Consiglio di Stato, sez. V, ordinanza collegiale 2016-06-13, n. 201602515

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, ordinanza collegiale 2016-06-13, n. 201602515
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201602515
Data del deposito : 13 giugno 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02292/2016 REG.RIC.

N. 02515/2016 REG.PROV.COLL.

N. 02292/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 2292 del 2016, proposto dal dott. M B, rappresentato e difeso dall’avvocato A G O, con domicilio eletto presso la segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;


contro

Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, Consiglio di Stato, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;
Presidente della Repubblica, Presidenza del Consiglio di Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri;

nei confronti di

dott. S G C;

per la riforma

dell’ordinanza cautelare del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE II, n. 423/2016, resa tra le parti, concernente un diniego di scorrimento della graduatoria degli eletti al consiglio di presidenza della giustizia amministrativa


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa e del Consiglio di Stato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2016 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati A G O e Gianna Maria De Socio per l’Avvocatura generale dello Stato;


Premesso in fatto:

- il consigliere di tribunale amministrativo regionale dott. M B ha chiesto al Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa di subentrare nell’organo di autogoverno in sostituzione della d.ssa Linda Sandulli, decaduta dalla carica per dimissioni il 17 novembre 2015, attraverso lo scorrimento della graduatoria risultante dalle elezioni tenutesi il 13 aprile 2013, in virtù della sua posizione di primo dei non eletti per la componente dei magistrati in servizio presso i tribunali amministrativi regionali, nel cui ambito era stata invece eletta la d.ssa Sandulli;

- l’istanza del dott. B è stata respinta dal Consiglio di presidenza con delibera adottata nella seduta del 4 dicembre 2015, comunicata con nota del segretario di prot. n. 25100 del 18 dicembre successivo;

- a base del rigetto è stata posta la circostanza che in seguito alle modifiche introdotte dal d.lgs. 7 febbraio 2006, n. 62 (“Modifica della disciplina concernente l’elezione del Consiglio di presidenza della Corte dei conti e del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, a norma dell’articolo 2, comma 17, della legge 25 luglio 2005, n. 150”) alla legge di ordinamento della giurisdizione amministrativa 27 aprile 1982, n. 186, il sistema elettorale dell’organo di autogoverno non prevede più che i componenti venuti a mancare prima della scadenza naturale siano sostituiti con i non eletti, attraverso lo scorrimento della graduatoria nel corrispondente gruppo elettorale, ma con membri eletti all’esito di apposite elezioni suppletive;

- il dott. B ha impugnato questi provvedimenti con ricorso proposto davanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – sede di Roma, nel quale ha formulato plurime censure di incostituzionalità nei confronti delle modifiche introdotte nel 2006, instando per la sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati;

- nelle more è stato avviato il procedimento elettorale previsto dalla normativa introdotta nel 2006, con l’indizione delle elezioni suppletive per il giorno 13 marzo 2016 (decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 10 del 22 gennaio 2016);

- quindi, all’esito della camera di consiglio del 28 gennaio 2016 il Tribunale amministrativo adito ha respinto l’istanza cautelare con l’ordinanza in epigrafe, impugnata dal dott. B con il presente appello ex art. 62 cod. proc. amm., in cui sono riproposte le censure di incostituzionalità già articolate nel ricorso originario e giudicate manifestamente infondate dal giudice di primo grado;

- si sono costituiti in resistenza all’appello il Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa e il Consiglio di Stato.

