Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-07-27, n. 202206616

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-07-27, n. 202206616
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202206616
Data del deposito : 27 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/07/2022

N. 06616/2022REG.PROV.COLL.

N. 08185/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8185 del 2016, proposto da
L L, nella qualità di erede di R L, rappresentato e difeso dall'avvocato V P, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Cavour, n. 17;

contro

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Etruria Meridionale, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 04012/2016, resa tra le parti, che ha respinto il ricorso (R.G. 2106/2004) promosso da Leombruni Romano contro il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, nonché della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Etruria Meridionale, per chiedere l'annullamento della nota emessa da quest'ultima in data 18.12.2003 (protocollo n° 4870), con la quale era stata rigettata la richiesta di rilascio del nulla osta ex art. 13 L. 28.2.1985 n. 47 (art. 36 D.P.R.

6.6.2001 n. 380), per ottenere la concessione in sanatoria (accertamento di conformità) delle seguenti opere abusive, realizzate in violazione dell'art. 7 della Legge 47/1985, e precisamente un capannone agricolo, con annesso W.C., ubicato sopra un piano seminterrato preesistente (costruito antecedentemente al 1958) per complessivi mc. 493.7, ubicato in Cerveteri, Località Boietto, particella 418, foglio 49.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo;

Visti tutti gli atti della causa;

Viste le conclusioni delle parti, come da verbale;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 2 maggio 2022 il Cons. A F e rilevato che nessuno è comparso per le parti costituite in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l’utilizzo della piattaforma “ Microsoft Teams ”;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Leombruni Romano impugnava il parere negativo reso in data 18.12.2003 dalla Soprintendenza archeologica per l’Etruria meridionale, relativamente alla richiesta di concessione in sanatoria presentata al Comune di Cerveteri il 30 maggio 2003, ai sensi dell’art. 13 della l. n. 47 del 1986 ( art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001), successivamente alla notifica, il 22.4.2003, del provvedimento di demolizione da parte del Comune di Cerveteri delle opere abusive.

Il ricorrente aveva edificato, in assenza di concessione edilizia, sopra un locale interrato, un capannone, in acciaio con tamponature di pannelli prefabbricati in muratura tinteggiata, nonché tetto a due falde, avente un’altezza alla gronda di 4,05 mt. e una cubatura complessiva di mc. 484,50, avente uguale superficie (mq. 67,98), in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ex art. 146 del d.lgs. 490 del 1999 e a vincolo archeologico, ai sensi della legge n. 1087 del 1939, in base al D.M. 17.12.1957, e sottoposta a tutela dal P.T.P. n. 2 litorale Nord.

2. Il 30 maggio 2003, R L depositava al Comune di Cerveteri la predetta domanda per il rilascio di concessione in sanatoria ex art. 13 legge n. 47/1985, inoltrando, altresì, richieste di rilascio di nulla osta agli enti preposti alla tutela dei vincoli, Regione Lazio e la Soprintendenza Archeologica per il Lazio.

3. In data 4 luglio 2003, la Regione Lazio rilasciava il nulla-osta paesaggistico sottoposto alle seguenti condizioni: “ il manufatto venga mascherato con piantumazione di alberature tipiche dei luoghi;
il Comune verifichi la legittimità del piano interrato;
verifichi che il manufatto non contrasti con la legge regionale n. 8 del 2003;
vengano acquisiti altri pareri se necessari
”.

4. In data 18 dicembre 2003, la Soprintendenza archeologica per l’Etruria meridionale rendeva parere negativo con riferimento alla richiesta di rilascio di concessione in sanatoria sulla base del rilievo che l’opera, per le sue dimensioni, non era compatibile con l’importanza dell’area archeologica che “ abbraccia necropoli etrusche di età arcaica, ville romane e fattorie tardo antiche ”.

5. R L contestava la legittimità del predetto parere, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 20 e 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 , in relazione agli artt. 23 e 24 del d.lgs. n. 490 del 1999, nonchè eccesso di potere per carenza di adeguata motivazione e/o illogicità e perplessità della stessa, erronea valutazione dei fatti, mancanza di idonei parametri di riferimento, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta. Il ricorrente eccepiva l’illegittimità del provvedimento negativo impugnato in quanto la Soprintendenza non aveva correttamente valutato che i resti archeologici si trovavano ad una certa distanza dal manufatto e, comunque, tutta l’area di Cerveteri era già urbanizzata.

