Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-04-29, n. 201002465

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-04-29, n. 201002465
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201002465
Data del deposito : 29 aprile 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04233/2009 REG.RIC.

N. 02465/2010 REG.DEC.

N. 04233/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 4233 del 2009, proposto da:
D F V, rappresentatao e difesao dagli avv. G P e, V P, con domicilio eletto presso G P in Roma, corso del Rinascimento N.11;

contro

Comune di Lecce, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. L A e, M L D Svo, con domicilio eletto presso Francesco Baldassarre in Roma, via Cola di Rienzo N. 271;
Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Lecce, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono ex lege domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del TAR LAZIO -

ROMA :

Sezione II TER n. 00602/2009, resa tra le parti, concernente della sentenza del Tar Lazio - Roma :sezione Ii Ter n. 602/2009, resa tra le parti, concernente DIVIETO VENDITA BEVANDE ALCOLICHE IN STADIO COMUNALE DURANTE PARTITE DI CALCIO..


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ufficio Territoriale del Governo di Lecce;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 gennaio 2010 il dottdCons. F C e uditi per le parti gli avvocati l' avv. G P e l'avv. dello Stato Perotti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno respinto il ricorso proposto da De Filppo Valeria, titolare della ditta individuale omonima che ha in gestione il servizio bar all’interno dello stadio comunale di Lecce, avverso l’Ordinanza sindacale 13 settembre 2007, n. 794, con la quale il Comune di Lecce ha disposto il divieto di vendita di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione all’interno dello stadio comunale durante le partite di calcio.

La De Filippo contesta, in sede di appello, gli argomenti posti a fondamento del deciusm.

Resiste il Comune di Lecce.

Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.

All’udienza del 22 gennaio 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione

DIRITTO

Il presente giudizio verte sulla legittimità dell’Ordinanza sindacale con la quale il Comune di Lecce ha disposto il divieto di vendita di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione all’interno dello stadio comunale durante le partite di calcio.

La sentenza appellata non merita censura con riguardo alla statuizione che ha affermato la sussistenza del potere sindacale in subiecta materia. Si deve, infatti, reputare che il potere di vietare o limitare la vendita e l’introduzione di bevande alcooliche nello stadio comunale, rientri nelle competenze che spettano al Sindaco, quale Ufficiale di Governo, in materia di ordine e sicurezza pubblica ai sensi degli arrtt. 54, lettere b) e d) del d.lgs n. 267/2000 e dell’art. 161 del D.Lgs n. 112/1998. Si deve soggiungere che a conferma della sussistenza di questa competenza sindacale si pone la specifica disposizione dettata dall’art. 5, comma 2, della legge 25 agosto 1991, n. 287, che, nel dare corpo alle prescrizioni di cui alle richiamate norme del testo unico, attribuisce al Sindaco il potere di estendere eccezionalmente il divieto di somministrazione di bevande alcoliche durante le manifestazioni sportive anche alle bevande con contenuto alcoolico inferiore al 21% del volume.

La Sezione reputa invece fondato il motivo di appello con cui si contesta il difetto di motivazione e di istruttoria che affligge la citata Ordinanza Sindacale.

Giova infatti rammentare che la fonte normativa che disciplina la materia, ossia il citato art. 5 della legge n. 287/1991, norma richiamata expressis verbis dal provvedimento gravato in prime cure, si è uniformata alle prescrizioni dettate in subiecta materia dalla Convenzione di Strasburgo del 19 agosto 1985, nel senso di vietare in senso assoluto la somministrazione di bevande aventi un contenuto alcoolico superiore al 21 per cento del volume negli esercizi operanti nell'ambito di impianti sportivi, fiere, complessi di attrazione dello spettacolo viaggiante installati con carattere temporaneo nel corso di sagre o fiere, e simili luoghi di convegno, nonché nel corso di manifestazioni sportive o musicali all'aperto, attribuendo altresì al Sindaco il potere di emanare ordinanza al fine di estendere temporaneamente ed eccezionalmente tale divieto alle bevande con contenuto alcoolico inferiore al 21 per cento del volume. Nel caso di specie l’ordinanza sindacale si discosta dal paradigma normativo in quanto fissa un divieto generalizzato di vendita e somministrazione di sostanze alcooliche nello stadio comunale e negli esercizi pubblici in prossimità, in occasione degli incontri aperti al pubblico, in qualunque orario e giorno della settimana, senza essere confortata da un’istruttoria e da una motivazione che evidenzino una situazione di concreto pericolo per la pubblica sicurezza che giustifichi una misura dalla portata restrittiva così ampia. In sostanza, il potere sindacale di ordinanza risulta esercitato in modo esorbitante rispetto ai limiti che lo perimetrano ai sensi della normativa speciale recata dall’art. 5 della legge n. 287/1991 oltre che in relazione allo stesso disposto dell’art. 54 del d.lgs. n. 267/2000, sul piano della congruità della motivazione e dell’ambito temporale di operatività.

Non risultano in definitiva comprovate, in termini di attualità e di concretezza, le esigenze che possano giustificare misure limitative che la legge ex professo qualifica come eccezionali. La rilevanza di tale deficienza motivazionale risulta vieppiù aggravata in ragione dell’ampia portata, temporale e sostanziale, della misura inibitoria adottata.

L’appello deve, in definitiva, essere accolto.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre la compensazione dei due gradi di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi