Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-01-05, n. 202100140

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-01-05, n. 202100140
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202100140
Data del deposito : 5 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/01/2021

N. 00140/2021REG.PROV.COLL.

N. 01237/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1237 del 2017, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato N S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato R P in Roma, via Emilio Faà di Bruno, 29,

contro

il Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12,

per l’annullamento ovvero la riforma

previa cautela

della sentenza del T.A.R. Basilicata, -OMISSIS-, che ha respinto il ricorso n. -OMISSIS-., proposto per l’annullamento del provvedimento 29 ottobre 2015, prot. n. A 1529, notificato il giorno 30 ottobre, con il quale il Ministero dell’interno - Dipartimento della Pubblica sicurezza – Direzione centrale per le Risorse umane ha respinto l’istanza di assegnazione temporanea presentata dal ricorrente, ai sensi dell’art. 42 bis del d. lgs. 26 marzo 2001, n. 151.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 12 novembre 2020, il Cons. Francesco Gambato Spisani e dato atto che nessuno è presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente appellante, viceprefetto aggiunto dipendente del Ministero dell’interno, il giorno 9 settembre 2015 è diventato padre di una bambina, e per questa ragione il successivo giorno 22 settembre 2015 ha presentato istanza (doc. 6 del ricorrente appellante) per fruire del beneficio di cui all’art. 42 bis comma 1 del d. lgs. n. 151/2001 e quindi per essere assegnato temporaneamente a domanda dalla propria sede di servizio, la Prefettura di Potenza, alla Prefettura di Salerno, vicino al luogo ove risiede la famiglia e lavora la madre della piccola.

2. Con il provvedimento 29 ottobre 2015 meglio indicato in epigrafe (doc. 1 del ricorrente appellante), l’Amministrazione ha respinto l’istanza, evidenziando che la Prefettura di Potenza ha una scopertura di organico del 71% nel ruolo dei viceprefetti, che sono 2 su 7 in organico.

3. Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha respinto il ricorso, ritenendo che la situazione espressa nel provvedimento costituisse una eccezionale ragione che ai sensi dell’art. 42 bis d. lgs. n. 151/2001 citato consente di negare il trasferimento richiesto a tal titolo.

4. Contro questa sentenza, l’interessato ha proposto impugnazione, con appello che contiene un unico motivo di violazione dell’art. 42 bis d. lgs. n. 151/2001 e sostiene che eccezionali ragioni per sostenere il diniego non ve ne sarebbero.

5. L’Amministrazione ha resistito, con atto 12 aprile e memoria 22 aprile 2017, ed ha chiesto che l’appello sia respinto.

6. Con ordinanza 28 aprile 2017, n. 1802, la Sezione ha respinto la domanda cautelare.

7. Alla pubblica udienza del giorno 12 novembre 2020, la Sezione ha infine trattenuto il ricorso in decisione.

8. L’appello è infondato e va respinto, per le ragioni che seguono.

9. Per chiarezza, va riportata la norma rilevante, nel testo vigente all’epoca dei fatti. Il d. lgs. 26 marzo 2001, n. 151, “ Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53 ”, prevede all’art. 42 bis , rubricato “ Assegnazione temporanea dei lavoratori dipendenti alle amministrazioni pubbliche ”, che “ Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda (comma 1). Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione (comma 2)”.

10. In proposito, si devono premettere alcune considerazioni di ordine generale.

10.1. Come si comprende a semplice lettura della rubrica, si tratta di un istituto a carattere provvisorio, che cessa di produrre effetti in modo automatico al superamento del termine massimo di durata previsto per il quale è stato accordato, e non incide in modo definitivo sullo stato del dipendente interessato, il quale infatti lascia libero il proprio posto originario solo “ temporaneamente ”.

10.2. Come tale, esso ha la funzione di agevolare la cura dei minori nella primissima infanzia, e quindi protegge i valori della famiglia, e più in generale della genitorialità, tutelati dall’art. 30 della Costituzione, per cui “ E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli ”, e dal successivo art. 31, per cui “ La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo ”.

10.3. Nello stesso senso, sono poi le norme di trattati internazionali ai quali l’Italia aderisce, in primo luogo l’art. 24 della Carta di Nizza, per cui “ I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere… In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente… ”. Contenuto analogo ha l’art. 3 della Convenzione delle Nazioni unite 5 settembre 1991 sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata con l. 27 maggio 1991, n. 176, per cui: “ In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente.

2. Gli Stati parti si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, e a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi e amministrativi appropriati
”.

