Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-02-14, n. 202201052
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Pubblicato il 14/02/2022
N. 01052/2022REG.PROV.COLL.
N. 02695/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2695 del 2021, proposto da
G M, V D P, L F, rappresentati e difesi dall'avvocato D T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Cassino, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato L S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero dell'Interno, non costituito in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) n. 00119/2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cassino;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 dicembre 2021 il Cons. G L B e uditi per le parti gli avvocati Fuoco per delega di Trobia, e Sambucci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina ha respinto il ricorso proposto da G M, V D P e L F contro il Comune di Cassino per l’annullamento della delibera della Giunta comunale n. 93 del 9.04.2020, pubblicata a far data dal 15.04.2020, di approvazione del piano triennale di fabbisogno del personale 2020/2022 e del piano assunzioni 2020 con ricognizione delle eccedenze di personale in esubero, nella parte in cui, nel disporre l’assunzione per l’anno 2020 di n. 6 vigili urbani, ha previsto quale modalità di assunzione, quella del pubblico concorso. Sono stati respinti, di conseguenza, i motivi aggiunti proposti dagli stessi ricorrenti per l’annullamento per illegittimità derivata dei seguenti atti: la delibera di Giunta comunale n. 141 dell’11.6.2020, che ha confermato la programmazione del fabbisogno del personale 2020/2022 così come determinata dalla delibera di Giunta comunale n. 93 del 9.4.2020; la delibera di Giunta comunale n. 164 del 9.7.2020 di attuazione del piano di assunzioni per il 2020 così come determinato dalla suddetta delibera di Giunta n.93/2020;il provvedimento dirigenziale - Area Finanziaria Servizio Risorse Umane del 28.7.2020 prot n. 29936 avente ad oggetto “ Bando di concorso pubblico per titoli ed esami per la copertura di n. 6 posti di agente polizia locale categoria giuridica C, posizione di accesso C1 con riserva di 2 posti in favore dei volontari FF.AA a tempo indeterminato ”.
1.1. I ricorrenti avevano premesso che:
- a seguito di superamento della selezione pubblica indetta dal Comune di Cassino con bando del 19.4.2012 avevano prestato servizio a tempo determinato nella funzione di agenti di polizia locale, inquadrati nella posizione giuridica C-Posizione economica C1 nei periodi dal 15.10.2012 (compreso) fino al 14.01.2013 (compreso) e dal 15.01.2013 (compreso) fino al 14.10.2015;
- avevano presentato, in data 4.7.2017, formale istanza di stabilizzazione ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 25.5.2017 (c.d. decreto Madia) avendo prestato servizio alle dipendenze del Comune di Cassino per tre anni;
- il Comune, con delibera di Giunta n. 562 del 30.11.2017 di riapprovazione del fabbisogno del personale per il triennio 2017/2019, aveva provveduto ad inserire nella pianta organica i quattro posti di agenti di polizia locale già ricoperti dagli stabilizzandi;
- successivamente il suddetto Comune, con delibera di Giunta n. 285 del 10.09.2018 di approvazione del programma triennale del fabbisogno del personale per il triennio 2018-2020, aveva statuito espressamente di dare corso all’assunzione di 3 vigli urbani con la seguente modalità: “ stabilizzazione art. 20 D.L 75/2017 ”;
- le disposizioni della suddetta delibera erano state confermate dal Commissario straordinario, insediatosi a seguito della dichiarazione dello stato di dissesto comunale, con deliberazione n.42 del 28.03.19 assunta con i poteri della Giunta comunale;
- successivamente il Comune di Cassino aveva approvato il piano triennale di fabbisogno del personale 2020/2022 ed il piano assunzioni 2020, disponendo il reclutamento per l’anno 2020 di n. 6 vigili urbani (invece dei 3 previsti in precedenza) tutti con la modalità del pubblico concorso e senza alcuna stabilizzazione.
1.2. Impugnando quest’ultima delibera, i ricorrenti avevano formulato censure di violazione di legge (art. 97 Cost.;art. 20 comma 1 d.lgs. 75/2017;artt. 1, 3, 10 bis e 21 quinquies legge 241/90;circolare ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione 3/2017) ed eccesso di potere, illustrate in sentenza.
