Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-06-23, n. 201403184

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-06-23, n. 201403184
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201403184
Data del deposito : 23 giugno 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10234/2011 REG.RIC.

N. 03184/2014REG.PROV.COLL.

N. 10234/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10234 del 2011, proposto da:
E S S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. G M R, I V ed A M, con domicilio eletto presso l’avv. G M R in Roma, via del Foro Traiano n. 1/A;

contro

Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura – AGEA – e Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

e con l'intervento di

ad adiuvandum :
Federazione Lavoratori Agro-Industria CGIL, rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Cardarelli e Filippo Lattanzi, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Cardarelli in Roma, via G. Pierluigi da Palestrina n. 47;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II TER n. 09467/2011, resa tra le parti, concernente diniego svincolo di fidejussione – ristrutturazione industria dello zucchero – aiuti comunitari;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista l’ordinanza collegiale 12 aprile 2012 n. 2083;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2014 il Cons. Angelica Dell'Utri e uditi per le parti gli avvocati Mozzati, Roberti e Vigliotti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I.- E S s.p.a. è impresa saccarifera che ha aderito al piano comunitario di ristrutturazione dell’industria dello zucchero, presentando al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali domanda di concessione per l’aiuto integrale, corredata dal piano di ristrutturazione degli stabilimenti interessati prevedente lo smantellamento di tutti gli impianti legati alla linea produttiva, ma il mantenimento di taluni silos di stoccaggio a lungo termine e gli impianti di confezionamento, in quanto utilizzati non per la produzione dello zucchero, bensì per le attività di confezionamento e commercializzazione dello zucchero prodotto in altri stabilimenti o da altre imprese. La domanda è stata ritenuta ammissibile dal Ministero, che a suo tempo ha trasmesso copia del piano alla Commissione europea. L’impresa ha presentato annualmente le proprie relazioni ed ha proceduto allo smantellamento. La commissione ministeriale di controllo ha dato riscontro positivo alle relazioni annuali ed a quella finale, tanto che ha affermato di non aver riscontrato inadempienze o irregolarità rispetto al piano di ristrutturazione approvato. A seguito di visita degli ispettori europei è stata riscontrata la presenza di silos ed impianti di confezionamento.

In data 3 febbraio 2010 si è tenuta la riunione bilaterale tra Commissione e Stato membro ai sensi dell’art. 11, paragrafo 2, terzo comma del Regolamento C.E. n. 885/2006, in cui il rilievo circa il mantenimento dei manufatti in questione è stato discusso ed i Servizi della Commissione hanno “preso nota delle informazioni fornite dai delegati italiani”, concludendo nel senso che “Non è necessario discutere ulteriormente su questo punto”.

Tuttavia con nota 15 marzo 2011 n. 2095 il Ministero ha comunicato ad E S che, a seguito dell’indagine effettuata nel mese di settembre 2010, i revisori della Commissione hanno riscontrato l’esistenza di silos presso alcuni stabilimenti dismessi, formalizzando i relativi rilievi con nota Ares n. 922678 del 9 dicembre 2010. In particolare, hanno ritenuto che il mantenimento dei silos non sia conforme ai regolamenti C.E. nn. 320/2006 e 968/2006 ai fini dell’ammissibilità a tasso pieno dell’aiuto, implicante il completo smantellamento di tutti i manufatti direttamente connessi alla produzione, quali appunto i silos da considerarsi come “direttamente connessi alla produzione dello zucchero” (in quanto “impianti di imballaggio” di cui all’art. 4, paragrafo 1, lett. c) del cit. regolamento C.E. n. 968/2006). Lo stesso Ministero ha inoltre comunicato di non condividere la posizione dei revisori e di aver formulato controdeduzioni, ma qualora la Commissione non dovesse modificare detta posizione, si concreterebbe l’orientamento al riconoscimento dell’aiuto parziale.

Poi con nota 22 marzo 2011 n. 328 l’AGEA ha diffidato E S a procedere allo smantellamento totale mediante la completa dismissione dei silos entro il termine dettato dal regolamento comunitario (30 settembre 2011, poi 31 marzo 2012), nonché ha comunicato di non poter svincolare le cauzioni presentate dall’impresa a garanzia degli impegni assunti, stante la raccomandazione “all’Italia di non rilasciare nessuna ulteriore cauzione alle imprese interessate”, formulata dalla Commissione europea e ribadita dal Ministero con nota 2 marzo 2011 n. 1732.

