Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-02-07, n. 202000974

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-02-07, n. 202000974
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000974
Data del deposito : 7 febbraio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/02/2020

N. 00974/2020REG.PROV.COLL.

N. 04124/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4124 del 2019, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – già Missione amministrativo finanziaria ex O.P.C.M. 3756/09 ed ora Unità tecnico amministrativa ex D.P.C.M. 20 febbraio 2014 - e dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

la FIBE S.p.A., in proprio e quale società incorporante la

FIBE

Campania S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Ennio Magrì e Benedetto Giovanni Carbone, con domicilio eletto in Roma, presso lo studio dell’avvocato Benedetto Giovanni Carbone, in via degli Scipioni, n. 288;

nei confronti

delle società Sarracino S.r.l, Data General Security S.r.l., Metrovox S.r.l., Sipro Sicurezza Professionale Campania S.r.l., Santangelo Finpagest S.r.l. e Service S.c. a r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , non costituite in giudizio;

per l’annullamento ovvero la riforma

della sentenza del TAR Lazio, sede di Roma, sezione I, 21 marzo 2019 n.3775, che ha pronunciato sul ricorso n. 7338/2009 R.G. proposto:

per l’accertamento dell’illegittimità del mancato riconoscimento ed accertamento dei crediti maturati dalle ricorrenti per oneri assunti nella prosecuzione imposta ai sensi del d.l. 30 novembre 2005 n.245 del servizio di smaltimento rifiuti nella Regione Campania dal 15 dicembre 2005;

nonché per la condanna dell’amministrazione intimata al pagamento della somma corrispondente, nella misura di giustizia;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio con appello incidentale proposto dalla FIBE S.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2020 il Cons. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti l’avvocato Massimo Ambroselli, su delega dichiarata degli avvocati Benedetto Giovanni Carbone ed Ennio Magrì, e l’avvocato dello Stato Giulio Bacosi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società appellante incidentale, che ha incorporato la seconda ricorrente in primo grado in corso di processo, nonché quest’ultima ricorrente in primo grado, all’esito di apposite procedure di gara sono risultate a suo tempo affidatarie, in via esclusiva, del servizio di smaltimento rifiuti nella Regione Campania, per i territori delle Province di Napoli, Avellino, Benevento, Caserta e Salerno, in forza di contratti per cui avrebbero dovuto smaltire i rifiuti urbani, residuo della raccolta differenziata, attraverso sette impianti per la produzione di CDR (ovvero combustibile derivato dai rifiuti) e due termovalorizzatori, da realizzare con costi a loro carico con lo strumento della finanza di progetto.

2. A seguito di alcune vicende, che hanno dato luogo alla cd “emergenza rifiuti nella Campania”, in quella Regione si è però determinata l’impossibilità di svolgere il servizio in questione con le procedure e le risorse ordinarie, anche per la parte affidata alle ricorrenti;
si sono quindi resi necessari interventi in via straordinaria del legislatore.

2.1. Rileva in questa sede anzitutto il d.l. 30 novembre 2005 n.245, rubricato “Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania ed ulteriori disposizioni in materia di protezione civile ” e convertito nella l. 27 gennaio 2006. n. 21, che all’art. 1, comma 1, ha previsto: “ Al fine di assicurare la regolarità del servizio di smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, a decorrere dal quindicesimo giorno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i contratti stipulati dal Commissario delegato per l'emergenza rifiuti nella regione Campania con le affidatarie del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani in regime di esclusiva nella regione medesima sono risolti, fatti salvi gli eventuali diritti derivanti dai rapporti contrattuali risolti ”.

In base al comma 2 dello stesso articolo, per gestire il servizio in via ordinaria si sarebbero quindi dovuti individuare nuovi affidatari, all’esito di apposite gare indette con urgenza dal Commissario straordinario stesso.

