Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-06-17, n. 202405420

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-06-17, n. 202405420
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202405420
Data del deposito : 17 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/06/2024

N. 05420/2024REG.PROV.COLL.

N. 05765/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5765 del 2023, proposto dalla
C M S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti M G e D T e con domicilio eletto presso lo studio degli stessi, in Roma, via Belli, n. 27

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. G P e con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia;

nei confronti

Agenzia del Demanio – Direzione Regionale Lazio, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Capitaneria di Porto di Roma Fiumicino, Agenzia delle Entrate e del Territorio – Ufficio Provinciale di Roma, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso gli Uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Regione Lazio, non costituita in giudizio;

per l’annullamento e/o la riforma,

in parte qua ,

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, Sezione Seconda Quater , n. 17647/2022 del 28 dicembre 2022, resa tra le parti, pronunciata sul ricorso, integrato da motivi aggiunti, R.G. n. 3679/2020.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visto, inoltre, l’atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia del Demanio – Direzione Regionale Lazio, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, della Capitaneria di Porto di Roma Fiumicino e dell’Agenzia delle Entrate e del Territorio – Ufficio Provinciale di Roma;

Viste la memoria di Roma Capitale e la replica dell’appellante;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 marzo 2024 il Cons. P D B e udito per la parte appellante l’avv. M G;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in epigrafe la C M S.r.l. (anche solo C M, o Società) – titolare di una concessione demaniale marittima del 2008 avente durata di venticinque anni (a decorrere dal 2005) con oggetto l’occupazione e l’uso di un’area demaniale comprendente lo stabilimento balneare “ Il Venezia ”, sito in Lido di Ostia (Roma), lungomare Vespucci – ha impugnato la sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II- quater , n. 17647/2022 del 28 dicembre 2022, nei capi in cui le domande da essa proposte nel giudizio di primo grado, con il ricorso introduttivo e i cinque gruppi di motivi aggiunti, non hanno trovato accoglimento.

1.1. In estrema sintesi, all’esito di un contenzioso annoso, avente ad oggetto la rideterminazione dei canoni demaniali dovuti dalla Società, snodatosi in più sentenze e una tappa fondamentale del quale è stata la verificazione disposta nel 2019 dal T.A.R. per accertare con esattezza l’attuale superficie di arenile in concessione, la sentenza appellata, quanto al ricorso originario (a mezzo del quale era stato impugnato il provvedimento di Roma Capitale recante la determinazione del canone demaniale per il 2019, unitamente agli atti presupposti e connessi, ivi compresa la deliberazione della Commissione straordinaria del Municipio Roma X n. 5 del 26 novembre 2015):

a) ha dichiarato improcedibili le censure con cui la Società ha contestato l’esistenza di pertinenze, in virtù dell’adesione alla procedura transattiva ex art. 100 del d.l. 14 agosto 2020, n. 104 (conv. con l. 13 ottobre 2020, n. 126);

b) ha accolto il ricorso originario nella parte in cui la ricorrente ha dedotto il difetto di istruttoria per l’omessa considerazione, da parte di Roma Capitale, dei fenomeni erosivi sul tratto di arenile, con riguardo al fatto che la P.A. ha computato l’area scoperta in mq. 12.192,78, mentre dalla verificazione è emersa un’area inferiore (pari a mq. 10.661,70): tale accoglimento, però, vale non ai fini dell’art. 1, comma 251, della l. n. 296/2006 (decurtazione dei canoni del 50%), ma ai fini del ricalcolo del canone ai sensi dell’art. 45 cod. nav.;

c) ha accolto la censura avente a oggetto l’indennizzo raddoppiato per utilizzo difforme delle aree in concessione anche per il 2019 per difetto di istruttoria, perché le indicazioni di Roma Capitale non chiariscono quali siano le difformità riscontrate. In particolare, non è chiaro se l’utilizzo difforme sia riferito solo ai manufatti di facile rimozione o anche a quelli di difficile rimozione e se sia stato tenuto in conto che la concessione prevedeva un’area non più di mq. 15.000 ma, a seguito di ripascimento, di mq. 20.000;

d) ha respinto la censura relativa all’illegittimità dell’attribuzione alle aree demaniali interessate (il litorale di Ostia) del valore di “ Alta Valenza Turistica ”, con conseguente applicazione della misura più elevata dei canoni;

e) ha disatteso la censura avente a oggetto l’estensione delle ulteriori ripartizioni interne dell’area in concessione, poiché la porzione c.d. tabellare del canone è stata calcolata applicando i dati forniti dalla stessa parte con la perizia tecnica asseverata del 2001, i quali erano inferiori sia a quelli emersi nel sopralluogo del 2016, sia a quelli risultanti dalla verificazione del 2019.

1.2. Va precisato che il primo e il terzo ricorso per motivi aggiunti erano stati accolti dal T.A.R. Lazio con sentenza non definitiva della Sez. II n. 7846/2021 del 2 luglio 2021 (recante annullamento dei provvedimenti tramite i quali Roma Capitale aveva rideterminato in autotutela i canoni demaniali dal 2012 al 2019). Con riferimento, invece, al secondo ricorso per motivi aggiunti, avente a oggetto il provvedimento di determinazione del canone per il 2020, la sentenza appellata:

f) ha respinto la censura di difetto di istruttoria per mancata considerazione del fenomeno erosivo, in quanto il provvedimento impugnato ha computato un’area scoperta di mq. 10.204,35, inferiore a quella emergente dalla verificazione;

g) ha disatteso la censura di incongruenza dei dati, basata sull’asserzione che le consistenze indicate nel provvedimento di determinazione del canone per il 2020, se sommate, portano a una superficie di mq. 20.031,63, mentre il Verificatore ha appurato un’estensione del lotto di mq. 18.486: infatti – nota la sentenza – il provvedimento non si è basato solo sulle risultanze della verificazione, ma anche su quelle di due sopralluoghi effettuati nel 2020;

h) ha disatteso le censure con cui era stata contestata: I) la riconduzione dell’area destinata al “ beach volley ” non tra le aree scoperte, ma tra le opere di facile rimozione;
II) la riconduzione alle opere di difficile rimozione, anziché alle aree scoperte, dell’area scoperta attrezzata intorno alla piscina, con superficie di mq.

2.230 e destinata a solarium . Infatti l’area destinata a “ beach volley ” si presenta come una porzione dell’arenile sottratta all’indistinta fruizione dell’utenza, con una sua destinazione precisa e un suo utilizzo specifico e quindi non può essere inquadrata nell’area scoperta;
il solarium a sua volta è un’area preclusa al pubblico, in quanto delimitata da tornelli, non destinata al passaggio indistinto dei clienti dello stabilimento, ma asservita alle piscine e pertanto strettamente connessa a strutture inamovibili oggetto di uno specifico utilizzo;

i) ha ritenuto priva di pregio la censura per cui nel computo della superficie commerciale “ si intuisce ” che sarebbero stati inseriti i locali a servizio dell’attività commerciale (cucina, dispensa, celle frigo, ecc.), i quali sarebbero invece, a detta della ricorrente, locali accessori, poiché la normativa è chiara nell’includere nel novero delle pertinenze l’intera superficie del manufatto, senza distinguere, al suo interno, i diversi locali che lo compongono.

1.3. Con riguardo al quarto ricorso per motivi aggiunti, a mezzo del quale è stato impugnato il rigetto dell’istanza di adesione alla procedura transattiva ex art. 100 del d.l. n. 104/2020 per l’anno 2020 ed in subordine è stato chiesto il risarcimento del danno da ritardo (poiché la P.A. avrebbe tardato nel quantificare il canone per il 2020, non consentendo alla Società di presentare in tempo l’istanza ex art. 100 cit. per tale annualità), la sentenza appellata ha dichiarato il difetto di giurisdizione del G.A. in favore della cognizione del G.O. sulla base delle statuizioni contenute nell’ordinanza delle Sezioni Unite della Cassazione civile n. 8475 del 15 marzo 2022.

1.4. Infine, la sentenza di prime cure ha respinto il quinto ricorso per motivi aggiunti, avente a oggetto l’atto di determinazione del canone per il 2021, sulla base delle stesse argomentazioni che il T.A.R. ha utilizzato per respingere i motivi di ricorso proposti avverso il provvedimento di determinazione del canone per l’annualità 2020.

