Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-02-02, n. 202100958

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-02-02, n. 202100958
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202100958
Data del deposito : 2 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/02/2021

N. 00958/2021REG.PROV.COLL.

N. 04649/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4649 del 2020, proposto da:
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati D G e P S P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. P S P in Roma, via Giuseppe Gioacchino Belli n. 60;

contro

L'Azienda Sanitaria Locale n. 3 di Pescara, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato T M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

-OMISSIS-, in proprio e nella qualità di mandataria del R.T.I. con -OMISSIS- e -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Enza Maria Accarino e Gaetano Di Giacomo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo, Sezione staccata di Pescara (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Locale n. 3 di Pescara e di -OMISSIS-, in proprio e nella qualità di mandataria del R.T.I. con -OMISSIS- e -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2021 il Cons. Ezio Fedullo e uditi per le parti gli Avvocati P S P, D G, T M, Enza Maria Accarino e Gaetano Di Giacomo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

La controversia, approdata all’odierno grado di appello, si innesta sulla procedura di gara, indetta dalla Azienda U.S.L. Pescara con delibera direttoriale -OMISSIS- del -OMISSIS- 2016 e successiva determinazione dirigenziale n. -OMISSIS- del 20 gennaio 2017, volta alla conclusione, ai sensi dell’art. 54 del d.lvo n. 50/2016, di un accordo quadro, di durata di sette anni, con operatore di servizi per la centrale di sterilizzazione dell’ASL di Pescara, comprensivi di servizio di sterilizzazione e fornitura, noleggio e manutenzione dello strumento chirurgico, da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, attraverso la prevista attribuzione di 20/100 punti per l’offerta economica e di 80/100 punti per quella tecnica, per un importo contrattuale presunto di € 18.672.500,00.

La gara si concludeva con l’aggiudicazione del servizio a favore di -OMISSIS-, collocatasi in prima posizione con punti 92,43, mentre la -OMISSIS- si collocava in seconda posizione con punti 89,19 e la -OMISSIS- in quarta posizione con punti 71,60.

L’esito della gara, nei termini innanzi delineati, costituiva oggetto dell’impugnativa proposta, con il ricorso n. -OMISSIS-, dalla -OMISSIS-, quale capogruppo del costituendo RTI con -OMISSIS- e -OMISSIS-, che lamentava, in sintesi, l’omessa doverosa esclusione della società aggiudicataria dalla gara.

All’impugnazione di -OMISSIS- (integrata da motivi aggiunti), l’impresa aggiudicataria, -OMISSIS-, contrapponeva il suo ricorso incidentale, diretto a far valere la sussistenza di motivi di esclusione nei confronti della ricorrente principale.

Con l’autonomo ricorso n. -OMISSIS-, anche la quarta classificata, -OMISSIS-, impugnava gli atti di gara deducendo vizi che avrebbero dovuto condurre, a suo avviso, alla caducazione integrale della gara o di un segmento della stessa (in particolare, di quello relativo alla valutazione delle offerte tecniche), ai fini della sua rinnovazione.

Con successivi motivi aggiunti, la ricorrente -OMISSIS- impugnava la distinta procedura negoziata indetta dall’ASL n. 3 al fine di garantire, nelle more, il servizio oggetto della procedura aperta di accordo quadro.

Con le ordinanze nn. -OMISSIS- e -OMISSIS-, il giudice di primo grado disponeva la sospensione c.d. impropria di entrambi i giudizi, nelle more della risoluzione del quesito interpretativo rimesso, con ordinanza -OMISSIS-11 maggio 2018, dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato alla Corte di Giustizia U.E. in ordine al rapporto intercorrente fra ricorso incidentale escludente e ricorso principale in materia di gare d’appalto.

Venuta meno la causa di sospensione, per effetto della sentenza della Corte di Giustizia UE, sez. X, n. 333 del 5 settembre 2019, il T.A.R., in sede di decisione dei ricorsi de quibus , dopo aver disposto la riunione degli stessi e fissato il relativo ordine di trattazione (nel senso di anteporre all’esame del ricorso proposto dalla seconda classificata, -OMISSIS-, quello del ricorso proposto dalla quarta classificata, -OMISSIS-, sul rilievo che il suo eventuale accoglimento avrebbe comportato la caducazione dell’intera gara) così come quello delle censure proposte (attribuendo carattere prioritario, nell’ambito delle censure proposte da -OMISSIS-, a quelle “che evidenziano in astratto una più radicale illegittimità del provvedimento (o dei provvedimenti) impugnato(i)”):

- ha preso posizione, nel senso della inammissibilità del ricorso di -OMISSIS-, in ordine alla questione della sufficienza, ai fini legittimanti, dell’interesse strumentale (alla ripetizione – totale o parziale – della gara) ovvero della necessità, in concreto, di “ragionevoli possibilità di ottenere l’utilità richiesta”;

- ha, comunque, evidenziato ulteriori profili di inammissibilità del ricorso di -OMISSIS-, connessi:

a) alla carenza di interesse a dolersi (con censura comunque tardiva, “trattandosi di clausola del bando direttamente lesiva”), della violazione dell’art. 51 d.lvo n. 50/2016;

b) alla genericità e carenza di interesse inficianti le doglianze intese a lamentare l’introduzione ex post di modifiche del bando, “non indicandosi infatti alcun profilo di concreta lesività”;

c) alla mancata proposizione della querela di falso avverso i verbali di gara.

Quanto invece ai motivi aggiunti proposti da -OMISSIS-, il T.A.R. li ha dichiarati improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse, risultando la procedura negoziata gravata dapprima sospesa, poi definitivamente ritirata e sostituita da altra procedura.

Quanto al ricorso n. -OMISSIS-, proposto da -OMISSIS-, ed al relativo ricorso incidentale proposto da -OMISSIS-, il giudice di primo grado:

- ha stabilito di esaminare prioritariamente il ricorso incidentale proposto dalla controinteressata, in quanto avente carattere escludente o paralizzante;

- ha statuito l’infondatezza dell’unico motivo di censura con esso formulato, inteso a lamentare la mancata esclusione della ricorrente principale per omessa dichiarazione, in violazione dell’art. 80, comma 5, lett c) d.lvo n. 50/2016, di condotte antitrust , astrattamente ascrivibili a “grave errore professionale”, poste in essere dal socio unico (-OMISSIS-) e dal socio unico del socio unico (-OMISSIS-) antecedentemente alla presentazione dell’offerta.

Quindi, il giudice di primo grado ha proceduto all’esame del ricorso principale proposto da -OMISSIS-, all’uopo:

- in rito, respingendo (salvo che per il motivo relativo al fatturato specifico) l’eccezione di tardività formulata dalle controparti, secondo cui, in applicazione dell’art. 120, comma 2-bis, c.p.a., pro tempore vigente, il ricorso, notificato il 3 luglio 2018, avrebbe dovuto proporsi entro il termine di 30 giorni decorrente dalla pubblicazione sul profilo committente della stazione appaltante o comunque dalla comunicazione personale mediante pec, avvenuta in data 25 maggio 2017, del verbale del 24 maggio 2017, col quale, a scioglimento della riserva apposta al verbale della seduta del precedente 2 maggio, era stata disposta l’ammissione definitiva alla gara di -OMISSIS-.