2.2. Nel frattempo, si poneva comunque l’esigenza di assicurare il servizio, esigenza alla quale il decreto legge citato ha provveduto con la disposizione dell’art. 1, comma 7, prima parte, che nel testo originario disponeva “ In funzione del necessario passaggio di consegne ai nuovi affidatari del servizio … fino al momento dell'aggiudicazione dell'appalto di cui al comma 2, e comunque entro il termine di cui al comma 6 ”, ovvero, secondo il testo originario del decreto, entro il 31 maggio 2006, “ le attuali affidatarie del servizio di smaltimento dei rifiuti nella regione Campania ” (ovvero le ricorrenti in primo grado) “ sono tenute ad assicurarne la prosecuzione e provvedono alla gestione delle imprese ed all'utilizzo dei beni nella loro disponibilità, nel puntuale rispetto dell'azione di coordinamento svolta da un soggetto di comprovata e qualificata esperienza professionale, nominato ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 ”.

2.3. Per una serie di ragioni che non rilevano direttamente in questa causa, nel termine indicato non si è arrivati a individuare i nuovi affidatari, e quindi la scadenza del 31 maggio 2006 è stata prorogata dapprima dall’art. 3, comma 1 bis, del d.l. 9 ottobre 2006, n. 263, convertito nella l. 6 dicembre 2006, n. 290, che ha modificato il suddetto art. 1, comma 7, prima parte, del d.l. 245/2005 così come segue: “ In funzione del necessario passaggio di consegne ai nuovi affidatari del servizio, ivi comprese quelle relative al personale ed agli eventuali beni mobili ed immobili che appare utile rilevare, tenuto conto dell'effettiva funzionalità, della vetustà e dello stato di manutenzione, fino al momento dell'aggiudicazione dell'appalto di cui al comma 2, e comunque entro il 31 dicembre 2007, le attuali affidatarie del servizio di smaltimento dei rifiuti nella regione Campania sono tenute ad assicurarne la prosecuzione e provvedono alla gestione delle imprese ed all'utilizzo dei beni nella loro disponibilità, nel puntuale rispetto dell'azione di coordinamento svolta dal Commissario delegato ”.

Il termine di legge per la fine della gestione è stato quindi prorogato al 31 dicembre 2007.

2.4. L’attività imposta per legge alle precedenti affidatarie, ovvero alle ricorrenti in primo grado, comportava in termini semplici un esborso di denaro, che sarebbe dovuto essere loro rimborsato: in materia, ha allora disposto l’art. 1, comma 4, prima parte, dell’O.P.C.M. 14 dicembre 2005, n. 3479, secondo il quale “ I pagamenti delle prestazioni effettuate dalle affidatarie, in attuazione dell'art. 1, comma 7 decreto-legge 30 novembre 2005 n. 245, sono disposti dal Commissario delegato previa presentazione di regolare fattura e rendicontazione da parte delle affidatarie del servizio e comunque a fronte di autorizzazione da parte del soggetto attuatore di cui all'art. 1, comma 7, decreto-legge 30 novembre 2005 n. 245. Il Commissario delegato può disporre il pagamento di un acconto fino all'80% dell'importo della tariffa mensilmente dovuta alle affidatarie del servizio in relazione alle quantità di rifiuti urbani da conferirsi a valle della raccolta differenziata presso gli impianti di produzione del combustibile dai rifiuti. ”.

2.5. La gestione del servizio così configurata, peraltro, non è cessata alla data del 31 dicembre 2007.

Con O.P.C.M. 30 gennaio 2008, n. 3653, è stato infatti nominato un Commissario delegato per la liquidazione della gestione stessa appunto alla data del 31 dicembre 2007, commissario il quale, con proprie ordinanze 1° febbraio 2008, n. 1, e 14 marzo 2008, n. 48, ha imposto alle precedenti affidatarie di proseguire il servizio svolto sino alla scadenza del 30 novembre 2008, con spese ed oneri ‘riconoscibili’ ai sensi della citata O.P.C.M. 3479/2005.

2.6 Le precedenti affidatarie – ricorrenti in primo grado - allegano di avere contestato le citate ordinanze 1/2008 e 48/2008 del Commissario impugnandole avanti il Giudice amministrativo, e di avere comunque continuato la gestione sino al 18 giugno 2008, in concomitanza con l’entrata in vigore di altre disposizioni di legge.

Il d.l. 23 maggio 2008 n.90, recante ancora “ Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile ” e convertito nella l. 14 luglio 2008, n. 123, per quanto qui rileva, prevede all’art. 4, comma 1, che “ Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 3 del decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21 ” (norme che prevedevano già la competenza del TAR Lazio, sede di Roma, per le impugnazione in sede di giurisdizione generale di legittimità), “ sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati. La giurisdizione di cui sopra si intende estesa anche alle controversie relative a diritti costituzionalmente tutelati. ”.

3. Tutto ciò posto, le precedenti affidatarie, ritenendo di non avere ricevuto per intero quanto dovuto loro per la gestione svolta ai sensi delle disposizioni appena richiamate, per ottenere il relativo pagamento hanno adito in primo grado il TAR per il Lazio, ai sensi del citato art. 4 d.l. 90/2008 vigente all’epoca dei fatti e poi trasfuso nel codice del processo amministrativo.

Nel ricorso di primo grado, esse hanno indicato in dettaglio le somme loro dovute, così come segue.

3.1. In primo luogo, le ricorrenti (col ricorso primo grado, a p. 10) hanno dichiarato di aver presentato all'Amministrazione rendiconti e giustificativi per le attività di gestione svolte:

- dal 15 dicembre 2005 al 31 dicembre 2006 per complessivi € 177 690.144,46;

- dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2007 per complessivi € 128 864 402,18, nonché rendiconti e giustificativi per lavori affidati ed eseguiti nel periodo dal 15 dicembre 2005 al 31 dicembre 2007 per complessivi € 35.561.882,00.

3.2 Tanto premesso, le società hanno dichiarato (col ricorso primo grado, a p. 11) che per le attività di gestione svolte dal 16 dicembre 2005 al 31 dicembre 2006 il Commissario ha emanato idonei provvedimenti amministrativi di accertamento del debito per un importo complessivo di € 163.677.927,46, ma ha corrisposto la sola somma di € 157.612.218,37;
inoltre, che senza motivo il Commissario non ha completato la verifica della rendicontazione presentata relativamente all'importo di € 1.344.691,05 ed ha dunque fatto restare l’amministrazione debitrice anche per quest’ultima somma.

Di seguito col ricorso esse hanno quindi dichiarato che andava accertato l'obbligo dell'Amministrazione di liquidare la somma rendicontata, riconosciuta e non ancora corrisposta per l'ammontare di € 5.956,237,77 (€ 163,677 927,46 meno € 157 612.218,37 meno € 109.071,32 pari questi ultimi all'anticipazione già erogata) oltre IVA, nonché l’obbligo di liquidare l'ulteriore importo richiesto e documentato nella misura di € 1.344.691,05 oltre IVA.

3.3. Esse hanno inoltre dichiarato (col ricorso di primo grado, a p. 12) che per le attività di gestione svolte dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2007 il Commissario ha emanato idonei provvedimenti amministrativi di accertamento del debito per un importo complessivo di € 64.308,396,84, ma ha corrisposto la sola somma di € 55.026.982,52;
inoltre senza motivo egli non ha completato la verifica della rendicontazione presentata relativamente all'importo di € 62.157.461,20, ed ha dunque fatto restare l’amministrazione debitrice anche per la somma di € 24.785.370,00 (al netto dell'anticipazione già erogata di €.30.228.479,77 e dell'ulteriore somma pagata dall'Amministrazione a determinati fornitori terzi nella misura di € 6.629.263,69).

