Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-04-05, n. 201301904
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N. 01904/2013REG.PROV.COLL.
N. 05367/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello nr. 5367 del 2005, proposto dal COMUNE DI COSTIGLIOLE D’ASTI, in persona del Sindaco
pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avv.ti R M e G F R, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Cosseria, 5,
contro
il professor A A, rappresentato e difeso dagli avv.ti M P e C E G, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Maria Cristina, 2,
nei confronti di
- signor A R, non costituito;
- REGIONE PIEMONTE, in persona del Presidente
pro tempore,
non costituita;
per l’annullamento e/o comunque la riforma
della sentenza del T.A.R. del Piemonte, Sezione Prima, nr. 680/04 del 26 aprile 2004, non notificata, che, in accoglimento del ricorso proposto dal prof. A A, ha annullato le concessioni edilizie rilasciate dal Comune di Costigliole d’Asti nr. 73/00 in data 28 novembre 2000, nr. 7/01 in data 1 marzo 2001 e nr. 18/02 in data 10 aprile 2002.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato prof. A A e l’appello incidentale dallo stesso proposto;
Viste le memorie prodotte dal Comune appellante (in date 8 e 19 febbraio 2013) e dall’appellato (in date 8 e 19 febbraio 2013) a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 12 marzo 2013, il Consigliere Raffaele Greco;
Uditi l’avv. Stefania Ionata, su delega dell’avv. Romanelli, per il Comune appellante e l’avv. Protto per l’appellato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Comune di Costigliole d’Asti ha impugnato la sentenza con la quale il T.A.R. del Piemonte, accogliendo il ricorso proposto dal prof. A A, ha annullato due concessioni edilizie ed un’autorizzazione edilizia in sanatoria rilasciate dallo stesso Comune, tra il 2000 e il 2001, a favore del signor Antonio Ruggeri per interventi realizzati su immobili di proprietà di quest’ultimo.
L’appello risulta affidato ai seguenti motivi:
1) errore di motivazione della sentenza di primo grado, con riferimento al rigetto della eccezione di tardività del ricorso (stante la dimostrata piena conoscenza dei titoli abilitativi impugnati in primo grado ben prima del sessantesimo giorno antecedente la notifica del ricorso);
2) eccesso di potere giurisdizionale;difetto ed errore di motivazione della sentenza di primo grado (in relazione all’integrazione del thema decidendum compiuta dal primo giudice con riguardo alla ritenuta violazione dell’art. 9.2 delle N.T.A. del P.R.G. comunale);
3) eccesso di potere giurisdizionale;difetto ed errore di motivazione della sentenza di primo grado, sotto diverso profilo;violazione dell’art. 654 cod. proc. pen. (con riferimento all’inammissibile impiego da parte del T.A.R. delle risultanze di perizie redatte in diverso procedimento penale);
4) eccesso di potere giurisdizionale;difetto ed errore di motivazione della sentenza di primo grado, sotto diverso profilo (con riferimento all’erronea affermazione di applicabilità al caso di specie dell’art. 14 delle N.T.A. della variante al P.R.G. del 1999);
5) eccesso di potere giurisdizionale;difetto ed errore di motivazione della sentenza di primo grado, sotto diverso profilo (con riguardo all’incertezza della disciplina urbanistica applicabile sull’area interessata dall’intervento, e conseguentemente agli interventi consentiti);
6) eccesso di potere giurisdizionale;difetto ed errore di motivazione della sentenza di primo grado, sotto diverso profilo (con riferimento alla qualificazione di risanamento conservativo data dal T.A.R. all’intervento).
Nel costituirsi, l’originario ricorrente prof. A A, oltre a replicare analiticamente ai motivi di gravame, ha proposto appello incidentale avverso la medesima sentenza, deducendo con unico articolato motivo di ricorso: violazione di legge, con riferimento agli artt. 13, 25, 56 della legge regionale 5 dicembre 1977, nr. 56, e con riferimento agli artt. 31 e 48 della legge 5 agosto 1978, nr. 457, nonché con riferimento agli artt. 6, 9, 10, 11 e 15 del Regolamento edilizio vigente, agli artt. 4, 6, tabella 21, delle N.T.A. del P.R.G. vigente e della variante generale nr. 2 adottata il 4 maggio 1999, in salvaguardia, nonché eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti, illogicità, difetto e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione, dedotta altresì, quale violazione di legge, ai sensi dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, nr. 241 (con riguardo alle caratteristiche degli interventi per cui è causa, i quali andavano qualificati come di nuova costruzione, e pertanto erano radicalmente esclusi dalla disciplina urbanistica vigente).
Le parti hanno affidato a memorie l’ulteriore svolgimento delle rispettive tesi.
