Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-07-03, n. 201403355

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-07-03, n. 201403355
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201403355
Data del deposito : 3 luglio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06777/2010 REG.RIC.

N. 03355/2014REG.PROV.COLL.

N. 06777/2010 REG.RIC.

N. 06778/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6777 del 2010, proposto da:
Centro Finanziamenti s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv. M S, E M, con domicilio eletto presso E M in Roma, via Ippolito Nievo, 61 scala D;

contro

Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro p ro tempore , Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Parma e Piacenza;
Direzione
regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia-Romagna, Dipartimento per i beni culturali e paesaggistici del Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore ,rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Marchetti Andreana, Lillo Ettore, Lillo Maria Angela;



sul ricorso numero di registro generale 6778 del 2010, proposto da:
L M C, L G, rappresentate e difese dagli avv. E M, M S, con domicilio eletto presso E M in Roma, via Ippolito Nievo, 61 scala D;

contro

Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Parma e Piacenza;
Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia-Romagna, Dipartimento per i beni culturali e paesaggistici del Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Marchetti Andreana, Lillo Ettore, Lillo Maria Angelo;

per la riforma, quanto al ricorso n. 6777 del 2010, della sentenza del T.a.r. Emilia-Romagna - Sez. Staccata di Parma, Sezione I n. 18/2010, e, quanto al ricorso n. 6778 del 2010, della sentenza del T.a.r. Emilia-Romagna - Sez. Staccata di Parma n. 00020/2010, resa tra le parti, concernente imposizione di vincolo di tutela indiretta su terreni circostanti la "Villa Serena", in Piacenza.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali, della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Parma e Piacenza;
della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia-Romagna, del Dipartimento per i beni culturali e paesaggistici del Ministero per i beni e le attività culturali, ;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2014 il Cons. S D F e uditi per le parti gli avvocati S e l'avvocato dello Stato P P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, l’attuale appellante Centro Finanziamenti s.r.l. agiva per l’annullamento del decreto n.787 dell’8 agosto 2006 della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Emilia-Romagna, impositivo di un c.d. vincolo di tutela indiretta – o meglio, di prescrizioni di tutela indiretta - ai sensi dell’art. 45 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 ( Codice dei beni culturali e del paesaggio ) su terreni circostanti la Villa Serena in Piacenza, ivi inclusa l’area di proprietà della stessa società (fg.46 mapp.223 del catasto terreni): decreto adottato per tutelare l’integrità dei complessi architettonici, qualificati come beni culturali e denominati “Villa Serena già Scribani e pertinenze” e “Fondo Fratesca” e le loro condizioni di prospettiva, luce, visibilità, cornice ambientale e decoro.

La società ricorrente, proprietaria di area inclusa tra quelle interessate dalle dette prescrizioni, deduceva l’illegittimità del decreto lamentando: falsità del presupposto che non era stata ancora realizzata in loco la bretella stradale voluta dal Comune di Piacenza per risolvere le problematiche di viabilità, mentre l’arteria di comunicazione era già aperta al traffico;
omessa valutazione delle caratteristiche dell’area di proprietà, anche in ragione della destinazione non agricola;
spostamento di opera pubblica da tempo ultimata;
illogicità e sproporzionatezza dell’estensione del vincolo a un raggio maggiore di 500 metri nonostante in precedenza si era rilevato che 200 metri sarebbero stati sufficienti a salvaguardare decoro e prospettiva del bene di interesse storico-artistico e nonostante le specifiche osservazioni presentate dal precedente proprietario sull’inesistenza di reali interferenze con la veduta della villa e con lo stradello di accesso;
omessa valutazione delle osservazioni e ponderazione degli interessi coinvolti;
estensione del vincolo in modo tanto rigoroso e inflessibile da apparire più vincolo diretto che indiretto;
illogicità e assenza di motivazione;
esercizio sviato del potere.

Il giudice di primo grado respingeva il ricorso ritenendolo infondato con la sentenza n.18 del 2010.