11. Ad avviso del Collegio, la norma dell’art. 42 bis si applica anche agli appartenenti alle Forze armate e ai corpi di polizia, e quindi anche alla carriera prefettizia, di cui fa parte il ricorrente appellato.

11.1. In questo senso è anzitutto il riferimento, fatto dal comma 1 dell’articolo, ai dipendenti “ di amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 ”, che comprendono indiscutibilmente appunto sia le Forze armate, sia i vari corpi di polizia.

11.2. L’argomento contrario, sostenuto in giurisprudenza, per tutte, da C.d.S., sez. III, 21 marzo 2019, n. 1896, sez. VI, 14 ottobre 2010, n. 7506, e sez. IV, 14 luglio 2007, n. 3876, relative rispettivamente ad appartenenti alla Polizia di Stato, ai Vigili del fuoco e alla Guardia di Finanza, si basa sul successivo art. 3 dello stesso d. lgs. n. 165/2001, per cui “ rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: … il personale militare e delle Forze di polizia di Stato… e della carriera prefettizia… ” (comma 1) e resta allo stesso modo disciplinato dal diritto pubblico “ secondo autonome disposizioni ” il rapporto di impiego “ del personale, anche di livello dirigenziale, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ” (comma 1 bis ).

11.3. Lo stesso significato si può poi attribuire ad una serie di norme per le quali per il rapporto di impiego del personale delle Forze armate e dei corpi di polizia le norme previste per gli impiegati civili valgono in quanto applicabili. In dettaglio, l’art. 1493, comma 1, del d. lgs. 15 marzo 2010, n. 66, codice dell’ordinamento militare, applicabile anche al personale della Guardia di finanza ai sensi del successivo art. 2136, dispone che “ Al personale militare femminile e maschile si applica, tenendo conto del particolare stato rivestito, la normativa vigente per il personale delle pubbliche amministrazioni in materia di maternità e paternità ”. Gli articoli 23, penultimo comma, della l. 1 aprile 1981, n. 121, sull’ordinamento della Polstato, e 1, comma 4, della l. 15 dicembre 1990, n. 395, sull’ordinamento della Polizia penitenziaria, dispongono poi, con formula più ampia, ma per quanto interessa sostanzialmente equivalente, che ai dipendenti “ si applicano, in quanto compatibili, le norme relative agli impiegati civili dello Stato ”.

11.4. Con riguardo al caso specifico della Polizia di Stato, la giurisprudenza, in particolare la citata C.d.S., sez. III, n. 1896/2019, ha tratto poi ulteriori argomenti per escludere l’applicabilità dell’art. 42 bis in esame anzitutto dall’art. 36 della l. n. 121/1981, per cui nel relativo ordinamento è escluso “ ogni tipo di mobilità esterna all’amministrazione ”. Ciò vorrebbe dire, nell’ordine di idee riferito, che l’assegnazione provvisoria non potrebbe avvenire al di fuori della Polizia stessa. Essa però, sempre nell’ordine di idee riferito, non potrebbe avvenire nemmeno all’interno di essa, perché per le stesse esigenze sarebbe prevista l’assegnazione ad altra sede per gravissimi e documentati motivi di carattere familiare o personale, ai sensi dell’art. 7 del D.P.R. 16 marzo 1999, n. 254.

11.5. Il Collegio non ritiene di condividere gli argomenti appena esposti, e condivide invece la tesi per cui l’assegnazione provvisoria ai sensi dell’art. 42 bis è applicabile anche alle categorie in esame, così come ritenuto, fra le molte, dalle sentenze C.d.S., sez. IV, 7 febbraio 2020, n. 961, sez. III ,16 dicembre 2013, n. 6016, e sez. VI, 21 maggio 2013, n. 2730.

11.6. In proposito, osserva anzitutto che la lettera dell’art. 42 bis non prevede in modo espresso alcuna esclusione nell’ambito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Vale allora la regola interpretativa stabilita da costante giurisprudenza della Corte, che come tale non richiede puntuali citazioni: fra due interpretazioni in astratto ugualmente sostenibili, si deve scegliere quella conforme alla Costituzione. È quindi sicuramente conforme ai citati artt. 30 e 31 Cost. – oltre che alle norme internazionali citate - un’interpretazione che estende, e non restringe, l’ambito di applicabilità di un istituto a tutela della genitorialità e dell’infanzia, tutela dalla quale, a ben vedere, dipende nel lungo periodo la stessa sopravvivenza della collettività nazionale come tale, e quindi dell’elemento personale dello Stato. L’interpretazione restrittiva, inoltre, introdurrebbe una disparità di trattamento fra dipendenti pubblici, con potenziale violazione anche dell’art. 3 Cost.