2. Nel gravame la C M contesta la sentenza di prime cure nei capi ad essa sfavorevoli e, in specie, nei capi con cui il T.A.R. ha respinto in parte qua le censure del ricorso, nonché del secondo e quinto atto di motivi aggiunti, nonché nel capo con cui ha declinato la giurisdizione in riferimento al quarto atto di motivi aggiunti.

2.1. In sintesi, la Società formula avverso la sentenza i seguenti motivi di appello:

I) error in iudicando sulla violazione del principio del legittimo affidamento, nonché sull’omessa partecipazione procedimentale e sul difetto di motivazione;

II) error in iudicando in ordine al rigetto della censura con cui la Società lamenta l’illegittimità della deliberazione della Commissione Straordinaria per la gestione provvisoria del Municipio Roma X n. 5 del 26 novembre 2015, che ha attribuito valore di “ Alta Valenza Turistica ” alle aree del demanio marittimo site nel medesimo Municipio, con conseguente applicazione della più elevata misura dei canoni prevista per la categoria A ”, in violazione della disciplina di cui alla l. Reg. Lazio 6 agosto 2007, n. 13, come novellata dalla l. Reg. Lazio 15 luglio 2014, n. 7;

III) error in iudicando sull’erronea ripartizione/quantificazione delle aree scoperte e di quelle di facile o di difficile rimozione riconducibili all’area demaniale in concessione (censura comune al secondo e al quinto atto di motivi aggiunti nel giudizio di primo grado);

IV) error in iudicando in ordine all’incidenza del fenomeno erosivo sulla quantificazione dei canoni concessori con riferimento alle varie annualità richieste;

V) error in iudicando sulla declaratoria di difetto di giurisdizione in relazione al quarto atto di motivi aggiunti, con riferimento alla censurata illegittimità del diniego di integrazione dell’istanza ex art. 100 del d.l. n. 104/2020 anche per l’annualità 2020, per violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della l. n. 241/1990 e dell’art. 12- bis del d.l. 24 aprile 2014, n. 66 (conv. con l. 23 giugno 2014, n. 89), in relazione all’art. 100, commi 7 e 10, del d.l. n. 104/2020;

VI) error in iudicando con riferimento al secondo e quinto atto di motivi aggiunti, per l’estensibilità dei motivi di appello sopra riportati anche ai suddetti secondi e quinti motivi aggiunti, mediante cui sono stati impugnati i provvedimenti che quantificano i canoni per il 2020 e per il 2021.

2.2. C M ha riproposto, altresì, la domanda di risarcimento del danno da ritardo (articolata con il quarto atto di motivi aggiunti) per l’ipotesi in cui il G.A., ravvisata la propria giurisdizione in ordine al diniego di integrazione postuma dell’originaria domanda di transazione ex art. 100 del d.l. n. 104/2020, non annulli il suddetto diniego.

3. Si è costituita in giudizio Roma Capitale, depositando di seguito una memoria con cui ha eccepito l’infondatezza dei motivi di gravame.

3.1. Si sono altresì costituiti in giudizio, con atto formale, l’Agenzia del Demanio – Dir. Reg. Lazio, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la Capitaneria di Porto di Roma Fiumicino e l’Agenzia delle Entrate e del Territorio – Uff. Prov. di Roma.

3.2. La Regione Lazio, pur evocata, non si è costituita in giudizio.

3.3. La C M ha depositato memoria di replica, controbattendo alle difese di Roma Capitale e insistendo per l’accoglimento del gravame.

3.4. All’udienza pubblica del 26 marzo 2024 il Collegio, sentito il difensore presente della Società appellante, ha trattenuto la causa in decisione.

4. L’appello è fondato limitatamente al secondo motivo ivi dedotto, nonché al sesto, nella misura in cui su di esso si riflette il secondo, mentre è infondato per tutto il resto.