2. Questa - dato atto della costituzione in giudizio del Comune intimato e della presentazione dei motivi aggiunti, nonché della motivazione dell’ordinanza cautelare di questo Consiglio di Stato, V, 28 agosto 2020, n. 5001 che, in riforma dell’ordinanza di primo grado, aveva accolto la domanda cautelare dei ricorrenti - ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti, affermando di non condividere la tesi “ secondo la quale quella della stabilizzazione rappresenta, allo stato, la modalità primaria di reclutamento del personale pubblico, e che quella del pubblico concorso può risultare legittima solo laddove ne venga fornita una adeguata motivazione che, valutati attentamente gli interessi dei soggetti che abbiano maturato i requisiti per la stabilizzazione prevista dal decreto Madia, indichi le preminenti ragioni di interesse pubblico che la giustificano ”.
2.1. A supporto di tale affermazione sono state richiamate le decisioni del Consiglio di Stato, con le quali si è affermato che “ il concorso pubblico costituisce la forma generale ed ordinaria di reclutamento del personale della pubblica amministrazione ” (Cons. Stato, VI, 5 marzo 2020, n. 1622 e 18 maggio 2020, n. 3144).
2.2. Si è, di contro, constatato che << l’art. 20, comma primo del d.lgs. n. 75/2017 attribuisce la facoltà all’amministrazione pubblica di fare ricorso alla procedura di “stabilizzazione” del personale precario che abbia i requisiti richiamati nella disposizione stessa;facoltà che le Amministrazioni possono esercitare discrezionalmente, in un arco temporale limitato (fino al 31 dicembre 2021), in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di cui all'art. 6, comma 2, e con l'indicazione della relativa copertura finanziaria, “al fine di superare il precariato, ridurre il ricorso ai contratti a termine e valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato”. >>.
2.3. A fronte di tale previsione si è tratta la conclusione che “ non sussiste alcun obbligo dell’Amministrazione di ricorrere a detta modalità di reclutamento né di motivare specificamente le ragioni per le quali decida avvalersi della ordinaria procedura concorsuale ”, a maggior ragione nell’ipotesi in argomento, avendo i ricorrenti concluso il rapporto con l’amministrazione sin dal 14 ottobre 2015.
2.4. Si è, invece, ritenuta “esaustiva” la motivazione della scelta della procedura concorsuale, indicata nella delibera impugnata come effettuata ai fini << di “ampliare al massimo la platea dei partecipanti”, “selezionare i capaci e meritevoli che si affacciano al mondo del lavoro”, “favorire il ricambio generazionale” >>.
2.5. Respinti ricorso e motivi aggiunti, le spese processuali sono state compensate per giusti motivi.
3. Avverso la sentenza G M, V D P e L F hanno proposto appello con un motivo articolato in più censure.
3.1. Il Comune di Cassino si è costituito in giudizio per resistere all’appello.
3.2. Con ordinanza cautelare n. 2715 in data 21 maggio 2021, è stata accolta l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza e degli atti impugnati “ limitatamente a tre delle sei assunzioni messe a concorso ”.
3.3. All’udienza pubblica del 9 dicembre 2021 la causa è stata discussa e assegnata a sentenza, previo deposito di memoria del Comune di Cassino.
4. Gli appellanti, dopo aver criticato i riferimenti giurisprudenziali contenuti nella sentenza gravata, poiché relativi a fattispecie diverse dalla presente, sottolineano di avere superato un concorso pubblico per titoli ed esami e di avere maturato i requisiti previsti dal d.lgs. n. 75 del 2017, che – a differenza dei casi oggetto dei detti precedenti – ha previsto una procedura di stabilizzazione tutt’altro che indiscriminata ed anzi condizionata alla ricorrenza di rigorosi presupposti.