Considerato in diritto:

- non può innanzitutto essere accolta l’istanza cautelare formulata dal dott. B in via principale, e cioè la sospensione dell’efficacia dei provvedimenti impugnati al fine di un loro riesame « tenendo conto del quadro normativo esistente anteriormente all’entrata in vigore della norma sospettata di incostituzionalità » (così nelle conclusioni dell’appello);

- con questa richiesta viene sollecitata la disapplicazione in via amministrativa di norme di legge vigenti a scopo di tutela di un interesse pretensivo, ed in particolare al fine di ottenere in via interinale la modifica della composizione del Consiglio di presidenza, il quale - a quanto riferito dai difensori delle parti in camera di consiglio - risulta attualmente costituito nella sua pienezza, dopo che all’esito delle elezioni suppletive tenutesi il 13 marzo 2016 è stato immesso nella carica lasciata dalla d.ssa Sandulli il consigliere di tribunale amministrativo dott. S G C, odierno controinteressato (cui l’appello è stato ritualmente notificato);

- pertanto, in seguito alla ricomposizione dell’organo di autogoverno devono essere ritenute prevalenti le esigenze di assicurare la stabilità delle sue deliberazioni;

- inoltre, a fronte della medesima circostanza la domanda cautelare appare trascendere il limitato ambito di controllo diffuso di costituzionalità esercitabile a fini meramente cautelari dal giudice amministrativo (Cons. Stato, Ad. plen., ord. 20 dicembre 1999, n. 2);

- può invece essere accolta l’istanza del dott. B di rimettere alla Corte Costituzionale la questione di illegittimità costituzionale delle modifiche che il d.lgs. n. 62 del 2006 ha apportato al sistema elettorale previsto per l’organo di autogoverno della giurisdizione amministrativa, nei termini di seguito precisati;

- diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale amministrativo, questa Sezione ritiene infatti non manifestamente fondate, oltre che rilevanti, le censure di violazione dell’art. 76 Cost., per eccesso del citato decreto legislativo del 2006 rispetto alla legge di delegazione sulla cui base è stato emanato, 25 luglio 2005, n. 150, (“Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza, della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico”);

- come sopra accennato, i sospetti di incostituzionalità dell’odierno appellante si indirizzano al meccanismo di sostituzione dei consiglieri elettivi venuti a mancare prima della scadenza naturale dell’organo di autogoverno;

- per questa ipotesi, nel testo originario della legge di ordinamento n. 186 del 1982 era previsto lo scorrimento tra gli « appartenenti al corrispondente gruppo elettorale che seguono gli eletti per il numero dei suffragi ottenuti » (comma 4 dell’art. 7, relativo alla « Composizione del consiglio di presidenza »);

- questa norma è stata quindi abrogata dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 62 del 2006;

- la modifica è stata disposta in pretesa attuazione della delega contenuta nell’art. 2, comma 17, lett. c), della citata legge n. 150 del 2005, avente ad oggetto « la modifica della disciplina dell’articolo 10 della legge 13 aprile 1988, n. 117, e dell’articolo 9 della legge 27 aprile 1982, n. 186 », e quale principio direttivo (in particolare per la modifica dell’art. 9 della legge n. 186, che qui rileva in via esclusiva): « prevedere che per l’elezione dei magistrati componenti elettivi del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ciascun elettore abbia la facoltà di votare per un solo componente titolare e un solo componente supplente »;

- sennonché, nell’attuare la delega di cui alla citata legge n. 150 del 2005, e così introdurre il principio della preferenza unica (« Ciascun elettore può votare per un solo componente titolare e per un solo componente supplente »), l’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 62 del 2006 ha anche introdotto le elezioni suppletive « tra i magistrati appartenenti al corrispondente gruppo elettorale per designare, per il restante periodo, il sostituto del membro decaduto o dimessosi », così riformulando il comma 3 dell’art. 9 della legge n. 186 del 1982 (relativo alla « Elezione del consiglio di presidenza e proclamazione degli eletti »), e disponendo « conseguentemente » l’abrogazione del citato art. 7, comma 4, della medesima legge di ordinamento;

- oltre alla delega contenuta nel citato art. 2, comma 17, lett. c), ai fini della delibazione della questione di costituzionalità sollevata dal dott. B rileva anche il successivo comma 18, il quale prevede che ai fini dell’esercizio della medesima delega « si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 6 dell’articolo 1 »;

