Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-09-25, n. 202308503

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-09-25, n. 202308503
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202308503
Data del deposito : 25 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/09/2023

N. 08503/2023REG.PROV.COLL.

N. 03390/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3390 del 2022, proposto dalla -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A C e A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A C in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;

contro

il Ministero dell’Interno, l’Ufficio Territoriale del Governo di Roma e l’ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima, n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, dell’Ufficio Territoriale del Governo di Roma e dell’ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 settembre 2023 il Cons. E F e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. La -OMISSIS- ha impugnato dinanzi al T.A.R. per il Lazio, unitamente ai relativi atti presupposti e conseguenti, il provvedimento del Prefetto della Provincia di Roma del 21 maggio 2020, -OMISSIS-, facente seguito alla richiesta di aggiornamento della precedente interdittiva -OMISSIS- e con la quale si informa che, allo stato, sussiste nei confronti della suddetta società la presenza di situazioni relative a tentativi di infiltrazione mafiosa previste dal d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 e successive modifiche ed integrazioni.

1.1. Va premesso che la società -OMISSIS- ha per oggetto sociale -OMISSIS-.

Nella compagine societaria figurano: -OMISSIS-.

Il capitale sociale è detenuto -OMISSIS-.

1.2. Nei confronti della società, già destinataria di interdittiva in data -OMISSIS-, è stata adottata dal Prefetto di Roma nuova interdittiva -OMISSIS- -OMISSIS-, sulla scorta dell’ordinanza del GIP presso il Tribunale di Roma del 2 gennaio 2014, emessa nell’ambito del p.p. -OMISSIS-, di applicazione di misure cautelari personali nonché del decreto di sequestro preventivo avente ad oggetto la somma di € -OMISSIS- in relazione, tra gli altri, al reato -OMISSIS- d.lvo n. 152/2006 commessi nell’interesse della -OMISSIS- da persona che, al momento dei fatti, rivestiva funzioni di rappresentanza della stessa, essendone all’epoca -OMISSIS- amministratore di diritto.

Come si evince dalla citata interdittiva del 2014, nell’ambito del suddetto p.p. figuravano invero indagati per i reati di cui agli artt. 416 c.p. e 260 d.lvo n. 162/2006:

- -OMISSIS-, quale promotore e organizzatore del sodalizio criminoso, nonché amministratore di fatto e di diritto delle numerose aziende costituenti il suo gruppo imprenditoriale, al quale la -OMISSIS- risultava riconducibile. Il suddetto alla data del provvedimento interdittivo rivestiva la carica di presidente del consiglio di amministrazione del -OMISSIS- (destinatario, unitamente alle società -OMISSIS-, riconducibili allo stesso, di provvedimento interdittivo del -OMISSIS-), nonché proprietario con quote di maggioranza delle società -OMISSIS-;

- -OMISSIS-, già consigliere della società, quale organizzatore dell’associazione, stretto collaboratore del -OMISSIS-, legale rappresentante di numerose società riconducibili allo stesso, con il ruolo di “cerniera” tra il gruppo -OMISSIS- e le strutture politico-amministrative della Regione Lazio, coinvolte nell’indagine;

- -OMISSIS- e -OMISSIS- quali amministratori di fatto della -OMISSIS-, -OMISSIS-, di proprietà della -OMISSIS-;

- -OMISSIS-, quale amministratore di molte imprese riconducibili a -OMISSIS-, all’epoca della interdittiva del 2006 consigliere e presidente del Consiglio di Amministrazione della società -OMISSIS-, cariche ricoperte fino al -OMISSIS-, successivamente nominato amministratore unico, carica ricoperta fino al -OMISSIS-, data in cui veniva sostituito da -OMISSIS-, che ricopriva anche la carica di direttore tecnico della -OMISSIS-;

- -OMISSIS-, quale socio di molte imprese riconducibili al -OMISSIS-, nonché quale socio delle società detentrici di parte del capitale sociale della -OMISSIS- (-OMISSIS-), alla data del provvedimento interdittivo vice presidente del consiglio di amministrazione del -OMISSIS-, detentore di quote, unitamente al -OMISSIS-, della società -OMISSIS-, nonché amministratore unico e detentore di quote della -OMISSIS-;

- -OMISSIS-, quale supervisore delle attività operative condotte presso -OMISSIS-.

Dalla citata interdittiva si evince che per il reato -OMISSIS- d.lvo n. 152/2006 figuravano altresì indagati:

- -OMISSIS-;

- -OMISSIS-;

- -OMISSIS- delle varie società riconducibili al -OMISSIS-, nonché consigliere di amministrazione della -OMISSIS-.

Dall’istruttoria era inoltre emerso che nel collegio sindacale della -OMISSIS- erano presenti -OMISSIS-, quale presidente che ricopriva la medesima carica nella -OMISSIS- e nella -OMISSIS-, e -OMISSIS-, quale sindaco supplente che ricopriva anche la carica di sindaco nelle società suindicate.

Va aggiunto che il provvedimento -OMISSIS- veniva confermato dal Consiglio di Stato con sentenza n. -OMISSIS-.