A tal fine, il T.A.R. ha osservato che “se si eccettua la parte relativa al possesso del fatturato specifico, i suindicati verbali non contengono la motivazione dell’ammissione circa l’osservanza degli obblighi informativi con particolare riferimento ai motivi di gravame relativi all’omessa dichiarazione del carico pendente in capo ai legali rappresentanti di -OMISSIS- nonché all’omessa attivazione del sub procedimento di anomalia”, aggiungendo che “la circostanza, in particolare, dell’omessa dichiarazione rilevante ai sensi dell’art. 80 c. 5 lett. c) ed f bis) non poteva essere recuperata dai contenuti dei verbali, risultando indispensabile l’accesso alla documentazione di gara mentre la notizia del rinvio a giudizio dei legali rappresentanti risulta appresa successivamente alla fase di ammissione ovvero dalla rassegna stampa del -OMISSIS-. Ciò d’altronde coerentemente con il fondamentale arresto del giudice comunitario (C.G.U.E. ordinanza 14 febbraio 2018 causa -OMISSIS-) che nel respingere la questione di compatibilità comunitaria del citato art. 120 comma 2-bis ha però imposto che il provvedimento di ammissione “sia accompagnato da relazione dei motivi pertinenti, tale da garantire che i suddetti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto dell’Unione dagli stessi lamentata”” (ha altresì rilevato, sul punto, il giudice di primo grado “come la ricorrente sia stata concretamente messa in condizione di ritirare la documentazione di gara soltanto il 4 settembre 2018, non reputandosi sufficiente la mail del 4 luglio 2018 con cui la stazione appaltante ha invitato -OMISSIS- a ritirare tale documentazione, non essendovi prova del concreto rilascio della stessa in data antecedente”);

- nel merito, accogliendo – “ai fini del necessario esame da parte della stazione appaltante, in contraddittorio, della posizione dell’aggiudicataria” - il motivo inteso a lamentare l’omessa dichiarazione da parte della aggiudicataria di fatti integranti “grave errore professionale”, con riferimento al rinvio a giudizio per il reato di cui all’art. 319 c.p. dell’amministratore e legale rappresentante nonché del Presidente del Consiglio di Amministrazione di -OMISSIS-, sia ai sensi della lettera c) che f-bis) del d.lgs. n. 50/2016: omissione che, secondo il T.A.R., avrebbe dato luogo ad una dichiarazione “non veritiera”, “fuorviante” e comunque “gravemente incompleta”, pur successivamente precisando che si trattava di “dichiarazione carente e non falsa”, con la conseguenza che non ricorreva “una fattispecie di esclusione di tipo automatico, bensì rimessa all’apprezzamento discrezionale della stazione appaltante, che dovrà valutare il disvalore della condotta ai sensi del citato comma 5 lett. c) nell’ottica dell’affidabilità del concorrente”.

Il T.A.R. ha invece respinto il motivo del ricorso principale di -OMISSIS-, inteso a lamentare il mancato compimento della valutazione di anomalia dell’offerta della aggiudicataria, così come i motivi aggiunti della medesima società.

La sentenza di primo grado, di cui sono stati appena sintetizzati gli esiti dispositivi, costituisce oggetto in parte qua dei motivi di appello formulati da -OMISSIS-, la quale, per effetto dello svolgimento nei suoi confronti della valutazione di affidabilità della stazione appaltante, da quella stimolato, è stata esclusa dalla gara ex art. 80, comma 5, lett. c) d.lvo n. 50/2016 (cfr. delibera del Direttore Generale della ASL N. 3 di Pescara -OMISSIS- del 15 maggio 2020).

Si oppongono invece all’accoglimento dell’appello l’Azienda ASL n. 3 di Pescara e la -OMISSIS-, le quali eccepiscono anche l’inammissibilità del gravame.

Tanto premesso, occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di inammissibilità dell’appello formulata da -OMISSIS- e dalla ASL n. 3 di Pescara, sulla scorta dell’adozione della citata delibera -OMISSIS-/2020, la quale, ad avviso delle deducenti, non sarebbe elisa nell’ipotesi di accoglimento del mezzo di gravame in esame, costituendo essa espressione dell’autonomo potere di autotutela spettante alla stazione appaltante.

L’eccezione – con le precisazioni che seguono - non è meritevole di accoglimento.

Deve osservarsi che l’analisi della delibera -OMISSIS-/2020 ne pone effettivamente in luce – al di là della sua formale titolazione come “esecuzione della sentenza del T.A.R. Pescara n. -OMISSIS-” - il carattere – geneticamente e funzionalmente - indipendente rispetto alla sentenza appellata, cui appare legata, invero, da un nesso meramente occasionale.

Come si evince dalla articolata trama motivazionale della delibera suindicata, infatti, l’organo emanante:

- ha autonomamente ricostruito la fonte dell’obbligo dichiarativo avente ad oggetto la vicenda penale che ha coinvolto il legale rappresentante ed amministratore nonché il presidente del C.d.A. della società -OMISSIS-, anche sulla scorta di una approfondita analisi giurisprudenziale, richiamando solo ad adiuvandum la sentenza n. -OMISSIS-, oggetto di appello;

- ha autonomamente attribuito alla predetta omissione dichiarativa – “sia in sede di partecipazione alla gara, sia successivamente” - rilievo escludente, in quanto integrante un “grave illecito professionale endoprocedurale”, procedendo conseguentemente, in via quantomeno originale ma comunque – si ripete - del tutto autonoma rispetto alla sentenza oggetto di dichiarata esecuzione (che, come riconosciuto dalla stessa Amministrazione, “prescrivendo una valutazione discrezionale della stazione appaltante, in contraddittorio con l’operatore economico interessato, è rifuggita da un approccio “formalistico”, affermando la non ricorrenza, nella fattispecie in esame, di una fattispecie di esclusione di tipo automatico”), all’”accoglimento del secondo motivo del ricorso principale proposto dalla -OMISSIS- -OMISSIS-” ( sic! ), affermando, pur se “all’esito dell’ampio contraddittorio esperito con l’operatore economico interessato, -OMISSIS- -OMISSIS-, e della attenta e ponderata istruttoria”, la sussistenza di un “motivo di esclusione dalla procedura della stessa -OMISSIS- -OMISSIS-, autonomamente rilevante, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), e comma 6, D.Lgs n. 50/2016”;

- ha infine ritenuto che i fatti oggetto del giudizio penale denotassero una condotta da considerare “gravemente riprovevole, impropria, inopportuna e tale da far esitare un giudizio negativo sulla affidabilità professionale della Ditta ad operare con correttezza ed imparzialità”.

L’illustrata connotazione della delibera -OMISSIS-/2020 induce quindi ad escludere che l’eventuale accoglimento del presente appello sarebbe suscettibile di ridondare – attraverso il travolgimento automatico della prima - nella reintegrazione della società appellante -OMISSIS- nella posizione di legittima partecipante alla gara de qua : ciò che integra un indubbio argomento a favore della inammissibilità del gravame, come eccepito dalle parti appellate, siccome proposto successivamente alla delibera suindicata.

Nondimeno, anche acclarato il carattere autonomo del citato provvedimento, ai fini della definizione dell’assetto giuridico della vicenda, rispetto al contenuto conformativo della sentenza appellata, la non definitività dello stesso (siccome, allo stato, sub iudice , essendo dedotto ad oggetto del giudizio n. -OMISSIS-, tuttora pendente dinanzi al T.A.R. Abruzzo) non consente di affermare la carenza di ogni interesse all’accoglimento del presente appello in capo alla società promotrice.