- a loro volta, i commi dell’art. 1 della legge n. 150 richiamati da quest’ultima disposizione prevedono:

a) che le disposizioni contenute nei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega divengono efficaci dal novantesimo giorno successivo a quello della loro pubblicazione (comma 2);
.

b) la delega al Governo ad adottare, « entro i centoventi giorni successivi all’acquisto di efficacia delle disposizioni contenute in ciascuno dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega (…) i decreti legislativi recanti la disciplina transitoria, se necessaria, le norme eventualmente occorrenti per il coordinamento dei medesimi con le altre leggi dello Stato e l’abrogazione delle norme divenute incompatibili » (comma 3, come modificato dalla legge 24 ottobre 2006, n. 269, “Sospensione dell'efficacia nonché modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario”).

c) la disciplina del procedimento di approvazione dei decreti delegati (comma 4);

d) la delega al Governo, da attuare con la medesima procedura, per emanare « disposizioni correttive », entro due anni dalla data di acquisto di efficacia di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega (comma 6);

- tutto ciò precisato, il punto decisivo ai fini del giudizio di non manifesta infondatezza demandato a questo giudice consiste nello stabilire se, da un lato, la regola delle elezioni suppletive per i consiglieri venuti a mancare prima della scadenza naturale e, dall’altro lato, lo scorrimento in favore dei non eletti della graduatoria risultante dalle elezioni per il rinnovo dell’organo di autogoverno, si pongano rispetto al principio della preferenza unica introdotto per quest’ultimo dalla legge di delegazione, rispettivamente, quale regola necessaria al coordinamento con le altre leggi dello Stato e quale norma divenuta incompatibile e quindi da abrogare;

- con riguardo al coordinamento « con le altre leggi dello Stato », deve innanzitutto rilevarsi che esso sottende all’esigenza di armonizzare queste ultime con il principio della preferenza unica introdotto ex novo , in modo da rendere coerente la complessiva disciplina ed evitare possibili contraddizioni, aporie, illogicità ed incongruenze che possano compromettere l’attuazione pratica della modifica legislativa;

- si tratta di un’esigenza immanente allorché per interventi di riforma di ampiezza e complessità del tipo di quello attuato con legge n. 150 del 2005 (peraltro principalmente nei confronti della magistratura ordinaria, come si evidenzierà infra ), il Legislativo faccia ricorso allo strumento della delega al Governo ex art. 76 Cost.;

- il coordinamento deve quindi intendersi riferito alle integrazioni e correzioni direttamente imposte dalle modifiche alla materia che il decreto delegato è destinato ad introdurre, ma non può essere invece inteso nel senso di consentire al Governo di esprimere ulteriori opzioni di politica legislativa, pena altrimenti l’alterazione degli equilibri fissati dalla Costituzione tra i due poteri titolari della funzione di indirizzo politico generale, che nel citato art. 76 della Carta fondamentale si traducono nell’obbligo che in sede di legge di delegazione siano delimitati l’oggetto ed il tempo della delega, e inoltre che individuati i principi ed i criteri direttivi cui attenersi nel relativo esercizio;

- l’abrogazione delle disposizioni incompatibili è quindi una diretta conseguenza del coordinamento, rappresentandone lo strumento necessario per eliminare tutte le contraddizioni normative cui poc’anzi si accennava, che un intervento riformatore potrebbe introdurre nel tessuto dell’ordinamento giuridico;

- non a caso è prassi ormai consolidata che per riforme del genere di quello poco sopra descritto le deleghe siano plurime, ed in particolare che oltre a quella relativa all’oggetto della legge delega sia prevista, in successione, l’emanazione di ulteriori disposizioni integrative e correttive, necessarie per « apportare modifiche di dettaglio al corpo delle norme delegate sulla base anche dell’esperienza o di rilievi ed esigenze avanzate dopo la loro emanazione, senza la necessità di far ricorso ad un nuovo procedimento legislativo parlamentare » (Corte Cost. 26 giugno 2001, n. 206);

