Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-10-02, n. 202308618

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-10-02, n. 202308618
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202308618
Data del deposito : 2 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/10/2023

N. 08618/2023REG.PROV.COLL.

N. 01852/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso per revocazione numero di registro generale 1852 del 2023, proposto dalla -OMISSIS- in liquidazione), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati L D e M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato R M P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Commissario ad acta per l'Attuazione del Piano di Rientro dei Disavanzi del Settore Sanitario della Regione Lazio, il Ministero della Salute, la Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Provincie Autonome di Trento e Bolzano, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , non costituiti in giudizio;
l’Asl Roma 5, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Valentino Vincenzo Giulio Vescio di Martirano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione terza, n. -OMISSIS-.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio e della Asl Roma 5;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 giugno 2023 il consigliere Nicola D'Angelo e uditi per le parti gli avvocati M M, Giuseppe Allocca, su delega dell’avvocato R M P, Valentino Vincenzo e Giulio Vescio Di Martirano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Centro di -OMISSIS-in liquidazione impugnava al Tar Lazio la relazione finale della “Commissione degli Esperti” costituita, ai sensi del punto 3.7 del DPCA n. -OMISSIS- per la risoluzione del contenzioso sorto tra la stessa struttura e la Regione Lazio a seguito dei controlli effettuati dalla Lazio Sanità (Agenzia di Sanità Pubblica, di seguito ASP) relativi ad un totale di 100 ricoveri nel primo semestre 2010 e 63 ricoveri nel secondo semestre 2010 di riabilitazione intensiva post acuzie ospedaliera.

1.1. In particolare, la Commissione, dopo aver completato la valutazione di tutte le singole cartelle cliniche in contestazione, stabiliva che i ricoveri di riabilitazione erogati dalla Nomentana Hospital, nel periodo di riferimento fossero “ tutti inappropriati ai sensi del Decreto del Presidente in qualità di Commissario ad acta 4 agosto 2009 n. 58 ”.

1.2. Il Tar Lazio respingeva il ricorso con la sentenza n. -OMISSIS-. Tale decisione veniva poi confermata in appello da questa Sezione con la sentenza n. -OMISSIS-.

1.3. Più nel dettaglio, il giudice di appello ha, tra l’altro, affermato al paragrafo 3 che: “ E’ da rigettare la doglianza con cui viene reiterata la censura concernente la violazione della riserva di legge prevista dall’art. 23 Cost. in materia di sanzioni amministrative.

A parere dell’appellante, il legislatore non avrebbe rispettato tale riserva in quanto né le pertinenti leggi dello Stato, né quelle delle Regioni avrebbero sufficientemente precisato i presupposti ed il quantum delle sanzioni amministrative in materia di controlli esterni.

In senso contrario va richiamato quanto già statuito da questa Sezione in analoghe controversie con le sentenze -823 e n. 824/2020, nonché n. 1819 e 1820/2021-, che hanno dichiarato la corretta qualificazione delle decurtazioni pecuniarie da intendersi come misure ascrivibili ad un ambito distinto da quello tracciato dalla legge n. 689 del 1981 e direttamente afferente al rapporto di natura sostanzialmente concessoria di cui all'art. 8 octies, d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 e ss. (“le regioni, in attuazione dell'atto di indirizzo e coordinamento, entro sessanta giorni determinano: a) le regole per l'esercizio della funzione di controllo esterno e per la risoluzione delle eventuali contestazioni, stabilendo le relative penalizzazioni […]”).

Alla luce di questo dato interpretativo di portata sostanziale (rinvenibile anche nelle considerazioni svolte ai fini del riparto di giurisdizione dal Consiglio di Stato, sez. III, n. 7820/2020) appare superabile l’argomento nominalistico riferito al ricorrente impiego nei DCA n. 58/2009 e n. 40/2012 di forme lessicali echeggianti il concetto di “sanzione amministrativa” in senso proprio.

