Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-12-04, n. 202310493

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-12-04, n. 202310493
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202310493
Data del deposito : 4 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/12/2023

N. 10493/2023REG.PROV.COLL.

N. 07979/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7979 del 2020, proposto dalla signora C N, rappresentata e difesa dall’avvocato V D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;

contro

il Comune di Taranto, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A M B e G L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato V C M in Roma, via dei Pontefici, n. 3;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, Sez. III, 27 dicembre 2019 n. 2043, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Taranto e i documenti prodotti;

Esaminate le ulteriori memorie con documenti depositati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del 19 ottobre 2023 il Cons. Stefano Toschei e uditi, per le parti, gli avvocati V D e Nico Panio, quest’ultimo in sostituzione degli avvocati A M B e G L;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Il presente giudizio in grado di appello ha ad oggetto la richiesta di riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, Sez. III, 27 dicembre 2019 n. 2043, con la quale il TAR ha respinto il ricorso (n. R.g. 2090/2013), proposto dalla signora C N, al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento, n. 108 prot. 106858 dell’11 luglio 2013, di diniego della domanda di condono edilizio presentata dalla predetta in data 2 dicembre 2004, ai sensi del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla l. 24 novembre 2003, n. 326.

2. - La vicenda che fa da sfondo al presente contenzioso in grado di appello può essere sinteticamente ricostruita sulla scorta dei documenti e degli atti prodotti dalle parti controvertenti nei due gradi di giudizio nonché di quanto sintetizzato nella parte in fatto della sentenza qui oggetto di appello, come segue:

- riferisce l’appellante che, con istanza del 2 dicembre 2004, ella ebbe a presentare al Comune di Taranto una domanda di condono edilizio (prot. n. 1442), ai sensi della l.r. Puglia 23 dicembre 2003, n. 28 e della l. 326/2003, avente ad oggetto alcuni manufatti realizzati senza titolo nella proprietà (costituita da una costruzione principale realizzata a seguito della concessione edilizia n. 26 del 5 febbraio 1992 composta di due livelli fuori terra su una superficie complessiva coperta di circa 200,00 mq) insistente nel Comune di Taranto, località S. Vito e consistenti in: a) una unità immobiliare ad uso residenziale, di mq. 50,70, con una veranda pertinenziale di mq. 9,90;
b) un locale-deposito di mq. 33,40;
c) un ripostiglio di mq. 4,50;
d) un ulteriore vano di mq. 21;

- in data 5 febbraio 2007 il Comune ha emanato il preavviso di rigetto (nota n. 1812), al quale l’interessata ha proposto osservazioni in data 14 marzo 2007, a cui seguiva il provvedimento di diniego di condono edilizio adottato con ordinanza dirigenziale n. 18 (prot. n. 106858) dell’11 luglio 2013;

- detto provvedimento era impugnato dalla signora C N dinanzi al TAR per la Puglia giacché ritenuto illegittimo per: a) violazione di legge per non avere il Comune di Taranto acquisito alcun parere paesaggistico, come invece sarebbe stato necessario, atteso che, per effetto della normativa regionale in materia di condono edilizio, nella Regione Puglia sono suscettibili di sanatoria tutte le tipologie di abuso edilizio, ad eccezione di quelle realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale o dichiarati di interesse particolarmente rilevante ai sensi della normativa sulla tutela dei beni culturali. Più in particolare, la sanatoria delle opere abusive realizzate su immobili o aree soggetti a vincoli ad inedificabilità relativa, come nel caso di specie, è subordinata al parere favorevole dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo, conseguentemente la mancata acquisizione del detto parere rende illegittimo il diniego di condono adottato;
b) la motivazione del provvedimento di diniego si manifesta, all’evidenza, irragionevole e contraddittoria con le premesse giuridiche indicate nell’atto;