In relazione alle doglianze che coinvolgevano le prescrizioni relative alla bretella di raccordo, la sua sentenza affermava il difetto di legittimazione del ricorrente a sollevare questioni attinenti all’opera pubblica;
riteneva ammissibili solo le censure relative alle limitazioni alla edificazione all’area di proprietà, che comunque respingeva ritenendo che: 1) non sussiste la dedotta contraddittorietà, in quanto il limite dei 200 metri era riferito alla specifica ubicazione della strada comunale e non alla estensione della fascia di rispetto; 2) alle osservazioni dei privati proprietari l’amministrazione ha puntualmente replicato, essendo pienamente esaustiva la serie di ragioni contenute nella relazione tecnico-scientifica allegata al decreto di vincolo, in disparte la regola secondo cui non sussiste a rigore obbligo di puntuale motivazione sulle osservazioni degli interessati; 3) l’appartenenza dell’area a un unitario contesto territoriale così individuato rendeva lo stesso assoggettato al regime di vincolo, prescindendo da ostacoli alla visibilità dell’area; 4) la qualificazione come agricolo dell’intero comparto è stata data sulla base dell’effettivo stato dei luoghi oltre che della loro vocazione; 5) è da rigettare la censura di non aver tenuto conto del sacrificio del diritto di proprietà, in quanto è evidente che la tutela della cornice ambientale ha come effetto tale compressione; 6) era da rigettare la censura che si sarebbe introdotto un vincolo di tutela diretta sul bene, in quanto in realtà è stata considerata solo la cornice ambientale da assoggettare a tutela, in coerenza con la natura di vincolo indiretto; 7) non sussiste incoerenza rispetto al parere reso in data 23 settembre 2005 dal Comitato Tecnico-Scientifico per i beni architettonici e paesaggistici, che aveva suggerito l’adozione di forme di tutela indiretta senza fissare però parametri rigidi, devoluti alla competente Sovrintendenza; 8) non sussistono estremi di macroscopica incongruenza o illogicità rispetto alla natura di vincolo indiretto, il quale non ha un contenuto prescrittivo tipico, ma richiede che di volta in volta sia individuate le disposizioni da adottare al fine della conservazione e fruibilità del bene.

Analoga sentenza veniva emessa dal giudice di primo grado in pari data (sentenza 14 gennaio 2010, n.20) ad esito della stessa udienza (15 dicembre 2009) sul ricorso di due proprietarie similmente incise dal medesimo provvedimento (n.787 dell’8 agosto 2006).

Avverso tali sentenze n.18 e n.20 del 2010 emesse dal Tribunale amministrativo dell’Emilia-Romagna, Sezione staccata di Parma, propongono appello la stessa Centro Finanziamenti s.r.l. e le signore L M C e L G, deducendo quanto segue e in sostanza riproponendo i motivi già proposti e respinti in primo grado: 1) il vincolo è stato disposto sul falso presupposto che la situazione di fatto sulla quale esso era destinato ad incidere fosse completamente diversa dalla realtà e non contemplasse ancora la bretella stradale;
c’è difetto di istruttoria anche per l’ignoranza dell’esistenza di un distributore di carburante;
sono state trascurate le caratteristiche topografiche e morfologiche e la destinazione non agricola dell’area;
è erroneo ravvisare un difetto di legittimazione a ricorrere avverso gli atti concernenti un’opera pubblica, in quanto non ci si duole delle prescrizioni concernenti la bretella stradale in sé ma in relazione all’illegittimo decreto di vincolo, che si basa su una percezione di visibilità e di Villa Serena non reale; 2) erroneità della sentenza per non aver ravvisato difetto di istruttoria e motivazione, in quanto in precedenza la Soprintendenza aveva ipotizzato solo una fascia di tutela indiretta per evitare l’alterazione dei luoghi nello spazio immediatamente adiacente (contraddizioni rilevate dal primo giudice con la sentenza n.309 del 2010 - in realtà n.309 del 2007 - che aveva accolto il ricorso del Comune di Piacenza), nonché omessa motivazione in ordine al ripensamento avvenuto dal 2005 al 2006 e in ordine alle varie osservazioni sollevate dal dante causa dell’appellante, 3) erroneità nel non considerare che l’area ha destinazione urbanistica edificatoria ed eccesiva rigidità del vincolo che prescrive l’inedificabilità assoluta; 4) erroneità nel non ravvisare un eccesso di potere per sviamento, avendo il vincolo in sostanza natura di vincolo diretto piuttosto che indiretto; 5) erroneità nel non ritenere sussistere il difetto di istruttoria, in quanto l’area assoggettata a vincolo è molto ampia, si estende ben oltre la bretella e comprende anche l’area edificabile appartenente alle parti appellanti; 6) sviamento di potere, in quanto la Sovrintendenza, in sostanza soccombente nei confronti del Comune circa la bretella stradale, oramai realizzata, quasi a ripiego ha imposto un vincolo indiretto dai connotati così incongrui.

L’appellante ha depositato una memoria con la quale, ribadendo le sue difese, ha richiamato la sentenza di quel Tribunale amministrativo n.309 del 2010 (in realtà del 2007) sull’intensità del vincolo;
ribadisce in sintesi che il vincolo indiretto è a tutela di un monumento ( Villa Serena ) anche su terreni che sono oltre la bretella stradale, la quale è stata legittimamente realizzata a una congrua distanza dal monumento, e che interrompe fisicamente la continuità dell’area circostante la Villa;
il vincolo indiretto ricomprende terreni in una presunta area omogenea, pur essendo tali terreni esterni all’opera stradale che la definisce e la limita.

Si sono costituite le appellate amministrazioni statali chiedendo il rigetto degli appelli.

Alla udienza pubblica del 10 giugno 2014 le due cause sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

1.In via preliminare, si riuniscono gli appelli indicati in epigrafe, per ragioni di connessione in parte soggettiva e in parte oggettiva.

Pur trattandosi di ricorsi proposti da diversi soggetti, entrambi i giudizi hanno ad oggetto lo stesso decreto n.787 dell’8 agosto 2004, con cui la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Emilia-Romagna ha imposto il c.d. vincolo indiretto – o meglio, prescrizioni di tutela indiretta - ai sensi dell’art. 45 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 ( Codice dei beni culturali e del paesaggio ) su un’ampia area vicino Piacenza, circostante “Villa Serena già Scribani e pertinenze” e “Fondo Fratesca” , beni culturali, che include le proprietà delle due appellanti, le quali in buona sostanza ripropongono simili censure.

2.I motivi di appello ripropongono temi di censura già proposti e respinti in primo grado.

In sintesi, i due appelli deducono l’erroneità della sentenza per le seguenti ragioni: 1) eccesso di potere per difetto di istruttoria;
perché si riteneva che la situazione di fatto fosse completamente diversa dalla realtà e non contemplasse ancora la bretella stradale;
difetto di istruttoria per l‘ignoranza dell’esistenza di un distributore di carburante;
mancata considerazione delle osservazioni dei privati;
pretermissione delle caratteristiche topografiche e morfologiche e della destinazione non agricola dell’area;
errore nel ravvisare un difetto di legittimazione a ricorrere contro gli atti concernenti un’opera pubblica, doglianza relativa al vincolo e non all’opera pubblica, il vincolo si basa su una percezione di visibilità e percezione di Villa Serena non reale; 2) difetto di istruttoria e motivazione, in quanto in precedenza la Sovrintendenza aveva ipotizzato solo una fascia di tutela indiretta volta a evitare l’alterazione dei luoghi nello spazio immediatamente adiacente (contraddizioni rilevate dal primo giudice con la sentenza n.309 del 20007 (non già del 2010, come riferiscono gli appelli)), e omessa motivazione in ordine al mutamento di valutazione avvenuto dal 2005 al 2006 e in ordine alle osservazioni sollevate dai privati, 3) eccesso di potere e difetto di istruttoria poiché l’area in questione ha destinazione urbanistica edificatoria e eccesiva rigidità del vincolo, che prescrive l’inedificabilità assoluta; 4) eccesso di potere per sviamento, avendo il vincolo natura sostanziale di vincolo diretto piuttosto che indiretto; 5) difetto di istruttoria, in quanto l’area assoggettata a vincolo è molto ampia, si estende ben oltre la bretella e comprende anche l’area edificabile appartenente alla appellante; 6) sviamento di potere, in quanto la Soprintendenza, soccombente sulle posizioni che hanno riguardato la bretella, oramai realizzata, quasi come ripiego impone un vincolo indiretto dai connotati così incongrui.

I motivi sono tutti infondati.

3. E’ infondato il motivo di appello con cui si lamenta l’arbitraria estensione della fascia di inedificabilità perché eccessivamente estesa e perché in contraddizione con la precedente determinazione della stessa Soprintendenza, che la limitava a metri duecento, con cui si lamenta che tale ripensamento non sarebbe stato fornito di adeguata motivazione.

La nota dell’Amministrazione 9 febbraio 2005 aveva genericamente rimesso all’Autorità competente il compito di “[…] valutare l’ipotesi di una fascia circostante di tutela indiretta, volta ad evitare l’alterazione dei luoghi nello spazio immediatamente adiacente […] ” alla Villa Serena e pertanto non vi era stata una già presa decisione sulla delimitazione ai richiamati duecento metri.

In quella sede, il limite dei duecento metri era stato riferito alla specifica ubicazione della strada comunale (distanza tra la strada e la Villa Serena , evidentemente) e alle particolari caratteristiche di un’opera che, per essere al livello del piano di campagna (come osserva l’invocata sentenza n.309 del 2007, di accoglimento del ricorso del Comune di Piacenza), aveva un carattere invasivo, dal punto di vista della visibilità del bene culturale, di portata oggettivamente minore di altre (la strada comunale, infatti, “non sembra precludere o danneggiare la visuale della Villa o alterare le condizioni di ambiente e di decoro”) .