1.3. In data -OMISSIS- l’amministratore unico della società, -OMISSIS-, avanzava istanza di aggiornamento a seguito della sentenza n. -OMISSIS- emessa dal Tribunale di Roma in data 5 novembre 2018 nell’ambito del suddetto p.p..

L’istanza è stata negativamente riscontrata dalla Prefettura di Roma con il provvedimento interdittivo oggetto del presente giudizio.

Il predetto provvedimento pone preliminarmente in evidenza che con la suddetta sentenza – non ancora definitiva, avendo la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma - D.D.A. proposto ricorso per Cassazione – è stato dichiarato n.d.p. per intervenuta prescrizione nei confronti di -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- in ordine al reato -OMISSIS-, d.lvo n. 152/2006 (-OMISSIS-), così riqualificata l’ipotesi di reato -OMISSIS- d.lvo cit. (-OMISSIS-), ed al reato -OMISSIS- c.p. (-OMISSIS-) limitatamente alle condotte poste in essere fino al -OMISSIS-;
per i medesimi reati il Tribunale di Roma ha assolto -OMISSIS- limitatamente alle condotte poste in essere fino al -OMISSIS- per non aver commesso il fatto;
inoltre, ha assolto -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- per i reati -OMISSIS- c.p. in relazione alle condotte successive perché il fatto non sussiste.

La Prefettura di Roma pone altresì in evidenza che -OMISSIS- risulta rinviato a giudizio in data -OMISSIS- dinanzi al Tribunale di Roma nell’ambito del p.p. n. -OMISSIS- RGNR unitamente ad altri, tra i quali -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- per il reato di cui agli artt. 110 c.p. e 260 d.lvo n. 152/2006, e che il medesimo risulta altresì rinviato a giudizio dinanzi al Tribunale di Viterbo con decreto in data -OMISSIS- nell’ambito del p.p. n. -OMISSIS-, unitamente ad altri, tra cui -OMISSIS- e -OMISSIS-, per il reato di cui agli artt. 416 c.p. e 260 d.lvo n. 152/2006.

Il provvedimento evidenzia ancora che nella -OMISSIS- figura in qualità di coamministratore, unitamente a -OMISSIS-, -OMISSIS-, che ha ricoperto la carica di amministratore unico della -OMISSIS- fino al -OMISSIS-, data in cui è subentrato -OMISSIS-, e che -OMISSIS- è altresì socio di maggioranza -OMISSIS- del capitale sociale sia della -OMISSIS-, destinataria di interdittiva in data -OMISSIS-, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. -OMISSIS-, sia della -OMISSIS-, con sede legale allo stesso indirizzo e stessa compagine societaria della -OMISSIS-.

La Prefettura rileva inoltre che la -OMISSIS- partecipa al -OMISSIS- in cui figurano consiglieri -OMISSIS- e -OMISSIS-, imputati in concorso con -OMISSIS-, amministratore unico della predetta società, ai sensi dell’art. 260 d.lvo n. 152/2006 nell’ambito del p.p. n. -OMISSIS- RGNR, e che il capitale sociale della -OMISSIS- è detenuto per il 90% dalla -OMISSIS- (amministrata da -OMISSIS- e di proprietà della -OMISSIS- dalla -OMISSIS-, di cui sono amministratori -OMISSIS- e -OMISSIS- e interamente di proprietà della -OMISSIS-).

2. Con sentenza -OMISSIS- del 10 marzo 2022, il T.A.R. adito ha respinto le censure formulate dalla ricorrente al fine di conseguire l’annullamento dell’impugnato provvedimento interdittivo.

La sentenza costituisce oggetto della domanda di riforma proposta dalla originaria ricorrente, mentre si oppongono al suo accoglimento l’Ufficio Territoriale del Governo di Roma, il Ministero dell’Interno e l’Autorità Nazionale Anticorruzione.

3. Con il primo motivo di appello, l’odierna appellante contesta la statuizione reiettiva della sentenza appellata concernente il motivo del ricorso introduttivo del giudizio inteso a lamentare il deficit partecipativo che avrebbe contraddistinto il procedimento conclusosi con l’impugnata interdittiva.

Deve premettersi che la statuizione censurata è così motivata dal giudice di primo grado:

Il Tribunale non ravvisa ragioni per discostarsi dalla posizione di recente espressa dal giudice di appello (v. -OMISSIS-) che ha richiamato la sentenza della Corte di Giustizia UE, 26 settembre 2019, in C-63/18, § 37, la quale ritiene giustificata la restrizione in quanto finalizzata all’efficiente contrasto del fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici, battaglia il cui interesse pubblico appare evidente volendosi sia evitare il dirottamento di fondi pubblici verso organizzazioni criminali che il vulnus alla concorrenza che metodi estranei al corretto e leale svolgimento degli appalti pubblici possono generare. Del resto, proprio perché si tratta di un aggiornamento, la ricorrente conosce gli elementi sulla cui base la Prefettura ha emesso le precedenti informative ed in sede di richiesta di aggiornamento può allegare tutti i documenti e le notizie che ritiene utili per una revisione del giudizio a suo tempo espresso ”.

3.1. Deduce in senso contrario la parte appellante che la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. Sez. III, 25 febbraio 2022, n. 1341) è favorevole all’applicazione del principio partecipativo al procedimento de quo , senza che la pretermissione delle garanzie partecipative – sub specie di mancata comunicazione dei motivi della non accoglibilità dell’istanza di riesame presentata dalla ricorrente, ex art. 10- bis l. n. 241/1990, e di mancata audizione della stessa ex art. 93, commi 3 e 7, d.lvo n. 159/2011 – possa trovare giustificazione nella sussistenza di ragioni di celerità del procedimento o di segretezza dei relativi atti, nella specie non ravvisabili.

Infine, il dedotto deficit partecipativo viene addotto anche quale vizio autonomo della nota con la quale l’ANAC ha comunicato l’annotazione sul casellario informatico dell’avvenuta emissione del provvedimento interdittivo da parte della Prefettura di Roma.

3.2. Il motivo non può essere accolto.

Osta alla sua fondatezza, in primo luogo, la circostanza, non valorizzata dalla precedente giurisprudenza ma alla quale l’odierno Collegio ritiene di attribuire rilievo dirimente, che il procedimento di aggiornamento dell’originario provvedimento interdittivo non è inquadrabile, per gli effetti applicativi dell’art. 10- bis l. n. 241/1990, quale procedimento “ ad istanza di parte ”, atteso che, anche sulla base della ricostruzione operata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 57 del 26 marzo 2020 (laddove si afferma che ai sensi dell’art. 86, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, “ l’informativa antimafia ha una validità limitata di dodici mesi, cosicché alla scadenza del termine occorre procedere alla verifica della persistenza o meno delle circostanze poste a fondamento dell’interdittiva, con l’effetto, in caso di conclusione positiva, della reiscrizione nell’albo delle imprese artigiane, nella specie, e in generale del recupero dell’impresa al mercato. E va sottolineata al riguardo la necessità di un’applicazione puntuale e sostanziale della norma, per scongiurare il rischio della persistenza di una misura non più giustificata e quindi di un danno realmente irreversibile ”), l’attivazione del procedimento di riesame, in presenza di elementi nuovi suscettibili di modificare la prognosi interdittiva posta a fondamento del provvedimento interdittivo, costituisce il frutto doveroso di una iniziativa che la P.A. deve porre in essere ex officio (atteggiandosi conseguentemente, l’istanza di parte, ad atto sollecitatorio non indispensabile ai fini del promovimento del procedimento di riesame).

3.3. In ogni caso, deve osservarsi che la pronuncia di questa Sezione richiamata dalla parte appellante attiene, come espressamente in essa affermato, ad “ una fattispecie del tutto peculiare, che - sebbene insensibile, ratione temporis, alle recenti innovazioni in tema di contraddittorio nel procedimento di rilascio dell’interdittiva antimafia (art. 48 del d.l. n. 152/2021) - interpella un’applicazione calzante, ponderata e razionale dei principi generali in materia di procedimento ”: peculiarità che trova fondamento, come si evince dalla sentenza medesima, nel fatto che “ l’allegazione nel corso procedimentale dei medesimi elementi qui rappresentati dalla società appellata avrebbe offerto elementi potenzialmente utili ad un diverso esito dell’aggiornamento antimafia (v. Cons. Stato, Sez. III, n. 3913/2016) ” e che l’interdittiva scaturita dal procedimento di riesame “ mette(va) a profitto della sua motivazione una condanna (…) dopo poco annullata (…) e di cui la parte, proprio per effetto della omessa comunicazione ex art. 10 bis, non ha potuto dare conto all’amministrazione ”.

Nella specie, per contro – e come meglio si vedrà infra – la parte appellante non pone in evidenza i medesimi – o affini – tratti peculiari, atti ad imporre il contraddittorio preventivo, limitandosi ad invocare l’applicazione del principio del contraddittorio e ad affermare, del tutto tautologicamente, che quello esaminato dal giudice di appello con la sentenza citata integra “ un caso particolarmente simile a quello qui agitato ”.

Premesso quindi che, secondo la stessa sentenza citata dalla parte appellante, “ la dialettica tra i soggetti del procedimento costituisce espressione ed effetto di una scelta facoltativa rimessa alla valutazione discrezionale della Prefettura, ai sensi dell’art. 93, comma 7, del d. lgs. n. 159 del 2011 ” e che “ detta interlocuzione, infatti, si realizza nei soli casi in cui il Prefetto competente, sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite, ritenga utile invitare i soggetti interessati a produrre ogni ulteriore elemento utile a loro disposizione, nella prospettiva di una più accurata ed efficace istruzione del procedimento ”, discende, dal rilevato deficit argomentativo dell’atto di appello, che non è dato riscontrare nella specie le “ peculiari circostanze del caso possano rendere la valutazione prefettizia (in ordine allo svolgimento o meno del contraddittorio procedimentale, n.d.e. ) , illogica, immotivata e, quindi, sindacabile in sede giurisdizionale ” né il superamento del “ punto limite oltre il quale la pretesa compressione delle ordinarie garanzie partecipative non appare ragionevolmente sostenibile ”.