II.- Con ricorso e successivi motivi aggiunti, proposti davanti al TAR per il Lazio, sede di Roma, E S ha impugnato la nota

AGEA

22 marzo 2011 n. 328, la nota ministeriale 2 marzo 2011 n. 1732 ed ogni atto connesso, compresa ove occorra la nota ministeriale 15 marzo 2011 n. 2095, nonché la nota

AGEA

24 maggio 2011 n. 225, con cui è stato richiesto alla società di assicurazione di prorogare di sei mesi le polizze fideiussorie della ricorrente.

Con sentenza 1° dicembre 2011 n. 9467 della sezione seconda ter il TAR ha accolto solo parzialmente il ricorso, ossia unicamente nella parte intesa ad ottenere lo svincolo parziale della cauzione in corrispondenza dell’aiuto per smantellamento parziale, dunque con esclusione della quota differenziale. Sono stati invece respinti i motivi di ricorso intesi a sostenere che lo “smantellamento totale” degli impianti di produzione, dante luogo ad aiuto maggiore rispetto a quello relativo allo “smantellamento parziale”, non comprenda la demolizione dei silos di stoccaggio in quanto connessi alla diversa fase di commercializzazione (e non di produzione).

In sintesi, il Tribunale amministrativo ha ritenuto che l’appena riferita tesi di fondo della ricorrente, oltre a non rispecchiare la ratio della normativa europea, contrasta con l’interpretazione letterale e sistematica delle relative disposizioni, alla stregua delle quali gli impianti di produzione comprendono pure quelli che, nell’ambito del sito produttivo, erano utilizzati nelle fasi immediatamente successive alla produzione come lo stoccaggio e l’imballaggio, consentendo il mantenimento di tali ultimi impianti solo se destinati a essere utilizzati per altre produzioni o altri usi del sito industriale.

Circa il profilo della lesione del legittimo affidamento, dedotto in relazione al fatto che la Commissione nulla ha contestato inizialmente, ma solo nel 2010 dopo la visita dei siti in quello stesso anno da parte dei funzionari comunitari, ha osservato che l’approvazione del piano compete allo Stato membro e la trasmissione alla Commissione non prevede una fase di controllo sulle determinazioni assunte a livello locale, bensì solo la successiva fase di verifica degli adempimenti previsti ai fini dell’erogazione dell’aiuto;
comunque, il principio dell’affidamento non può essere di ostacolo all’applicazione effettiva delle previsioni della normativa comunitaria.

Quanto all’istanza di rinvio alla Corte di giustizia dell’Unione europea, ha affermato che la corretta applicazione del diritto comunitario è così evidente da non lasciare adito a ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione sostanziale controversa, quindi non v’è motivo per sollevare questione pregiudiziale.

Infine, ha altresì respinto il motivo volto a far valere la non ripetibilità delle spese riconosciute in favore della ricorrente prima del 9 dicembre 2008, non essendo chiaro il momento di erogazione delle somme e, comunque, non risultando avviata alcuna procedura di recupero.

III.- Con atto inoltrato per la notifica il 20 dicembre 2011 e depositato il 22 seguente E S s.p.a. ha appellato detta sentenza 1° dicembre 2011 n. 9467.

Premesso, tra l’altro, che la vertenza si incentra sull’interpretazione della nozione di “smantellamento completo” contenuta nei citati regolamenti CE, illustrata detta normativa, nonché le misure nazionali attuative, e descritta la vicenda, a sostegno dell’appello ha dedotto:

1.- Error in judicando . Difetto ed erroneità della motivazione della sentenza gravata, travisamento dei fatti, illogicità, contraddittorietà. Omessa pronuncia.

1.1.- Sul primo motivo: Violazione degli artt. 3, 4 e 5 del Regolamento (CE) del Consiglio n. 320/2006 e del Regolamento (CE) della Commissione n. 968/2006. Violazione dell’art. 3, legge n. 241/1990. Errore sui presupposti. Difetto di istruttoria.

1.2.- Sul secondo motivo del ricorso introduttivo: Violazione artt. 3, 4 e 5, Regolamento (CE) n. 320/2006. Violazione Regolamento (CE) n. 968/2006. Violazione artt. 1 e 3, legge n. 241 del 1990. Violazione principio del legittimo affidamento e di certezza del diritto. Contraddittorietà.

1.3.- Sul terzo motivo del ricorso introduttivo: Violazione artt. 3, 4 e 5, Regolamento (CE) n. 320/2006. Violazione Regolamento (CE) n. 968/2006. Violazione artt. 1 e 3, legge n. 241/1990. Violazione principio del legittimo affidamento e di certezza del diritto. Contraddittorietà.