All’udienza del 12 marzo 2013, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Giunge all’attenzione della Sezione il contenzioso relativo all’impugnazione proposta dal prof. A A avverso i titoli ad aedificandum chiesti e ottenuti dal signor Antonio Ruggeri per l’esecuzione di interventi su immobili in sua proprietà, siti in zona agricola nel territorio del Comune di Costigliole d’Asti.
1.1. I titoli in questione sono tre, e segnatamente:
- la concessione edilizia nr. 73 del 28 novembre 2000, avente a oggetto la demolizione di una parte di un edificio preesistente, la manutenzione straordinaria della porzione residua e la realizzazione di “ muro controterra con orizzontamento portante per il consolidamento strutturale del fabbricato ”;
- la concessione in variante nr. 7 del 1 marzo 2001, relativa alle opere di consolidamento strutturale del medesimo fabbricato;
- l’autorizzazione edilizia in sanatoria nr. 18 del 18 settembre 2001, relativa ai movimenti di terra eseguiti su un’area inedificata vicina a quella interessata dagli interventi assentiti con le predette concessioni.
1.2. Con la sentenza oggi impugnata dal Comune di Costigliole d’Asti, il T.A.R. del Piemonte:
- ha respinto l’eccezione di irricevibilità del ricorso introduttivo sollevata dall’Amministrazione comunale;
- ha qualificato, sulla scorta di due perizie eseguite in un autonomo procedimento penale, come ristrutturazione edilizia l’intervento eseguito sull’ala residenziale dell’edificio preesistente, e come risanamento conservativo quello relativo alla realizzazione del “ muro controterra ”, ritenendoli entrambi preclusi dalla disciplina urbanistica vigente sull’area;
- ha infine annullato tutti e tre i titoli impugnati, per ritenuta violazione della norma di salvaguardia contenuta nelle N.T.A. della variante di P.R.G. in itinere, in ragione della quale le opere edilizie su immobili preesistenti erano consentite solo agli imprenditori agricoli a titolo principale o part-time (qualità non posseduta dal controinteressato).
2. Tutto ciò premesso, tanto l’appello dell’Amministrazione comunale quanto l’appello incidentale si appalesano infondati e pertanto meritevoli di reiezione.
3. In ordine logico, va esaminato innanzi tutto il primo moitvo dell’appello del Comune, col quale si ripropone l’eccezione di tardività del ricorso di primo grado, assumendosi che l’originario istante avrebbe avuto conoscenza dei titoli edilizi impugnati ben prima del sessantesimo giorno antecedente alla notifica dell’atto introduttivo del giudizio.
La doglianza è infondata, dovendo condividersi l’avviso del primo giudice secondo cui l’Amministrazione non ha fornito la prova rigorosa della piena conoscenza degli atti impugnati in un momento anteriore, ciò a cui è tenuto chi eccepisce la tardività dell’impugnazione in base al consolidato indirizzo giurisprudenziale dal quale questa Sezione non ravvisa motivo per discostarsi (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 dicembre 2012, nr. 6557;id., 31 maggio 2012, nr. 3269;Cons. Stato, sez. V, 20 giugno 2011, nr. 3696;Cons. Stato, sez. IV, 2 febbraio 2011, nr. 747;id., 8 novembre 2010, nr. 7907).
Nel caso di specie, tale piena conoscenza non può presumersi – come vorrebbe parte appellante – sulla base dell’esposto presentato dall’odierno appellato in data 21 giugno 2001, atteso che con quest’ultimo, come evidenziato dal primo giudice, egli si doleva unicamente dei movimenti di terra interessanti la porzione di suolo più prossima alla sua proprietà (poi oggetto dell’autorizzazione in sanatoria del 18 settembre 2001), e non anche dell’intervento edilizio nella sua globalità.
A questa argomentazione il Comune replica che è ben poco verosimile che il ricorrente, una volta avvedutosi dei detti movimenti di terra, non avesse acquisito contezza anche delle attività edilizie cui questi erano strumentali, che si svolgevano su un’area solo di poco più lontana dalla sua proprietà;ma tale rilievo, pur ragionevole, non vale ad assolvere al rigoroso onere probatorio cui si è sopra accennato.
Infatti, premesso che non risulta contestato neanche da parte odierna appellante che al momento della presentazione dell’esposto sopra richiamato i lavori non fossero ancora ultimati, alcuna prova è stata fornita in ordine alla loro entità e consistenza a tale momento: ed è appena il caso di precisare che, ai fini della piena conoscenza del titolo ad aedificandum, non è affatto sufficiente conoscere che dei lavori edilizi sono comunque in itinere, occorrendo che questi abbiano raggiunto un avanzamento tale da disvelare gli eventuali profili di contrasto con la disciplina urbanistica dell’area, palesando almeno indirettamente l’illegittimità del titolo abilitativo.