- il TAR per la Puglia, con la sentenza n. 2043/2019, ha respinto il ricorso proposto dalla signora Natale rilevando la infondatezza dei motivi dedotti, in quanto: a) con riferimento al provvedimento di diniego di condono edilizio “ risulta accertato dal Comune di Taranto (e non contestato da parte ricorrente) che trattasi di opere edilizie realizzate (senza titolo abilitativo) in area sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale ed idrogeologico e che l’abuso sostanziale, come specificato a pagina 1 del predetto provvedimento di diniego, è stato realizzato dopo l’imposizione del vincolo ”;
b) consegue a quanto appena segnalato che, “ per effetto dell’applicazione di quanto previsto dall’articolo 32, comma 27, lettera d), della Legge 24 novembre 2003, n. 326 ”, la domanda di condono non poteva essere nella specie accolta.

3. – Propone quindi appello, nei confronti della suddetta sentenza di primo grado, la signora C N, che ne sostiene la erroneità per due complessi motivi di appello (che sostanzialmente ricalcano le censure già dedotte in primo grado e non condivise dal TAR per la Puglia), che possono sintetizzarsi come segue:

I) Eccesso di potere per omessa o carente motivazione del provvedimento impugnato. L’ordinanza dirigenziale del Comune di Taranto n. 108, prot. n. 106858, dell’11 luglio 2013 è illegittima – ed erroneamente il giudice di primo grado non lo ha considerato – perché in detto provvedimento, al punto 2, è stato affermato che la realizzazione del fabbricato oggetto della richiesta di condono sarebbe in contrasto con l'art. 22 delle N.T.A. all'interno della perimetrazione dei territori costruiti e rientrante nell'ambito D del vigente P.U.T.T./P della Regione Puglia, oltre ad essere sottoposto a vincolo paesaggistico, ambientale ed idrogeologico, senza tuttavia dimostrare puntualmente “ la natura del vincolo, se urbanistico o paesaggistico (o entrambi) né la decorrenza dello stesso, manca di conseguenza ogni riferimento utile per valutare se effettivamente l'abuso fosse stato realizzato prima o dopo l'apposizione del vincolo ” (così, testualmente, a pag. 5 dell’atto di appello). Peraltro, posto che il vincolo di cui sopra è stato approvato dal Consiglio comunale di Taranto in data 29 novembre 2002, sarebbe spettato al predetto comune il compito di accertare, prima di denegare la sanatoria edilizia richiesta, se le opere da condonarsi fossero state eseguite prima o dopo l'imposizione del vincolo;

II) Violazione di legge. Nelle premesse del provvedimento di diniego di condono edilizio non compare alcuna indicazione circa la norma istitutiva del vincolo paesaggistico. Inoltre il giudice di primo grado non ha considerato che la legge regionale della Puglia in materia di condono edilizio contiene ambiti più ampi di condonabilità degli abusi rispetto alla previsione nazionale. Infatti l'art. 2 l.r. 28/2003, come modificato dall'art. 4, comma 1, l.r. 19/2004, stabilisce che: “ Fermo restando il disposto dell'articolo 32, comma 26, del D.L. 269/2003, per i numeri da l a 3 dell'allegato l e purché gli abusi abbiano i requisiti previsti dall'articolo 31, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nella Regione Puglia sono suscettibili di sanatoria le tipologie di illecito di cui ai n. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 al D.L. 269/2003 ”. Ne consegue, ad avviso della appellante, che “ nella Regione Puglia sono suscettibili di sanatoria tutte le tipologie di abuso edilizio, ad eccezione di quelle realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale o dichiarati di interesse particolarmente rilevante ai sensi della normativa sulla tutela dei beni culturali. La sanatoria delle opere abusive realizzate su immobili o aree soggetti a vincoli ad inedificabilità relativa, come nella fattispecie in oggetto, è subordinata al parere favorevole dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo in applicazione dell'art. 32 L. 47/1985, come richiamato, in via generale, dall'art. 32, co 25, L. 326/2003 ”, parere che non è stato acquisito dal comune prima di negare la richiesta di condono (così, testualmente, a pag. 8 dell’atto di appello).

4. – Si è costituito nella presente sede di appello il Comune di Taranto che ha eccepito, preliminarmente, la tardiva proposizione dell’appello per non essere stato rispettato il c.d. termine lungo nella proposizione del mezzo di gravame.

Nel merito il comune appellato ha contestato analiticamente le avverse prospettazioni, confermando la legittimità del provvedimento comunale impugnato e chiedendo la reiezione del ricorso stante la correttezza del percorso logico giuridico sviluppato dal giudice di primo grado per come emerge dalla sentenza qui oggetto di appello.

Le parti hanno prodotto memorie, confermando le conclusioni già rassegnate negli atti precedentemente depositati nel fascicolo digitale del processo.

5. – L’eccezione di tardività dell’appello formulata in via preliminare dal Comune di Taranto non può essere accolta, stante l’applicazione del periodo di sospensione di cui alla previsione dell'art. 3 d.l. 8 marzo 2020, n. 11 che ha generalizzato la sospensione dei termini processuali ai sensi dell'art. 54, commi 2 e 3, c.p.a. (senza limitazioni di sorta) a decorrere dal 8 marzo 2020 e sino al 22 marzo 2020.

Ad ogni modo la eccezione risulta essere superflua, nell’economia del presente processo, stante l’infondatezza delle censure dedotte nella sede di appello .

6. – In primo luogo va osservato, in punto di fatto, che il provvedimento di diniego principalmente impugnato in primo grado reca le seguenti precisazioni:

- che “ il fabbricato, oggetto della richiesta, insiste su un lotto di terreno rientrante in una zona che il vigente P.R.G. destina a "Zona di Parchi, Giochi e Sport — A10", ed è in contrasto con l'art. 22 delle N.T.A.. all'interno della perimetrazione dei territori costruiti e rientrante in ambito D del vigente P.U.T.T./P. della Regione Puglia ed è sottoposto ai Vincoli Paesaggistico—Ambientale ed Idrogeologico ”;

- che “ l'art. 32, comma 26, della L. 326/03, per gli interventi edilizi realizzati abusivamente su aree sottoposte a vincoli di tutela, limita l'applicabilità del Condono Edilizio esclusivamente agli "abusi formali" ed alle tipologie n° 4 — 5 - 6, della tabella C allegata alla suddetta legge, carattere che nella fattispecie non si riscontra in quanto l'abuso in questione rientra nella Tipologia 1 della stessa tabella (Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici) ”.

In punto di diritto va poi rammentato che, con riferimento al c.d. terzo condono, va condiviso il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa (cfr., tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. VI, 12 maggio 2023 nn. 4812 e 4813) per cui, con riguardo agli abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, il condono previsto dall'art. 32 d.l. 269/2003 (convertito dalla legge n. 326/2003) è applicabile, esclusivamente, agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del decreto stesso (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo. Non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l'area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti.

Infatti la disciplina del c.d. terzo condono edilizio non ammette la possibilità di sanare opere che abbiano comportato la realizzazione di nuova volumetria in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. VI, 3 febbraio 2023 n. 1182, 29 luglio 2022 n. 6684, 22 aprile 2022 n. 3088 e 17 marzo 2020 n. 1902).

7. Nel caso di specie:

- l'abuso rientra pacificamente in tali categorie escluse, trattandosi di una nuova costruzione realizzata in area vincolata (si legge nel provvedimento che l’opera è stata realizzata “ in area sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale ed idrogeologico ”);

- la circostanza che l'area sia ricompresa negli strumenti urbanistici comunali non costituisce elemento utile ai fini della condonabilità delle opere abusive realizzate in zona vincolata;

- né, tanto meno e ad abundantiam (stante l’assenza di puntuali indicazioni in tal senso espresse dall’appellante), potrebbe costituire ostacolo al diniego di sanatoria la circostanza che l'area fosse ormai urbanizzata, non provocando tale situazione di fatto la trasformazione di un intervento illecito (la realizzazione di abusi edilizi) in attività lecita;