1.4.- Sul quarto motivo del ricorso introduttivo: Violazione art. 22, Regolamento (CE) Commissione n. 968/2006. Violazione artt. 1 e 3, legge n. 241/1990. Violazione art. 2 d.m. 15/2/2007.

1.5.- Sul quinto motivo del ricorso introduttivo: Violazione art. 31, Regolamento (CE) del Consiglio 21/6/2005, n. 1290. Violazione art. 26, Regolamento (CE) della Commissione 27/6/2006, n. 968. Violazione artt. 1 e 3, legge n. 241/1990. Difetto di istruttoria. Contraddittorietà.

1.6.- Sul sesto motivo del ricorso introduttivo:

1.- Sul rinvio pregiudiziale.

2.- Sui poteri cautelari che la giurisprudenza europea riconosce a un giudice nazionale investito di una vicenda quale quella in esame.

1.7.- Sul settimo motivo aggiunto: Invalidità derivata della nota Agea 24/5/2011.

Con memoria del 17 gennaio 2012 ha insisto in ispecie sulla domanda cautelare formulata nell’atto introduttivo;
la domanda è stata accolta con ordinanza 20 gennaio 2012 n. 236.

IV.- Con memoria del 3 marzo 2012 il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e l’AGEA, ripercorsa la vicenda ed esposte difese, hanno anch’essi richiesto la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

In data 13 marzo 2012 le Organizzazioni sindacali indicate in epigrafe hanno depositato atto di intervento ad adiuvandum , notificato lo stesso giorno.

V.- All’udienza del 23 marzo 2012 la Sezione, ritenuto che per la risoluzione della controversia non potesse prescindersi, essendo il Consiglio di Stato giurisdizione di ultima istanza, dalla sospensione del giudizio e sottoposizione alla Corte di giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267, co. 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (T.F.U.E) (già art. 234 del Trattato C.E.), le seguenti questioni pregiudiziali, emerse nel corso del giudizio e rilevanti ai fini decisori, di interpretazione e validità degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione europea:

“a) se gli articoli 3 e 4 del regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio del 20 febbraio 2006 e l’articolo 4 del regolamento (CE) n. 968/2006 della Commissione del 27 giugno 2006 vadano interpretati nel senso che la locuzione “impianti di produzione” non comprende gli impianti utilizzati dalle imprese saccarifere per l’attività di packaging dello zucchero ai fini della sua commercializzazione che, pertanto, nel caso di impianti quali silos sia necessario espletare un’analisi caso per caso per verificare se gli impianti medesimi siano connessi alla “linea di produzione” ovvero siano connessi ad altre attività, diverse dalla produzione, quali il packaging ;

b) in subordine, se, rispetto agli articoli 3 e 4 del regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio del 20 febbraio 2006 ed alle superiori norme e principi del diritto primario europeo, l’articolo 4 del regolamento (CE) n. 968/2006 della Commissione del 27 giugno 2006 sia invalido ove interpretato nel senso di includere, tra gli impianti di cui al paragrafo 1, anche quelli utilizzati dalle imprese saccarifere per l’attività di packaging dello zucchero ai fini della sua commercializzazione, essendo evidente che la finalità perseguita dal regolamento n. 320/2006 è quella di dismettere la capacità produttiva dell’impresa saccarifera e non quella di precludere la possibilità di operare nel settore della mera commercializzazione del prodotto, utilizzando zucchero ottenuto a valere sulle quote di produzione di pertinenza di altri impianti o imprese;

c) in ulteriore subordine, se, comunque, gli articoli 3 e 4 del regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio del 20 febbraio 2006 e l’articolo 4 del regolamento (CE) della Commissione del 27 giugno 2006 siano validi alla stregua delle superiori norme e principi del diritto primario europeo, ove interpretati nel senso di includere nella nozione di “impianti di produzione” o “direttamente connessi alla produzione” quelli utilizzati dalle imprese saccarifere per l’attività di packaging dello zucchero ai fini della sua commercializzazione”.

Con ordinanza 12 aprile 2012 n. 2083 ha perciò rimesso alla Corte di giustizia dell’Unione europea dette questioni pregiudiziali interpretative e di validità, disponendo, nelle more della decisione, la sospensione del giudizio.