11.7. Ciò non significa ovviamente, come subito si dirà, che l’applicazione della norma non vada contemperata con altri interessi pure di rango costituzionale, come la difesa della Patria di cui all’art. 52 Cost, compito istituzionale delle Forze armate, e il buon andamento dell’amministrazione, tutelato dall’art. 97 Cost. Il contemperamento va però cercato nelle soluzioni applicative, e non nell’esclusione dell’istituto. In proposito, si può allora dire da subito che per gli appartenenti alle categorie in esame va esclusa, ove non consentita dal proprio specifico ordinamento, l’assegnazione ad altra amministrazione, che invece è senz’altro da ritenere possibile fra sedi diverse dell’amministrazione di appartenenza, come del resto dà per pacifico la parte interessata, che ha presentato appunto domanda in tal senso.

12. Tutto ciò premesso, l’art. 42 bis per accordare l’assegnazione provvisoria richiede alla lettera due requisiti, ovvero la “ sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva ” e il “ previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione ”. In proposito, sono necessarie precisazioni.

12.1. Il primo requisito, ovvero la “ sussistenza di un posto vacante e disponibile ” rileva nel caso, diverso da quello in esame, in cui l’assegnazione sia richiesta ad un’amministrazione diversa da quella cui l’interessato appartiene: in tal caso, il legislatore ha ritenuto impossibile che la pianta organica dell’amministrazione destinataria, la quale non abbia in quel momento posti disponibili, possa essere variata in via temporanea. Il requisito invece non rileva nel caso in esame, in cui l’assegnazione sia chiesta per una sede diversa della stessa amministrazione: in questo caso, il posto in organico esiste, perché è evidentemente quello ricoperto dall’interessato;
si tratta invece di modificare, in termini comuni, il luogo di lavoro.

12.2. Rileva allora essenzialmente il secondo requisito, ovvero il “ previo assenso ” dell’amministrazione, che secondo quanto previsto dalla norma stessa può essere negato solo con un dissenso “ motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali ”. Si tratta allora di stabilire in cosa queste esigenze eccezionali possano consistere, tenendo conto che ci si trova di fronte non ad un diritto soggettivo, ma ad un interesse legittimo del dipendente, il cui sacrificio deve essere appunto motivato: in questo senso, per tutte, già C.d.S., sez. III, 8 aprile 2014, n. 1677.

12.3. Come si è detto, per le categorie in esame, ovvero per gli appartenenti alle Forze armate e ai corpi di polizia, è necessario nell’applicazione dell’istituto tenere conto della specificità dei rispettivi ordinamenti, ovvero, così come affermato per tutte da C.d.S., sez. IV, 30 ottobre 2017, n. 4993, con la specifica loro funzione, che è quella - come si è detto a sua volta di rilievo costituzionale - di garantire la difesa militare dello Stato ovvero la prevenzione e repressione dei reati, anche con l'uso della forza. Ciò significa che delle relative esigenze di servizio, pur in termini di eccezionalità, si dovrà tenere conto in modo congruo.

13. Tanto premesso, sul significato dell’espressione “ casi o esigenze eccezionali ” si sono formati, fondamentalmente, tre orientamenti, con l’avvertenza che talora si tratta di un orientamento espresso per implicito, ma inequivocabilmente, nella soluzione adottata, in particolare nel caso di ordinanze cautelari, piuttosto che di un’enunciazione esplicita.

13.1. Un primo orientamento, espresso per tutte da C.d.S., sez. IV, 10 luglio 2013, n. 3683, propende per una tesi restrittiva, nel senso che l’Amministrazione potrebbe negare l’assegnazione temporanea quando “ siano di ostacolo prevalenti esigenze organizzative e di servizio ”. In questo modo, secondo logica, si riconosce all’Amministrazione una discrezionalità molto ampia, sindacabile secondo le regole generali solo nei casi di esiti abnormi o manifestamente contraddittori.

13.2. Un secondo orientamento, espresso per tutte da C.d.S., sez. VI, 1 ottobre 2019, n. 6577, e 2 novembre 2017, n. 5063, è invece di segno opposto: l’Amministrazione potrebbe negare l’assegnazione solo dimostrando, con una puntuale motivazione, l’indispensabilità ovvero insostituibilità del dipendente interessato nella specifica posizione ricoperta, nel senso che il trasferimento potrebbe arrecare irrimediabile pregiudizio alle esigenze dell’ente di appartenenza.