3.4. Le considerazioni che precedono si attagliano a fortiori alla mancata attivazione del contraddittorio nell’ambito del conseguente procedimento di annotazione dell’ANAC, alla luce del carattere vincolato dello stesso, come posto in evidenza dalla sentenza appellata.

4. Con il successivo motivo di appello, la parte appellante censura la sentenza appellata nella parte in cui richiama i fatti indiziari essenzialmente connessi al p.p. nell’ambito del quale molteplici soggetti, tra i quali l’amministratore dell’epoca della società -OMISSIS-, -OMISSIS-, erano stati rinviati a giudizio per i reati di cui agli artt. 416 c.p. e 260 d.lvo n. 152/2006, commessi nell’interesse ed a vantaggio della medesima società, nonostante tutti gli imputati fossero stati assolti con sentenza del Tribunale di Roma del -OMISSIS-, “ perché il fatto non sussiste ”.

4.1. Va premesso che il T.A.R. ha respinto in parte qua il ricorso introduttivo del giudizio rilevando che “ il riferimento alla interdittiva del 2014 è solo uno degli elementi del più articolato e complesso quadro indiziario su cui si basa il giudizio di rischio di infiltrazione e giustifica il provvedimento di aggiornamento su richiesta della ricorrente. Per quanto concerne la sentenza di primo grado -OMISSIS-, nel procedimento che ha visto imputati -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, non offre una precisa rappresentazione dell’esito del giudizio affermare, come fa la ricorrente, che tutti gli imputati siano stati assolti. L’assoluzione presuppone un accertamento negativo sui fatti o su chi li ha commessi, che nella fattispecie ricorre solo per taluni capi di imputazione (l’associazione per delinquere), mentre per altri capi è intervenuta la prescrizione. La sentenza, peraltro, è stata impugnata in data 24 giugno 2019 dalla Procura presso il Tribunale di Roma D.D.A in Cassazione (v. p. 5 Relazione della Prefettura di Roma del 13 agosto 2020) ”.

4.2. La parte appellante, richiamando i pertinenti passaggi motivazioni della citata sentenza del Tribunale di Roma, deduce che questo non si è limitato ad accertare l’inconfigurabilità del reato -OMISSIS- del d.lgs. n. 152/2006, ma ha altresì chiarito che non vi è stata alcuna gestione -OMISSIS-, trattandosi di attività per le quali i soggetti erano in possesso dei titoli autorizzativi necessari, con la conseguente derubricazione dell’originaria contestazione di traffico illecito di rifiuti nella fattispecie contravvenzionale -OMISSIS-, d.lvo cit., la quale punisce le “ …ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni… ”.

La parte appellante richiama altresì le osservazioni assolutorie dedicate dal giudice penale alla contestazione avente ad oggetto la realizzazione -OMISSIS- su un terreno di proprietà della -OMISSIS-, con le quali viene posto in rilievo la rispondenza dell’opera all’interesse generale, e deduce che la definitività o meno della sentenza non esime la Prefettura dalla valutazione e dalla motivazione in ordine ai fatti – a prescindere dalla qualificazione che se ne dia – acclarati all’esito del primo grado di giudizio.

4.3. Il motivo non può essere accolto.

Deve preliminarmente osservarsi che, come messo in evidenza dalla sentenza appellata, “ il riferimento alla interdittiva del 2014 è solo uno degli elementi del più articolato e complesso quadro indiziario su cui si basa il giudizio di rischio di infiltrazione e giustifica il provvedimento di aggiornamento su richiesta della ricorrente ”: ne consegue che l’eventuale fondatezza dei rilievi formulati con il motivo di appello innanzi sintetizzato – inteso appunto a dimostrare la carenza istruttoria e motivazionale dell’interdittiva impugnata, la quale ha richiamato i medesimi fatti posti a fondamento della precedente interdittiva, senza attualizzarli alla luce dell’esito assolutorio del relativo giudizio penale – non sarebbe sufficiente da sola a condurre all’accoglimento dell’appello, e quindi all’annullamento dell’impugnato provvedimento interdittivo, senza aver prima analizzato – ed eventualmente trovato fondate – anche le censure rivolte nei confronti degli altri elementi costitutivi del suddetto “ più articolato e complesso quadro indiziario ” (sulle quali si dirà al momento opportuno).

4.4. Ciò premesso, le deduzioni della parte appellante meritano senz’altro di essere condivise laddove evidenziano – ciò che, del resto, non è negato nemmeno dall’impugnato provvedimento interdittivo, laddove riferisce degli esiti del procedimento nell’ambito del quale erano stati emessi i provvedimenti cautelari, reali e personali, sulla base dei quali era stata adottata l’interdittiva -OMISSIS- – che il cd. reato-spia di cui agli artt. 416 c.p. e 260 d.lvo n. 152/2006, ex art. 84, comma 4, lett. a) d.lvo n. 159/2011, fondante l’originaria prognosi interdittiva, era stato riconosciuto insussistente, nei termini contestati dalla Pubblica Accusa, dal giudice penale all’esito del relativo giudizio dibattimentale, essendosi ricondotti i fatti così come accertati – ed integranti, ad avviso del Tribunale di Roma, l’ipotesi -OMISSIS- in violazione delle prescrizioni annesse ai relativi titoli autorizzatori, piuttosto che di totale difformità rispetto ad essi - alla più pertinente fattispecie contravvenzionale -OMISSIS-, d.lvo n. 152/2006, con la conseguente declaratoria della sua intervenuta prescrizione.