Le penalità applicate dalla parte pubblica fanno tutt’uno con l'esercizio del potere autoritativo di programmazione sanitaria espresso attraverso la definizione del sistema dei controlli sull'attività sanitaria e dei relativi criteri operativi, tanto vero che la struttura accreditata, per sottrarsi alle "sanzioni" applicate, è tenuta ineludibilmente a contestare la legittimità dell'esplicazione degli specifici poteri di vigilanza e controllo sulla correttezza della gestione.

Dunque, la correlazione tra potere di vigilanza e potere sanzionatorio rende, per un verso, il provvedimento sanzionatorio ascrivibile alla materia dei servizi pubblici, risultando la penalità direttamente funzionale alla tutela dell'interesse pubblico al corretto espletamento del servizio e

non al mero ripristino della legalità violata;
per altro verso, dal punto di vista del soggetto destinatario della sanzione, detta correlazione determina un intreccio di diritti soggettivi e di essi legittimi che rende compatibile l'affermazione della giurisdizione del G.A. al quadro delineato dalla

Corte Costituzionale con la sentenza n. 204/2004 (laddove la qualificazione in termini di sanzione amministrativa motiverebbe l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario ex art. 22 l. n. 689/1981).

La riepilogata qualificazione ha trovato l’avallo anche delle Sezioni unite della Corte di Cassazione (si vedano le pronunce n. 18168/2017 e n. 23540/2019), secondo le quali il modello di controllo strutturato dai DM del 2009 e del 2012 manifesta una “totale incompatibilità giuridica con lo schema di principio che regge la materia delle sanzioni amministrative pecuniarie secondo la L. n. 689 del 1981” (Cass., S.U. n. 23540/2019) e pone capo a penalità patrimoniali (impropriamente definite “sanzioni” nei Decreti 2009 e 2012) direttamente funzionali alla tutela dell'interesse pubblico al corretto espletamento del servizio-sanità (così Cass. S.U. n. 18168/2017, che fa richiamo all'applicazione delle penali nella materia delle concessioni di pubblico servizio: v. Cass. S.U. n. 12111/2013 ) ”.

1.4. In sostanza, la questione principale affrontata nel giudizio di appello ha riguardato la dedotta violazione del principio di legalità derivante dalla circostanza che il regime sanzionatorio applicato dall’ASP non sarebbe stato delineato da una fonte normativa primaria anche in ordine alla quantificazione della sanzione per l’illecito amministrativo contestato.

2. Ciò premesso, con il presente ricorso la Nomentana Hospital (già Centro di Sanità) ha chiesto la revocazione della citata sentenza di questa Sezione n. -OMISSIS- prospettando due profili rescindenti.

2.1. Nel primo la ricorrente afferma che la sentenza sarebbe incorsa in un errore di fatto rilevante ai fini revocatori, ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. come richiamato dall’art. 106 c.p.a., laddove ha ritenuto rispettato il perimetro della riserva di legge in merito alle “ sanzioni amministrative ” irrogate a seguito dei controlli dell’ASP per conto della Regione Lazio. In realtà, la Giunta regionale avrebbe costruito un sistema dei controlli al cui esito si manifestavano vere e proprie sanzioni amministrative. La sentenza impropriamente avrebbe quindi definito “ forme lessicali echeggianti il concetto di sanzione amministrativa ” le disposizioni regionali di cui alle DCA n. 58/2009 e n. 40/2012. Ma come evidenziato dalla sentenza della Cassazione SS.UU n. 38596 del 6 dicembre 2021, i limiti dell’attività interpretativa del giudice non avrebbero potuto travalicare l’interpretazione più corretta della norma e non una qualunque tra quelle che il testo consentiva. Interpretando le norme nel senso contenuto nella sentenza revocanda, il giudice di appello si sarebbe così fatto “normatore”, andando contro una pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione (ordinanza n. 18168/2017) su una vicenda intercorsa tra le medesime parti in tema di sanzioni amministrative comminate nell’ambito dell’attività di vigilanza, nonché ai precedenti dello stesso Consiglio di Stato che avevano ritenuto in casi analoghi la natura sanzionatoria dei provvedimenti dell’Amministrazione regionale (es. sentenze n. 2931 del 2019 e n. 3189 del 2015).