4.1. Richiamano quindi i principi fissati dalla decisione dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, 28 luglio 2011, n. 14, confermata da diverse pronunce successive, compresa l’ordinanza emessa dal Consiglio di Stato nella fase cautelare del presente giudizio in data 28 agosto 2020, n. 5001, ed evidenziano come la giurisprudenza amministrativa affermi espressamente la prevalenza dello “ scorrimento di una graduatoria preesistente ed efficace ” rispetto al pubblico concorso disponendo che lo “scorrimento” rappresenta la regola generale da applicarsi in via principale per le assunzioni presso le pubbliche amministrazioni, mentre l’indizione del pubblico concorso rappresenta l’eccezione destinata a casi particolari, con obbligo di motivazione sulle ragioni di interesse pubblico prevalenti rispetto alle situazioni giuridiche degli idonei nella precedente procedura concorsuale.
Di qui la conclusione secondo cui la motivazione della delibera impugnata col ricorso introduttivo non sarebbe adeguata e sufficiente, in presenza di soggetti che avevano maturato i requisiti per la stabilizzazione previsti per legge e di precedenti determinazioni dello stesso Comune di Cassino favorevoli agli interessati.
Ad avviso degli appellanti, la motivazione, piuttosto che soffermarsi genericamente sulle finalità del pubblico concorso, avrebbe dovuto indicare in maniera precisa ed esauriente le ragioni per le quali figure professionali già formate presso lo stesso Comune ed aventi i requisiti per la stabilizzazione di cui al c.d. decreto Madia non fossero adeguate a ricoprire i posti che avevano occupato per più di un triennio. Riscontro dell’insufficienza della motivazione della delibera impugnata si avrebbe nelle difese dell’ente comunale che, conscio della sussistenza del vizio del provvedimento, ha tentato di fornirne la motivazione soltanto in giudizio, in violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e di ogni criterio di logica.
4.2. L’onere motivazionale gravante sull’amministrazione ogniqualvolta ritenga di preferire il pubblico concorso allo scorrimento della graduatoria sarebbe stato, anzi, più stringente nel caso di specie perché il Comune di Cassino si era più volte determinato a ricoprire i posti di vigile urbano attraverso la procedura di stabilizzazione dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 (delibere n. 285 del 10 settembre 2018 e n. 42 del 28 marzo 2019).
4.3. Pertanto, secondo gli appellanti, lo stesso Comune, con i provvedimenti impugnati avrebbe finito per revocare implicitamente gli atti precedenti, senza tenere conto del legittimo affidamento ingenerato nei destinatari, né del fatto che costoro avevano espressamente richiesto la stabilizzazione.
Gli appellanti evidenziano quindi come abbiano impugnato gli atti oggetto del presente giudizio, non solo per vizio motivazionale, ma anche per violazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, dell’art. 1 della stessa legge –sub specie dei criteri di non contraddittorietà e di tutela del legittimo affidamento, nonché dell’art. 10 bis in quanto il diniego, implicito in detti provvedimenti, alla loro richiesta di stabilizzazione non era stato preceduto da preavviso.
Denunciano l’omessa pronuncia su tali censure e comunque l’erroneità di un eventuale assorbimento implicito, alla stregua della giurisprudenza sulla revoca dell’atto amministrativo richiamata in ricorso, sia in tema di divieto della forma implicita (Cons. Stato, V, 28 giugno 2011, n. 3875) che in tema di garanzie partecipative (Cons. Stato, V, 9 luglio 2015, n. 3458).
4.4. Viene riproposta la censura concernente la violazione dell’art. 10 bis della legge sul procedimento amministrativo, poiché la delibera n. 93/2020 e i successivi atti confermativi/esecutivi della delibera avrebbero implicitamente rigettato l’istanza di stabilizzazione presentata dagli odierni appellanti in data 4 luglio 2017, nonché l’atto di significazione e diffida del 30 dicembre 2019, senza alcun preavviso nei confronti degli istanti.
4.5. Infine, viene reiterata la censura di violazione dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990 sotto il profilo dell’adeguatezza e proporzionalità dell’azione amministrativa, ossia dei principi che impongono alla pubblica amministrazione di perseguire l’interesse pubblico col minor sacrificio possibile per quello del privato.
Gli appellanti sottolineano che, avendo l’amministrazione elevato il numero dei soggetti da assumere come vigili urbani dai tre previsti nelle precedenti deliberazioni a sei, avrebbe potuto stabilizzare i ricorrenti, ricoprendo con pubblico concorso gli altri tre posti.
