Consiglio di Stato, sez. III, ordinanza collegiale 2019-10-03, n. 201906627

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, ordinanza collegiale 2019-10-03, n. 201906627
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201906627
Data del deposito : 3 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/10/2019

N. 00220/2019 REG.RIC.

N. 06627/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00220/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 220 del 2019, proposto da B M, B F, Z D, Z A, T M, quali eredi di Z L, Z L, rappresentati e difesi dall'avvocato M A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A P in Roma, via Nizza, 59;


contro

Agea - Agenzia per Le Erogazioni in Agricoltura non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter) n. 05473/2018.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2019 il Cons. Umberto Maiello e udito per l’appellante l’avvocato M A;


1. Gli appellanti, con il mezzo di gravame in epigrafe, chiedono la riforma della sentenza del Tar per il Lazio, sede di Roma, Sezione Seconda Ter, n. 5473/2018 con cui il giudice di prime cure ha respinto il ricorso proposto avverso la comunicazione Agea, denominata “ Regime quote latte – lista prelievo per acquirente – periodo 2006/2007 ”, inviata all’acquirente latte Cooperativa Agricola Nord Est Latte Soc. Coop. a r.l., nonché la comunicazione Agea dalla quale risulta la quantificazione del prelievo supplementare per il periodo 1 aprile 2006-31 marzo 2007 imputata alle aziende agricole ricorrenti, per una somma totale di euro 2.085.134,41.

2. Il giudice di prime cure, richiamando la propria pregressa giurisprudenza, ha ritenuto infondata la pretesa impugnatoria azionata in giudizio e, con essa, quella risarcitoria.

3. Gli odierni appellanti agiscono innanzi a questo Collegio onde ottenere la riforma della suddetta decisione, nonché per l’accoglimento delle istanze ed eccezioni già proposte in primo grado e per il risarcimento del danno, deducendo, a tali fini, i seguenti motivi di gravame:

A. Illegittimità della sentenza di primo grado per violazione dell’art. 73 cpa .

Il TAR avrebbe respinto il ricorso con una sentenza in forma semplificata muovendo dall’errato presupposto che le questioni sollevate fossero già state oggetto di approfondimento in altre pronunce dello stesso TAR, mentre le suddette pronunce, anche perché riferite ad esercizi diversi da quello qui in rilievo, sarebbero inconferenti. Per le suddette ragioni la sentenza impugnata sarebbe illegittima per l’assoluta inconferenza, contraddittorietà e genericità della motivazione rispetto ai motivi ed alle eccezioni puntualmente sollevate con il ricorso di primo grado;

B) Carenza assoluta di motivazione in riferimento al mancato accoglimento del motivo 1 del ricorso di primo grado ”.

B1) Gli appellanti, ribadendo l’inconferenza delle statuizioni compendiate nella decisione di primo grado, ritengono, viceversa, di aver documentalmente provato che AGEA, per calcolare il prelievo a carico dello Stato italiano e quindi dei produttori per il periodo 2006/07, ha utilizzato un quantitativo nazionale per le consegne ( pari a 10.224.998.687) diverso da quello assegnato in sede UE in base al reg. CE n. 507/2007 (e pari a 10.280.493,532) e dati di produzione nazionale del tutto inattendibili, per eccesso, con il risultato che il prelievo è stato illegittimamente calcolato, nel totale, in misura superiore a circa il 45/50% rispetto a quanto dovuto;

B2) già in base solo al primo dato, relativo al corretto quantitativo delle consegne, l’esubero nazionale sarebbe pari a 545.703.674 e di conseguenza il prelievo supplementare imputabile, calcolato moltiplicando l’esubero nazionale per l’importo unitario del prelievo pari a euro 0,2854 al chilogrammo, sarebbe di euro 155.743.828,55, anziché di 185 milioni di euro come indicato nella stessa tabella;