Deve infatti osservarsi che, laddove il suddetto giudizio si risolvesse in senso favorevole alla ricorrente -OMISSIS-, ed a meno che l’eventuale sentenza di accoglimento non avesse un contenuto assolutamente preclusivo di ulteriori rinnovate valutazioni della stazione appaltante, resterebbe fermo l’obbligo di quest’ultima di dare esecuzione alla sentenza appellata n. -OMISSIS-, nell’ambito della quale l’Amministrazione - ma, ancor prima, lo stesso giudice investito del gravame avverso la delibera -OMISSIS-/2020 - sarebbe vincolata quantomeno con riferimento ad uno dei segmenti della sua complessa attività valutativa, sul quale si sarebbe venuto (nell’ipotesi, non realizzata, di mancata proposizione del presente appello) o verrebbe (nell’ipotesi di esito non satisfattivo dello stesso, sia in rito, sub specie di inammissibilità, sia nel merito, nel senso della infondatezza) a formarsi il giudicato: segmento rappresentato, appunto, dall’accertamento di un obbligo dichiarativo in capo alla odierna appellante, avente ad oggetto la suindicata vicenda penalmente rilevante, e della sua conseguente inosservanza.

Inoltre, e sempre sul piano dei rapporti tra i due giudizi, ovvero quello presente di appello e quello pendente dinanzi al T.A.R. avverso la delibera -OMISSIS-/2020, non può non osservarsi, al fine di corroborare la tesi della persistenza dell’interesse della parte appellante all’esame del mezzo di gravame, che, sebbene, come si è detto, la delibera -OMISSIS-/2020 abbia un contenuto motivazionale plurimo (incentrato, cioè, sulla valutazione di inaffidabilità dell’impresa quale conseguenza sia della omissione dichiarativa contestata sia della intrinseca gravità del “fatto” non dichiarato), non può non osservarsi che, se è vero che la stazione appaltante può fondare l’esercizio del potere di esclusione sulla valutazione di circostanze di cui sia venuta a conoscenza aliunde (quindi, anche a prescindere dalla sussistenza in capo all’impresa cui le stesse siano imputabili dell’obbligo di dichiararle in sede di partecipazione alla gara), in tal senso disponendo l’art. 80, comma 6, d.lvo n. 50/2016 (ai sensi del quale “le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l'operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5”), la relazione di “simmetria imperfetta” ravvisabile tra obbligo dichiarativo (strumentale) e fattispecie escludente (sostanziale) (resa evidente dal principio secondo cui, mentre alla inosservanza dell’obbligo dichiarativo non consegue necessariamente l’esclusione, questa non potrebbe essere disposta, anche per gli aspetti di carattere sostanziale, laddove nessun obbligo loquendi fosse in radice predicabile) farebbe sì che l’esito del giudizio di appello non potrebbe lasciare immune il provvedimento di esclusione, anche per gli aspetti valutativi relativi al disvalore della fattispecie “sostanziale”, laddove questo giudice negasse la configurabilità della fattispecie strumentale (che, si ripete, costituisce l’essenziale thema decidendum del presente giudizio di appello).

Con ulteriore eccezione di inammissibilità, la appellata società -OMISSIS- deduce che, come si desume dalle memorie presentate dalla odierna appellante nel procedimento che ha messo capo all’adozione della citata delibera -OMISSIS-/2020, essa ha accettato la statuizione del T.A.R. circa la rilevanza della omessa dichiarazione e la necessità che essa venisse vagliata dall’Amministrazione, titolare di potere discrezionale sul punto, in contraddittorio con l’operatore interessato.

Nemmeno tale eccezione è meritevole di accoglimento.

Deve invero osservarsi che la parte appellante non contesta, con i motivi di appello, la rilevanza facoltativa e non automatica della omissione dichiarativa da cui il T.A.R. ha fatto discendere la caducazione dei provvedimenti (di ammissione ed aggiudicazione) impugnati in primo grado: essa sostiene piuttosto, con l’atto di appello, la non imputabilità in radice alla stessa di un obbligo dichiarativo, anche agli effetti meramente rinnovatori (delle valutazioni della stazione appaltante) discendenti dalla sua inosservanza.

Né del resto la parte appellante avrebbe avuto interesse a formulare il tipo di doglianza indicato dalla resistente, se non a pena di venire contra se , atteso l’effetto per essa vantaggioso della sentenza appellata, laddove ha fatto discendere dalla accertata omissione dichiarativa l’obbligo della stazione appaltante di valutarne la rilevanza ai fini del giudizio di affidabilità del concorrente.

Né potrebbe farsi leva, al medesimo fine si suffragare l’articolata eccezione di inammissibilità, sulla tesi sostenuta in primo grado da -OMISSIS- col suo ricorso incidentale, col quale si prefiggeva di conseguire l’esclusione della ricorrente principale sulla scorta delle mere omissioni dichiarative ad essa addebitate, non potendo attribuirsi alla posizione assunta dalla parte in un determinato contesto processuale valenza preclusiva della libertà di modulare diversamente le sue allegazioni, in relazione agli obiettivi difensivi di volta in volta perseguiti: ciò senza trascurare la diversità, almeno nella prospettiva della odierna appellante, dei presupposti giustificativi dell’obbligo dichiarativo imputato alla controparte rispetto a quelli dedotti da quest’ultima a fondamento del corrispondente obbligo ascritto alla prima.

Infine, quanto alla ulteriore eccezione di inammissibilità dell’appello, formulata dalla società resistente perché asseritamente violativo del divieto di ius novorum (sia con riferimento alle deduzioni in esso contenute che ai documenti atti a supportarle), sulla stessa si dirà in occasione dell’esame dei singoli motivi di appello, cui del resto rinvia anche la difesa di -OMISSIS-.

Deve solo aggiungersi, a conclusione della valutazione dei presupposti di ammissibilità dell’appello, che nessun comportamento acquiescente della odierna appellante potrebbe farsi discendere dalla sua partecipazione al procedimento di riesame indotto dalla sentenza appellata, essendo quella partecipazione avvenuta in un contesto procedimentale condizionato, nell’ an e nel quomodo ( recte , nel suo oggetto), dalla sentenza appellata, dotata come è noto di efficacia esecutiva atta a direzionare l’attività di tutte le parti della controversia (sebbene, poi, il “prodotto finale” di quel procedimento sia in massima parte indipendente, per quanto detto, dalla sentenza appellata).

Procedendo quindi all’esame dei motivi di appello, la parte appellante contesta in primo luogo la sentenza appellata laddove ha statuito l’infondatezza dell’eccezione di tardività del gravame proposto in primo grado da -OMISSIS-, per violazione dell’art. 120, comma 2 bis , c.p.a., relativamente alla censura intesa a lamentare l’omessa dichiarazione da parte di -OMISSIS- del rinvio a giudizio subito dai suoi legali rappresentanti per il reato di cui all’art. 319 c.p., sulla scorta delle seguenti considerazioni: “ i suindicati verbali (relativi alla verifica del possesso dei requisiti ex art. 80) non contengono la motivazione dell’ammissione circa l’osservanza degli obblighi informativi con particolare riferimento ai motivi di gravame relativi all’omessa dichiarazione del carico pendente in capo ai legali rappresentanti di -OMISSIS- […] La circostanza, in particolare, dell’omessa dichiarazione rilevante ai sensi dell’art. 80 c. 5 lett. c) ed f bis ) non poteva essere recuperata dai contenuti dei verbali, risultando indispensabile l’accesso alla documentazione di gara mentre la notizia del rinvio a giudizio dei legali rappresentanti risulta appresa successivamente alla fase di ammissione ovvero dalla rassegna stampa del -OMISSIS-”.