5. Con la memoria di costituzione il Comune di Cassino ha formulato le seguenti eccezioni di inammissibilità dell’appello:
- mancanza di censure specifiche , perché gli appellanti si sarebbero limitati a ribadire (genericamente) il contenuto del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, violando perciò l’art. 101, comma 1, Cod. proc. amm.;
- difetto di interesse , sia per insussistenza nell’ordinamento (ma finanche per l’esclusione) di un diritto alla “stabilizzazione” ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 sia perché, ove tale diritto fosse riconosciuto come sussistente dall’autorità giudiziaria avente giurisdizione, non sarebbe inciso in termini pregiudizievoli né dal Piano triennale del fabbisogno di personale né dagli atti della procedura concorsuale, in quanto atti insuscettibili di vincolare il giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, ed in quanto il Comune di Cassino sarebbe, comunque, tenuto a dare esecuzione alle statuizioni dell’autorità giudiziaria;il difetto di interesse sarebbe confermato dalla natura dell’atto impugnato, che è un atto generale di programmazione e di organizzazione, nonché dalla mancanza di censure specifiche, rivolte da parte degli stessi ricorrenti, con i motivi aggiunti, avverso il bando di concorso a sei posti di agente della polizia locale (a dimostrazione che la procedura concorsuale non inciderebbe sulle posizioni di interesse dei ricorrenti né il bando conterrebbe clausole penalizzanti o limitative nei loro confronti);di qui, non solo l’inammissibilità del ricorso in primo grado, ma anche del ricorso in appello;
- inammissibilità per difetto di interesse: mancata partecipazione al concorso , che renderebbe inammissibile il ricorso per motivi aggiunti;
- inammissibilità di ordine processuale sempre dei motivi aggiunti , perché non sono state dedotte censure specifiche contro gli atti con questi impugnati (determinazione dirigenziale del 28 luglio 2020 prot. 29936 di indizione del pubblico concorso), ma soltanto censure derivate da quelle di impugnazione della delibera n. 93/2020 di approvazione del piano triennale di fabbisogno del personale, senza che queste ultime siano state esplicitamente riportate nell’atto (essendo stati soltanto enunciati i titoli dei motivi di impugnazione formulati nel ricorso originario);pertanto il ricorso per motivi aggiunti sarebbe inammissibile per violazione del principio di autosufficienza che imporrebbe che l’atto di impugnazione, compreso quello per motivi aggiunti, debba contenere l’esposizione, non soltanto l’enunciazione, dei motivi di gravame.
5.1. Nel merito il Comune di Cassino formula argomentazioni difensive, riguardanti:
- 1) le disposizioni di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017, sotto i profili della mera facoltà dell’ente locale di stabilizzare i lavoratori “precari” (che escluderebbe l’obbligo di motivarne il mancato esercizio) e della insussistenza dei presupposti per la stabilizzazione dei ricorrenti ai sensi del comma 1 della richiamata disposizione (perché farebbero difetto sia il requisito temporale di cui alla lettera c, che quello della precedente selezione concorsuale di cui alla lettera b, sui quali non sarebbero condivisibili le tesi degli appellanti);
- 2) la motivazione della delibera impugnata (che, indicando i motivi per i quali il Comune ha scelto l’indizione del pubblico concorso, ai sensi dell’art. 97 della Costituzione, non solo per gli agenti di polizia municipale ma per tutte le assunzioni comunali contenute nel piano triennale, sarebbe adeguatamente e sufficientemente motivata);
- 3) la natura del piano triennale del fabbisogno del personale, quale atto generale di programmazione e di organizzazione (che andrebbe esente dalle censure di violazione della legge sul procedimento amministrativo);
- 4) il principio costituzionale di accesso al pubblico impiego mediante concorso (che, come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale e dalla giurisprudenza amministrativa, compresa quella dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, legittimerebbe l’operato del Comune, tenuto conto della mera facoltà riconosciuta dall’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 75 del 2017, nonché delle circostanze di fatto che caratterizzano la situazione dei ricorrenti, inseriti in una graduatoria che ha cessato di avere validità nel 2015);
- 5) l’infondatezza delle restanti censure basate sui precedenti piani triennali di fabbisogno del personale e sulla violazione degli artt. 1 e 10 bis della legge n. 241 del 1990.
6. Le eccezioni di inammissibilità del ricorso non sono fondate e vanno respinte.
6.1. Quanto all’eccezione di inammissibilità del gravame per mancanza di specificità delle censure, è sufficiente evidenziare come l’atto di appello contenga delle critiche del tutto congruenti con la motivazione della sentenza, laddove, non solo contesta la pertinenza dei precedenti giurisprudenziali posti a fondamento della decisione, ma anche contrasta specificamente l’affermazione del primo giudice circa la sufficienza della motivazione della delibera di approvazione del piano triennale di fabbisogno del personale e, inoltre, lamenta l’omessa pronuncia sulle restanti censure del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti sui quali effettivamente la sentenza non si è espressa.
Pertanto, contrariamente a quanto sostiene il Comune appellato, l’appello non consiste affatto nella pedissequa devoluzione degli originari motivi di ricorso, bensì nella loro ragionata riproposizione in base ad una ricostruzione dell’impianto normativo o delle circostanze di fatto effettuata dagli appellanti in termini incompatibili con quella ritenuta in sentenza.
In particolare, l’atto di appello realizza pienamente l’effetto devolutivo sostenendo l’inconsistenza giuridica della conclusione raggiunta in primo grado sulle questioni controverse concernenti, in diritto, le condizioni del ricorso o meno alla procedura di stabilizzazione dei dipendenti a tempo determinato da parte delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 e, in fatto, le modalità con le quali il Comune di Cassino si è determinato nel caso concreto.
Non sussiste la denunciata violazione dell’art. 101 Cod. proc. amm.
6.2. Parimenti infondata è l’eccezione di difetto di interesse al ricorso introduttivo ed ai motivi aggiunti.
Col primo sono stati impugnati l’atto di programmazione del fabbisogno triennale e il piano di assunzioni per l’anno 2020;col secondo, i provvedimenti confermativi ed attuativi (il bando di concorso) di essi;di tali atti è stato richiesto l’annullamento limitatamente alla previsione del concorso per la copertura di tutti e sei i posti di agente della polizia locale inseriti nel piano.
L’interesse a tale annullamento è reso evidente dalla considerazione che i provvedimenti in questione – peraltro contrari a ripetute, precedenti determinazioni dell’ente locale – hanno deliberato non solo il fabbisogno ma anche le modalità di assunzione del personale ed hanno individuato il pubblico concorso quale unica modalità di reclutamento per ricoprire tutti i posti di vigile urbano inseriti nel piano, senza esplicitare le ragioni di preferenza per la pubblica selezione pur sussistendo i presupposti per l’applicazione della procedura di stabilizzazione dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2020, già richiesta, con istanze avanzate precedentemente all’adozione degli atti impugnati, dagli odierni ricorrenti.
Costoro invocano la tutela di un interesse legittimo ossia dell’interesse a che gli atti organizzativi della P.A. siano conformi alla normativa ed indichino le ragioni della loro emanazione, in maniera coerente con tale normativa ed adeguata alle circostanze del caso concreto.
In proposito, va evidenziato come sia proprio il Comune di Cassino a sostenere che i ricorrenti non possano vantare alcun diritto alla “stabilizzazione” ed in effetti la previsione dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 non consente di configurare alcuna posizione di diritto soggettivo in capo ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo determinato (pur in possesso dei requisiti previsti dal primo comma per l’assunzione a tempo indeterminato), proprio in ragione degli spazi di discrezionalità riservati all’amministrazione, secondo quanto si dirà nel prosieguo.
Per contro, va precisato che la carenza di interesse dei ricorrenti all’impugnazione degli atti oggetto del presente contenzioso sarebbe conseguita soltanto all’effettiva loro assunzione (o diritto all’assunzione) a tempo indeterminato, laddove siffatta evenienza è decisamente da escludere anche solo considerando che non risulta che i ricorrenti abbiano rivendicato (il diritto a) tale assunzione dinanzi al giudice civile, in funzione del giudice del lavoro.