6. Il Tribunale adito, con sentenza n. 4012 del 2016, respingeva il ricorso, ritenendo che “la valutazione della rilevanza archeologica della specifica area in cui insiste il manufatto è stata già effettuata al momento di emanazione del decreto di vincolo. Trattandosi quindi di area sottoposta a vincolo archeologico, alcun rilievo può avere la distanza (peraltro, secondo quanto affermato nel ricorso di centinaia di metri) dai resti archeologici, in quanto la valutazione di rilevanza archeologica dell’area è stata già integralmente compiuta al momento di emanazione del decreto di vincolo”. Il giudice di prima istanza evidenziava, inoltre, che stante l’ampio margine di discrezionalità della Soprintendenza nell’operare le sue valutazioni “ nel caso di specie, non appare illogica o irragionevole o in contrasto con le risultanze fattuali, la valutazione operata della Soprintendenza in relazione anche solo alle dimensioni rilevanti del manufatto (quasi 500 metri cubi) e alla tipologia dei materiali adoperati (lamiera posta su un precedente piano seminterrato in muratura)”.

7. L L, nella qualità di erede di R L deceduto in data 16.10.2010, ha proposto appello, denunciando: a) ‘Genericità, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione resa dal T.A.R. per erronea equiparazione di fattispecie completamente diverse’ , ovvero quella dell’iter amministrativo diretto ad apporre e/o istituire il vincolo idrogeologico (e comunque anche vincoli di altra natura) in una determinata zona, finalizzati all’esercizio del potere di controllo, rispetto alla successiva e conseguente azione amministrativa di concreto esercizio del potere di controllo;
b) ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 20 e 36 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 (già art. 13 della legge 28.2.1985, n. 47) in relazione agli artt. 23 e 24 del d.lgs. 29.10.1990, n. 490. Eccesso di potere per carenza di adeguata motivazione e/o illogicità e perplessità della stessa, nonché erronea valutazione dei fatti’ ;
c) ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 20 e 36 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 (già art. 13 della legge 28.2.1985, n. 47) in relazione all’art. 12 della l. 7.8.1990, n. 241 e agli artt. 23 e 24 del d.lgs. 29.10.1999, n. 490. Eccesso di potere per mancanza di idonei parametri di riferimento, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta.

8. Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo si è costituito in resistenza.

9. All’udienza pubblica del 2 maggio 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

10. Con il primo motivo si denuncia genericità, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione resa dal giudice di prima istanza nella sentenza impugnata, per erronea equiparazione di fattispecie completamente diverse, quella dell’ iter amministrativo diretto ad apporre e/o istituire il vincolo archeologico in una determinata zona, finalizzato all’esercizio del potere di controllo, rispetto alla successiva e conseguente azione amministrativa di concreto esercizio del potere di controllo.

Si argomenta che la prima sarebbe contraddistinta da un’ampia discrezionalità della pubblica amministrazione nell’individuare e vincolare l’area che si intende tutelare, sicchè la qualificazione della stessa di interesse archeologico è astrattamente idonea a limitare la pretesa del privato di apporre il vincolo sul proprio terreno, ancorchè sullo stesso non siano stati ancora ritrovati reperti.

Al contrario, nel momento in cui l’amministrazione concretamente esercita il potere di controllo, deve necessariamente individuare e specificare, nel relativo atto amministrativo in cui si manifesta, quale sia il bene archeologico danneggiato e non fare un mero richiamo all’esistenza del vincolo o all’affermazione di generica incompatibilità.

L’atto impugnato conterrebbe una motivazione generica, che non consentirebbe di individuare quale sia l’effettivo bene che si intende tutelare e conservare. Invero, secondo l’esponente, la zona coinvolta nella controversia sarebbe edificabile, e la presenza di siti archeologici sarebbe pressochè inesistente, essendo state censite solo piccolissime “aree di frammenti” a centinaia e centinaia di metri di distanza. Ne consegue che, nella specie, non essendo individuati i beni archeologici da tutelare, esistendo gli stessi come mere entità ideali, il sacrificio che si chiede al privato di non costruire su un’area edificabile sarebbe del tutto ingiustificato e sproporzionato rispetto al bene che si vorrebbe tutelare, ma che le stesse norme istitutive del vincolo archeologico, nei fatti, consentirebbero di distruggere.

11. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 20 e 36 del D.P.R.

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