B3) gli appellanti contestano, altresì, il dato di produzione nazionale indicato da AGEA nella tabella di sintesi sopra richiamata (ton. 10.659.780), in quanto lo stesso si discosta di circa il 40% (per eccesso) rispetto al dato di produzione che risulta dalla banca dati ufficiale pubblicata attraverso il SIAN calcolato alla scadenza del termine (50 gg dalla consegna) di cui all’articolo 5 della legge 119/03 in cui si stabilizzano i dati produttivi (ton. 10.857.574), senza possibilità di ulteriori rettifiche;

B4) nel procedere alla compensazione tra le produzioni eccedentarie con le mancate produzioni ai sensi dell’art. 9 della legge n. 119/03 risulterebbe non considerato il corretto quantitativo di mancata produzione, pari complessivamente a 276.897 ton, mentre Agea avrebbe utilizzato il minor quantitativo di 229.592 ton (arrotondato), inferiore di ben 47.305 ton.;

B5) infine, il prelievo da riscuotere sarebbe stato ingiustificatamente aumentato del 5%, in netto contrasto con quanto previsto all’art. 3 del Reg. CE n. 1788/03, che fissa l’importo da versare alla UE nella misura pari al 99% del totale del prelievo dovuto;

C) Carenza, genericità, inconferenza, contraddittorietà, illogicità e comunque infondatezza della motivazione con cui il TAR per il Lazio – Roma, ha respinto i motivi 2, 3, 4, 5, 12.1 e 12.3 del ricorso d i primo grado.

C1) Gli appellanti lamentano il mancato accoglimento da parte del giudice di prime cure dei motivi di ricorso con cui si rileva la contrarietà al diritto comunitario ed alla Costituzione della previsione di cui all’art. 2 comma 2 della L. 204/2004, avendo il legislatore prima imposto l’obbligo del versamento mensile in capo agli acquirenti e poi incentrato le operazioni di riassegnazione dei quantitativi inutilizzati a favore dei produttori per i quali gli acquirenti avevano eseguito versamenti mensili;

C2) segnatamente, il contrasto con la disciplina comunitaria sussiste in quanto:

- ha previsto in capo agli acquirenti l’obbligo del versamento mensile, in contrasto con l’art. 11, n. 3, del Reg. 1788/03 che concede agli Stati membri di imporre solo una “trattenuta” in corso di periodo;

- per quantificare il prelievo in capo ai produttori, ha eseguito le operazioni di riassegnazione, a monte, dei quantitativi inutilizzati, non sulla base di “criteri obiettivi” riferiti ai produttori, ma sulla scorta di criteri discriminatori, favorendo, prioritariamente, la categoria dei produttori per i quali gli acquirenti avevano eseguito versamenti in corso di periodo;

- in questo modo ha utilizzato criteri di priorità del tutto illegittimi e diversi rispetto a quelli indicati dalla normativa comunitaria;

C3) l’art. 2, comma 3, D.L. n. 157/04 concretizzerebbe una vistosa violazione del principio costituzionale di uguaglianza e di non discriminazione, sancito anche all’art. 3 della Costituzione, poiché discrimina senza alcuna motivazione tra allevatori che hanno consegnato ad acquirenti che hanno effettuato i versamenti mensili, ritenuti “in regola”, i quali vengono “premiati” con la riassegnazione prioritaria dei quantitativi inutilizzati e pertanto si vedono confermare un prelievo ben inferiore ai loro esuberi produttivi, o addirittura, vengono del tutto esonerati dal prelievo, con conseguente restituzione di quanto versato mensilmente in eccesso dagli acquirenti, e produttori che hanno consegnato ad acquirenti che non hanno effettuato versamenti, cui peraltro non sono tenuti in base al diritto comunitario, che, essendo gli ultimi a partecipare alle operazioni di riassegnazione dei quantitativi inutilizzati, ne vengono di fatto esclusi e quindi sono assoggettati ad un prelievo pari al loro intero esubero produttivo;

D) Mancanza e/o carenza, inconferenza, genericità, contraddittorietà, illogicità e comunque infondatezza della motivazione con cui il TAR per il Lazio – Roma ha respinto i motivi 6 e 12.2, del ricorso di primo grado, ossia : “6. – Illegittimità comunitaria derivata per violazione del Trattato UE e comunque falsa applicazione dei Reg. CE n. 1788/03 e n. 595/04” “12. - Quadro sintetico dei profili di illegittimità comunitaria, costituzionale e comunque normativa degli atti amministrativi presupposti – eccesso di potere ”.