Di seguito col ricorso esse hanno quindi dichiarato che andava accertato l'obbligo dell'Amministrazione di liquidare la somma rendicontata, riconosciuta e non ancora corrisposta per l'ammontare di € 9.281.414,32 (€ 64.308.396,84 meno € 55.026 982,52) oltre IVA;
nonché l’obbligo di liquidare l'ulteriore importo richiesto e documentato nella misura di € 24.799.717,74 (€ 62.157.461,20 meno € 30.728.479,77 meno € 6.629.263,69) oltre IVA.

3.4. Le società hanno infine dichiarato (col ricorso di primo grado, a p. 12) che per i lavori affidati ed eseguiti dal 16 dicembre 2005 al 31 dicembre 2007 il Commissario ha emanato idonei provvedimenti amministrativi di accertamento del debito per un importo complessivo di € 31.952.324,81;
ha corrisposto la sola somma di € 24.785.370,00;
inoltre senza motivo egli non ha completato la verifica della rendicontazione presentata relativamente all'importo di € 3.609.557,19 ed ha dunque fatto restare l’amministrazione debitrice anche per la somma di € 3.109.557,19 (al netto dell'anticipazione già erogata di € 500.000,00).

Di seguito nel ricorso le società hanno quindi dichiarato che andava accertato l'obbligo dell'Amministrazione di liquidare la somma rendicontata, riconosciuta e non ancora corrisposta per l'ammontare di € 7.166.954,81 (€. 31.952.324,81 meno € 24.785.370,00) oltre IVA, nonché l’obbligo di liquidare l'ulteriore importo richiesto e documentato nella misura di € 3.109.557,19 (€ 3.609.557,19 meno € 500.000 di anticipazione) oltre IVA.

3.5. Nelle conclusioni del ricorso, le società hanno quindi chiesto al TAR di condannare le amministrazioni resistenti al pagamento delle somme rendicontate, già riconosciute in via amministrativa e non ancora corrisposte per l'ammontare complessivo di € 22.404.606,90 (al netto dell'anticipazione già erogata) oltre IVA e al pagamento delle ulteriori somme richieste e documentate dalle ricorrenti nella misura complessiva di € 29.253.965,98 (al netto dell'anticipazione già erogata) oltre IVA, o diversa somma di giustizia, e ciò “con espressa riserva di richiedere analogo accertamento e condanna in relazione all'attività residua svolta nel 2007 e dall'1 gennaio 2008 al 18 giugno 2008, nonché in riferimento a quella comunque espletata in ossequio agli obblighi discendenti dalla normativa emergenziale e commissariale” (v. il ricorso di primo grado, p. 23).

4. Con la sentenza indicata in epigrafe, il TAR ha accolto in parte il ricorso e per quanto qui interessa ha condannato l’amministrazione a corrispondere la somma complessiva di € 52.955.352,80, oltre a tre quarti delle spese di verificazione.

In motivazione, il TAR ha precisato di non riconoscere come dovuta alcuna somma relativa al periodo posteriore al 31 dicembre 2007, in quanto a suo avviso non compresa nella domanda ed ha poi ritenuto attendibili i risultati della verificazione disposta per liquidare le somme dovute, e ad essi si è dichiaratamente attenuta nel calcolo dell’importo relativo.

5. L’amministrazione ha impugnato questa sentenza con appello principale, che contiene i seguenti tre motivi:

- con il primo di essi, essa deduce errore logico e giuridico a suo avviso commesso dalla sentenza di primo grado nel determinare le somme dovute e fa presente infatti, in primo luogo, che la motivazione della sentenza da un lato dichiara di non voler riconoscere come dovute somme pertinenti al periodo successivo al 31 dicembre 2007, dall’altro però ne tiene conto nel determinare il dovuto finale, recependo in modo contraddittorio la relativa stima fatta dal verificatore. In secondo luogo, nel determinare il dovuto per le attività di gestione svolte dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2007, la sentenza avrebbe tenuto conto di un valore errato per i pagamenti già effettuati dall’amministrazione a fronte delle somme accertate;