Né, come condivisibilmente dedotto dalla parte appellante, il fatto che la sentenza citata non fosse ancora divenuta definitiva alla data di adozione dell’impugnato provvedimento interdittivo – essendo pendente il giudizio di Cassazione instaurato avverso la stessa dalla Procura della Repubblica – D.D.A. presso il Tribunale di Roma – legittimava la Prefettura a non tenere conto – quantomeno al fine di verificare la permanenza, nonostante quel decisum e trovandone eventualmente traccia nelle relative pieghe motivazionali, di profili indizianti giustificativi della perdurante attualità del pericolo di condizionamento mafioso della -OMISSIS-, di cui dare motivatamente evidenza nel provvedimento finale – della predetta sentenza conclusiva del giudizio penale di primo grado.

4.5. Non vi è dubbio, tuttavia, che a rivitalizzare la prognosi indiziaria sottesa all’originario provvedimento interdittivo (quello cioè adottato in data -OMISSIS-), nelle more della definitiva conclusione del giudizio penale e nell’ottica squisitamente preventiva che caratterizza lo strumentario amministrativo antimafia, avrebbero potuto soccorrere elementi “esterni”, che la Prefettura di Roma, come si accennava, ha ritenuto di ravvisare nella pendenza, a carico dell’amministratore unico della -OMISSIS-, di ulteriori procedimenti penali per fatti riconducibili alla medesima cornice delittuosa ex art. 260 d.lvo n. 152/2006.

Da qui la già evidenziata necessità di “sospendere il giudizio”, in ordine alla complessiva legittimità dell’impugnato provvedimento interdittivo, fino al momento in cui saranno state analizzate anche le censure concernenti quegli ulteriori elementi indizianti.

5. L’appello si dirige quindi criticamente nei confronti del passaggio motivazionale della sentenza appellata inteso ad evidenziare che “ i legami e le cointeressenze tra -OMISSIS- e le società che fanno capo a -OMISSIS-, -OMISSIS-e che vedono l’amministratore unico -OMISSIS- gestire le suddette, sono parimenti rilevanti, trattandosi di società le quali risultano tutte attinte da interdittive antimafia: -OMISSIS- ”.

Deduce la parte appellante che le società dalle quali si pretende di desumere il rischio di infiltrazione mafiosa sono state tutte interdette in virtù del collegamento con la stessa -OMISSIS-, di cui sono controllanti, e a causa della precedente interdittiva adottata nel 2014 nei confronti della stessa, la quale, a seguito della richiamata sentenza di assoluzione, non può fondare alcun giudizio di permeabilità mafiosa della società.

Quanto in particolare al richiamo operato dalla Prefettura di Roma all’interdittiva antimafia adottata nei confronti della -OMISSIS-, di cui il sig. -OMISSIS- (coamministratore insieme a-OMISSIS- e, fino al -OMISSIS-, amministratore unico della -OMISSIS-) risulterebbe socio al 31%, deduce la parte appellante che, in primo luogo, né nel provvedimento impugnato né nella sentenza gravata è in alcun modo specificato come siffatto rapporto dovrebbe essere esemplificativo della sussistenza di un tentativo di condizionamento da parte della criminalità organizzata, in secondo luogo, che l’interdittiva antimafia adottata nei confronti della -OMISSIS- si fonda espressamente sull’asserita sussistenza “ di cointeressenze nel tempo con società destinatarie di provvedimenti interdittivi antimafia quali, -OMISSIS- ”, denunciando l’irragionevole tentativo della Prefettura di Roma di desumere la sussistenza di condizionamento mafioso da provvedimenti a loro volta fondati sull’interdittiva antimafia nei confronti della stessa -OMISSIS-.

5.1. Il motivo è complessivamente inammissibile, atteso che la sentenza appellata reca, sul tema inerente ai rapporti tra le società appartenenti alla galassia imprenditoriale facente capo a -OMISSIS-, operante nel settore -OMISSIS-, e tra i soggetti che detengono nelle stesse cariche direttive o quote societarie ( tra i quali i menzionati -OMISSIS- e -OMISSIS-), anche il seguente spunto motivazionale, non espressamente menzionato dalla appellante né direttamente attinto dal motivo di appello in esame (ma criticato con quello successivo, di cui si dirà infra), inteso proprio a respingere la tesi attorea della inammissibile “ circolarità ” del ragionamento indiziario prefettizio:

Più che di un ragionamento circolare, la parte motiva del provvedimento offre un quadro di legami tra soggetti che si alternano nell’amministrazione, ove non gestiscono addirittura congiuntamente società nelle quali hanno quote, anche minoritarie: circostanza che dimostra la sussistenza di cointeressenze tra soggetti segnalati per reati -OMISSIS- ”.