D1) Deducono gli appellanti che l’obiettivo principale del regime - come recita il 3° considerando del Reg. CE n. 1788/03, n.d.r. - è quello di ridurre il divario tra l’offerta e la domanda nel mercato del latte e dei prodotti lattiero-caseari e le conseguenti eccedenze strutturali per conseguire un migliore equilibrio del mercato …”. In vista di tale obiettivo gli Stati membri debbono essere ritenuti debitori della Comunità solo se nel periodo di riferimento viene superato il quantitativo globale garantito fissato per l’intera Comunità, come appunto disponeva il 4° ed il 5° considerando del Reg. CE n. 856/84. Del resto solo al superamento del quantitativo globale garantito fissato per l’intera Comunità si producono gli effetti negativi che la Comunità ha cercare di correggere con l’introduzione del regime delle quote latte: pertanto, poiché per il periodo 2006/07 la produzione europea nella sua totalità non ha superato il quantitativo globale garantito (risulta infatti un saldo negativo di 1.966.732), allora nessuno Stato membro avrebbe dovuto versare alcunché a titolo di prelievo. Gli appellanti lamentano che il prelievo risulta loro imposto poiché si presuppone superato il QGG assegnato allo Stato italiano, ma la Comunità avrebbe dovuto confermare la multa all’Italia solo se fosse stato superato il quantitativo globale garantito fissato per l’intera comunità, cosa che non è avvenuta;

D2) il regime delle quote latte risulta in contrasto con gli artt. 32 (ex 38) e 33 (ex 39) del Trattato, anche alla luce della normativa comunitaria che regolamenta le produzioni D.O.P. (in particolare Reg. CE n. 2081/92 e successive modificazioni ed integrazioni) e le produzioni biologiche (in particolare Reg. CE n. 2092/91 e successive modificazioni ed integrazioni), che vengono a subire un gravissimo danno dal contingentamento della produzione nel settore;

E) Carenza, inconferenza, genericità, contraddittorietà, illogicità e comunque infondatezza della motivazione con cui il TAR per il Lazio – Roma, ha respinto i motivi n. 7 e 8 del ricorso di primo grado, ossia : “7. – Illegittimità comunitaria propria e derivata per violazione e falsa applicazione dei Reg. CEE n. 3950/92 e 536/93 e successive modifiche ed integrazioni (Reg. CE n. 1788/2003, Reg. CE n. 595/2004 e Reg. CE n. 607/07) – Illegittimità derivata per illegittimità dei QRI assegnati per il periodo 2006/2007 (e precedenti) – Violazione e falsa applicazione della normativa comunitaria e nazionale per mancato conteggio delle effettive quantità di latte prodotto e commercializzato in Italia nel periodo 2006/2007 nonché comunque per violazione degli artt. 3 e segg. e 7 segg. della L. n. 241/90, mancanza di motivazione e violazione del procedimento tipizzato per la compensazione nazionale – Eccesso di potere” “8. - Illegittimità comunitaria propria e derivata per violazione e falsa applicazione dei Reg. C E E n. 3950/92, 536/93,1265/99,1932/91,1788/03, 595/04 e 607/07 per: - imputazione di prelievo supplementare sulla base di leggi italiane contrastanti con il diritto comunitario;
- imputazione di prelievo supplementare su dati assegnati retroattivamente;
- mancata disapplicazione della normativa interna in materia – Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e segg. e 7 e segg. L. n. 241/90 - Eccesso di potere
”.