- con il secondo motivo, l’Amministrazione deduce un ulteriore errore logico giuridico a suo avviso commesso dalla sentenza di primo grado, nella parte in cui essa ha condannato l’Amministrazione a corrispondere somme relative a importi richiesti e documentati dalla parte privata in sede di rendicontazione, ma non ancora accertati come dovuti dall’amministrazione, senza motivare sul punto specifico;

- con il terzo motivo, proposto in subordine al secondo, l’Amministrazione deduce infine ancora un errore logico giuridico, che la sentenza di primo grado avrebbe commesso nel ritenere rimborsabili talune delle somme richieste e rendicontate, ma non accertate. Ad avviso dell’Amministrazione appellante, anche se si volesse ritenere che in via generale esse siano dovute in questa sede, se ne dovrebbero escludere una serie di costi fatturati dalla parte privata, ma da essa non effettivamente corrisposti ai terzi fornitori. Essa sostiene infatti, che la normativa del d.l. 245/2005 darebbe titolo al privato ad ottenere il rimborso di costi effettivamente sostenuti, e quindi per i quali vi sia stato l’effettivo pagamento, non già, come invece sostenuto dalla ricorrente appellante, il rimborso dell’ammontare di obbligazioni contratte, senza riguardo per la circostanza del loro effettivo adempimento.

6. La società appellata, dichiarando di agire sia in proprio, sia quale incorporante l’altra originaria ricorrente, si è difesa con memoria contenente anche un appello incidentale, depositata il 31 maggio 2019, in cui chiede che l’appello principale sia respinto e che invece la sentenza di primo grado sia riformata, sulla base dei seguenti quattro motivi:

- con il primo di essi, la società deduce a sua volta un errore logico giuridico da parte della sentenza di primo grado, nella parte in cui non ha considerato gli importi successivi al 31 dicembre 2007, che ad avviso della parte sarebbero stati ricompresi nella domanda originaria;

- con il secondo motivo, deduce ancora un errore logico giuridico da parte della sentenza di primo grado, con riferimento ad un credito ‘di competenza del 2008’, che si dovrebbe ritener dovuto anche in via autonoma, perché ritenuto tale in verificazione;

- con il terzo motivo, deduce un ulteriore errore di diritto da parte della sentenza di primo grado, nella parte in cui essa ha riconosciuto i soli interessi legali dalla data di deposito di essa, in luogo degli interessi previsti dal d. lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, da riconoscere dalla data della domanda giudiziale;

- con il quarto motivo, chiede infine che le spese di lite siano poste per intero a carico dell’amministrazione, in ipotesi soccombente per intero.

7. Con memorie di data 23 dicembre 2019 e repliche di data 2 gennaio 2020 per ciascuna di esse, le parti hanno infine ribadito le rispettive asserite ragioni.

8. All’udienza del 23 gennaio 2020, la Sezione ha quindi trattenuto il ricorso in decisione.

9. Ritiene la Sezione che l’appello principale è fondato e va accolto, mentre è solo parzialmente fondato l’appello incidentale, il tutto nei termini ora esposti.

10. Vanno esaminati secondo logica per primi la prima parte del primo motivo di appello principale e i motivi primo e secondo dell’appello incidentale, tutti relativi alla questione concernente il pagamento delle somme relative all’anno 2008.

10.1. In primo luogo, occorre esaminare la questione centrale posta dal primo motivo di appello incidentale, ovvero stabilire se tali somme si possano o no ritenere comprese nella domanda giudiziale proposta in primo grado.

Ad avviso del Collegio, che condivide sul punto quanto statuito dal Giudice di primo grado (§ 2.1 della motivazione), la risposta deve essere negativa.

Sul punto, è assolutamente chiaro il contenuto dell’originario ricorso, che nelle conclusioni, come si è sopra evidenziato, formula “espressa riserva di richiedere analogo accertamento e condanna in relazione all'attività residua svolta nel 2007 e dall'1 gennaio 2008 al 18 giugno 2008”.