Quanto invece al dedotto travolgimento dei presupposti indiziari sui quali si fonda l’interdittiva emessa in data -OMISSIS- nei confronti della -OMISSIS- – e, a cascata, quella emessa nei confronti della -OMISSIS- – deve osservarsi, con particolare riguardo a quella datata -OMISSIS- e con buona pace dell’assunto di parte appellante secondo cui la trama motivazionale dell’impugnato provvedimento interdittivo avrebbe carattere meramente “ circolare ” ed autoreferenziale, che dalla lettura della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, -OMISSIS-, reiettiva dell’appello proposto dalla società interdetta e richiamata nell’impugnata interdittiva, si evince che le ragioni del provvedimento hanno carattere ben più articolato di quelle incentrate sulla adozione, nei confronti della società collegata -OMISSIS-, del provvedimento interdittivo -OMISSIS-: ciò è tanto vero che la suddetta interdittiva scaturisce dall’aggiornamento di quella adottata nei confronti della medesima -OMISSIS- in data -OMISSIS-, essa sì, come si evince dalle premesse in diritto della sentenza n. -OMISSIS-, derivante “ a cascata ” da quella emessa nei riguardi della -OMISSIS-.

5.2. Quanto invece alla rilevanza sintomatica della suddetta circostanza, messa in dubbio dalla parte appellante, è sufficiente osservare che il collegamento con una società destinataria di interdittiva – in ragione della titolarità della carica amministrativa, nell’ambito della -OMISSIS-, in capo all’-OMISSIS-, amministratore unico della -OMISSIS-, ed al sig. -OMISSIS-, socio di maggioranza della interdetta -OMISSIS- – costituisce un elemento indiziario non sottovalutabile, tantomeno nell’ottica unitaria e complessiva che deve presiedere alla elaborazione della prognosi interdittiva (ed al relativo controllo giudiziale di legittimità del relativo provvedimento).

6. L’ultimo motivo di appello, articolato a sua volta in plurimi spunti argomentativi, si apre con la critica alla sentenza appellata, relativamente al seguente snodo motivazionale, che la parte appellante deduce essere estraneo al provvedimento interdittivo impugnato in primo grado:

la parte motiva del provvedimento offre un quadro di legami tra soggetti che si alternano nell’amministrazione, ove non gestiscono addirittura congiuntamente società nelle quali hanno quote, anche minoritarie: circostanza che dimostra la sussistenza di cointeressenze tra soggetti segnalati per reati -OMISSIS- ”.

Deduce invero la parte appellante che il provvedimento impugnato in primo grado si limita a rilevare come l’-OMISSIS- sia amministratore unico di -OMISSIS- e, dal -OMISSIS-, di -OMISSIS-, e che nei confronti di -OMISSIS-, di -OMISSIS- e di -OMISSIS- è stata adottata una interdittiva in data -OMISSIS- fondata sulle medesime motivazioni dell’interdittiva -OMISSIS-, le cui risultanze indiziarie sono state smentite dalla citata sentenza del Tribunale penale di Roma del 2018.

6.1. La censura non è meritevole di accoglimento, essendo sufficiente osservare che l’impugnato provvedimento interdittivo riposa sul piano motivazionale (anche) sul collegamento tra la società appellante e la -OMISSIS-, destinataria di una interdittiva (in data -OMISSIS-) che, come si è detto, si pone in un rapporto di autonomia, quanto ai fatti che la giustificano, rispetto a quella adottata in data -OMISSIS- nei confronti della odierna appellante.

6.2. La successiva deduzione della parte appellante ha ad oggetto sia il provvedimento interdittivo impugnato in primo grado, nella parte in cui ha fatto derivare l’informazione antimafia dal mero rinvio a giudizio dell’amministratore unico della -OMISSIS- -OMISSIS-, per il reato-spia -OMISSIS- d.lvo n. 152/2006 (in contrasto con il disposto di cui all’art. 84, comma 4, lett. a) d.lvo n. 159/2011), sia la sentenza di primo grado che, nel respingere il relativo motivo del ricorso introduttivo, dopo aver evidenziato che “ ciò che appare rilevante ai fini della persistenza della informativa sono i seguenti (e più recenti) procedimenti penali:

- l’amministratore unico -OMISSIS- risulta essere stato rinviato a giudizio con decreto del Tribunale di Roma datato -OMISSIS- nel procedimento n.r. -OMISSIS- e n. -OMISSIS- G.I.P. con -OMISSIS- e -OMISSIS- ed altri, per il delitto di cui all’art. 416 c. p., “poiché operando nelle qualifiche formali e di fatto assumendo ruoli decisionali ed esecutivi ad esse conformi, si associavano tra loro (..) al fine di commettere una serie indeterminata di delitti...” tra cui quello di cui agli artt. 110 c.p., 260 del d.lgs. 152/2006;

- nell’ambito del procedimento penale -OMISSIS- vengono rinviati a giudizio dal GIP del Tribunale di Roma, per il delitto -OMISSIS- del d.lgs. n. 152/2006 in concorso con altri, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- ”, ha concluso che “ quanto al censurato automatismo nel caso di mero rinvio a giudizio per reati cosiddetti “spia”, non sembra che la Prefettura abbia applicato alcun automatismo, descrivendo, come già accennato, i legami che esistono tra -OMISSIS- e le altre società nelle quali lo stesso amministratore unico ed altri titolari di cariche sociali hanno operato ”.