E1) Lo Stato italiano, nel corso degli anni, non avrebbe rettificato i QRI a seguito di controlli, come sostenuto dal TAR, ma avrebbe semplicemente assegnato agli allevatori i QRI in forma retroattiva a distanza di anni dall’inizio del regime;

E2) inoltre, in Italia, i ridetti “controlli” non vi sarebbero mai stati, o sarebbero comunque sempre stati assolutamente carenti, con conseguente incertezze sui quantitativi di latte prodotto, dovendo pertanto ritenersi gli atti impugnati in contrasto con il principio di proporzionalità;

F) Carenza, inconferenza, genericità, contraddittorietà, illogicità e comunque infondatezza in fatto ed in diritto della motivazione con cui il TAR per il Lazio – Roma ha respinto genericamente gli ulteriori motivi di ricorso, svolti sub n. 9, n. 10, n. 11 e n. 12 del ricorso di primo grado, ossia : “ 9 . Violazione e falsa applicazione dei Reg. CEE 3950/92 e 536/93 e successive modifiche ed integrazioni nonché degli artt. 3 e segg. e 7 e segg L. n. 241/90 per mancata comunicazione ai produttori dell’importo del prelievo supplementare, assoluta carenza di motivazione, violazione di procedimento tipizzato e comunque mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.” 10. - Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e segg. e 7 e segg. L. n. 241/90;
dell’art. 13 del Reg. CE 595/2004 - Eccesso di potere” “11. – Illegittimità per violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165 per incompetenza relativa – Eccesso di potere” “12. - Quadro sintetico dei profili di illegittimità comunitaria, costituzionale e comunque normativa degli atti amministrativi presupposti – eccesso di potere
”.

F1) Gli appellanti ribadiscono che gli atti impugnati risulterebbero adottati in violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento e non sarebbero sorretti da conferente motivazione;

F2) gli atti impugnati sarebbero privi degli elementi essenziali previsti ex lege (soggetto, oggetto, volontà, forma, motivazione), nonché (in particolare gli allegati, sulla base dei quali risultano gli importi da versare a titolo di prelievo), di sottoscrizione e di riferibilità ad AGEA;

F3) mentre ai sensi dell’art. 13 del Reg. 595/2004 è previsto che il prelievo venga “notificato” ai produttori, gli atti impugnati sarebbero irritualmente giunti a mezzo di semplice raccomandata a.r.

F4) gli atti impugnati risulterebbero emanati da un organo interno di AGEA incompetente ai sensi dell’art. 5 dello Statuto della medesima Agenzia.

4. Gli appellanti hanno, altresì, proposto istanze di rinvio alla Corte di Giustizia e di rimessione alla Corte Costituzionale, nonché istanze istruttorie.

4.1. La parte intimata non si è costituita in giudizio.

5. Tanto premesso, rileva il Collegio che, con ordinanza n. 2437 del 15 aprile 2019, la Sezione ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale: “ Se, in una fattispecie quale quella descritta, l’art. 16 del regolamento CEE n.595/2004 osti ad una previsione nazionale, quale quella di cui all'articolo 9 del decreto legge n.49/2003 in combinato disposto con l’art. 2, comma 3, del decreto legge del 24 giugno 2004, n. 157, che ha previsto quale criterio per l’individuazione della categoria prioritaria cui restituire il prelievo indebitamente imputato, quello del regolare versamento mensile da parte dell’acquirente ”;

5.1. La suddetta questione, attualmente pendente al n. C -377/19 del registro ricorsi della CGUE, è rilevante per la decisione del presente giudizio.

5.2. Ne discende che, nelle more di siffatta decisione, può disporsi la sospensione cd. “impropria” del presente giudizio, come da consolidata giurisprudenza (cfr. da ultimo Cds, III Sezione, n. 2830 del 2.5.2019).

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