- rispetto a questo paradigma il caso oggetto del presente giudizio presenta tuttavia alcune peculiarità;

- infatti, come sottolineano le amministrazioni resistenti, stante il suo oggetto limitato, la delega per l’introduzione della preferenza unica per l’organo di autogoverno della giurisdizione amministrativa « non necessitava certamente di alcun periodo di verifica né del decorso di ulteriore tempo, e, soprattutto, dell'emanazione di ulteriori decreti delegati atti a disciplinare un aspetto così marginale e di dettaglio rispetto alla complessiva disciplina elettorale » (pag. 6 della memoria costitutiva);

- sulla base di questa notazione si può certamente convenire con le stesse amministrazioni circa il fatto che nessuna illegittimità di tipo procedimentale è configurabile per il fatto, invece stigmatizzato dall’appellante, che la delega per le norme di coordinamento non è stata esercitata dal Governo in modo diacronico, ma contestualmente alla modifica del sistema elettorale del Consiglio di presidenza;

- infatti, la necessità di coordinare sul piano sostanziale la normativa previgente con quella introdotta ex novo ben poteva essere apprezzata già in questa sede proprio in ragione di un oggetto limitato della delega principale;

- al medesimo riguardo occorre sottolineare, come già sopra accennato, che la facoltà riconosciuta all’Esecutivo dall’art. 1, comma 3, l. n. 150 del 2005 in esame di emanare ulteriori decreti legislativi recanti le norme eventualmente occorrenti per il coordinamento con le altre leggi dello Stato e l’abrogazione delle norme divenute incompatibili con quelle introdotte in attuazione della delega è principalmente riferibile alla complessiva riforma ordinamentale della magistratura ordinaria;

- quest’ultima è infatti quella principalmente interessata dal disegno riformatore della legge n. 150 del 2005, differenza della magistratura amministrativa, per la quale era prefigurata la sola modifica al sistema elettorale del’organo di autogoverno attraverso la preferenza unica di cui al citato art. 17, comma 2, lett. c);

- tuttavia si pongono dubbi di legittimità costituzionale di carattere sostanziale per effetto dell’introduzione di un nuovo meccanismo di sostituzione dei consiglieri venuti a mancare prima della scadenza naturale, e cioè per un profilo del tutto obliterato dalla legge di delegazione ed inoltre del tutto indifferente rispetto al sistema di espressione del voto in sede di rinnovo dell’organo;

- anche la correlativa abrogazione dello scorrimento della graduatoria a favore dei non eletti non si pone in termini di consequenzialità (per usare le parole del legislatore delegato) rispetto al coordinamento previsto nella legge di delegazione, ma costituisce l’inevitabile riflesso dell’introduzione a posteriori , nel decreto delegato, di un nuovo istituto;

- la consequenzialità non è dunque verticale, nel rapporto tra legge delega e decreto delegato, ma orizzontale ed interna a quest’ultimo, ed in particolare alle scelte autonomamente compiute dal Governo in esso;

- tanto premesso, come anche evidenziato dal Tribunale amministrativo nell’ordinanza qui appellata, la giurisprudenza costituzionale è attestata nel senso che i limiti posti al Governo dall’oggetto e dai principi e criteri direttivi fissati nella legge delega devono essere interpretati in modo elastico, tenuto conto dell’ineliminabile margine di discrezionalità che viene esplicata nell’emanazione di atti aventi forza di legge, e nei limiti di una compatibilità imposta dall’esigenza di dettare in sede di attuazione della delega la necessaria e coerente disciplina di “sviluppo” delle scelte espresse dal legislatore delegante (da ultimo: sentenza 24 settembre 2015, n. 194, richiamata nell’ordinanza appellata;
negli stessi termini, solo per citare le più recenti pronunce della Corte Costituzionale in materia, cfr. le sentenze del 6 ottobre 2014, n. 229, 14 marzo 2014, n. 50, 19 luglio 2013, n. 219, 24 giugno 2010, n. 230, 11 aprile 2008, n. 98);

