.4. Non è infine meritevole di favorevole apprezzamento la deduzione dell’appellante secondo cui il primo ricorso avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile a causa dell’omessa impugnazione della nota dell’I.A.C.P. in data 26 settembre 2008 (versata in atti e conosciuta dal ricorrente in primo grado), con cui l’odierno appellante era stato reintegrato nella titolarità del rapporto con l’Istituto.
E’ sufficiente rilevare che detta nota presentava carattere di mera conseguenzialità rispetto all’atto in data 18 settembre 2008 di rigetto dell’istanza di voltura (quest’ultimo, ritualmente impugnato), con la conseguenza che l’annullamento in sede giurisdizionale di tale ultimo atto non poteva (e non può) che travolgere e caducare anche gli effetti cella richiamata nota del 26 settembre 2008 (ai cui effetti il ricorrente in primo grado non aveva in alcun modo prestato acquiescenza).
5. In conclusione l’appello in epigrafe deve essere respinto.
Sussistono giusti ed eccezionali motivi per disporre la compensazione delle spese fra le parti anche in considerazione della particolarità e parziale novità della res controversa .