Al riguardo va ricordato che la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione è costante nell’affermare che la contestazione della procedura di indizione di un concorso si basa sulla deduzione non già di una carenza di potere dell’amministrazione, ma di un vizio di violazione di legge, la cui cognizione spetta, in ogni caso, al giudice amministrativo (cfr. già Cass. S.U., ord., 9 febbraio 2009, n. 3055).
In tale prospettiva, è interesse dei ricorrenti che sia sindacata dal giudice avente giurisdizione la scelta del Comune di Cassino di indire un pubblico concorso piuttosto che di avviare la procedura di reclutamento speciale transitorio cui sono interessati.
6.3. In correlazione si osserva quanto segue relativamente all’eccezione di inammissibilità dei motivi aggiunti per mancata partecipazione dei ricorrenti al concorso indetto con il bando impugnato.
La determina dirigenziale di indizione del concorso non è stata impugnata per vizi propri, ma soltanto perché attuativa degli atti presupposti già impugnati, di modo che non rileva che essa non fosse impeditiva della partecipazione al concorso dei ricorrenti e che, malgrado ciò, questi non abbiano ritenuto di presentare la domanda.
La legittimazione all’impugnazione si fonda sulla posizione differenziata dei ricorrenti in riferimento all’invocata disposizione del d.lgs. n. 75 del 2017 ed il loro interesse concreto e attuale all’azione in giudizio consegue alla lesione che l’indizione del bando di concorso arreca, in sé considerata, alla loro pretesa di partecipare al procedimento di “stabilizzazione”, incompatibile con il pubblico concorso, destinato alla copertura di tutti i posti disponibili in organico.
In definitiva, all’impugnazione del bando non osta il fatto che ricorrenti non abbiano fatto domanda di partecipazione al concorso, essendo stato chiarito dalla giurisprudenza che tale domanda non è necessaria per radicare l’interesse a ricorrere nei casi in cui si contesta in radice la determinazione di indizione della procedura selettiva, sostenendo che questa non avrebbe dovuto essere indetta affatto (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., n. 1/2003, n. 4/2011, n. 9/2014 e n. 4/2018);
6.4. Quanto all’eccezione di inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti per mancata specificazione delle censure, si osserva che:
- il rapporto di stretta consequenzialità tra gli atti di programmazione impugnati col ricorso introduttivo e gli atti confermativi e attuativi impugnati col ricorso per motivi aggiunti rende ammissibile quest’ultimo anche se i motivi di impugnazione non sono dettagliatamente illustrati, ma soltanto enunciati con la riproduzione delle rubriche delle censure del ricorso introduttivo;
- nel caso di specie con i motivi aggiunti non sono state introdotte “ nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte, ovvero domande nuove … connesse a quelle già proposte ” (arg. ex art. 43, comma 1, Cod. proc. amm.), ma sono stati impugnati atti consequenziali per gli stessi motivi già proposti;
- l’indicazione dei “ motivi specifici su cui si fonda il ricorso ” è richiesta dall’art. 40, comma 1, lett. d), Cod. proc. amm. al fine di individuare e delimitare il thema decidendum , sicché, quando nello stesso processo i motivi aggiunti non modificano quest’ultimo, come è nel caso di specie, ne è consentita l’indicazione mediante rinvio per relationem ai motivi su cui si fonda il ricorso che ha introdotto il giudizio.
6.5. In conclusione, il ricorso introduttivo e il ricorso per motivi aggiunti, nonché il ricorso in appello sono ammissibili.
7. Essi sono anche fondati.
La normativa di riferimento risponde all’esigenza di determinare la stabilizzazione del personale precario, in attuazione delle regole speciali dettate dall’art. 20 ( Superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni ) del d.lgs. 25 maggio 2017, n. 75 (recante “ Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l)m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n.124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche ”).