6.3. Il profilo di censura in esame non può essere accolto.

Deve infatti osservarsi che la Prefettura di Roma non ha applicato alcun automatismo interdittivo, incentrato sul mero rinvio a giudizio del sig. -OMISSIS- per il reato -OMISSIS- d.lvo n. 152/2006, ma ha fatto leva – in chiave quindi autonomamente valutativa – sulla specifica connotazione assunta dalle vicende penali che hanno riguardato la società -OMISSIS-, le società ad essa collegate ed i relativi amministratori e/o proprietari (cfr. le affermazioni di cui alle pagg. 10-11 del provvedimento interdittivo, oggetto di un successivo motivo di appello, che si esaminerà infra ), all’uopo evidenziando che il delineato quadro indiziario si basa “ su più provvedimenti penali che hanno disposto il rinvio a giudizio a carico dei titolari della società, ripetutamente interdetta -OMISSIS-, per il delitto di cui all’art. 51, comma 3 bis, del c.p.p. ”, nonché sulla “ pregnante sintomaticità del rischio di infiltrazione mafiosa, sui costanti collegamenti tra e con soggetti coinvolti negli stessi procedimenti penali, nonché con società destinatarie di misure interdittive antimafia ”.

Basti osservare che almeno una delle contestazioni formulate nei confronti del sig. -OMISSIS- (quella oggetto del p.p. n. -OMISSIS- R.G.N.R.) ha ad oggetto, unitamente al reato di cui agli artt. 110 c.p. e 260 d.lvo n. 152/2006, quello di cui all’art. 416 c.p., rispetto al quale il primo viene inquadrato come reato-fine: reato che, per la struttura organizzata e la proiezione temporale che esso presuppone, secondo lo schema tipico dei reati in materia di criminalità organizzata di matrice mafiosa, disvela un allarme sociale particolarmente evidente, indubbiamente suscettibile di integrare quella “sintomaticità” che il legislatore ha inteso prefigurare laddove ha disposto, all’art. 84, comma 4, d.lvo n. 159/2011, che “ le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo all’adozione dell’informazione antimafia interdittiva di cui al comma 3 sono desunte ”, tra l’altro, “dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio (…) per taluni dei delitti (…) di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale ”.

6.4. Nemmeno è suscettibile di positiva valutazione la deduzione della parte appellante secondo cui sarebbe stato compito della Prefettura indicare le specifiche ragioni attestanti il rischio di condizionamento mafioso della -OMISSIS- quale effetto di condotte ascrivibili ad altre società, atteso che a fungere da “cerniera” tra le menzionate vicende criminose sub iudice e la soggezione della società appellante ai tentativi di infiltrazione mafiosa è il duplice ruolo assunto dallo stesso sig. -OMISSIS-, da un lato quale amministratore unico della -OMISSIS-, dall’altro quale ipotizzato co-autore dei reati contestati.

6.5. Deduce altresì la parte appellante che le ipotesi accusatorie oggetto dei decreti di rinvio a giudizio richiamati nell’impugnata interdittiva sono identiche a quelle oggetto del procedimento penale conclusosi con la predetta sentenza assolutoria del Tribunale di Roma.

In particolare, con riferimento all’imputazione oggetto del procedimento penale di cui al n. -OMISSIS- R.G.N.R., con la quale si contesta al -OMISSIS- di aver -OMISSIS-, con addebito agli Enti locali di costi maggiori rispetto a quelli effettivamente sostenuti, sostiene la parte appellante – anche lamentando l’omissione di pronuncia sul punto da parte del T.A.R. – che, -OMISSIS-.

In tale prospettiva ” – conclude sul punto la parte appellante – “ è evidente che non sussistono gli elementi costitutivi del reato di frode in pubbliche forniture ”.

6.6. Ebbene, è sufficiente osservare, al fine di escludere il carattere risolutivo delle deduzioni innanzi sintetizzate, che, a prescindere dal fatto che le stesse costituiscono oggetto di mera allegazione, esse sono espressamente finalizzate a dimostrare l’inconsistenza dell’ipotesi accusatoria di “ frode in pubbliche forniture ”, laddove ad assumere rilievo centrale, ai fini della formulazione della prognosi interdittiva da parte della Prefettura di Roma, è la diversa contestazione di cui agli artt. 416, 110 c.p. e 260 d.lvo n. 152/2006.

Quanto invece alla dedotta “ specularità del procedimento -OMISSIS- rispetto al Giudizio (Tribunale di Roma, R.G. -OMISSIS-) che si è concluso, come è noto, con la sentenza assolutoria -OMISSIS- ”, lasciando presagire l’identicità delle condotte contestate un analogo esito derubricativo in relazione al procedimento penale oggetto del richiamato rinvio a giudizio, deve osservarsi che anch’essa è meramente affermata, laddove milita in senso contrario la diversità degli impianti la cui gestione ha occasionato, nell’ambito dei rispettivi procedimenti penali, le suddette contestazioni di reato.

6.7. Analoghe considerazioni vengono formulate dalla parte appellante relativamente al procedimento penale n. -OMISSIS- R.G.N.R., esponendo essa che nei confronti dell’-OMISSIS- viene formulata la medesima ipotesi accusatoria contraddetta dal Tribunale penale di Roma con la sentenza del 2018, altresì illustrando le ragioni per le quali le contestazioni sarebbero prive di ogni fondamento.

