Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-12-20, n. 201908620

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-12-20, n. 201908620
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201908620
Data del deposito : 20 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/12/2019

N. 08620/2019REG.PROV.COLL.

N. 00481/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso avente numero di registro generale 481 del 2009, proposto dall’avvocato -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato A L C e con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G V in Roma, via Tacito n. 90,

contro

il Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore , e il Consiglio superiore della magistratura, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il -OMISSIS- resa tra le parti e concernente risarcimento di danni per mancata conferma della nomina a -OMISSIS-


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni appellate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 5 novembre 2019, il Cons. Giancarlo Luttazi e udito l’avvocato dello Stato Salvatore Faraci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con atto d’appello notificato presso l’Avvocatura generale dello Stato al Consiglio superiore della magistratura (in seguito anche “C.S.M.”) e al Ministero della giustizia in data 22 dicembre 2008 e depositato in data 21 gennaio 2009 l’avvocato -OMISSIS- ha impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il -OMISSIS-, depositata il -OMISSIS-, la quale ha respinto, compensando le spese, il ricorso n. -OMISSIS- proposto dall’appellante per il riconoscimento:

- dell’ingiusto danno sofferto a seguito della delibera del 15 marzo 2000, con la quale l’Assemblea plenaria del Consiglio superiore della magistratura ha deliberato di non confermare per altri cinque anni il ricorrente nella funzione di giudice di pace del -OMISSIS-

- dell’ingiusto danno morale, all’immagine ed esistenziale subito dal ricorrente a causa della suddetta esclusione adottata dall’Assemblea plenaria del Consiglio superiore della magistratura;

- per la condanna, ex art. 35 del decreto legislativo n. 80/1998, del Consiglio superiore della magistratura e del Ministero della giustizia in solido fra loro o di “ chi di dovere ”, al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, subiti dal ricorrente, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

La delibera di mancata conferma cui l’appellante ascrive il danno ingiusto recava questa motivazione: “[…] per essere venuti meno in capo all’istante i requisiti di cui all’art. 5, comma 3, della legge 21 novembre 1991, n. 374, tenuto conto dei fatti rilevati e rappresentati e dei giudizi espressi dal -OMISSIS-ed alla luce delle risultanze della nota in data -OMISSIS-ed atteso che dalle deduzioni dell’istante medesimo formulate con nota pervenuta in data 15 dicembre 1999 non si rilevano elementi utili od argomenti apprezzabili per disattendere la citata delibera del Consiglio giudiziario ”.

La delibera si è basata sulla circostanza che - a seguito di notizie apparse sugli organi di informazione locali e relative ad una indagine riguardante-OMISSIS- - il Consiglio -OMISSIS- - acquisita una nota della locale Prefettura nella quale si riferiva che il nominativo dell’attuale appellante era apparso sugli organi di stampa in relazione ad una indagine denominata -OMISSIS-;
e che il relativo procedimento penale pendeva davanti alla locale Procura della Repubblica - aveva espresso parere negativo sulla domanda di riconferma nell’incarico.

La delibera è stata impugnata dall’attuale appellante dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il-OMISSIS- recante istanza cautelare che è stata accolta con ordinanza del -OMISSIS-

Con nota del -OMISSIS- il ricorrente ha invitato il C.S.M. a provvedere, in esito all’ordinanza cautelare, alla nomina non confermata.

La nomina è stata disposta, dopo diffide dell’attuale appellante, in data -OMISSIS-con conferma per quattro anni del ricorrente nell’incarico di giudice -OMISSIS- e contestuale revoca della gravata delibera consiliare del -OMISSIS-

A seguito della nomina il -OMISSIS-, ha dichiarato il citato ricorso n. -OMISSIS- improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, data la reintegrazione dell’istante nelle funzioni di -OMISSIS-

L’interessato ha poi svolto le funzioni per un anno, dato il successivo compimento in data 3 novembre 2005 del limite di età;
e – precisa l’appello – ha svolto quelle funzioni con un carico di lavoro minimo, poiché nel frattempo gli altri giudici di pace confermati nel medesimo ufficio avevano distribuito tutto il carico di lavoro pendente.

Con atto stragiudiziale del-OMISSIS- al C.S.M. e al Ministero della giustizia e da essi ricevuto in data 19 giugno 2006, l’appellante ha invitato e diffidato il C.S.M. ed il Ministero a provvedere al ristoro dei danni patrimoniali e morali subiti per la mancata riconferma nelle funzioni di giudicante, con avviso che, decorsi trenta giorni dal ricevimento dell’atto di diffida, avrebbe adito le sedi giudiziarie a tutela dei propri diritti.

Trascorsi infruttuosamente i termini l’appellante ha adito il Tribunale amministrativo-OMISSIS- con ricorso n. -OMISSIS- al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti (indicati in un totale di -OMISSIS- euro o nella diversa somma quantificata attraverso consulenza tecnica all’uopo disposta), prospettando gli accadimenti alla base della richiesta risarcitoria e relativi alla mancata conferma e alla successiva tardiva conferma.

La qui appellata sentenza n. -OMISSIS-ha respinto il ricorso, conclusivamente rilevando quanto segue:

a prescindere dalla legittimità o meno del diniego di conferma del 15 marzo 2000, non vi è prova della sussistenza dell’elemento costitutivo essenziale della fattispecie risarcitoria in quanto il danno subito dal ricorrente non può senz’altro ritenersi ingiusto atteso che l’Amministrazione, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, ha attribuito il bene della vita, vale a dire la conferma nell’incarico di -OMISSIS-una volta acquisiti gli elementi di valutazione per l’accertamento della presenza di tutti i presupposti per l’adozione di un provvedimento satisfattivo, mentre, almeno precedentemente alla definizione del procedimento penale de quo, il giudizio prognostico sulla spettanza del bene della vita rimaneva dubbio essendo la conclusione positiva del procedimento amministrativo rimessa al prudente apprezzamento ed alle relative valutazioni di opportunità dell’Autorità competente ”.

L’appellante sostiene di aver diritto a vedersi riconosciuti e liquidati i danni subiti in conseguenza della citata delibera del C.S.M. in data -OMISSIS- E rileva quanto segue.

L’Amministrazione giudiziaria ha deciso di non confermare l’istante nella funzione di -OMISSIS-ritenendo esserne venuti meno i presupposti di legge sulla sola circostanza dell’esistenza di un procedimento penale reso pubblico dalla stampa, e nel quale l’interessato risultava semplicemente iscritto nel registro degli indagati;
ma egli non è mai stato destinatario di alcuna comunicazione giudiziaria tale da minarne il prestigio e da influire sull’idoneità a ricoprire la delicata funzione di -OMISSIS-

L’illegittimità del provvedimento di mancata conferma successivamente impugnato – prosegue l’appellante - era talmente evidente che lo stesso Tribunale amministrativo -OMISSIS- con la citata ordinanza cautelare n. -OMISSIS- ha sospeso gli effetti di quella mancata conferma, rilevando il fumus boni juris del ricorso. La delibera -OMISSIS-presentava infatti palese illegittimità perché adottata in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 5 e 7 della legge 21 novembre 1991, n. 374 (“ Istituzione del giudice di pace ”), essendo il ricorrente, all’atto della richiesta di conferma, in possesso di tutti i requisiti di cui all’art. 5 di quella legge, ed essendo priva di rilievo in proposito la semplice iscrizione nel registro degli indagati.

A seguito di quella illegittima mancata conferma - prosegue l’appello - il ricorrente ha subito danni di natura patrimoniale (mancato percepimento degli emolumenti previsti dalla legge per i giudici di pace, oltre i gettoni per ogni sentenza emessa e l’indennità di carriera), nonché un danno morale, all’immagine ed esistenziale.

La sentenza ora appellata sarebbe dunque erronea poiché pur ammettendo la risarcibilità dei danni derivanti da lesione dell’interesse legittimo, di tipo sia oppositivo sia pretensivo, ha escluso che nella specie vi fosse responsabilità da parte dell’Amministrazione, avendo quest’ultima, sebbene in ritardo, dato esecuzione all’ordinanza cautelare del Tar revocando la deliberazione consiliare -OMISSIS-e confermando l’appellante nella funzione di giudice di pace per altri quattro anni.

Erroneamente il Tar avrebbe escluso la risarcibilità ai sensi dell’artico 2043 del codice civile (condotta colposa e danno a bene della vita) ritenendo che la citata ordinanza cautelare -OMISSIS- non comportasse automaticamente la conferma dell’aspirante nell’incarico di giudice di pace ma determinasse solo la necessità per il C.S.M. di riesaminare l’istanza dell’appellante, così come in effetti avvenuto, e in senso favorevole all’interessato. Invece – rileva l’appellante - la sospensione in via cautelare del provvedimento impugnato avrebbe dovuto comportare l’immediato accoglimento della domanda presentata (essendo stata la stessa illegittimamente rigettata) o quantomeno avrebbe dovuto comportare, come comunemente accade per i giudizi sui concorsi, la conferma con riserva del ricorrente nell’incarico di giudice -OMISSIS-.

L’appellante conclude che un corretto processo e un giudizio prognostico avrebbero dovuto indurre il primo giudice a riconoscere il diritto al risarcimento del danno giacché, al di là dell’ingiustificato ed illegittimo comportamento tenuto dal C.S.M., il diritto dell’interessato ad essere riconfermato giudice di pace è stato ampiamente dimostrato ed è risultato palesemente spettante. Né sarebbe giustificabile l’atteggiamento di particolare rigore che il C.S.M. avrebbe riservato al ricorrente, poiché in Italia diversi magistrati sottoposti a procedimenti penali non sono stati destinatari di analogo provvedimento.

Il danno di cui l’appellante chiede il ristoro viene così quantificato in ricorso, salvo altra maggiore o minor somma che risultasse di giustizia:

- danno patrimoniale per il mancato espletamento dell’incarico di -OMISSIS-equivalente all’importo che l’appellante avrebbe percepito in caso di regolare svolgimento della predetta attività lavorativa per il periodo dal -OMISSIS- € -OMISSIS- (calcolo effettuato in base ad una perizia tecnico-contabile), salvo disporre C.T.U. per un diverso calcolo;

- danno morale esistenziale e di immagine: -OMISSIS-

- interessi e rivalutazione monetaria dalla data del dovuto al soddisfo.

In data 5 febbraio 2009 il Ministero della giustizia ha depositato, per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, una relazione e documenti.

In esito ad avviso di perenzione spedito in data 17 aprile 2014 parte appellante ha depositato, in data 9 giugno 2014, domanda di fissazione di udienza.

Il deposito ministeriale del 5 febbraio 2009 è stato reiterato in data 29 ottobre 2019.

La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 5 novembre 2019.

DIRITTO

Il deposito documentale effettuato dal Ministero il 29 ottobre 2019, peraltro reiterativo del deposito effettuato in data 5 febbraio 2009, non è ammissibile perché oltre il termine di quaranta giorni liberi anteriori all’udienza posto dall’art. 73, comma 1, del codice del processo amministrativo.

Nel merito l’appello è fondato in parte.

1.- È condivisibile il rilievo dell’appellante secondo il quale il risarcimento del danno di un interesse legittimo pretensivo, implicando una valutazione sulla spettanza di un negato bene della vita, dev’essere subordinato, tra l’altro, a un giudizio prognostico il quale dimostri che l’aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole (v., per tutte, Cons. Stato, Sez. IV, 15 luglio 2019, n. 4951);
e che si è in effetti verificato da ultimo un esito favorevole per l’interesse legittimo dell’appellante alla conferma della nomina a -OMISSIS-

Però un altro presupposto essenziale per la tutela risarcitoria risulta ravvisabile solo in parte nella fattispecie: l’elemento soggettivo (dolo o colpa del danneggiante tenuto a risarcire).

L’appellante rileva esser stato in possesso, già all’atto della richiesta di conferma alla nomina a -OMISSIS-di tutti i requisiti di cui all’art. 5, comma 3, della citata legge n. 374/1991, essendo priva di rilievo in proposito la semplice iscrizione nel registro degli indagati, poi definitasi con decreto di archiviazione già in fase di indagini preliminari;
e sottolinea che l’ordinanza cautelare del Tar ha confermato ciò.

L’assunto è esatto con riferimento all’appellante, ma non dimostra dolo o colpa da parte dell’Amministrazione.

La previsione del citato art. 5, comma 3, della legge n. 374/1991 secondo cui “ la nomina deve cadere su persone capaci di assolvere degnamente, per indipendenza, equilibrio e prestigio acquisito e per esperienza giuridica e culturale, le funzioni di magistrato onorario ” non reca una semplice elencazione di requisiti, ma impone all’Amministrazione giudiziaria, nella nomina o conferma dei giudici di pace (funzione onoraria e non rapporto di lavoro: v. l’art. 11 della legge n. 374/1991), l’applicazione di criteri nella discrezionale valutazione alla base della nomina, valutazione che richiede sia nel primo conferimento sia nella conferma una puntuale verifica dell’esistenza o permanenza di quei requisiti.

La verifica dev’essere improntata a prevenire ogni situazione pregiudizievole per la funzione da affidare;
e nella verifica il C.S.M. ha il potere-dovere di tener conto di ogni elemento suscettibile di determinare una ripercussione sfavorevole sull’immagine del magistrato onorario. In quest’ottica il diniego di conferma non richiede una prova piena dell’avvenuta compromissione del bene tutelato, ma è strumento utilizzabile anche quando il prestigio dell’Ufficio risulti anche soltanto messo in pericolo (v. Cons. Stato, Sez. IV, 21 aprile 2009, n. 2428).

Il C.S.M. ha in proposito ampia discrezionalità, poiché l’inserimento transitorio nel corpo magistratuale di un giudice onorario richiede una cura valutativa che, pur senza sconfinare nel puro merito, comporta un giudizio che non è soggetto ai soli canoni di stretta legittimità (v. Cons. Stato, Sez. IV, 19 febbraio 2007, n. 862).

Nella fattispecie la circostanza che l’appellante, seppur poi risultato esente da addebiti, fosse suo malgrado apparso sugli organi di stampa in relazione a un’indagine di polizia giudiziaria ed iscritto nel registro degli indagati, mostra come priva di vizi logico-valutativi l’opzione dell’Amministrazione della giustizia di non confermare la nomina a -OMISSIS- E dunque esclude in quella mancata conferma l’elemento di colpa o dolo necessario per legittimare la pretesa risarcitoria dell’istante.

Questo presupposto psicologico, definibile come colpa in senso lato, risulta invece sussistere - sebbene solo in parte - con riferimento all’attività dell’Amministrazione successiva all’ordinanza cautelare con cui il Tar aveva sospeso l’efficacia di quella mancata conferma.

Quella successiva attività dell’Amministrazione risulta per un verso parzialmente rispettosa delle aspettative dell’appellante e di quella prudenza valutativa dovuta nelle opzioni in materia;
ma per altro verso presenta, sia pure in porzione residuale, ritardi che non risultano giustificati.

Dopo quell’ordinanza cautelare n.-OMISSIS-l’Amministrazione non è rimasta inerte e si è attivata nel rispetto della dovuta prudenza di valutazione, ma lo ha fatto con alcuni ritardi non conformi a una fisiologica tempistica amministrativa.

Il C.S.M. ha acquisito, ai fini del riesame della domanda di conferma nell’incarico, informazioni sull’esito del procedimento penale a carico del ricorrente;
e in data -OMISSIS- - dopo che, in data -OMISSIS-, la Procura della Repubblica presso -OMISSIS- aveva trasmesso una copia del decreto di archiviazione emesso il 4 gennaio 2003 dal locale giudice per le indagini preliminari – ha provveduto a richiedere al Consiglio giudiziario di formulare, alla luce dell’intervenuta archiviazione, un nuovo parere sulla domanda dell’interessato. E dopo che il Consiglio -OMISSIS-, opportunamente integrato, formulava, in data 3 febbraio 2004, parere favorevole alla conferma del ricorrente nell’incarico di -OMISSIS-era emessa, in data 31 marzo 2004, la delibera del C.S.M. di conferma del ricorrente per ulteriori quattro anni, così revocando la precedente delibera del -OMISSIS-

Nel procedimento testé riferito risultano alcuni ritardi: il decreto di archiviazione risulta emesso il 4 gennaio 2003 ma inviato al C.S.M. il successivo -OMISSIS-;
il parere del Consiglio -OMISSIS- (relativamente al quale non risulta la data di invio della richiesta) risulta emesso il successivo 3 febbraio 2004.

Questi ritardi amministrativi, pur non macroscopici, non risultano giustificati e appaiono da qualificare come “colpa” dell’Amministrazione;
e pertanto, in parte qua , rendono fondata la richiesta risarcitoria, data la sussistenza nel caso di specie degli altri necessari requisiti: il danno subito dall’istante, la relativa ingiustizia costituita dalla lesione del suo interesse legittimo ad una corretta procedura di conferma, conferma alla quale l’istante risultava aver titolo.

In assenza di dati certi sulla causalità e sulla precisa tempistica dei ritardi, pur sussistenti, la quantificazione risarcitoria va effettuata in via equitativa ai sensi degli artt. 2056 e 1226 del codice civile, prendendo a base i dati forniti dalla relazione tecnica fornita dall’appellante ed indicando, sempre con valutazione equitativa, i seguenti lassi temporali:

- dal 1° febbraio 2003 al -OMISSIS- appare da ravvisarsi un non giustificato ritardo dell’invio al C.S.M. del decreto di archiviazione, ritardo che può essere quantificato a fini equitativi in un totale di mesi quattro;

- dal 1° luglio 2003 (dopo un mese dall’invio al C.S.M. del decreto di archiviazione) al 3 febbraio 2004 appare da ravvisarsi un non giustificato ritardo nell’emissione del parere del Consiglio -OMISSIS-, ritardo che può essere quantificato a fini equitativi in un totale di mesi sette.

Il Collegio ritiene che questi dati siano da utilizzare limitatamente alla quantificazione del danno patrimoniale, posto che per un verso il danno morale esistenziale e di immagine appare di non decisivo rilievo con riferimento ai non macroscopici tempi del ritardo amministrativo dopo il decreto di archiviazione e per altro verso la stima e il decoro dell’interessato appaiono adeguatamente ristorati dalla sia pur tardiva conferma della nomina a -OMISSIS-

La quantificazione equitativa del suddetto danno economico appare congruamente determinata - anche alla luce della perizia prodotta dall’appellante (che indica un importo mensile dovuto pari a -OMISSIS-e tenuto conto della riduzione del 50% riconosciuta dalla giurisprudenza in sede di calcolo equitativo del danno anche con riferimento alla ipotesi, come nel caso di specie, di mancata prestazione sinallagmatica (confr., per tutte, Cons. Stato, Sez. IV, 21 febbraio 2018, n. 1095) - in euro 1-OMISSIS-che arrotondati a euro -OMISSIS- e ridotti del 50% concretano un importo pari ad euro -OMISSIS-).

Su tale cifra andranno computati gli interessi legali dalla data di pubblicazione della presente decisione fino al soddisfo.

2. – In conclusione l’appello va accolto in parte, così come indicato nel capo che precede.

Per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, il Ministero della giustizia va condannato a risarcire il ricorrente del danno economico derivante dal suindicato parziale ritardo nella conferma della nomina a -OMISSIS-

L’importo del risarcimento viene fissato in via equitativa in un importo pari a euro -OMISSIS-, sul quale verranno computati gli interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino al soddisfo.

Tenuto conto del ristoro economico derivante dalla presente sentenza si ravvisano giusti motivi per confermare relativamente ad entrambi i gradi di giudizio la compensazione delle spese già disposta in primo grado.

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