Esso prevede il ricorso alla procedura di stabilizzazione del personale, selezionato con concorso pubblico per un precedente rapporto di lavoro a tempo determinato, in presenza dei requisiti di cui al primo comma, come modalità di reclutamento del personale alternativa ai processi di mobilità e, per quanto qui rileva, al pubblico concorso, ordinario o “riservato” (quale è quello dello stesso art. 20, secondo comma).
7.1. In proposito, il collegio ritiene pertinente il richiamo di taluni principi contenuti nella sentenza del 28 luglio 2011, n. 14 -giustamente valorizzata dagli appellanti - riguardanti, in generale, il rapporto tra due diverse alternative modalità di reclutamento del personale pubblico, una delle quali consistente nell’indizione del pubblico concorso, tenuto conto della previsione costituzionale sull’accesso ai pubblici impieghi mediante concorso e delle ragioni giustificatrici della deroga per via legislativa.
In primo luogo, rileva che con detta pronuncia sia stata definitivamente superata la tesi - che sostanzialmente sorregge le principali argomentazioni difensive del Comune di Cassino - secondo cui l’indizione di un nuovo concorso costituirebbe sempre la regola, ritenuta di diretta derivazione costituzionale, e, pertanto, non dovrebbe essere corredata da alcuna specifica motivazione e, a maggior ragione, che sia stata superata la variante di tale impostazione secondo cui la determinazione riguardante l’indizione di un nuovo concorso non solo non richiederebbe alcuna motivazione, ma costituirebbe una tipica scelta di “merito amministrativo”, insindacabile in sede giurisdizionale, salva l’allegazione di macroscopici vizi.
Di conseguenza è prevalso ed è quindi stato seguito, nella giurisprudenza successiva, alla quale si intende dare seguito, il diverso e opposto indirizzo interpretativo, secondo il quale si ritiene che l’amministrazione debba sempre motivare la determinazione di indire un nuovo concorso, dando conto, fra l’altro, delle ragioni per le quali non intende accedere alla modalità di reclutamento che la legge preveda come alternativa e considerando le ragioni dei soggetti interessati a quest’ultima e del sacrificio loro imposto.
In senso contrario non vale sostenere, come fa il Comune di Cassino, che tale ultimo principio varrebbe soltanto quando la modalità di reclutamento alternativa sia lo “scorrimento” di una graduatoria valida ed efficace, come era nel caso sottoposto all’attenzione dell’Adunanza plenaria.
Esso vale in ogni caso in cui l’amministrazione, pur non essendo obbligata alla copertura dei posti in organico mediante l’assunzione di determinati soggetti (che, solo ove ricorresse tale evenienza, sarebbero titolari di un diritto soggettivo all’assunzione), debba comunque assumere “ una decisione organizzativa, correlata agli eventuali limiti normativi alle assunzioni, alla disponibilità di bilancio, alle scelte programmatiche compiute dagli organi di indirizzo e a tutti gli altri elementi di fatto e di diritto rilevanti nella concreta situazione, con la quale stabilire se procedere, o meno, al reclutamento del personale ”, di modo che ferma restando “ la discrezionalità in ordine alla decisione sul “se” della copertura del posto vacante, l’amministrazione, una volta stabilito di procedere alla provvista del posto, deve sempre motivare in ordine alle modalità prescelte per il reclutamento ” (così Cons. Stato, Ad. Plen., n. 14/2011, in motivazione).
7.2. Questa è esattamente la situazione delineata dalla normativa la cui applicazione è invocata dai ricorrenti.
Il comma 1 dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 dispone che “ Le amministrazioni, al fine di superare il precariato, ridurre il ricorso ai contratti a termine e valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato possono, nel triennio 2018-2020, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di cui all'articolo 6, comma 2 [n.d.r. del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165], e con l'indicazione della relativa copertura finanziaria, assumere a tempo indeterminato personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti: […]”.