Per questo, è jus receptum in giurisprudenza che il termine per impugnare il permesso di costruire da parte del proprietario confinante decorra di regola dalla data di ultimazione dei lavori, o comunque dal momento in cui questi manifestino in modo chiaro e univoco le loro caratteristiche essenziali, con la sola eccezione del caso – che nella specie non ricorre – in cui il ricorrente contesti in radice la stessa possibilità di edificazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 novembre 2012, nr. 5657;id., 30 luglio 2012, nr. 4287;id., 28 gennaio 2011, nr. 678;id., 23 luglio 2009, nr. 4616).
Alla stregua dei richiamati principi, deve convenirsi con l’avviso del primo giudice il quale ha disatteso l’eccezione di irricevibilità, per tardività, del ricorso introduttivo.
4. Superata questa questione di rito, s’impone poi l’esame dell’appello incidentale proposto dal prof. A, con cui quest’ultimo, criticando le diverse conclusioni del T.A.R., insiste nella propria prospettazione secondo cui le opere assentite con i provvedimenti impugnati integrerebbero nella loro globalità una nuova edificazione (non consentita sull’area de qua ): infatti, l’eventuale fondatezza di tale tesi comporterebbe la radicale illegittimità dei titoli abilitativi impugnati in prime cure, e pertanto risulterebbe assorbente di ogni altra questione evocata nell’appello principale.
Tuttavia, la pur ampiamente argomentata impostazione dell’appellante incidentale non può essere condivisa.
Al riguardo, va rilevato che per individuare l’esatta natura e consistenza degli interventi per cui è causa il primo giudice si è servito, oltre che della documentazione tecnica versata in atti dalle parti, anche di accertamenti tecnici eseguiti nell’ambito di un parallelo procedimento penale sorto in relazione alle medesime opere;va peraltro evidenziato che da tali accertamenti il T.A.R. ha tratto elementi di conoscenza in ordine alla natura ed entità delle opere, anche se poi non ne ha condiviso le conclusioni in termini di inquadramento degli interventi nelle tipologie normative (pervenendo, per vero, a conclusioni più rigorose rispetto a quelle raggiunte in sede penale).
Tale modus procedendi, del quale può fin d’ora anticiparsi la piena ammissibilità nel giudizio amministrativo, non è stato oggetto di specifica contestazione da parte dell’appellante incidentale, il quale, in particolare, non ha addotto elementi nel senso di un erroneo apprezzamento dello stato dei luoghi da parte del perito nominato dal G.i.p., limitandosi a contrapporre alle conclusioni di questi dei propri autonomi apprezzamenti tecnici tali da condurlo a conclusioni difformi in ordine all’incidenza degli interventi de quibus su sagoma, volume e superfici del manufatto preesistente.
Pertanto, in questa sede appare del tutto condivisibile la valorizzazione compiuta degli accertamenti eseguiti dal perito del G.i.p., trattandosi di soggetto certamente estraneo alle parti del presente giudizio ed agli interessi di cui queste sono portatrici, che non risulta aver commesso macroscopici e manifesti errori nella fase di sopralluogo e conoscenza dei luoghi interessati dalle opere per cui è causa.
In particolare, con riferimento alle opere di consolidamento (c.d. “ muro controterra ”) il perito ha evidenziato le caratteristiche essenziali dell’intervento, consistenti in “ svuotamento del terrapieno restrostante il muro e sottostante l’orizzontamento per metà della sua ampiezza, per l’altra metà mantenimento del terrapieno con solo muro controterra in c.a., creazione di cortile e giardino pensile, ripristino della scarpata ai lati del muro controterra, rivestimento esterno del muro con mattoni vecchi ” (cfr. documento nr. 8 delle produzioni di primo grado del Comune, pag. 50), concludendo nel senso che si tratterebbe di lavori rientranti nella categoria della manutenzione straordinaria.
Quanto invece agli interventi sull’edificio preesistente, è stato evidenziato che “ ...Dell’edificio esistente rimane (...) soltanto parte dei muri portanti esterni, l’edificio viene ricostruito sul perimetro preesistente e senza aumento di volumetria ” (cfr. doc. nr. 8 cit., pag. 53), concludendo che in questo caso si tratterebbe di ristrutturazione edilizia.
Alla luce di tale descrizione delle opere eseguite – della cui attendibilità, lo si ripete, non vi è ragione di dubitare – la Sezione conviene col primo giudice nel senso di escludere con ragionevole certezza che le stesse potessero integrare un intervento di nuova costruzione, restando peraltro irrilevante, agli effetti della decisione sull’appello incidentale, se la loro qualificazione corretta fosse quella data dal perito del G.i.p. ovvero quella individuata dal T.A.R.
5. Tornando dunque all’esame dell’appello principale, col suo secondo motivo il Comune lamenta una sorta di ultrapetizione da parte del T.A.R., il quale avrebbe indebitamente integrato il thema decidendum pronunciandosi anche su una questione, quella del preteso contrasto degli interventi assentiti con l’art.