La riserva di formulare una domanda comporta all’evidenza che fino a quel momento non la si è proposta, e, come correttamente rilevato dal Giudice di primo grado, motivi aggiunti o successivi atti analoghi in tal senso non ne constano.

Pertanto, il primo motivo di appello incidentale va respinto.

10.2 Quanto sopra comporta la reiezione anche del secondo motivo di appello incidentale, che ritiene comunque dovuta una somma relativa al 2008, perché asseritamente riconosciuta come spettante dal verificatore.

Non occorre in questa sede formulare alcuna valutazione sull’attività eseguita dal verificatore in tal senso, poiché - non essendovi stata una domanda per il periodo relativo - nessuna somma può essere accordata in sentenza a tal titolo.

10.3. Sempre come conseguenza di quanto sopra, va accolto nella prima parte il primo motivo di appello principale, dato che non è possibile ad un tempo affermare, come si è visto correttamente, che la domanda giudiziale non comprende le somme relative al 2008 e poi allo stesso tempo includerle nel totale della condanna.

In parziale riforma della sentenza impugnata, l’importo totale va quindi diminuito degli importi corrispondenti.

11. Vanno ora esaminati i motivi secondo e terzo dell’appello principale, che riguardano la medesima questione di principio, ovvero la possibilità di pronunciare una condanna a carico dell’amministrazione per le somme definite come “in istruttoria”, ovvero domandate nel ricorso come richieste, ma non esaminate e quindi non accertate dall’amministrazione.

11.1. Ad avviso del Collegio, la risposta deve essere negativa.

La fonte dell’obbligo legale di prestare il servizio di cui si tratta, ovvero il d.l. 245/2005 citato, dispone all’art. 1, comma 7, che l’amministrazione provvede “ Alla copertura degli oneri connessi con le predette attività svolte dalle attuali affidatarie del servizio ”, e la già citata O.P.C.M. n.3479/2005 precisa sul punto che i pagamenti avvengono “ previa presentazione di regolare fattura e rendicontazione da parte delle affidatarie ”.

Pertanto, sulla base di tali disposizioni, si deve ritenere che i pagamenti stessi non si possono ritenere dovuti per il solo fatto che vi sia stata la richiesta, ma diventano dovuti solo all’esito positivo di una specifica attività di controllo da parte dell’amministrazione, che deve accertare che si tratti di fatture realmente pagate, redatte in conformità alla normativa fiscale, e che siano relative a costi strettamente inerenti al servizio.

Tale risultato interpretativo è conforme anche a quanto affermato – sia pure per implicito - da questo Consiglio con la sentenza della sez. IV, 28 novembre 2007, n. 6057, pronunciata fra le stesse parti, secondo la quale le somme dovute per il servizio sono oggetto di “una pretesa di natura esclusivamente procedimentale intesa a conseguire l’avvio e la conclusione delle procedure previste dalla legge per la realizzazione dell’interesse del deducente nell’ambito di un rapporto pubblicistico concessorio dell’esercizio di un pubblico servizio” (procedura che appunto con il ricorso deciso in quella sede l’interessata voleva far avviare, superando il silenzio dell’amministrazione).

In tali termini, è evidente che un’attività procedimentale di questo tipo non può essere sostituita dalle operazioni di controllo compiute dal verificatore in questo processo, anche se per avventura esse avessero lo stesso contenuto concettuale, perché si tratterebbe di operazioni eseguite da un soggetto sfornito dei relativi poteri, che non consta gli siano stati conferiti ad alcun titolo.

In altri termini, la relativa attività va svolta in sede amministrativa, nell’esercizio dei poteri istituzionali dell’Amministrazione, e non in sede giurisdizionale, a seguito di una istruttoria disposta dal giudice.

11.2 Da ciò consegue l’accoglimento del secondo motivo di appello principale, con esclusione dal totale dovuto delle somme “in istruttoria”, ovvero non ancora accertate.

11.3. Da ciò consegue ulteriormente che il terzo motivo di appello principale vada dichiarato improcedibile per difetto di interesse.

Esso infatti è volto a sostenere che, se pure si ritenesse la possibilità in generale di condannare l’Amministrazione a pagare somme “in istruttoria”, solo alcune fra esse, in sintesi, sarebbero riconoscibili.

L’appellante non ha infatti interesse alla decisione sul punto, una volta riconosciuto che per nessuna delle somme “in istruttoria” è possibile la condanna in questa sede.

12. È invece fondato e va accolto anche il primo motivo di appello principale nella sua seconda parte, che in buona sostanza fa rilevare un errore di calcolo commesso dalla sentenza di primo grado.

L’Amministrazione sostiene infatti che la voce corrispondente alle somme pagate per il servizio prestato dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2007, da portare in detrazione sull’accertato, sarebbe stata calcolata in sentenza in modo errato, ovvero considerando la somma di € 55.026.982,52 domandata in ricorso, in luogo della somma reale di € 56.529.367,24, risultante dopo i controlli del verificatore.

La mancata coincidenza fra le due cifre risponde infatti a verità come fatto storico, se si controlla la tabella a p. 145 della seconda relazione del verificatore Laghi;
si deve poi considerare attendibile la somma da questi calcolata, di € 56.529.367,24, dato che la relazione del verificatore è stata considerata attendibile nel suo complesso, senza che ciò sia stato messo in discussione dalle parti in questo grado di giudizio.

In tali termini, quindi, non è all’evidenza possibile ritenere la relazione stessa non attendibile per quella singola cifra, in mancanza di una motivazione espressa sul punto, che nella sentenza di I grado manca.

13. È a sua volta fondato il terzo motivo di appello incidentale, secondo cui sulle somme di cui alla condanna vanno riconosciuti gli interessi al tasso legale.

13.1. In proposito, l’appellante incidentale prospetta due ipotesi, l’una in via principale, l’altra in via subordinata.

In via principale, essa chiede infatti che le siano riconosciuti gli interessi al tasso di mora di cui al d. lgs. 9 ottobre 2002 n.231;
in via subordinata, che le siano riconosciuti gli interessi stessi al tasso legale, in entrambi i casi dalla domanda al pagamento effettivo (appello incidentale, p. 29 dal ventitreesimo rigo).

13.2. La domanda di interessi ai sensi del d. lgs. 231/2002 non può essere accolta.

La disposizione infatti è dettata, ai sensi dell’art. 1, in generale per ogni “ pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale ”, che il successivo art. 2 riporta alla categoria dei “ contratti ”, fra i quali, come chiarito dalla legge interpretativa 30 ottobre 2014, n. 161, sono compresi quelli relativi ai pubblici appalti di lavori, servizi o forniture.

Ad avviso del Collegio, tale disciplina non si può considerare applicabile anche ad un rapporto come quello per cui è causa, costituito per volontà di legge allo scopo di far fronte ad una situazione di eccezionale emergenza.

13.3. Non vi è invece ragione di non accogliere la domanda limitatamente agli interessi di mora nella misura legale, che per il principio generale dell’art. 1224 c.c. sono dovuti per tutti i crediti di somma di denaro.

14. Per il quarto ed ultimo motivo di appello incidentale, relativo al carico delle spese, si rimanda a quanto si dirà oltre, decidendo il capo di domanda relativo.