2.2. Con il secondo motivo revocatorio, parte ricorrente rileva come la sentenza non abbia tenuto conto dell’intervenuto giudicato interno derivante dalla stessa sentenza del Tar Lazio appellata (n. -OMISSIS-). Il giudice di primo grado aveva espressamente ritagliato il perimetro del thema decidendum , statuendo testualmente che il DCA 58/2009, regolante il controllo delle prestazioni sanitarie delle strutture sanitarie accreditate con la Regione Lazio, prevedesse un vero e proprio sistema di sanzioni amministrative, che avrebbe dovuto soggiacere all’applicazione del principio, avente valenza costituzionale della cosiddetta riserva relativa di legge, aderendo, dunque, di tal fatta, alla ricostruzione operata dalla ricorrente nel processo.

2.3. In fase rescissoria, la ricorrente ha poi riproposto i motivi contenuti nell’appello deciso con la sentenza oggetto del presente giudizio di revocazione.

3. La Regione Lazio e la Asl n. 5 si sono costituite in giudizio rispettivamente il 27 febbraio e il 21 marzo 2023. Entrambe le parti hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso.

4. La ricorrente ha depositato ulteriori documenti il 17 aprile 2023 ed una memoria il 12 maggio 2023.

4. La Asl n. 5 e la Regione hanno depositato repliche il 16 e il 25 maggio 2023.

5. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza pubblica del 15 giugno 2023.

6. La questione centrale alla base del primo motivo revocatorio proposto dalla ricorrente, ai sensi dell’art. 395 n. 4, c.p.c., così come richiamato dall’art. 106 del c.p.a., consiste nella circostanza che il collegio di cui alla sentenza di questa Sezione n. -OMISSIS- avrebbe travalicato i poteri interpretativi del giudice e non avrebbe tenuto conto dei precedenti della Cassazione e di questa stessa Sezione che avevano ritenuto di configurare i provvedimenti di recupero delle prestazioni sanitarie non giustificate come atti sanzionatori. In sostanza, la sentenza erroneamente non ha considerato una circostanza di fatto relativa all’assunzione degli stessi provvedimenti in assenza di uno specifico parametro di legge.

6.1. Sul punto va tuttavia osservato che se è vero che l’attività interpretativa della legge segue i normali criteri positivizzati nel nostro ordinamento dall’art. 12 delle preleggi anche per ciò che concerne la materia sanzionatoria, è altrettanto vero che le azioni di recupero di prestazioni sanitarie inappropriate sono ascrivibili ad un ambito in parte distinto da quello delle sanzioni amministrative. Esse scaturiscono dall’applicazione di disposizioni regionali (nella specie DCA n. 58/2009 e n. 40/2012) che regolano le funzioni di controllo e le conseguenti penalizzazioni nell’ambito di relazioni sostanzialmente riconducibili alla relazione concessoria intervenuta con i soggetti privati (convenzionati) ai fini della loro partecipazione al servizio sanitario pubblico (in concreto, il giudice di appello ha inteso definire la questione anche sotto l’egida delle disposizioni che regolano nello specifico l’assistenza sanitaria – cfr. art. 8 octies , comma 3 , del d.lgs. n. 502 del 1992).

6.2. Tenendo conto del quadro sopra delineato, le penalità applicate risultano correlate al potere autoritativo di controllo delle attività di ricovero, così come rilevato in diverse decisioni di questa Sezione (cfr. es. sentenza n. 823 del 3 febbraio 2020, che al paragrafo 14 ha fatto sua l’impostazione del giudice di primo grado “ l’art. 1, comma 1, l. n. 689 del 1981, non esclude che “precetti sufficientemente individuati dalla norma primaria siano eterointegrati da norme regolamentari delegate che, in virtù del peculiare tecnicismo della dimensione in cui le fonti

secondarie sono destinate ad operare, li rendono meglio aderenti alla multiforme realtà socioeconomica”;
inoltre, poiché l’esistenza di tale situazione alla luce del disposto dell’art.

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