D’altra parte, come riferiscono le appellanti, la richiamata sentenza n.309 del 2007 del Tribunale amministrativo dell’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, ha riguardato soltanto il c.d. stradello, il cui terreno era stato anch’esso assoggettato al vincolo indiretto, che il giudice con quella sentenza stimò in parte qua illegittimo per contraddittorietà tra differenti valutazioni nel tempo e per l‘imposizione di prescrizioni illogiche, se dirette a modificare un’opera già nel frattempo realizzata.

Una tale contraddittorietà e mancanza di motivazione adeguata non si ravvede invece qui, in relazione alle altre aree interessate, anche tenendo apunto conto che, come osserva il primo giudice, quell’opera aveva un carattere oggettivamente meno invasivo delle altre sul godimento visivo del bene protetto in via principale.

A tali osservazioni e circostanze, che distinguono con nettezza il profilo inerente la strada comunale dalle prescrizioni stabilite per le altre aree, ben evidenziate dal primo giudice nelle sentenze n.18 e 20 del 2010, oggetto di gravame, gli appelli non controdeducono adeguatamente.

Pertanto si deve concludere che non vi è stata alcuna contraddittorietà dell’Amministrazione, ravvisata dagli appelli, almeno con riguardo alla identificazione, in base alle riservate valutazioni di discrezionalità tecnica, dell’estensione dell’ambito di rispetto. Non rileva, in tale contesto, né l’avvenuta realizzazione e definizione di un’opera pubblica nei paraggi (invero non contestata in quanto tale dagli appellanti, che invece deducono che, nel corso dell’istruttoria, della realizzazione di tale opera non sia stata data adeguata considerazione), né l‘eventuale presenza di un distributore di carburanti.

Tali circostanze particolari, da sole considerate, non rilevano né come impedimenti al vincolo di rispetto né per giustificarlo (fermo poi il noto principio per cui eventuali degradi di zona rendono più stringenti le esigenze di tutela, piuttosto che attenuarle: su cui v. Cons. Stato, VI, 4 giugno 2010, n. 3556;
12 luglio 2011, n. 4196;
3 luglio 2012, n. 3893).

4.I motivi degli appelli sono altresì infondati in relazione al dovere di adeguata motivazione e alla pretesa di risposta puntuale e completa alle osservazioni dei privati.

Infatti, è giurisprudenza che il dovere di esame delle memorie prodotte dall’interessato a seguito della comunicazione di avvio del procedimento non comporta la confutazione analitica delle allegazioni presentate dall’interessato, purché il provvedimento finale sia corredato da una motivazione che renda nella sostanza percepibili le ragioni del mancato adeguamento dell’azione amministrativa a quelle osservazioni. Onere questo che è stato adempiuto (v., tra le altre, Cons. Stato, VI, 7 gennaio 2008 n. 17 e 11 aprile 2006 n. 1999). L’amministrazione, nell'adottare un provvedimento, non è tenuta a riportare il testo integrale delle deduzioni del potenziale destinatario, essendo sufficiente che le valuti nel loro complesso o per questioni omogenee (Cons. Stato, VI, 3 luglio 2012, n. 3893 sul c.d. vincolo indiretto).

Nella fattispecie, il decreto n.787 dell’8 agosto 2006 è corredato da relazione tecnico-scientifica , che motiva lungamente l’imposizione e la conferma del vincolo risalente al 1937.

In questa relazione si afferma: “l’area circostante la Villa Serena già Scribani e la Corte Fratesca è situata nella zona ovest della città di Piacenza […] ed è sostanzialmente compresa tra la strada comunale della Gragnana, la strada comunale della Fabbriana, la via Einaudi e la via Veggioletta. Questo comprensorio agricolo costituisce la naturale cornice ambientale, paesaggistica e di rispetto delle emergenze architettoniche sopra citate […] il territorio in questione si presenta attualmente come una vasta area agricola, caratterizzata dalla presenza al suo interno delle due emergenze storiche e architettoniche della Villa Serena già Scribani e della Corte Fratesca e, per la restante parte, da alcuni edifici rurali a carattere residenziale e produttivo insieme, e da vasti appoderamenti agricoli, destinati principalmente a seminativo. L’area di rispetto così individuata si presenta quindi nel suo complesso assai uniforme ed omogenea, connotata dal reticolo delle capezzagne e dalle canaline di scolo che partiscono gli appoderamenti, garantendo buone condizioni ambientali, di luce e visuale prospettica dei complessi architettonici esistenti, già dichiarati di particolare interesse […] l’assetto morfologico dell’area, elemento caratteristico del paesaggio padano prossimo all’asta fluviale del Po, conserva ancora un’impronta storicamente significativa del paesaggio agrario di quella zona di Piacenza, e un buon orizzonte prospettico delle emergenze storico-architettoniche presenti in quel contesto territoriale, al momento attuale non compromessa da significativi interventi di nuove edificazioni.

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