Deduce in primo luogo la parte appellante che il T.A.R. ha fatto riferimento ad una normativa (l’art. 29, comma 1, quarto periodo d.lvo n. 50/2016, come modificato dall’art. 19, comma 1, lett. a) n. 3) d.lvo n. 56/2017) inapplicabile alla gara, in quanto entrata in vigore successivamente al 27 gennaio 2017, data di pubblicazione del bando, e valorizzata in sede giurisprudenziale solo a seguito della sentenza della Corte di Giustizia UE del 14 febbraio 2019 in causa C/54-18.

Deduce inoltre la parte appellante che la società -OMISSIS- non poteva non essere a conoscenza dell’omissione dichiarativa de qua , atteso che:

- la notizia del rinvio a giudizio ha avuto una vasta eco ed ha occupato le pagine di tutti i quotidiani locali del tempo;

- essa ha come unico socio -OMISSIS- -OMISSIS-, già -OMISSIS-, il quale è uno dei componenti del RTI aggiudicatario della gara cui si riferiscono i fatti oggetto del rinvio a giudizio;

- sia -OMISSIS- che la stessa -OMISSIS- sono state interessate dell’avvio delle indagini penali afferenti la medesima vicenda, anche se successivamente la loro posizione è stata stralciata;

- tra -OMISSIS- e -OMISSIS- vi era al tempo una sorta d’immedesimazione tra alcuni loro organi di vertice;

- la -OMISSIS- aveva piena conoscenza del fatto che -OMISSIS- non avesse dichiarato il rinvio a giudizio, in quanto esso era stato disposto successivamente allo spirare del termine di presentazione della domanda, mentre il decreto di ammissione alla gara è del 24 maggio 2017, ossia solo di un mese dopo il rinvio a giudizio, a conferma del fatto che alcunché era stato dichiarato al riguardo.

Allega inoltre la parte appellante che l’articolo cartaceo prodotto in primo grado e datato -OMISSIS- fa riferimento alla prima udienza del processo (e non già al rinvio a giudizio, come erroneamente afferma il T.A.R.), con ciò risultando evidente che la notizia ivi riportata si poneva in continuità con quelle divulgate l’anno prima, allorché era stato per l’appunto disposto il rinvio a giudizio.

Infine, deduce la parte appellante che il ricorso doveva considerarsi tardivo anche laddove si fosse considerata acclarata, quale data certa di conoscenza del rinvio a giudizio, il -OMISSIS-, in quanto la ricorrente avrebbe dovuto comunque notificare il ricorso avverso l’ammissione entro e non oltre il 29 marzo 2018, altresì evidenziando che, contestando essa l’ammissione di -OMISSIS- per una ragione (omessa indicazione del rinvio a giudizio) di cui la stampa locale aveva dato ampio risalto divulgativo all’indomani del disposto rinvio, avrebbe dovuto esercitare – nell’apposita finestra temporale post ammissione dei concorrenti o quantomeno dopo il -OMISSIS- – il diritto di accesso, per trovare conferma della poi contestata omissione ed agire a sua tutela nel perimetro temporale di cui all’art. 120, comma 2 bis , d.lvo n. 50/2016.

Il motivo di appello non è meritevole di accoglimento.

In primo luogo, le deduzioni della parte appellante non possono essere condivise laddove essa sostiene che l’originaria ricorrente principale avrebbe avuto conoscenza sia del rinvio a giudizio, sia della sua mancata dichiarazione, fin da quando il relativo provvedimento è stato adottato (e l’aggiudicataria ammessa alla gara), atteso che, da un lato, la relativa notizia avrebbe avuto una larga eco sulla stampa e nella relativa indagine sarebbe stata coinvolta anche -OMISSIS- -OMISSIS-, socia unica di -OMISSIS-, così come quest’ultima, laddove tra -OMISSIS- e -OMISSIS- vi sarebbe stata al tempo una sorta d’immedesimazione tra alcuni loro organi di vertice, dall’altro lato, il rinvio a giudizio era stato disposto successivamente allo spirare del termine di presentazione della domanda, mentre il decreto di ammissione alla gara è del 24 maggio 2017, ossia successivo solo di un mese al rinvio a giudizio: circostanze tutte dalle quali la ricorrente non poteva non desumere il fatto che esso non era stato dichiarato dalla aggiudicataria.

Deve infatti osservarsi che l’assunto secondo cui la -OMISSIS- era a conoscenza del rinvio a giudizio fin da quando era stato disposto si fonda su elementi privi di decisiva valenza probatoria, oltre che irritualmente introdotti in giudizio.

Basti osservare, da un lato, che la mera divulgazione di una notizia a mezzo stampa non consente di individuare, in maniera certa ed univoca (come sarebbe necessario laddove si intenda dimostrare, attraverso la stessa, l’inammissibilità del gravame), il dies a quo del termine di impugnazione (termine che, tra l’altro, deve essere fissato con riferimento ad una data ben precisa, in cui si assuma intervenuta la conoscenza del dato rilevante ai fini della genesi del suddetto onere processuale), dall’altro lato, che la rassegna stampa, da cui la parte appellante vorrebbe ricavare la dimostrazione del suo assunto, è stata prodotta solo nel presente grado di appello, in violazione della preclusione processuale di cui all’art. 104, comma 2, c.p.a..

Analoghe considerazioni devono svolgersi con riguardo al “collegamento informativo” che la parte appellante pretende di instaurare tra la società -OMISSIS- -OMISSIS-, socia unica della ricorrente principale in primo grado ed attinta dalla medesima indagine penale che ha messo capo al rinvio a giudizio nei confronti dei legali rappresentanti di quest’ultima, e la medesima ricorrente, a sua volta asseritamente interessata da quella indagine.

Deve in senso contrario osservarsi che, ai fini della insorgenza dell’obbligo dichiarativo dalla cui inosservanza il T.A.R. ha fatto discendere l’illegittimità del provvedimento di ammissione alla gara della aggiudicataria, un conto sono i meri atti dell’indagine, un altro il formale rinvio a giudizio, che presuppone la compiuta articolazione dell’ipotesi accusatoria ed il compimento di un vaglio preliminare da parte di un giudice terzo sulla sua sostenibilità in giudizio: da ciò consegue che se, per un verso, la mera pendenza di una indagine non è idonea ad integrare il fatto costitutivo della censura così come formulata dalla ricorrente in primo grado, incentrata sulla deduzione della omessa dichiarazione del rinvio a giudizio (la cui proposizione, quindi, non poteva che presupporre l’acquisizione della conoscenza di quest’ultimo provvedimento), per altro verso, la mera consapevolezza in capo alla ricorrente del proprio (o della propria controllante) coinvolgimento nell’indagine penale non potrebbe estendersi tour court alla sua evoluzione in senso stricto sensu processuale.

In ogni caso, tenuto conto che il T.A.R. ha fatto discendere l’obbligo dichiarativo in capo a -OMISSIS- dalla mera conoscenza del suo coinvolgimento nell’indagine (cfr. par. 12 della sentenza appellata: “Se è vero che il rinvio a giudizio è stato concretamente conosciuto solamente dopo la presentazione dell’offerta, ovvero il 13 aprile 2017, è innegabile come ben prima il legale rappresentante fosse a conoscenza dell’indagine in corso e dunque dell’informativa di P.G., dei verbali di perquisizione, dei sequestri e degli interrogatori, come emerge dallo stesso decreto di rinvio a giudizio depositato in giudizio”), deve osservarsi che la parte appellante ha fornito solo nella presente sede di appello gli elementi probatori relativi al coinvolgimento nella indagine della stessa appellante (e della sua socia unica), rappresentati in particolare dal decreto di perquisizione e sequestro di cui all’allegato 12 dell’appello, incorrendo, anche da questo punto di vista, nella preclusione processuale eccepita dalla società resistente.