- nell’ambito di questa linea interpretativa, la Corte Costituzionale ha precisato che occorre muovere dalla finalità complessiva della delega e tenere conto della ineludibile esigenza che i principi ispiratori in essa espressi ai sensi del più volte citato art. 76 Cost. siano completati in proposizioni normative puntuali, cosicché non può essere censurato un esercizio da parte del Governo del potere delegato che si mantenga compatibile con le scelte di fondo operate nell’ambito della cornice tracciata dal Parlamento;

- tuttavia, le pronunce ora richiamate sono relative ad interventi di riforma di interi settori di disciplina o, comunque, complessi normativi connotati da una certa organicità, nei quali le opzioni di politica legislativa “aperte” dalla delega rivestono inevitabilmente altrettanta ampiezza, così da confinare l’eccesso rispetto a quest’ultima rilevante ai sensi dell’art. 76 Cost. ai casi in cui i decreti emanati dal Governo concernano « un campo di interessi così connotato nell’ordinamento, da non poter essere assorbito in campi più ampi e generici, e da esigere, invece, di essere autonomamente individuato attraverso la delega » (così le sentenze richiamate);

- il caso in esame non è tuttavia ascrivibile a questa tipologia di riforma;

- come infatti già accennato in precedenza i caratteri dell’organicità e della complessità si addicono alla riforma dell’ordinamento riguardante la magistratura ordinaria, di cui la legge n. 150 del 2005 ha costituito la cornice per un profondo intervento modificativo del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, ma non certo alla settoriale modifica che ha riguardato il sistema di elezione dell’organo di autogoverno della giurisdizione amministrativa;

- pertanto, laddove l’oggetto della delega sia così circoscritto il sindacato di costituzionalità nei confronti del decreto delegato sotto il profilo dell’eccesso è evidentemente ammesso in modo più ampio e puntuale;

- alcuni precedenti anche recenti della Corte Costituzionale, rese in fattispecie aventi analogie con quella oggetto del presente giudizio, ed in cui l’operato del Governo è stato censurato, depongono nel senso ora accennato;

- si allude in particolare alla sentenza 4 ottobre 2010, n. 293, in cui si è ritenuto che esulasse dai limiti del riordino e del coordinamento formale delle disposizioni vigenti in una specifica materia l’introduzione ex novo di un istituto non previsto in precedenza (si tratta in particolare dall’acquisizione sanante nelle espropriazioni;
in termini analoghi si veda anche: Corte Cost., 5 aprile 2012, n. 80);

- a fortiori i principi espressi nelle pronunce costituzionali da ultimo richiamate sembrano applicabili al caso di specie, in cui – come finora sottolineato – la modifica ordinamentale prevista dalla legge delega si appuntava su un aspetto di dettaglio;

- per le ragioni finora esposte la questione sollevata dall’appellante sotto il profilo dell’eccesso di delega ex art. 76 Cost. risulta quindi non manifestamente infondata;

- la medesima questione è anche rilevante nel presente giudizio, dal momento che gli atti impugnati sono stati adottati in applicazione delle disposizioni legislative censurate;

- sul punto, occorre da ultimo osservare che, diversamente da quanto ritenuto dall’Avvocatura dello Stato nella propria memoria, gli atti impugnati sono immediatamente lesivi degli interessi del dott. B, perché con essi l’organo di autogoverno della giurisdizione amministrativa ha definitivamente espresso la propria posizione in ordine all’istanza formulata per beneficiare dello scorrimento della graduatoria risultante dalle elezioni tenutesi nel 2013, rigettandola per le ragioni sopra esposte;