VI.- In esito alla rimessione, con sentenza 14 novembre 2013 resa nelle cause riunite da C-187/12 a C-189/12 la Prima Sezione della Corte di giustizia, con riguardo ai quesiti predetti, ha stabilito quanto segue:

a): “Gli articoli 3 e 4 del regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio, del 20 febbraio 2006, relativo a un regime temporaneo per la ristrutturazione dell’industria dello zucchero nella Comunità e che modifica il regolamento (CE) n. 1290/2005 relativo al finanziamento della politica agricola comune, e l’articolo 4 del regolamento (CE) n. 968/2006 della Commissione, del 27 giugno 2006, recante modalità di applicazione del regolamento n. 320/2006, devono essere interpretati nel senso che, ai loro fini, la nozione di “impianti di produzione” comprende i silos destinati allo stoccaggio dello zucchero del beneficiario dell’aiuto, a prescindere se questi siano utilizzati anche per altri usi. Non rientrano in tale nozione né i silos utilizzati unicamente per lo stoccaggio di zucchero, prodotto entro quota, depositato da altri produttori o acquistato da questi ultimi, né quelli utilizzati solamente per il confezionamento o l’imballaggio di zucchero ai fini della sua commercializzazione. Spetta al giudice nazionale valutare caso per caso, tenendo conto delle caratteristiche tecniche o del vero uso che è fatto dei silos di cui trattasi”;

b) e c): l’esame delle questioni “non ha evidenziato alcun elemento atto a inficiare la validità degli articoli 3 e 4 del regolamento n. 320/2006 e dell’articolo 4 del regolamento n. 968/2006”.

VII.- Con istanza del 24 gennaio 2014 E S ha chiesto la fissazione d’udienza.

In date 12 e 21 febbraio 2014 le parti principali hanno depositato documenti.

In data 3 marzo 2014 le Organizzazioni sindacali intervenienti e parte appellante hanno prodotto memorie con le quali hanno – in estrema sintesi - evidenziato come, anche alla stregua della predetta sentenza e mediante esame “caso per caso”, il mantenimento dei tre silos dello stabilimento di Russi sia coerente con i requisiti previsti per la concessione dell’aiuto integrale, non potendo gli stessi silos considerarsi “impianti di produzione” in quanto ad esclusivo servizio del reparto di confezionamento, che tratta solo zucchero sfuso prodotto altrove.

L’appello è passato in decisione all’udienza pubblica del 3 aprile 2014.

VIII.- Ciò posto, alla stregua dell’esposto esito delle questioni pregiudiziali interpretative e di validità fornito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in ordine alla normativa comunitaria in discussione (ampiamente riportata nella citata ordinanza di rimessione, alla quale si fa rinvio), dev’essere disattesa la già ricordata tesi di fondo ribadita dall’appellante in questa sede, dovendosi invece escludere che, di per sé, i silos riutilizzati per la commercializzazione dello zucchero prodotto entro quota altrove dallo stesso o altro produttore possano perciò stesso non essere inclusi (in quanto non rientranti tra gli impianti propriamente connessi alla produzione) nello “smantellamento completo” dante luogo al relativo aiuto integrale.

Alla sopra riportata soluzione dei quesiti la Corte è infatti pervenuta osservando quanto segue:

a.- In ordine all’interpretazione degli artt. 3 e 4 del regolamento di base (CE) n. 320/2006 del Consiglio del 20 febbraio 2006 e dell’art. 4 del regolamento di applicazione (CE) n. 968/2006 della Commissione del 27 giugno 2006:

a.1.- nella nozione di “produzione” possono essere ricomprese fasi a monte o a valle del processo chimico o fisico di trasformazione, quali lo stoccaggio dello zucchero, non diversamente dallo stoccaggio delle barbabietole da zucchero;

a.2.- avuto riguardo al contesto generale ed agli obiettivi della normativa esaminata, ogni impianto la cui utilizzazione sia idonea a influire sulla quantità dello zucchero producibile va considerato, di regola, un impianto di produzione rispetto al quale sussiste l’obbligo di smantellamento;

a.3.- la realizzazione sul sito di uno zuccherificio di un silo determina il processo di produzione, poiché tale processo è concepito in funzione della disponibilità e della vicinanza dello stoccaggio;
ed il silo, ove abbia capacità eccedente la produzione della normale campagna di commercializzazione, da solo o con altri silos dello stesso produttore, consente di trasformare tutto il raccolto anche nel caso in cui superi la vendita prevista per quell’esercizio, cioè incide direttamente sulle quantità di zucchero producibili e sui processi di produzione, consentendo di differire in tutto o in parte la vendita del prodotto di una data campagna e, così, di incidere sul mercato comunitario;