13.3. Vi è poi un terzo orientamento, che si può definire intermedio e come si è detto emerge per implicito nelle soluzioni concretamente accolte, per esempio da C.d.S., sez. IV, ordinanze 5 settembre 2019, n. 5708, e 28 luglio 2017, n. 3198, e sentenza sez. III, 1 aprile 2016, n. 1317: l’Amministrazione può respingere la domanda anche per esigenze organizzative non riferite in via diretta al lavoratore interessato, purché oggettivamente non comuni e di evidente rilievo, come nel caso di marcate carenze di organico.

13.4. Il Collegio, conformemente a quanto già ritenuto dalla Sezione nella sentenza già citata n. 961/2020 e nelle recenti conformi 23 novembre 2020, n. 7326, e 24 novembre 2020, n. 7359, ritiene di condividere l’indirizzo intermedio, per le ragioni che ora si rendono esplicite.

13.5. Il primo orientamento, come si è detto, ritiene rilevanti mere ragioni organizzative, che in pratica coincidono spesso con una qualsiasi carenza di personale nell’organico della sede cui l’interessato è addetto, e ad avviso del Collegio non va condiviso perché svuota di significato l’istituto. Infatti, una carenza di organico non particolarmente pronunciata o una normale esigenza di servizio vanno fronteggiate, di regola, con una riorganizzazione, in modo da non arrivare al sistematico sacrificio dei valori di rango costituzionale protetti dalla norma in esame, che come si è detto sono la genitorialità e la tutela della primissima infanzia.

13.6. Il secondo orientamento, che ritiene rilevante solo il caso in cui l’interessato sia insostituibile presso la sede di appartenenza, non va a sua volta condiviso perché cade nell’eccesso opposto, di restringere eccessivamente la discrezionalità dell’Amministrazione, e in questo modo disconosce qualsiasi peculiarità dell’impiego nelle categorie in esame. Non consente infatti di valorizzare esigenze non direttamente connesse all’interessato, ma comunque di rilievo.

13.7. Va invece condiviso l’orientamento intermedio, per cui l’Amministrazione può tenere conto di esigenze organizzative anche non direttamente o esclusivamente connesse con le competenze professionali dell’interessato ovvero con l’insostituibilità delle mansioni da questi svolte nella sede di appartenenza, ma non può banalmente riferirsi ad una mera scopertura di organico, nei termini di cui subito.

14. Ad un fine di maggiore concretezza, il Collegio ritiene di esemplificare, in via indicativa e non tassativa, alcuni casi in cui si possono effettivamente ravvisare i “ casi o esigenze eccezionali ” che consentono all’Amministrazione, sulla quale incombe il relativo onere della prova, di negare legittimamente il beneficio richiesto.

14.1. Un primo possibile caso si verifica quando la sede di assegnazione sia chiamata a fronteggiare una significativa e patologica scopertura di organico, che, in mancanza di un dato normativo di supporto, il Collegio individua, equitativamente, nella percentuale pari o superiore al 40% della dotazione organica dell’ufficio di assegnazione, che potrà essere presa in considerazione, ai fini del diniego, sia riferendola a tutte le unità di personale assegnate a quella sede sia riferendola al solo personale appartenente al medesimo ruolo del soggetto istante. Tale ipotesi rientra, ad avviso del Collegio, nei “ casi ed esigenze eccezionali ”, perché impedisce di riconoscere il beneficio laddove si debba evitare che la sede di appartenenza venga sguarnita oltremodo, al di là di quella che può essere una contingente e fronteggiabile carenza di personale, oppure sia necessario evitare che la qualifica di appartenenza non sia oltremodo depauperata di unità. In quest’ultimo caso, pur a fronte della presenza in servizio di altro personale con diversa qualifica, non si consentirebbe infatti un equilibrato funzionamento dell’unità operativa di appartenenza.

14.2. Un secondo possibile caso si verifica quando, pur non essendovi una scopertura come quella descritta in seno alla sede di appartenenza dell’istante, nondimeno, nell’ambito territoriale del comando direttamente superiore a quello di appartenenza (ad esempio l’ambito provinciale, ove la singola sede faccia gerarchicamente riferimento ad un comando provinciale) si ravvisino, all’interno della maggioranza delle altre sedi di servizio, scoperture di organico valutate secondo i parametri indicati al paragrafo precedente. Infatti, la descritta situazione di sottorganico generalizzato, ancorché non riferibile alla sede di servizio dell’istante, renderebbe, anche in questo caso, eccessivamente difficoltoso per l’Amministrazione riorganizzare l’attività istituzionale, ove fosse necessario attingere alla sede di assegnazione del lavoratore per colmare i vuoti di organico che persistono nelle sedi limitrofe della stessa area di riferimento.