Infondato, ad avviso della Sezione, è anche il motivo di appello inteso a lamentare che la ricorrente -OMISSIS-, una volta appreso (mediante l’articolo di stampa del -OMISSIS-) del rinvio a giudizio, avrebbe dovuto tempestivamente esercitare il diritto di accesso alla documentazione presentata in gara dalla aggiudicataria, al fine di verificare le modalità di assolvimento da parte della stessa dei suoi obblighi dichiarativi.

Deve preliminarmente rilevarsi che la sentenza appellata si esprime, sul punto, nei termini seguenti:

“va rilevato come la ricorrente sia stata concretamente messa in condizione di ritirare la documentazione di gara soltanto il 4 settembre 2018, non reputandosi sufficiente la mail del 4 luglio 2018 con cui la stazione appaltante ha invitato -OMISSIS- a ritirare tale documentazione, non essendovi prova del concreto rilascio della stessa in data antecedente”.

Sempre in via preliminare, deve osservarsi che la stessa -OMISSIS- allega che la conoscenza da parte sua della circostanza non dichiarata dalla aggiudicataria è stata veicolata dall’articolo di stampa pubblicato in data -OMISSIS-.

A questo riguardo, non vale sostenere, al fine di spostare in avanti il dies a quo del termine di impugnazione, il fatto, allegato in sede difensiva dalla società appellata, che la rassegna stampa datata -OMISSIS- sarebbe stata recuperata a seguito di accesso sul web del 30 maggio 2018.

Deve infatti osservarsi, in primo luogo, che la schermata web versata in giudizio non fa riferimento al suddetto articolo di stampa, che peraltro appare prodotto sotto forma di scannerizzazione di una pagina del giornale cartaceo, ma ad un articolo in formato web del 4 aprile 2017 (tanto che in esso si menziona l’esito dell’udienza preliminare e non, come l’articolo del -OMISSIS-, la prima udienza dibattimentale).

Inoltre, non è compatibile con le esigenze di certezza dei rapporti amministrativi (e con quella, correlata, di pronta acquisizione di stabilità da parte dei provvedimenti che vi ineriscono) la tesi che farebbe dipendere la decorrenza del termine di impugnazione dalla personale conoscenza da parte dell’interessato delle circostanze da cui desumere la sussistenza dei vizi dedotti in giudizio: risultato che si finirebbe per conseguire laddove il termine suindicato venisse fatto dipendere, non solo dalla pubblicazione sulla stampa della notizia all’uopo rilevante, ma finanche dal momento in cui la parte ha acquisito conoscenza della avvenuta pubblicazione (e, attraverso la stessa, della circostanza rilevante).

Tuttavia, come si è detto, il fulcro motivazionale della sentenza appellata ruota, quanto alla questione processuale in esame, sul fatto che l’ostensione dei documenti rilevanti, al fine di consentire alla originaria ricorrente principale di acquisire contezza delle ragioni sottese alla decisione di ammissione di -OMISSIS-, è avvenuta solo in data 4 settembre 2018: rilievo che pone in risalto l’esigenza di verificare se la promotrice del giudizio avesse l’onere di attivarsi immediatamente (e comunque entro il termine di cui all’art. 76, comma 2, prima parte d.lvo n. 50/2016) al fine di esercitare il diritto di accesso ai documenti suindicati.

Al suindicato quesito deve darsi, alla luce della più recente giurisprudenza della Sezione, risposta negativa.

Con la sentenza -OMISSIS- del 17 giugno 2019, invero, è stato affermato quanto segue:

“ai fini della decorrenza del termine decadenziale per proporre ricorso ex art. 120 comma 2- bis cod. proc. amm., occorre far riferimento alla data di pubblicazione sul profilo del committente dei provvedimenti relativi a questa fase ai sensi dell'art. 29 del codice dei contratti pubblici (cfr. Sezione III n. 1312 del 25.2.2019) sempreché idonei a veicolare le informazioni necessarie ad esplicitare i motivi su cui riposano, e ciò in considerazione del carattere speciale, derogatorio, e pertanto di stretta interpretazione del "rito superspeciale" sulle ammissioni ed esclusioni, in relazione al quale sono tassativamente richieste le formalità pubblicitarie poc’anzi richiamate. In altri termini, la pubblicazione delle ammissioni e delle esclusioni deve contenere anche l’accessibilità ai relativi atti (e motivazioni), ciò affinché la tutela giurisdizionale possa essere compiutamente esercitata, non essendo sufficiente a far decorrere il termine di impugnativa la mera elencazione di offerenti ammessi senza ulteriori chiarimenti (Consiglio di Stato sez. V, 18/03/2019, n. 1753). Né tale principio patisce eccezione per il solo fatto che l’operatore non abbia esercitato la facoltà di presentare un'istanza di accesso, dal momento che la peculiarità della disciplina di settore mal si coniuga con il tradizionale orientamento secondo cui è affidato alla diligenza del singolo interessato l’onere di attivarsi tempestivamente, una volta acquisita la conoscenza di un provvedimento lesivo, per conoscere tutte le ulteriori circostanze poste a fondamento del medesimo, che ritenga necessarie allo scopo di esercitare compiutamente il proprio diritto di impugnazione e difesa (cfr. CdS n. 726 del 5.2.2018;
Cons. Stato, V, 10 febbraio 2015, n. 684;
Cons. Stato, IV, 21 marzo 2016, n. 1135;
V, 15 gennaio 2013, n. 170;
V, 5 novembre 2012, n. 5588;
III, 13 maggio 2012, n. 2993;
IV, 2 settembre 2011, n. 4973;
V, 25 luglio 2011, n. 4454). Si è, infatti, di recente rilevato che, con le modifiche introdotte con il 'Decreto correttivo' del 2017, il legislatore abbia inteso temperare le conseguenze eccessivamente pregiudizievoli per i concorrenti alle pubbliche gare connesse all’onere di immediata impugnativa nelle ipotesi in cui - come nel caso in esame - la stazione appaltante abbia puramente e semplicemente reso nota l’ammissione, senza porre a disposizione dei concorrenti la relativa documentazione (e in tal modo contravvenendo a un espresso obbligo di legge). A tal riguardo si è ulteriormente precisato, con le statuizioni di seguito riproposte, che "la previsione di cui all'articolo 120, comma 2-bis presenta già di per sé alcuni profili di criticità in quanto individua in capo ai partecipanti alle pubbliche gare un interesse all’impugnativa di stampo eminentemente processuale a fronte di un atto (l’ammissione di un concorrente) di per sé inidoneo a determinare nella sfera giuridica del concorrente un pregiudizio naturaliter dotato dei caratteri della concretezza e dell’attualità. È piuttosto evidente che, attraverso la vera e propria fictio di lesività che ispira la disposizione in parola il legislatore abbia inteso rinvenire un delicato (e non ulteriormente superabile) punto di equilibrio fra - da un lato – l’esigenza di accelerare processi di notevole interesse economico e di fornire pronta certezza in tale importante settore e - dall'altro - quello di non comprimere oltre misura i canoni fondamentali della pienezza ed effettività della tutela giudiziale. Ma se la disposizione appena richiamata rappresenta di per sé un delicato punto di equilibrio fra valori potenzialmente antinomici (peraltro, con la fissazione di un termine di impugnativa estremamente ridotto e di per sé idoneo a rendere ulteriormente difficile l’adeguata difesa in giudizio) e se è lo stesso Legislatore ad avere imposto a carico delle stazioni appaltanti - quale evidente contraltare sistematico – l’obbligo di porre tempestivamente a disposizione dei concorrenti la documentazione a supporto delle disposte ammissioni, ne consegue che non possa aderirsi ad una lettura che ponga ulteriormente a carico dei concorrenti oneri di carattere procedimentale o processuale al fine di attingere uno strumento di tutela già di per sé connotato da evidenti criticità”.