4.1. Nello specifico, con il secondo motivo di appello la C M si duole del rigetto, da parte del T.A.R., della censura di illegittimità dell’attribuzione all’area demaniale marittima del litorale di Ostia e quindi anche all’area di cui è concessionaria, da parte della deliberazione della Commissione straordinaria per il Municipio di Roma X n. 5 (prot. n. 13880/15) del 26 novembre 2015, dell’“ Alta Valenza Turistica ”, rilevante ai fini dell’applicazione del canone più alto previsto per la categoria “ A ” (di cui alla determinazione regionale n. A022994 del 9 aprile 2013).

4.1.1. Con detta censura, contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado (pagg. 33-35) la Società aveva contestato l’assegnazione dei punteggi tali da comportare l’attribuzione dell’“ Alta Valenza Turistica ” in relazione alla presenza: a) di fenomeni erosivi, b) di scali ferroviari. Per il punto a), si contestava l’utilizzo di pubblicazioni di fonte ENEA , laddove invece la l.r. n. 7/2014 e la scheda allegata alla determinazione regionale 9 aprile 2013, n. A02994, avrebbero imposto di motivare il ricorso a una fonte diversa da quella ivi indicata ai fini dell’assegnazione del punteggio per il criterio dei fenomeni erosivi (l’Atlante regionale della Dinamica Costiera elaborato nell’ambito del “ Progetto Europeo Memed ”). Per il punto b), si contestava la scelta dell’Amministrazione di ricorrere al sito dell’Azienda Trasporti Autoferrotranviari del Comune di Roma per individuare gli scali ferroviari siti in prossimità del demanio marittimo, atteso che la determinazione regionale n. A02994 cit. avrebbe imposto di utilizzare il database di Trenitalia S.p.A. in via esclusiva.

4.2. Il T.A.R. Lazio ha respinto la censura sotto tutti e due i profili ora riferiti, richiamando la propria precedente sentenza non definitiva n. 3773/2019 del 21 marzo 2019: senonché, una censura di tenore analogo è stata accolta in un altro giudizio da questa Sezione con sentenza n. 129/2023 del 4 gennaio 2023, sotto gli stessi profili dedotti dall’odierna appellante e cioè che “ l’Amministrazione ha omesso di indicare le ragioni per le quali: i) relativamente alla sezione “A.3 – Presenza di fenomeni erosivi”, ha utilizzato le sole “pubblicazioni fonte ENEA” ai fini di superare le criticità evidenziate nella deliberazione n. 52 del 10 ottobre 2014, anziché lo “Atlante regionale della Dinamica Costiera elaborata nell’ambito del “Progetto Europeo Memed”, così come previsto dalla scheda allegata alla Determinazione Regionale e alla legge regionale 14 luglio 2014, n. 7;
ii) relativamente alla questione del punteggio assegnato alla sezione “D.2 – Presenza di scali ferroviari” ha utilizzato anche il sito dell’Azienda Trasporti Autoferrotranviari del Comune di Roma, anziché il solo
database della società Trenitalia S.p.A. ” (così il parag. 15 della sentenza n. 129/2023).

4.3. Orbene, il Collegio ritiene che i principi formulati dalla citata sentenza n. 129/2023 in punto di illegittimità della classificazione del litorale del Lido di Ostia come area “ ad Alta Valenza Turistica ” siano da estendere alla fattispecie in esame, con il corollario dell’illegittimità sia della qualificazione in tali termini anche dell’area del demanio marittimo assentita in concessione alla Società, sia della conseguente più elevata quantificazione dei canoni concessori da questa dovuti.

4.4. A tale conclusione si giunge in virtù della natura della deliberazione di classificazione del litorale del Municipio X di Roma Capitale come area “ ad alta valenza turistica ”. Tale deliberazione (la n. 5, prot. n. 13880/15 del 26 novembre 2015, impugnata dalla C M con il ricorso introduttivo del giudizio) si configura quale atto generale, inscindibile e sostanzialmente e strutturalmente unitario, che non può esistere per taluni e non esistere per altri, sicché la sua eliminazione dal mondo giuridico non può che avere efficacia erga omnes , senza essere limitata ai soggetti che si sono costituiti nella controversia che ha portato all’annullamento giudiziale della deliberazione stessa e dovendo ovviamente essere necessariamente estesa a chi, come l’odierna ricorrente, ha agito in giudizio formulando analoga contestazione (cfr., ex plurimis , C.d.S., Sez. II, 8 febbraio 2024, n. 1305;
Sez. III, 29 gennaio 2024, n. 905;
Sez. VI, 27 luglio 2022, n. 6625;
Sez. IV, 4 aprile 2018, n. 2097).

4.5. Ed invero, in forza del giudicato di cui alla sentenza n. 129/2023, l’Amministrazione è tenuta a rinnovare la valutazione del predetto tratto del litorale (nei limiti indicati dal giudicato stesso) con obiettiva efficacia di tale giudicato anche nei confronti di coloro che, come la C M, abbiano sollevato identica ragione di doglianza nell’ambito dei giudizi pendenti da essi instaurati: sussistono, infatti, motivi di uniformità di giudizio, che comportano che nel ricalcolo dei canoni si debba tenere conto delle medesime condizioni territoriali e del litorale.

5. La fondatezza del motivo di appello ora visto comporta che, in parziale riforma della sentenza di prime cure, va dichiarato l’obbligo di Roma Capitale di rideterminare i canoni tenendo conto degli esiti del nuovo giudizio sull’“ Alta Valenza Turistica ” del litorale in esame, che l’Amministrazione dovrà effettuare secondo i principi conformativi indicati nella sentenza di questa Sezione n. 129/2023 e in particolare nel paragrafo 18, n. 3) della stessa.

5.1. Sul punto occorre aggiungere che, ai sensi della già citata determinazione regionale n. A022994 del 9 aprile 2013, sono classificate in categoria “ A ”, “ alta valenza turistica ”, tutte le aree, i manufatti, le pertinenze e gli specchi acquei concessi per utilizzazioni ad uso pubblico, ubicate nel territorio dei Comuni del litorale laziale, che hanno ottenuto un punteggio superiore a 50,00: orbene, la succitata deliberazione della Commissione straordinaria del Municipio Roma X n. 5 del 26 novembre 2015 ha assegnato alla zona del litorale di Roma Capitale un totale di punti 55,00, classificandola, pertanto, come area ad “ Alta Valenza Turistica ”. A tale punteggio hanno concorso n. 8 punti per il criterio “ A3 – Presenza di fenomeni erosivi ”, corrispondente a una presenza “ nulla ”, e n. 5 punti per il criterio “ D2 – Presenza di scali ferroviari ”, corrispondente alla presenza di uno scalo ferroviario “ entro 3 km ”. Alla stregua della “forchetta” dei punteggi previsti per i criteri ora citati (da 0 a 8 punti per il criterio “ A3 ” e da 0 a 5 punti per il criterio “ D2 ”), è evidente che il nuovo giudizio sull’“ Alta Valenza Turistica ” del litorale in esame può portare sia alla conferma della suddetta “ Alta Valenza Turistica ”, sia a una modifica di tale classificazione.

5.2. La fondatezza del motivo ora visto (il secondo) comporta la fondatezza in via derivata anche del sesto motivo (avente ad oggetto i provvedimenti di quantificazione dei canoni per il 2020 e il 2021), nella misura in cui si riflette su di esso: anche per tali annualità, quindi, la rideterminazione dei canoni dovrà tenere conto di quanto detto al parag. 5 e cioè degli esiti del nuovo giudizio sull’“ Alta Valenza Turistica ” del litorale di Ostia, che la P.A. è tenuta ad effettuare sulla base dei principi conformativi contenuti nella sentenza di questa Sezione n. 129/2023.

6. Sono invece infondati gli altri motivi di appello.

6.1. Iniziando dal primo motivo, con esso l’appellante lamenta che Roma Capitale avrebbe tenuto nei suoi confronti una condotta contraria al principio del legittimo affidamento del concessionario, con l’adozione di una sequela di atti incoerenti e contraddittori e l’utilizzo di criteri e modalità di calcolo incomprensibili, senza neppure recepire quanto emerso nei due sopralluoghi svolti nel 2020 (il 23 luglio e il 1° dicembre) e, in particolare, le risultanze di quanto dibattuto e concordato verbalmente tra le parti nella seduta del 1° dicembre 2020 circa consistenze e natura delle opere. In questo modo sarebbe stata falsata e svilita la fase di partecipazione procedimentale del privato.

6.2. La doglianza è generica e priva di riscontri e, perciò, senz’altro da disattendere. Invero, la Società appellante non ha fornito alcun principio di prova a supporto delle proprie affermazioni, per es. con l’indicazione delle parti del verbale del sopralluogo del 1° dicembre 2020 che sarebbero state ignorate o disattese da Roma Capitale.

6.3. Vero è che, per costante giurisprudenza, nel giudizio impugnatorio il principio dispositivo sotteso alla disciplina dell’art. 2697 c.c. (che onera la parte non solo ad allegare, ma anche a dimostrare la sussistenza dei fatti posti a fondamento delle richieste giudiziali) è temperato dal metodo acquisitivo (generato dall’esigenza di correggere l’istituzionale disuguaglianza tra le parti – la P.A. e il privato – al di fuori del processo: cfr. C.d.S., A.P., 20 novembre 2014, n. 32): ciò, tuttavia, non comporta che la parte ricorrente sia esonerata dall’onere di dimostrare i fatti allegati fornendo almeno un principio di prova a sostegno delle proprie allegazioni (cfr., ex multis , C.d.S., Sez. VI, 2 febbraio 2024, n. 1085;
id., 24 marzo 2023, n. 3023;
id., 14 dicembre 2022, n. 10937;
id., 21 giugno 2022, n. 5090;
Sez. III, 30 luglio 2021, n. 5622;
Sez. IV, 27 luglio 2021, n. 5560), per “principio di prova” intendendosi un elemento sottoposto al giudice a supporto della domanda, che la parte ritiene possa dare un contributo ad assolvere l’onere della prova incombente su di essa (C.d.S., Sez. IV, 9 febbraio 2015, n. 652). Tale modello c.d. dispositivo con metodo acquisitivo, in cui l’onere della prova si attenuta nel più sfumato onere del principio di prova, delineato dalla giurisprudenza consolidata, è stato recepito a livello di diritto positivo dagli artt. 63, 64 e 65 del Codice del processo amministrativo e comporta che la parte sia tenuta quantomeno ad allegare i fatti da provare in modo sufficientemente circostanziato e preciso (C.d.S., Sez. V, 13 settembre 2023, n. 8296). Ciò non è accaduto nel caso di specie in relazione alla doglianza ora in esame, la quale, per l’effetto, risulta infondata.

6.4. Con il terzo motivo di gravame la C M si duole, anzitutto, delle contraddizioni tra i dati risultanti dalla verificazione del 2019 (estensione dell’area in concessione mq. 18.486;
superficie scoperta mq. 13.382;
superficie coperta di facile rimozione mq. 2.553;
superficie coperta di difficile rimozione mq. 4.347) e le consistenze quantificate nei provvedimenti di determinazione dei canoni 2020 e 2021 (tra loro identici sul punto), che, se sommate, conducono alla più elevata estensione di mq. 20.031,63. Tali consistenze, che la Società contesta, sono infatti le seguenti: area scoperta mq. 10.204,35, area con impianti di facile rimozione mq. 3.619,15, area con impianti di difficile rimozione mq. 5.373,39, area difficile rimozione ex commerciale mq. 834,74.

6.5. Tuttavia, i conteggi dell’appellante sono inesatti: infatti, se è vero che la somma delle consistenze indicate nei provvedimenti (mq. 10.204,35 + mq. 3.619,15 + mq. 5.373,39 + mq. 834,74) dà un totale di mq. 20.031,63, la somma delle aree indicate dal Verificatore (mq. 13.382 + mq. 2.553 + mq. 4.347) dà una superficie totale ben maggiore di quella asserita dalla Società (mq. 20.282 e non mq. 18.486): ma ciò significa che i dati contenuti nella verificazione portano a un’estensione dell’area addirittura maggiore di quella indicata da Roma Capitale nei provvedimenti impugnati. A ben vedere, perciò, il raffronto fatto dall’appellante non ne supporta le doglianze ed anzi non le giova, tenuto anche conto del fatto che la verificazione ha indicato mq.

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