- si conviene invece con la difesa erariale circa il fatto che parimenti lesivo degli interessi azionati dall’odierno appellante è il decreto del Presidente del Consiglio di indizione delle elezioni suppletive, ma per stessa ammissione contenuta in memoria costitutiva anche quest’atto è stato impugnato dal dott. B « con motivi aggiunti depositati innanzi al T.A.R. Lazio il 23 marzo 2016 e per i quali si è in attesa di conoscere la data di discussione della c.c. (camera di consiglio n.d.e.) per la trattazione dell'istanza cautelare ivi contenuta » (pag. 4 della memoria);

- deve ancora darsi atto che, come concordemente riferito dalle parti in camera di consiglio, è stata perfezionata la nomina del dott. G C, all’esito delle elezioni suppletive;

- tuttavia, sul punto sono condivisibili le deduzioni formulate dalla difesa dell’appellante in camera di consiglio, e cioè che quest’ultimo provvedimento è suscettibile di essere annullato nel presente giudizio in via derivata rispetto al decreto di indizione delle elezioni, in virtù del rapporto di presupposizione necessaria esistente tra i due atti in questione;

- da ultimo, sono invece manifestamente infondate le ulteriori censure di costituzionalità sollevate dal dott. B;

- in particolare, per effetto dell’introduzione delle elezioni suppletive non si profila alcuna violazione dei principi di buon andamento della pubblica amministrazione e dell’integrale copertura delle leggi comportanti nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato, ai sensi degli artt. 97 e 81 Cost.;

- con riguardo alla prima doglianza, nessun apprezzabile pregiudizio alla funzionalità dell’organizzazione della giustizia amministrativa eccedente i limiti della ragionevolezza è configurabile per effetto della necessità di indire elezioni suppletive;

- tanto meno risulta violato il principio di cui al citato art. 81 della Carta fondamentale, non avendo l’odierno appellante nemmeno specificato quale sarebbe l’autorizzazione di spesa prevista dal decreto legislativo n. 62 del 2006 per lo svolgimento delle elezioni suppletive dallo stesso non coperta;

- il dott. B solleva infine una censura di irragionevolezza ex art. 3 Cost., incentrata sul raffronto con il sistema elettorale previsto per il Consiglio superiore della magistratura, in cui pur a fronte del medesimo sistema di espressione del voto, e cioè la preferenza unica (introdotto con legge 28 marzo 2002, n. 44 – “Modifiche alla legge 24 marzo 1958, n. 195, recante norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura”), è nondimeno prevista la surroga dei consiglieri venuti a mancare mediante scorrimento della graduatoria risultante dalle elezioni per il rinnovo dell’organo, anziché le elezioni suppletive;

- anche questo profilo non supera tuttavia il giudizio di non manifesta infondatezza necessario a rimettere la questione alla Corte Costituzionale, dal momento che lo stesso si fonda su considerazioni di coerenza complessiva del sistema elettorale degli organi di autogoverno delle magistrature, nel rapporto con la base elettiva e le componenti associative espressive di quest’ultima, rientranti negli ampi margini di apprezzamento discrezionale del legislatore nella disciplina di tale materia;

- peraltro, quest’ultimo rilievo avvalora i dubbi di eccesso di delega dell’art. 1, comma 2, del decreto n. 62 del 2006 sopra esposti, perché, attraverso la comparazione con altri sistemi elettivi degli organi di autogoverno delle magistrature, fornisce la conferma che le elezioni suppletive non costituiscono una “variabile dipendente” della preferenza unica, ad essa strettamente consequenziale, ma ne rappresentano un aspetto ulteriore e autonomo, relativo alla composizione dell’organo dopo che le elezioni si sono svolte, e in particolare finalizzato a ricostituirne la sua composizione plenaria allorché questa sia venuta a mancare nel corso della sua durata;

- il presente giudizio d’appello deve quindi essere sospeso nelle more della definizione dell’incidente di costituzionalità promosso con la presente ordinanza, sotto l’esclusivo profilo della violazione dell’art. 76 della Costituzione e delle norme interposte di cui alla legge delega n. 150 del 2005 sopra esaminate.

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