Da questo punto di vista, non assumono rilievo, a differenza di quanto sostenuto dalla parte appellante, i profili di diritto intertemporale connessi alla dedotta non applicabilità ratione temporis , alla fattispecie in esame, della previsione di cui all’art. 29, comma 1, quarto periodo d.lvo n. 50/2016, ai sensi del quale “il termine per l'impugnativa di cui al citato articolo 120, comma 2-bis, decorre dal momento in cui gli atti di cui al secondo periodo sono resi in concreto disponibili, corredati di motivazione”.

In primo luogo, infatti, in mancanza di una regola intertemporale ad hoc , non può farsi leva sul fatto che il bando di gara è stato pubblicato in data antecedente all’entrata in vigore della norma suindicata, introdotta (con effetto dal 20 maggio 2017) dall’art. 19 d.lvo n. 56/2017.

Trattandosi infatti di una disposizione di carattere processuale, in quanto intesa a fissare i presupposti applicativi della regola che onera(va) i concorrenti di impugnare immediatamente i provvedimenti di ammissione, ai fini della sua applicazione ratione temporis , secondo il generale principio in base al quale tempus regit actum , non potrebbe che aversi riguardo alla data di adozione dell’atto impugnato ovvero a quella di esperimento, avverso lo stesso, dell’iniziativa processuale del soggetto interessato: con la conseguenza che, laddove il provvedimento sia stato adottato successivamente o il relativo termine di impugnazione, alla stregua della normativa previgente, fosse ancora aperto alla data di entrata in vigore della norma novativa, questa non potrebbe che concorrere a determinare le condizioni e le modalità di assolvimento dell’onere di impugnazione.

Da tali rilievi discende che, anche a far decorrere il termine de quo dalla data di pubblicazione del verbale del 24 maggio 2017 (non essendo stato pubblicato quello del 2 maggio 2017, recante la verifica dei requisiti morali in capo alla società aggiudicataria), non può negarsi che la disposizione suindicata fosse pienamente applicabile: ciò senza omettere di considerare che la stessa parte appellante, al fine di far decorrere il termine per la presentazione dell’istanza di accesso da parte della società ricorrente principale, fa riferimento (non alla pubblicazione del verbale di ammissione, ma) alla pubblicazione dell’articolo di stampa del -OMISSIS- (quando cioè l’art. 29, comma 1, quarto periodo d.lvo n. 50/2016, come modificato dall’art. 19 d.lvo n. 56/2017, era pienamente vigente).

A tanto deve aggiungersi che l’esigenza che i provvedimenti de quibus , al fine di determinare l’insorgenza dell’onere di impugnazione immediata ex art. 120, comma 2- bis , c.p.a., fossero “corredati di motivazione”, anche se (non ancora) sancita a livello legislativo, costituiva, già nel periodo precedente, una indefettibile garanzia di conformità della norma in tema di cd. rito super-accelerato ai sovraordinati parametri eurounitari, non eludibile laddove si intenda far discendere dalla inosservanza di quell’onere l’inammissibilità del gravame.

Invero, la pronuncia della Corte di Giustizia UE del 14 febbraio 2019 in causa C/54-18 non può non assumere valenza interpretativa delle norme previgenti (alle modifiche introdotte nel 2017), laddove afferma che “occorre rispondere alla prima questione dichiarando che la direttiva 89/665, e in particolare i suoi articoli 1 e 2 quater, letti alla luce dell’articolo 47 della Carta, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che i ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti, a pena di decadenza, entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati, a condizione che i provvedimenti in tal modo comunicati siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti tale da garantire che detti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto dell’Unione dagli stessi lamentata”.

Ai rilievi svolti deve aggiungersi quello inteso a sottolineare che, come dedotto dalla parte resistente, il verbale del 2 maggio 2017 (recante, come si è detto, le determinazioni di ammissione all’esito della verifica circa il possesso dei requisiti morali in capo ai concorrenti), a differenza di quello del 24 maggio, non è mai stato pubblicato né notificato.

Sebbene, quindi, la sentenza appellata abbia rimarcato che il gap informativo in capo alla originaria ricorrente principale non atteneva direttamente al contenuto dei verbali, ma alla documentazione amministrativa prodotta dall’impresa aggiudicataria (si afferma infatti da parte del giudice di primo grado che “dal verbale del 24 maggio in particolare emergeva il possesso del fatturato specifico mentre dal verbale del 2 maggio l’avvenuta verifica circa il possesso dei requisiti morali di cui all’art. 80. Se si eccettua la parte relativa al possesso del fatturato specifico, i suindicati verbali non contengono la motivazione dell’ammissione circa l’osservanza degli obblighi informativi con particolare riferimento ai motivi di gravame relativi all’omessa dichiarazione del carico pendente in capo ai legali rappresentanti di -OMISSIS- nonché all’omessa attivazione del sub procedimento di anomalia. La circostanza, in particolare, dell’omessa dichiarazione rilevante ai sensi dell’art. 80 c. 5 lett. c) ed f bis) non poteva essere recuperata dai contenuti dei verbali, risultando indispensabile l’accesso alla documentazione di gara mentre la notizia del rinvio a giudizio dei legali rappresentanti risulta appresa successivamente alla fase di ammissione ovvero dalla rassegna stampa del -OMISSIS-”), non può non rilevarsi che il mancato assolvimento da parte della stazione appaltante del suindicato adempimento pubblicitario, espressamente prescritto dall’art. 120, comma 2- bis , c.p.a. (a mente del quale “il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11”) preclude in radice l’applicazione dello stringente termine decadenziale de quo (non potendosi considerare equipollente la pubblicazione del verbale di ammissione definitiva delle imprese del 24 maggio 2017, laddove richiama – senza allegarlo - il precedente verbale del 2 maggio).

Con ulteriore motivo di appello, la parte appellante lamenta che il T.A.R. ha accolto il ricorso introduttivo ai fini rinnovatori delle valutazioni della stazione appaltante in ordine alla affidabilità dell’aggiudicataria, incorrendo nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, atteso che l’originaria ricorrente aveva esclusivamente domandato l’esclusione automatica di -OMISSIS-, ai sensi dell’art. 80, co. 5, lett. c) e f-bis) d.lvo n. 50/2016, conseguentemente richiedendo di subentrare nell’affidamento del servizio: deduce quindi la parte appellante che il T.A.R., una volta escluso che si era al cospetto di un’esclusione automatica, avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’impugnazione per carenza d’interesse e soprattutto per difetto del petitum .

Nemmeno tale motivo è meritevole di accoglimento.

