Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-02-18, n. 201101040
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N. 01040/2011REG.PROV.COLL.
N. 01160/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1160 del 2006, proposto dalla prof.ssa B B, rappresentata e difesa dall'avv. N M, con domicilio eletto presso Peppino Mariano in Roma, via G. Pierluigi Da Palestrina, n. 55;
contro
Ministero della Pubblica Istruzione, Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA - SEZIONE STACCATA DI REGGIO CALABRIA, n. 1319/2005, resa tra le parti, concernente CONCORSO RISERVATO PER TITOLI ED ESAMI A POSTI DI INSEGNANTE DI RELIGIONE CATTOLICA
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Pubblica Istruzione e dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2011 il Cons. C C e udito l’avvocato dello Stato Massarelli per le amministrazioni appellate
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La prof.ssa B riferisce che con decreto del competente dirigente generale in data 2 febbraio 2004 il Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca bandì un concorso riservato, per titoli ed esami, a posti di insegnante di religione cattolica.
L’articolo 2, comma 1 del decreto inditivo stabiliva che per essere ammessi alla procedura selettiva fosse necessario aver prestato servizio per un orario mediamente non inferiore, nel quadriennio continuativo dichiarato ai fini della partecipazione, alla metà di quello dell’obbligo (ossia, alla metà di 18 ore – 9 ore -).
L’appellante presentò domanda di partecipazione alla procedura in questione allegando di aver svolto, nel corso del quadriennio dichiarato ai fini della partecipazione 10 ore settimanali nel corso dell’a.s. 1999/2000, 8 ore settimanali nel corso dell’a.s. 2000/2001, 6 ore settimanali nel corso dell’a.s. 2001/2002 e 9 ore settimanali nel corso dell’a.s. 2002/2003 (per una media complessiva pari a 8,25 ore settimanali nell’arco del quadriennio).
Con il provvedimento impugnato in primo grado il direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale per la Calabria decretò l’esclusione dell’odierna appellante dalla procedura, “ in quanto la candidata non risulta essere in possesso del requisito del servizio per un orario mediamente non inferiore, nel quadriennio continuativo dichiarato, alla metà di quello dell’obbligo ”.
Il decreto in questione veniva gravato dalla prof.ssa B innanzi al tribunale amministrativo regionale per la Calabria il quale, con la pronuncia oggetto del presente gravame, respingeva l’impugnativa.
In particolare il Tribunale osservava:
- che il lamentato difetto in sede di comunicazione di avvio del procedimento di esclusione non rendesse comunque annullabile l’atto finale, in quanto l’esclusione costituiva provvedimento vincolato alla luce della carenza dei requisito di partecipazione. Sotto questo aspetto, il Tribunale sottolineava il fatto che, nelle more del giudizio, era entrata in vigore la l. 11 febbraio 2005, n. 15 la quale, introducendo nel corpus della l. 7 agosto 1990, n. 241 un nuovo articolo 21- octies , aveva codificato l’istituto della c.d. ‘illegittimità non invalidante’, ritenuta applicabile al caso di specie;
- che, nel merito, il carattere vincolato dell’esclusione discendeva dalla pacifica carenza in capo alla ricorrente di un requisito di partecipazione;
- che la previsione di cui al decreto direttoriale del febbraio 2004 fosse tassativa nel richiedere una prestazione media effettiva pari a 9 ore settimanali, e non consentisse interpretazioni in bonam partem , fondate sull’applicazione “ del generale principio di equità e perequazione ” (invocato dalla difesa della prof.ssa B)
La pronuncia in questione veniva gravata in sede di appello dalla prof.ssa B, la quale ne chiedeva l’integrale riforma articolando due motivi di gravame ( 1) Sulla violazione della normativa sul procedimento – Violazione della l. 241/90;2) Sull’eccesso di potere. Violazione del principio di equità )
All’udienza pubblica del 21 gennaio la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da un’insegnante di religione cattolica avverso la sentenza del tribunale amministrativo regionale per la Calabria con cui è stato respinto il ricorso avverso il provvedimento dell’Ufficio scolastico regionale per la Calabria con il quale era stata disposta la sua esclusione da un concorso a posti di insegnamento, per carenza di un requisito di partecipazione.
2. Con il primo motivo di appello, la prof.ssa B lamenta l’erroneità della pronuncia in epigrafe per la parte in cui ha ritenuto che le illegittimità realizzate dall’amministrazione in relazione agli obblighi di partecipazione procedimentale non potessero comunque sortire effetti invalidanti sul provvedimento finale, dovendo trovare applicazione nel caso di specie la disposizione di cui al comma 2 dell’art. 21- octies della l. 7 agosto 1990 (peraltro, introdotta nelle more del giudizio).
Secondo l’appellante, la disposizione in questione (la quale tratta l’ipotesi di radicale omissione della comunicazione di avvio in ipotesi di provvedimenti vincolati per l’amministrazione) non troverebbe applicazione nel caso di specie, trattandosi del diverso caso in cui la comunicazione di avvio del procedimento era stata, si, fornita, ma con una tempistica così stringente da non porre l’interessata in condizione di rappresentare in modo effettivo le proprie ragioni (la comunicazione di avvio del procedimento risaliva al giorno 8 ottobre 2004 – venerdì – mentre l provvedimento di esclusione era stato adottato il successivo 11 ottobre – lunedì -).
In definitiva, nel caso di specie, una volta che l’amministrazione aveva optato per coinvolgere comunque l’interessata nel procedimento, non avrebbe poi potuto operare in modo tale da rendere inutile ( rectius : impossibile) la sua partecipazione procedimentale.
Ad ogni modo, la stessa comunicazione di avvio del procedimento in data 8 ottobre 2004 (la quale era piuttosto assimilabile a un preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10- bis , l. 241, cit, anticipando il diniego sull’istanza di partecipazione) risulterebbe a propria volta viziata per non aver indicato le ragioni ostative alla partecipazione (ragioni che erano state esplicitate solo all’atto dell’adozione del provvedimento conclusivo).
Nel merito, poi (secondo motivo di appello), la prof.ssa B lamenta che il provvedimento di esclusione adottato dall’Ufficio scolastico regionale abbia applicato in maniera “ rigida e iniqua ” la previsione della lex specialis relativa al requisito di servizio reso in un quadriennio continuativo per un orario medio settimanale corrispondente alla metà dell’orario d’obbligo.
Sotto tale aspetto, se solo l’Ufficio in questione avesse interpretato la previsione di cui all’art. 2, comma 1 del decreto inditivo della procedura in base al generale canone di equità e perequazione, avrebbe dovuto necessariamente concludere nel senso dell’ammissione alla procedura dell’odierna appellante (la quale aveva totalizzato nel corso del quadriennio di riferimento una media di ore di servizio quasi equivalente a quella richiesta dal richiamato decreto – 8,25 invece di 9 -).
2.1. I due motivi dinanzi sinteticamente richiamati, i quali possono essere esaminati in modo congiunto, non possono trovare accoglimento.
2.2. In primo luogo il Collegio ritiene che nel caso di specie debba farsi puntuale applicazione (non rinvenendosi ragioni onde discostarsene) il consolidato orientamento secondo cui l’art. 21 octies , l. 7 agosto 1990, n. 241 il quale stabilisce che il provvedimento amministrativo non è annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, costituisce disposizione di carattere processuale, applicabile anche ai procedimenti in corso o già definiti alla data di entrata in vigore della cit. l. n. 15 del 2005. L’orientamento in questione poggia sistematicamente sull’evidente ratio della disposizione da ultimo richiamata, volta a far prevalere gli aspetti sostanziali su quelli formali nelle ipotesi in cui le garanzie procedimentali non produrrebbero comunque alcun vantaggio a causa della mancanza di un potere concreto di scelta da parte dell'Amministrazione (in tal senso – ex plurimis -: Cons. Stato, V, 2 febbraio 2010, n. 431).