- quanto all’epoca di realizzazione dell’abuso rispetto all’epoca di apposizione del vincolo, la parte appellante ha solo contestato la circostanza che l’opera fosse stata realizzata in epoca antecedente rispetto alla data di efficacia del vincolo sull’area in questione, non fornendo però elementi di prova a conforto. In argomento è solo il caso di rammentare il costante orientamento giurisprudenziale, che non vi è ragione di non confermare anche in questa occasione, secondo il quale “ in tema di abusi edilizi, l'onere di provare l'ultimazione del manufatto alla data utile per beneficiare del condono spetta all'interessato, poiché il periodo di realizzazione delle opere costituisce elemento fattuale che rientra nella disponibilità della parte che invoca la sussistenza del presupposto temporale per usufruirne ” (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. VI, 16 agosto 2022 n. 7122). È infatti, di regola, il richiedente il titolo in sanatoria “ il soggetto avente disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l'epoca di realizzazione del manufatto ” (cfr., sempre in termini, Cons. Stato, sez. VI, 16 marzo 2020 n. 1890);

- inoltre e ancor più nello specifico, costituendo un tema affrontato espressamente nell’atto di appello, deve osservarsi (cfr., in argomento, Cons. Stato, Sez. VI, 28 giugno 2021 n. 4888) come la necessità del previo parere dell'Autorità preposta alla tutela e alla gestione del vincolo paesaggistico si ponga soltanto per le opere minori realizzate in zona vincolata senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria). Diversamente opinando, la richiesta di parere sarebbe del tutto inutile, comportando anzi un illegittimo aggravamento del procedimento, tenuto conto che non sarebbe comunque possibile, in ragione di un divieto sancito in via generale e astratta dall'art. 32, comma 27, citato, procedere alla sanatoria di opere integranti gli estremi della nuova costruzione in zona vincolata;
a prescindere, dunque, dalle caratteristiche concrete delle opere abusive, elemento suscettibile di valutazione nel sub procedimento consultivo di competenza dell'ente preposto alla tutela dell'interesse paesaggistico. D'altronde, come è stato precisato dalla Sezione, “ se l'esistenza dei presupposti fattuali contemplati dalla norma di disciplina del potere pubblico preclude la possibilità del condono delle opere abusive, non si può ritenere necessaria la fase valutativa di competenza della Soprintendenza ” (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. VI, 6 febbraio 2018 n. 755).

8. – Va poi rilevato che non trova fondamento la prospettazione, offerta dalla parte appellante, secondo la quale nella Regione Puglia, ex l.r. 19/2004, sarebbero sanabili tutte le tipologie di abusi edilizi, ad eccezione di quelle su immobili dichiarati monumento nazionale o dichiarati di interesse particolarmente rilevante ai sensi della normativa sui beni culturali.

In argomento la parte appellante lamenta un'errata interpretazione del quadro normativo vigente, come desumibile ai sensi della legge statale n. 326/2003 e dalla legge regionale Puglia n. 28, del 23 dicembre 2003.

Nello specifico, deduce che gli abusi realizzati in aree sottoposte a vincoli relativi di edificabilità, ancorché di "maggiori" dimensioni, sarebbero sempre sanabili, previo parere favorevole dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo. Sul punto, invoca la disciplina sul "terzo condono" dettata dal D.L. 269/2003, convertito dalla L. n. 326/2003, con espresso richiamo all'art. 32, L. n. 47/1985;
e la Legge Regionale n. 28/2003, come modificata dall'art. 4 della legge Regione Puglia n. 19/2004, che all'art. 2, comma 1, consentirebbe "la sanabilità degli abusi maggiori (numeri da 1 a 3 dell'Allegato 1 alla L. n. 326/2003) oltre che di quelli c.d. minori (numeri da 4 a 6 dell'allegato)". Nella sostanza, l'esistenza di un vincolo paesaggistico, comportante inedificabilità relativa non rappresenterebbe, infatti, un elemento automaticamente ostativo al condono, essendo necessario, invece, procedere ad una verifica della concreta compatibilità dell'opera con le esigenze di tutela sottese all'imposizione del vincolo, prima di provvedere sulla relativa istanza di condono.