6.8. In proposito, è sufficiente evidenziare che se da un lato le deduzioni di parte appellante imporrebbero all’organo prefettizio di sostituirsi all’A.G. nel compimento delle sue valutazioni in merito alla fondatezza dell’accusa, dall’altro lato la resistenza alle censure attoree dell’impugnata interdittiva, con riferimento al procedimento penale n. -OMISSIS- R.G.N.R., la pone al riparo dalla portata caducante di quelle deduzioni, siccome inerenti ad una sola delle sue articolate ed autonomamente sufficienti componenti motivazionali.

6.9. La successiva argomentazione della parte appellante si appunta sull’affermazione, recata dal provvedimento impugnato, intesa a rimarcare il “ pericolo che l’attività di impresa possa in qualche modo agevolare le attività criminali, basato su più provvedimenti penali che hanno disposto il rinvio a giudizio a carico dei titolari della società ripetutamente interdetta -OMISSIS-, per il delitto di cui all’art. 51, comma 3, bis, del c.p.p., sui costanti collegamenti tra e con soggetti coinvolti negli stessi procedimenti penali ”.

Lamenta la parte appellante che la riportata affermazione è apodittica, in quanto non è dato comprendere a quali soggetti si riferisca ovvero a quali procedimenti penali.

6.10. La deduzione non è condivisibile, atteso che il provvedimento interdittivo si riferisce chiaramente, in parte qua , ai provvedimenti che hanno disposto il rinvio a giudizio a carico dell’amministratore -OMISSIS-, menzionati in precedenza dalla medesima interdittiva.

6.11. Deduce altresì la parte appellante che, anche a voler ritenere che il predetto riferimento concerna -OMISSIS-, il richiamo sarebbe del tutto irrilevante, in quanto, come già evidenziato, il predetto procedimento penale instaurato innanzi al Tribunale di Roma è speculare a quello già concluso con la sentenza n. -OMISSIS-.

Essa aggiunge che il mero richiamo a collegamenti societari è insufficiente e che nessun elemento è dimostrato o dedotto in ordine ai rapporti tra i soggetti, senza trascurare che -OMISSIS- e che alcuna misura interdittiva è stata disposta nei confronti di -OMISSIS-.

6.12. Nemmeno il predetto profilo di doglianza può essere accolto.

In primo luogo, si è detto che il provvedimento prefettizio ruota intorno alla posizione dell’-OMISSIS-, amministratore della società interdetta, assumendo rilievo meramente secondario ed integrativo i rapporti tra la medesima società ed -OMISSIS-.

In secondo luogo, le doglianze di parte appellante attengono al solo coinvolgimento dell’-OMISSIS- nel medesimo p.p. (n. -OMISSIS- R.G.N.R.) con i consiglieri del -OMISSIS-, senza attingere il coinvolgimento del primo nel diverso p.p. n. -OMISSIS- R.G.N.R..

Infine, la mancata adozione di provvedimenti interdittivi nei confronti delle altre società -OMISSIS- non depone nel senso della illogicità dell’impugnato provvedimento, non essendo dimostrato che a carico degli stessi sussista la medesima situazione indiziaria che la Prefettura di Roma ha delineato a carico della -OMISSIS-.

6.13. Deve solo aggiungersi, portando a chiusura il ragionamento avviato in precedenza, che la legittima acquisizione da parte della Prefettura di Roma di congrui elementi attualizzanti della prognosi interdittiva posta a fondamento del provvedimento -OMISSIS- avvalora il riferimento, in esso contenuto, al procedimento penale sulla scorta del quale è stato adottato quest’ultimo, “compensando” la cedevolezza indiziaria di quel riferimento conseguente all’esito assolutorio, peraltro allo stato non consacrato da una sentenza definitiva, del relativo giudizio.

7. La parte appellante censura la sentenza appellata anche nella parte in cui ha rilevato che “ con riguardo alla mancata adozione delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese di cui all’art. 32 comma 10, del d.l. n. 90/2014, l’accertamento svolto dall’amministrazione ha evidenziato la mancanza di contratti d’appalto in essere con pubbliche amministrazioni ”: essa deduce sul punto che la circostanza non ha costituito oggetto di gravame.

La censura non è suscettibile di condurre alla riforma della sentenza appellata, ammettendo la stessa appellante che il profilo de quo non ha costituito oggetto di controversia.

8. Infine, la parte appellante contesta quanto affermato dal T.A.R. in ordine al carattere vincolato dell’annotazione ANAC, deducendo che, se fosse annullata l’interdittiva, dovrebbe esserlo anche l’annotazione.

Anche tale profilo deduttivo è irrilevante ai fini dell’accoglimento dell’appello, essendo state respinte le censure formulate nei confronti dell’atto – il provvedimento interdittivo della Prefettura di Roma – presupposto.

9. L’appello, in conclusione, deve essere complessivamente respinto, mentre la complessità dell’oggetto della controversia giustifica la compensazione delle spese del giudizio di appello.

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