a.4.- poiché la normativa in parola parte manifestamente dal postulato che, di regola, ai fini della concessione dell’aiuto integrale la facoltà di non smantellare e riutilizzare gli impianti non di produzione, conservando il diritto al detto aiuto integrale, essa va interpretata in senso stretto, sicché “è evidente che un silo destinato allo stoccaggio delle zucchero del beneficiario dell’aiuto deve essere considerato come un impianto di produzione, e ciò indipendentemente dalla circostanza che sia utilizzato pure per altri usi”;

a.5.- al contrario, può non essere smantellato il silo “per il quale sia dimostrato che per ragioni tecniche o commerciali non serve allo stoccaggio della produzione di zucchero del beneficiario dell’aiuto e che sia impiegato unicamente per lo stoccaggio di zucchero, prodotto entro la quota, depositato da altri produttori o acquistato presso questi ultimi”, ovvero che “serva esclusivamente al confezionamento o all’imballaggio di zucchero prodotto altrove entro la quota”;

a.6.- conclusivamente, spetta al giudice nazionale valutare caso per caso se un silo, per le sue caratteristiche tecniche o il vero uso che ne è fatto, costituisca o meno impianto di produzione.

b.- In ordine alla validità della stessa normativa alla luce delle norme superiori e dei principi del diritto primario dell’Unione e, segnatamente, dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento (con riguardo agli impianti di stoccaggio, mentre la questione non si pone con riguardo agli impianti di confezionamento, non costituenti di per sé impianti di produzione):

b.1.- quanto al principio di proporzionalità, da un lato il produttore che rinunci alla quota di produzione attribuita ad una delle sue fabbriche, che smantelli il grosso degli impianti di produzione e che “continui” ad utilizzare il silo per lo stoccaggio che produce in altri siti industriali “non ha, di norma, diritto all’aiuto alla ristrutturazione stante il divieto, stabilito dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento di base, di utilizzare gli impianti di produzione non smantellati per la fabbricazione di prodotti rientranti nell’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero” (punto n. 40 della sentenza della Corte);
dall’altro lato, per lo smantellamento totale il medesimo produttore avrebbe diritto all’aiuto integrale alla ristrutturazione, ancorché l’onere finanziario supplementare comportato dallo smantellamento del silo rappresenterebbe solo una parte esigua dei costi complessivi di smantellamento;

b.2.- il principio di proporzionalità richiede che gli atti dell’Unione non superino i limiti di quanto idoneo e necessario agli scopi legittimi perseguiti dalla normativa e, laddove sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si ricorra alla misura meno restrittiva e gli inconvenienti causati non siano sproporzionati rispetti agli scopi stessi;
peraltro, stante l’ampio potere discrezionale del legislatore dell’Unione in materia di politica agricola, solo il carattere manifestamente inidoneo di un provvedimento in materia, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale provvedimento, sicché “si tratta di sapere non se il provvedimento adottato dal legislatore fosse il solo o il migliore possibile, ma se esso fosse manifestamente inidoneo”;

b.3.- nella specie, il regime di ristrutturazione si fonda sulla partecipazione volontaria dei produttori, mirando (considerando 5 del regolamento di base) ad introdurre un incentivo economico per indurre le imprese meno produttive ad abbandonare la produzione entro quota, dunque consente al produttore di decidere liberamente se intende fruire dell’aiuto, di scegliere la fabbrica per la quale rinunciare alla quota corrispondente e se optare per lo smantellamento totale o per quello parziale, sicché il beneficio che può trarre dalla ristrutturazione dipende in gran parte dalle sue stesse scelte;
e sotto tale profilo “la normativa in esame (…) non è sproporzionata”;

b.4.- quanto al principio di parità di trattamento, vigente anche nell’ambito della politica agricola ed espressione del principio generale di uguaglianza (secondo cui situazioni analoghe non devono essere trattate in modo dissimile e situazioni diverse non devono essere trattate nello stesso modo a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato), la conclusione di cui innanzi sulla proporzionalità della normativa può essere riferita anche alla verifica dell’osservanza del principio di parità di trattamento;