Deve premettersi che effettivamente l’originaria ricorrente lamentava la mancata esclusione della aggiudicataria quale conseguenza della sua omissione dichiarativa, come si evince testualmente dai passaggi di seguito riportati del gravame introduttivo: “L’Azienda U.S.L. di Pescara, invece di aggiudicare l’appalto alla -OMISSIS- spa avrebbe dovuto escluderla dalla gara per le suddette omissioni dichiarative dei legali rappresentanti dell’impresa non già e non solo per la gravità dei fatti in cui sono coinvolti i suindicati soggetti, gravità rilevante attesa la colleganza con la vicenda degli appalti pubblici di cui si discute, bensì per l’omessa dichiarazione di quei fatti, la cui gravità la stazione appaltante non ha potuto valutare. In aggiunta, quindi, alla ragione di esclusione e di illegittimità denunciata ex art. 80, comma 5, lett. c) del D. Lgs. n. 50/2016, nella specie, sussiste anche l’ipotesi di cui all’art. 80, comma 5 lett. f – bis ) del D. Lgs. citato”.

Ciò premesso, deve rilevarsi che, al fine di verificare se il giudice si è attenuto al fondamentale principio di cui all’art. 112 c.p.c., occorre avere riguardo al nucleo fattuale della doglianza, mentre resta riservata al primo, in forza della altrettanto fondamentale prerogativa sintetizzata dal brocardo iura novit curia , l’individuazione dei profili di illegittimità che ad esso sono suscettibili di essere ricollegati secondo i pertinenti parametri ordinamentali.

Applicando tali coordinate ermeneutiche alla fattispecie in esame, e ribadito che la censura attorea aveva ad oggetto la mancata dichiarazione da parte della concorrente -OMISSIS- di una circostanza rilevante ai fini del giudizio di affidabilità, attiene al diverso piano della verifica circa la sussistenza di profili invalidanti conseguenti a quella omissione, oltre che la natura ed intensità degli stessi, di pertinenza propria del giudicante, la questione relativa all’idoneità di quella circostanza ad integrare i presupposti per l’applicazione della misura espulsiva (come dedotto dalla parte ricorrente), in conseguenza della violazione dei doveri di lealtà e trasparenza imputabili ai concorrenti, ovvero (solo) a dimostrare il carente svolgimento da parte della stazione appaltante dell’attività valutativa ad essa spettante in ordine ai precedenti professionali dei concorrenti, al fine di verificare la loro incidenza sulla affidabilità degli stessi quali suoi potenziali contraenti (come ritenuto in concreto, nella fattispecie in esame, dal giudice di primo grado).

Né potrebbe pervenirsi a diversa conclusione facendo leva sul fatto che ai due diversi profili invalidanti appena evidenziati si riconnettono, in chiave conformativo-ripristinatoria, conseguenze non assimilabili e foriere di effetti vantaggiosi di diverso spessore per la parte ricorrente (in un caso di carattere immediatamente escludente, con il diretto beneficio per la stessa di conseguire l’aggiudicazione, nell’altro di ordine meramente strumentale, in vista dell’esercizio da parte della stazione appaltante del suo potere valutativo), attenendo anche tale aspetto al potere del giudice di modulare il contenuto della sentenza, in coerenza con la qualificazione giuridica data al vizio (dedotto e concretamente riscontrato).

Con ulteriore motivo di appello, deduce la parte appellante che la ricorrente in primo grado non ha impugnato né la lex specialis – segnatamente, il punto 1.3.1) del disciplinare di gara e il punto 2.7 dei Modelli di dichiarazione, che espressamente limitavano l’obbligo dichiarativo alle ipotesi enunciate nelle Linee Guida ANAC, con esclusione quindi dei rinvii a giudizio – né le suddette Linee Guida.

Evidenzia sul punto la parte appellante che il citato disciplinare così dispone: “(…) possono partecipare alla gara tutti i soggetti (…), che siano: 1) in possesso dei requisiti di cui all’art. 80 (…). Per la dichiarazione del possesso di tali requisiti, i concorrenti potranno utilizzare i modelli rif. 1, 2, 2-bis e 3, disponibili tra gli atti di gara, o riprodurli fedelmente. Ai fini dell’accertamento sul possesso dei requisiti di ordine generale si assume, ai sensi dell’art. 73, comma 5 del D.lgs. 50/2016, come data di pubblicazione del presente bando, il giorno della pubblicazione sulla GURI”.

Essa allega inoltre che i richiamati Modelli richiedevano ai concorrenti (al punto 2.7) di dichiarare “(…) di non aver commesso gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la propria integrità o affidabilità ai sensi dell’art. 80, comma 5 lett. c) e delle Linee guida ANAC (…)”, mentre le richiamate Linee Guida ANAC, al paragrafo 2.1.2.5., limitavano l’obbligo dichiarativo (per le ipotesi di reato che vengono in rilievo in questa sede) unicamente alle sentenze di condanna non definitive, escludendolo – a contrario – per le indagini penali e per i rinvii a giudizio.

Essa contesta quindi la sentenza appellata laddove valorizza la natura non vincolante delle Linee Guida, senza però rilevare che le stesse, essendo state espressamente richiamate nel disciplinare di gara, erano ormai compenetrate con esso, generando il corrispondente onere di impugnazione in capo alla originaria ricorrente principale.

Il motivo di appello in esame non è meritevole di favorevole valutazione.

Deve premettersi che il giudice di primo grado, sulla scorta di un articolato ragionamento, ha ricondotto i provvedimenti di rinvio a giudizio alle vicende interessanti il concorrente suscettibili di generare a suo carico un obbligo dichiarativo ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lvo n. 50/2016.

Ebbene, non ritiene la Sezione che al disciplinare di gara (anche attraverso il rinvio da esso operato ai modelli di dichiarazione e, per il tramite di questi ultimi, alle Linee Guida ANAC) possa attribuirsi l’effetto di circoscrivere, rispetto a quello desumibile dalla diretta interpretazione della disposizione suindicata, il perimetro degli obblighi dichiarativi dei concorrenti.

In senso contrario, infatti, deve sottolinearsi che gli stessi modelli di dichiarazione allegati alla lex specialis (e, come sostiene la parte appellante, “compenetrati” con essa) richiamano in via principale il dettato normativo, mentre il riferimento alle Linee Guida ANAC viene operato non al fine di restringere la portata applicativa dell’obbligo di dichiarazione, così come delimitato ex lege , ma in funzione specificativa di quest’ultimo: ne consegue che, affiancandosi le Linee Guida (in funzione paritetica e non avversativa) alla norma richiamata, nessun onere di immediata impugnazione (delle Linee Guida o della lex specialis ) poteva predicarsi in capo alla -OMISSIS-, la quale ha fondato le sue doglianze (di cui il T.A.R., seguendone il percorso argomentativo, ha ravvisato la fondatezza) sulla diretta applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lvo n. 50/2016.

La conclusione esposta è del resto coerente col disposto dell’art. 80, comma 13, d.lvo n. 50/2016, ai sensi del quale “con linee guida l’ANAC, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente codice, può precisare, al fine di garantire omogeneità di prassi da parte delle stazioni appaltanti, quali mezzi di prova considerare adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui al comma 5, lettera c), ovvero quali carenze nell’esecuzione di un procedente contratto di appalto siano significative ai fini del medesimo comma 5, lettera c)”.

Peraltro, come evidenziato in sede difensiva dalla società appellata, nelle stesse premesse delle Linee Guida si precisa che “le stazioni appaltanti possono attribuire rilevanza a situazioni non espressamente individuate dalle Linee Guida, purché le stesse siano oggettivamente riconducibili alla fattispecie astratta indicata dall’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice e sempre che ne ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi”.