Va sul punto precisato, a conferma dell’infondatezza del motivo di appello prospettato in questa sede, che, secondo le previsioni di cui alla l. 326/2003, gli "abusi maggiori" non sono mai condonabili quando commessi in zona sottoposta a vincolo in epoca anteriore alla realizzazione delle opere, indipendentemente che si tratti di vincolo di inedificabilità assoluta o relativa e indipendentemente dalla conformità, o meno, delle opere agli strumenti urbanistici vigenti al momento in cui viene presentata, o esaminata, la domanda di condono: in tali situazioni, dunque, è inutile la richiesta del parere da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, così come il parere della CEI o della Commissione per il Paesaggio, posto che si versa in una situazione di divieto di condono stabilita dal legislatore. Da ciò discende che, in presenza di interventi qualificabili come nuova costruzione e realizzati in area soggetta a vincoli paesaggistici, il diniego di sanatoria edilizia è atto dovuto ai sensi della l. 326/2003 (cfr., in argomento, Cons. Stato, Sez. VI, 25 novembre 2022 n. 10374).

Analogamente, secondo le ulteriori pronunce della Sesta sezione del Consiglio di Stato, nn. 9986 e n. 9988, del 15 novembre 2022, “ ai sensi dell'art. 32, comma 26, lettera a), del D.L. 269/2003, "sono suscettibili di sanatoria edilizia le tipologie di illecito di cui all'allegato 1: a) numeri da 1 a 3, nell'ambito dell'intero territorio nazionale, fermo restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente articolo, nonché 4, 5 e 6 nell'ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985 n. 47". L'art. 32, comma 27, lett. d), del medesimo decreto legge prevede che: "Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora (...) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici". In base alle citate norme, non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 dell'allegato 1 alla citata legge (cd. abusi maggiori), realizzate su immobili soggetti a vincoli, a prescindere dal fatto che (ed anche se) si tratti di interventi conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e al fatto che il vincolo non comporti l'inedificabilità assoluta dell'area. Sono invece sanabili, se conformi a detti strumenti urbanistici, solo gli interventi cd. minori di cui ai numeri 4, 5 e 6, dell'allegato 1 al d.l. n. 326, cit. (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria), previo parere della autorità preposta alla tutela del vincolo. 5.1 - La giurisprudenza (cfr.Cons. St. n. 1664 del 02 maggio 2016;
Cons. St. n. 735 del 23 febbraio 2016, Cons. St. n. 2518 del 18 maggio 2015) ha costantemente affermato che, ai sensi dell'art. 32, comma 27, lett. d), del decreto legge n. 269 del 30 settembre 2003, convertito nella l. n. 326 del 24 novembre 2003, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli sono sanabili solo se, oltre al ricorrere delle ulteriori condizioni - e cioè che le opere siano realizzate prima dell'imposizione del vincolo, che siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e che vi sia il previo parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo - siano opere minori senza aumento di superficie e volume (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria). Pertanto, un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo, indipendentemente dal fatto che il vincolo non sia di carattere assoluto, non può essere sanato. L'applicabilità della sanatoria, nelle aree sottoposte a vincoli, alle sole opere di restauro o risanamento conservativo o manutenzione straordinaria, se ed in quanto conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, è stata poi confermata anche dalla costante giurisprudenza penale secondo cui: "in tema di abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, il condono previsto dall'art. 32 del D.L. n. 269 del 2003 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 326 del 2003) è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del citato D.L. (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l'area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici" (Corte Cass. 40676 del 2016)
" (cfr. ancora, di recente, Cons. Stato, Sez. VII, 28 febbraio 2023 n. 2081).

9. - In ragione di quanto si è sopra illustrato il ricorso in appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.

Le spese del grado di appello seguono la soccombenza, in virtù del principio di cui all’art. 91 c.p.c., per come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a., sicché la signora C N deve essere condannata a rifondere le spese di lite in favore del Comune di Taranto, che possono complessivamente liquidarsi nella misura di € 4.000,00 (euro quattromila/00), oltre accessori come per legge.

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