14.3. Un terzo possibile caso si verifica quando la sede di assegnazione, pur non presentando una scopertura significativa e patologica, qual è quella innanzi indicata, presenta comunque un vuoto di organico e si trova in un contesto connotato da peculiari esigenze operative. Si pensi all’ipotesi in cui l’unità impiegata nella sede di appartenenza si trovi a fronteggiare emergenze di tipo terroristico, come nel caso scrutinato da Cons. Stato, Sez. IV, 28 luglio 2017, n. 3198, oppure pervasivi fenomeni di criminalità organizzata di tipo mafioso, o sia di supporto a reparti impiegati in missioni all’estero, sempre che non vi siano nella circoscrizione del comando gerarchicamente superiore altre sedi dalle quali sia possibile attingere, in via temporanea, un sostituto.

14.4. Un quarto possibile caso si verifica quando, effettivamente, l’istante svolge un ruolo di primaria importanza nell’ambito della sede cui appartiene e non sia sostituibile con altro personale presente in essa o in altra sede da cui sia possibile il trasferimento. In questo caso, la ragione ostativa andrà ravvisata non nel possesso in sé di una particolare qualifica da parte dell’interessato, ma nel fatto che quella qualifica sia necessaria nell’ambito di specifiche operazioni in essere o nell’ambito di operazioni che è ragionevole prevedere dovranno essere espletate. Una ragionevole previsione si fonda poi, anche qui in via di esempio, sul contesto ambientale che implica lo svolgimento di quel servizio o l’impiego di militari o agenti dotati di quella qualifica;
ovvero su un criterio storico-statistico, quando quel genere di attività è stata già espletata in passato nell’ambito di quella sede di servizio e l’Amministrazione attesti possa verificarsi in futuro, perché non collegata con un’esigenza del tutto irripetibile.

14.5. Infine un quinto caso si verifica quando l’interessato, pur non in possesso di una peculiare qualifica, è comunque impiegato in un programma o in una missione speciale ad altissima valenza operativa, che deve essere compiutamente indicata nel provvedimento - salvi, ovviamente, i profili di segreto o riservatezza che dovessero emergere per la tutela della suddetta operazione - e dalla quale l’Amministrazione ritenga non possa essere proficuamente distolto.

15. Applicando i principi appena delineati al caso di specie, l’appello dell’interessato va respinto.

16.1. Il provvedimento impugnato, come accennato, motiva (doc. 1 in primo grado del ricorrente appellante, cit.) dando atto di una scopertura particolarmente importante nella qualifica dell’interessato presso la sede di assegnazione, scopertura pari al 71%.

16.2. Ad avviso del Collegio, ciò integra in modo evidente l’esigenza eccezionale sopra esemplificata, sotto il profilo della grave scopertura di organico della sede in questione, tenuto anche conto che la percentuale indicata corrisponde, in valore assoluto, alla presenza di due soli viceprefetti. Del tutto evidente che l’assegnazione dell’interessato, che ne farebbe venire meno uno, renderebbe sostanzialmente impossibile anche programmare qualsiasi turnazione o riposo.

16. In proposito, è necessaria una precisazione. Nell’atto di appello, il ricorrente appellante (pp. 16-20) ritiene di dimostrare che la condotta dell’Amministrazione nei suoi confronti sarebbe illogica, riferendosi a casi a suo dire simili, nei quali la scopertura di organico della sua sede non sarebbe stata considerata. Tale ordine di idee però non va condiviso, in quanto i casi cui la parte si riferisce o sono successivi al provvedimento impugnato – che invece per principio pacifico va giudicato in base alla coeva situazione di fatto - ovvero si riferiscono a personale di qualifica del tutto diversa, ovvero ad un archivista (p. 19 § II c) e ad un dirigente di cancelleria (p. 20 secondo paragrafo).

17. Di conseguenza, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado va respinto nel merito, così come in dispositivo, e ciò, si aggiunge per completezza, supera l’eventuale improcedibilità dello stesso che si potrebbe profilare – ma non è stata prospettata dalle parti - dato che in corso del processo il minore interessato ha superato i tre anni di età.

18. La particolarità della controversia, sulla quale, come si è detto, in giurisprudenza si sono avuti contrasti, è giusto motivo per compensare le spese dell’intero giudizio.

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