Si è, altresì, osservato al riguardo che l’art. 21 octies comma 2, l. 241, cit., è norma processuale in quanto non incide sulla configurazione sostanziale della validità del provvedimento, ma concerne un atto processuale, cioè l'accertamento ad opera del giudice circa il contenuto dispositivo dell'atto e le altre condizioni previste dalla disposizione, il che la rende applicabile anche ai giudizi pendenti su atti precedenti la l. n. 15 del 2005 (in tal senso: Cons. Stato, V, 17 settembre 2008, n. 4414).
Pertanto, non può in alcun modo essere condivisa la tesi dell’appellante, la quale tenta di dequotare la portata della richiamata disposizione ai fini della decisione affermando che nel caso in questione non verrebbe in rilievo soltanto una lacuna di carattere procedimentale (connessa al difetto partecipativo), bensì una lacuna di carattere sostanziale conseguente al fatto che dapprima l’amministrazione avrebbe ritenuto di coinvolgerla nel procedimento volto all’esclusione dalla procedura, salvo poi rendere del tutto inutile tale coinvolgimento.
Ed infatti, le illegittimità lamentate dalla prof.ssa B sono e restano riferite al crinale procedimentale (ossia, all’esercizio dei diritti partecipativi nell’ambito del procedimento concluso con la sua esclusione dalla procedura), con la conseguenza di rendere applicabile al caso di specie le previsioni di cui al richiamato art. 21- octies , comma 2.
Del resto (secondo un argomento a fortiori ), se l’istituto dell’illegittimità non invalidante trova applicazione nelle ipotesi di radicale carenza della comunicazione di avvio, è evidente che esso non possa che trovare applicazione anche nel caso di specie, in cui la comunicazione è stata data, sia pure con modalità tali da rendere estremamente difficoltosa (ai limiti dell’ineffettività) la possibilità di partecipare in modo effettivo al procedimento.
Ad ogni modo (e fermo restando il carattere dirimente di quanto appena osservato ai fini del decidere), nel caso in esame trova altresì applicazione la previsione di cui al secondo periodo del comma 2 dell’art. 21- octies , cit., secondo cui il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione di avvio qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Sotto tale aspetto (rinviando sul punto a quanto esposto infra , sub 2.3.), l’amministrazione ha dimostrato in modo del tutto persuasivo che l’odierna appellante non avrebbe in alcun modo potuto dimostrare il titolo di partecipazione, quand’anche avesse potuto allegare in sede procedimentale quanto successivamente esposto nel corso del giudizio amministrativo.
2.3. Nel merito della res controversa , si osserva che il provvedimento impugnato in prime cure ha correttamente ritenuto che l’odierna appellante fosse carente di un indefettibile requisito di partecipazione.
Come si è osservato in narrativa, infatti, l’articolo 2, comma 1 del decreto inditivo stabiliva che per essere ammessi alla procedura selettiva fosse necessario aver prestato servizio per un orario mediamente non inferiore, nel quadriennio continuativo dichiarato ai fini della partecipazione, alla metà di quello dell’obbligo (ossia, alla metà di 18 ore – 9 ore -).
Ebbene, la prof.ssa B era pacificamente carente del richiamato requisito in quanto poteva vantare, per il quadriennio di riferimento, un orario di servizio pari soltanto a 8,25 ore.
Si osserva al riguardo che la richiamata clausola della lex specialis (art. 2, co. 1) per la sua portata inequivoca non ammetteva in alcun modo un’interpretazione in bonam partem quale quella invocata dall’odierna appellante alla luce degli invocati princìpi di equità e perequazione.
3. Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in epigrafe deve essere respinto.
Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi onde disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.