15. In conclusione, e riepilogando quanto sopra, in parziale accoglimento della domanda di primo grado (come conseguente alle precedenti statuizioni di accoglimento dei gravami), l’Amministrazione appellante principale va condannata a pagare alla appellante incidentale le somme corrispondenti agli importi riconosciuti dall’Amministrazione stessa per il servizio prestato per i periodi rispettivamente dal 16 dicembre 2005 al 31 dicembre 2006 e dal 1 gennaio 2007 al 31 dicembre 2007, nonché le somme corrispondenti agli importi sempre riconosciuti dall’Amministrazione stessa per lavori eseguiti dal 16 dicembre 2005 al 31 dicembre 2007, il tutto diminuito degli importi già pagati per ciascuno dei periodi a tal titolo, e maggiorato dei soli interessi legali dalla data della domanda al pagamento effettivo.

Si precisa che tale calcolo, così come ora viene dettagliato, comporta per implicito che nell’importo finale non si tiene conto delle somme relative al 2008, che - come si è sopra osservato - non sono comprese nella domanda proposta e dunque non rilevano nel presente giudizio.

Gli importi relativi sono quelli risultanti dalla seconda relazione del verificatore Laghi in primo grado, alla p. 145, e corrispondono del resto a quanto risulta per i titoli corrispondenti dalla sentenza impugnata ai §§ 6.3 e 4.11, con la sola rettifica sopra rilevata per la voce ‘pagamenti già effettuati’, quanto al servizio reso dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2007.

Le cifre sono allora pari:

a € 5.956.248 per il servizio prestato nel periodo dal 16 dicembre 2005 al 31 dicembre 2006 (€ 163.677.937,46 riconosciuti, meno € 157.612.217,38 pagati, meno ancora € 109.471,32 di anticipazioni già corrisposte);

a € 7.779.029,16 per il servizio prestato nel periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2007 (€ 64.308.396,40 riconosciuti, meno € 56.529.367,24 pagati);

a € 7.166.946,53 per i lavori eseguiti nel periodo dal 16 dicembre 2005 al 31 dicembre 2007 (€ 31.952.324,66 riconosciuti, meno € 24.785.378,13 pagati).

La somma delle tre cifre parziali conduce al totale di € 20.962.224,45 per somma capitale di cui al dispositivo, per il quale va appunto pronunciata la condanna, riducendosi in corrispondenza l’importo di cui alla condanna in primo grado.

Come detto, sull’importo come sopra determinato vanno infine riconosciuti gli interessi legali, dalla domanda al pagamento effettivo.

La condanna, sempre come detto, è a favore della sola ricorrente appellante incidentale, dato che essa, come è incontestato, ha assorbito per incorporazione l’altra ricorrente in primo grado, e quindi subentra per legge in tutte le ragioni di spettanza di quest’ultima.

Va ancora precisato che la somma capitale di cui sopra non tiene conto degli anticipi già corrisposti e dei pagamenti effettuati in conto somme richieste, ma non esaminate, per il servizio prestato e per i lavori svolti, per le quali la domanda di condanna non è stata accolta, così come sopra si è spiegato, somme che (si veda sempre la seconda relazione del verificatore Laghi in primo grado, alla p. 145) sono pari per il servizio prestato nel periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2007 a € 30.728.479,77 per anticipazioni e ad € 9.219.579,16 per pagamenti diretti, e per i lavori eseguiti nel periodo dal 16 dicembre 2005 al 31 dicembre 2007 a € 500.000 per anticipazioni.

Si tratta infatti di somme che l’amministrazione ha corrisposto imputandole, ai sensi com’è evidente dell’art. 1193 c.c., ad un conto diverso da quello relativo agli importi accertati, ovvero appunto agli importi ancora da accertare, e pertanto il relativo conguaglio dovrà essere eseguito nell’ambito della relativa procedura di accertamento, non rilevante e impregiudicata in questa sede.

16. La particolare complessità della controversia, sulla quale non constano precedenti editi negli esatti termini e la soccombenza reciproca sono giusto motivo per compensare per intero fra le parti le spese dell’intero giudizio.

Di conseguenza, va respinto il quarto ed ultimo motivo di appello incidentale con il quale, come sopra rilevato, l’appellata ha inteso far condannare l’amministrazione al pagamento integrale delle spese di giudizio.

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