b.5.- se, infatti, può sorgere dubbio per la concessione indifferenziata di un uguale importo di aiuto alla ristrutturazione per tonnellata di quota rinunciata sia se il produttore abbia un silo da smantellare, sia che non l’abbia e perciò non debba sopportare spese di smantellamento, rispetto al predetto obiettivo dell’aiuto le situazioni di entrambi i produttori “sono del tutto simili nella misura in cui il numero delle tonnellate di quota rinunciata sia identico”;

b.6.- atteso che i costi diretti della demolizione del silo sono solo una piccola parte dei costi totali di smantellamento del sito, il legislatore dell’Unione, nell’esercizio dell’ampia discrezionalità di cui gode in materia di politica agricola comune, “non risulta aver adottato (…) una misura manifestamente inadeguata all’obiettivo perseguito, ossia ridurre la produzione di zucchero per riequilibrare il mercato interno” laddove non ha previsto che l’importo forfettario dell’aiuto per tonnellata di quota rinunciata vari a seconda che la fabbrica designata dal produttore per lo smantellamento disponga o meno di silo;

b.7.- tale conclusione non è inficiata dal fatto che il costo reale dello smantellamento del silo possa essere molto più elevato, potendo essere ricostruito ad un costo molto maggiore di quello della demolizione, atteso che una tale ricostruzione con impiego del silo per la produzione dello zucchero sarebbe incompatibile con l’obbligo di cessare definitivamente in tutto o in parte la produzione mediante gli impianti di produzione pertinenti (artt. 3, par. 3, lett. a, e 4, lett. a, del regolamento di base).

IX.- Tanto premesso, è evidente che, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante nel primo motivo, la normativa di cui si discute, la quale non si pone in contrasto con gli invocati principi di proporzionalità e di parità di trattamento, consente la permanenza dei silos solo in via di eccezione ed in ben ristretti casi;
quindi occorre verificare se, con riferimento al periodo di attività produttiva dello zuccherificio (particolarmente significativo è, in proposito, il cit. punto n. 40 della sentenza della Corte), per i tre silos dello stabilimento di Russi, qui in discussione, sia dimostrato che ricorressero a suo tempo singolarmente e di fatto le condizioni che ne ora consentirebbero l’esenzione dallo smantellamento;
condizioni che, per quanto ben chiarito dalla Corte di giustizia, consistono nella pregressa utilizzazione, per ragioni tecniche o commerciali, dell’impianto di stoccaggio esclusivamente per zucchero prodotto entro quota altrove, sia dallo stesso produttore che da altri produttori e da loro depositato o venduto, ossia nell’utilizzazione del silo nell’ambito della sola commercializzazione e non della produzione intesa nei sensi espressi dalla stessa Corte, unicamente in tal caso potendosi escludere il silo dal novero degli impianti di produzione da smantellare per mantenere il diritto all’aiuto integrale.

Risulta dalla relazione peritale del giugno 2011 prodotta in giudizio da E S il 21 febbraio 2014, che i silos nn. 1 e 2 venivano utilizzati per ricevere dall’esterno (senza, peraltro, che sia precisata la provenienza) lo zucchero di colore superiore a 3 punti CEE destinato ad essere mescolato con quello prodotto nello zuccherificio di Russi, di colore inferiore a 3 punti, per permettere “di produrre per tutto l’anno lo zucchero a rapida solubilità con denominazione commerciale ‘Zeffiro’, zucchero raffinato, per il quale la norma fissa per il colore in soluzione un valore massimo di 3 punti CEE”, concludendosi nel senso che “i sili presenti nel sito devono essere considerati al servizio del confezionamento per consentire una gestione di questa attività sia durante la campagna, per quanto riguarda lo zucchero prodotto in sito e ricevuto dall’esterno, sia nel periodo di fuori campagna per quanto riguarda il trattamento di zucchero proveniente a vario titolo dall’esterno” (cfr. segnatamente pagg. 5, 6 e 7).

Non v’è dubbio, pertanto, che non risultano provate le anzidette condizioni, i tre silos integrandosi e concorrendo alla realizzazione anche fuori campagna del prodotto finale da avviare successivamente al confezionamento, quindi rientrano a pieno titolo tra gli impianti di produzione e devono essere dismessi ai fini dell’ottenimento del contributo integrale, diversamente dal caso in cui i silos 1 e 2 fossero stati impiegati solo per stoccare zucchero proveniente dall’esterno da avviare direttamente al confezionamento.

Non senza dire che del medesimo zucchero proveniente dall’esterno è indimostrata l’esclusiva provenienza da altri siti dello stesso o altri produttori con produzione entro quota.

X.- Circa il secondo motivo, riferito alla nota

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