Nello stesso senso si veda altresì Consiglio di Stato, Ad. Plen., n. 16 del 28 agosto 2020, laddove si afferma che: “è consolidato presso la giurisprudenza il convincimento secondo cui l’art. 80, comma 5, lett. c) [ora lett. c- bis )], è una norma di chiusura in grado di comprendere tutti i fatti anche non predeterminabili ex ante , ma in concreto comunque incidenti in modo negativo sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico, donde il carattere esemplificativo delle ipotesi previste nelle linee-guida emanate in materia dall’ANAC, ai sensi del comma 13 del medesimo art. 80 (linee-guida n. 6 del 2016;
al riguardo si rinvia al parere reso dalla commissione speciale di questo Consiglio di Stato appositamente costituita sull’ultimo aggiornamento alle più volte richiamate linee-guida: parere del 13 novembre 2018, n. 2616;
§ 7.1;
cfr. inoltre: Cons. Stato, V, 5 maggio 2020, n. 2850, 12 marzo 2020, n. 1774, 12 aprile 2019, n. 2407, 12 febbraio 2020, n. 1071;
VI, 4 giugno 2019, n. 3755)”.

Resta quindi confermato che non sussisteva, in capo alla originaria ricorrente, alcun onere di impugnazione della lex specialis (e delle Linee Guida ANAC), non potendo dalle stesse desumersi l’effetto limitativo degli obblighi dichiarativi ex lege affermato dalla parte appellante: ciò che consente di prescindere dal verificare se il suddetto onere sia stato ritualmente assolto dalla originaria parte ricorrente.

Con ulteriore motivo di appello, la parte appellante, premesso che la gara è stata indetta con bando del 27 gennaio 2017, e che quindi la versione dell’art. 80 d.lvo n. 50/2016 applicabile ratione temporis è quella anteriore alle modifiche apportate dal d.lvo n. 56 del 19 aprile 2017 e dall’art. 5, comma 1, d.l. n. 135 del 14 dicembre 2018, convertito dalla legge n. 12 dell’11 febbraio 2019 (ciò che troverebbe conferma nel punto 1.3.1 del disciplinare di gara, secondo cui “ai fini dell’accertamento sul possesso dei requisiti di ordine generale si assume, ai sensi dell’art. 73, comma 5 del D.lgs. 50/2016, come data di pubblicazione del presente bando, il giorno della pubblicazione sulla GURI (…)”, evidenzia che l’art. 80, comma 5, lett. c) d.lvo n. 50/2016, applicabile nel caso di specie, non prevedeva né la lett. c- bis ) né tantomeno la lett. f- bis ), che hanno dato rilevanza autonoma a cause escludenti originariamente conglobate nella lett. c), concludendo che la sentenza appellata è erronea nella parte in cui afferma la fondatezza del ricorso “(…) sia ai sensi della lettera c) che f- bis ) del d.lgs. 50/2016 (…)”.

Il motivo di appello non può essere accolto.

Basti osservare che, da un lato, la sentenza appellata richiama, come evidenziato dalla stessa parte appellante, anche la lett. c), presente nella versione originaria dell’articolo, dall’altro lato, come ugualmente rilevato in appello, le modifiche apportate alla norma hanno determinato la mera “redistribuzione” delle fattispecie escludenti: ciò che induce ad attribuire all’”errore” contestato, ammessane la sussistenza, rilevanza meramente formale.

Tale conclusione trova conferma nel rilievo secondo cui il T.A.R. ha fatto discendere l’annullamento del provvedimento impugnato dalla mera violazione dell’obbligo dichiarativo avente ad oggetto una circostanza potenzialmente rilevante ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lvo n. 50/2016, la cui formulazione, per la parte di interesse, è rimasta immutata fin dall’approvazione del relativo Codice (laddove àncora il potere escludente alla condizione che “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”).

Prosegue in chiave critica la parte appellante allegando che il giudice di primo grado giunge ad affermare che: “(…) Se è vero che il rinvio a giudizio è stato concretamente conosciuto solamente dopo la presentazione dell’offerta, ovvero il 13 aprile 2017, è innegabile come ben prima il legale rappresentante fosse a conoscenza dell’indagine in corso e dunque dell’informativa di P.G., dei verbali di perquisizione, dei sequestri e degli interrogatori, come emerge dallo stesso decreto di rinvio a giudizio depositato in giudizio”.

Essa deduce sul punto che le conclusioni del giudice di primo grado si fondano sugli esiti della evoluzione giurisprudenziale che ricomprende tra gli obblighi dichiarativi finanche l’avvio delle indagini penali, laddove la fattispecie oggetto di giudizio è venuta in essere in costanza di un diverso orientamento ermeneutico, che non considerava il rinvio a giudizio (né tampoco l’avvio delle indagini penali) come vicenda professionale da dichiarare.

Aggiunge che le indagini penali o i rinvii a giudizio, in quanto rappresentano dei meri atti interlocutori, irrilevanti ed endo-procedimentali, che segnano il mero passaggio alla fase dibattimentale, non sono suscettibili di integrare il “grave illecito professionale” suscettibile di determinare l’esclusione del concorrente, in quanto, altrimenti ragionando, verrebbe a configurarsi una causa di esclusione che lo stesso legislatore prevede sostanziarsi solamente al ricorrere di una sentenza di condanna definitiva, ai sensi dell’art. 80, comma 1, d.lvo n. 50/2016.

Deduce ancora la parte appellante che, al tempo, l’art. 80, comma 5, lett. c), d.lvo cit., ove rapportato alle Linee Guida ANAC n. 6, adottate in applicazione del comma 13 della stessa disposizione di legge, comportava l’obbligo di dichiarare le pregresse vicende professionali essenzialmente incentrate sulla parte esecutiva dell’appalto, non già afferenti vicende legate a procedimenti penali ancora in itinere e non sfociate in una sentenza di condanna, anche non definitiva.

Osserva altresì la parte appellante che la circostanza che il concorrente abbia puntualmente seguito le indicazioni fornite dalla stazione appaltante, nella modulistica pubblicata insieme al bando, non può ridondare a danno del medesimo, in violazione dei principi di massima partecipazione alle gare e di tutela del legittimo affidamento dei concorrenti in buona fede.

A fondamento delle sue deduzioni, la società esponente lamenta anche che l’avversata interpretazione si pone in contrasto anche con l’art. 6 CEDU, inteso quale principio d’innocenza, così come con l’art. 27 Cost., che impone di non poter comminare la massima sanzione, ossia l’espulsione dalla gara, per fatti non ancora accertati dal giudice penale, neppure con sentenza di primo grado.

Infine, la parte appellante ripropone la richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE, da essa presentata in primo grado, nella seguente formulazione:

“Voglia codesto Ecc.mo Consiglio di Stato, nel caso in cui ritenesse di non accogliere l’appello, rimettere alla Corte di Giustizia la questione di compatibilità dell’art. 80, co. 5, lett. c), D. Lgs. 50/2016 e s.m.i. – così come interpretato anche dal TAR, ossia come norma che imponga ai concorrenti di dichiarare “tutto” anche nel silenzio della lex specialis o addirittura, come nel caso di specie, in violazione della Legge di gara e che punisce con l’esclusione anche facoltativa o con l’annullamento dell’aggiudicazione le eventuali omissioni/reticenze – con i principi di trasparenza, proporzionalità e parità di trattamento, i quali richiedono che le condizioni sostanziali e procedurali relative alla partecipazione ad un appalto siano chiaramente definite in anticipo e rese pubbliche, in particolare gli obblighi a carico degli offerenti, affinché questi ultimi possano conoscere esattamente i vincoli procedurali ed essere assicurati dal fatto che gli stessi vincoli valgono per tutti i concorrenti (cfr.

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