Il richiamato art. 6 (“ organizzazione degli uffici e fabbisogni del personale ”), comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, come sostituito dall’art. 4, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 75 del 2017, prevede, a sua volta che: “ Allo scopo di ottimizzare l'impiego delle risorse pubbliche disponibili e perseguire obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei servizi ai cittadini, le amministrazioni pubbliche adottano il piano triennale dei fabbisogni di personale, in coerenza con la pianificazione pluriennale delle attività e della performance, nonché con le linee di indirizzo emanate ai sensi dell'articolo 6-ter. Qualora siano individuate eccedenze di personale, si applica l'articolo 33. Nell'ambito del piano, le amministrazioni pubbliche curano l'ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale, anche con riferimento alle unità di cui all'articolo 35, comma 2. Il piano triennale indica le risorse finanziarie destinate all'attuazione del piano, nei limiti delle risorse quantificate sulla base della spesa per il personale in servizio e di quelle connesse alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente ”.
Il riferimento al carattere eventuale della procedura di stabilizzazione (desumibile dall’uso dell’espressione “possono”, nell’art. 20, comma 1, su cui si sofferma il Comune di Cassino) comporta che, come già detto, la procedura di stabilizzazione non sia oggetto di un obbligo dell’amministrazione, ma nemmeno si può ritenere che essa attribuisca all’amministrazione una facoltà incondizionata, come ritenuto dall’appellato.
Piuttosto, il combinato disposto dello stesso art. 20, comma 1, e del richiamato art. 6 del d.lgs. n. 165 del 2001, in tema di piano del fabbisogno del personale, rende palese l’intento del legislatore di contenere l’ambito della discrezionalità dell’amministrazione nella scelta fra le diverse modalità di reclutamento del personale.
Invero, l’opzione in favore della deroga al principio della selezione con un nuovo concorso è resa possibile per raggiungere gli obiettivi predeterminati dallo stesso art. 20 (superare il precariato, ridurre il ricorso ai contratti a termine e valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato), rispondenti ad una preminente esigenza pubblica di stabilizzazione del personale precario;essa inoltre deve essere effettuata “ in coerenza col piano triennale dei fabbisogni ”: quest’ultimo a sua volta risponde a precisi scopi legislativi (“ ottimizzare l'impiego delle risorse pubbliche disponibili e perseguire obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei servizi ai cittadini ”) da raggiungere “ attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale ”.
Si tratta di un impianto normativo che smentisce l’assunto difensivo del Comune di Cassino secondo cui la scelta della procedura di reclutamento speciale temporaneo sarebbe rimessa ad assoluta, ampia “facoltà” dell’amministrazione, insindacabile in sede giurisdizionale “ se non per manifesta irragionevolezza ” e tale perciò da essere addirittura sottratta all’obbligo motivazionale nel caso di mancato esercizio e quindi di indizione di pubblico concorso, perché invece dovrebbe essere motivata soltanto la scelta opposta, in quando derogatoria del “ principio generale, di rango costituzionale, di selezione del personale del pubblico impiego mediante concorso pubblico (art. 97, comma quarto, Cost.) ”.
Le disposizioni su riportate impongono invece all’amministrazione di spiegare le ragioni della preferenza accordata a quest’ultimo, non in termini assoluti, ma nel raffronto con l’alternativa offerta dalla normativa sulla stabilizzazione vigente ratione temporis .
7.3. A fondamento di quest’ultima si rinvengono d’altra parte finalità di pubblico interesse idonee a supportare la deroga legislativa alla regola costituzionale del pubblico concorso, ammessa dall’art. 97, comma 4, ultimo inciso, della Costituzione, in parte analoghe a quelle già evidenziate dalla ridetta sentenza dell’Adunanza plenaria n. 14 del 2011 ed in parte tipiche delle misure di stabilizzazione dei lavoratori precari.
Quanto alle prime, è sufficiente ribadire la finalità di contenimento della spesa pubblica, in relazione ai costi derivanti dall’espletamento delle nuove procedure concorsuali, ma anche - tenuto conto del requisito richiesto dall’art. 20, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 75 del 2017 del pregresso reclutamento “ con procedure concorsuali anche espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all’assunzione ” – quella di preferire soggetti che abbiano già partecipato ad una procedura selettiva pubblica, compiuta nel rispetto del principio costituzionale, pure se finalizzata al reclutamento a tempo determinato.
Quanto alle seconde, è lo stesso art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 75 del 2017 che accosta alla preminente finalità di superare il precariato e ridurre il ricorso ai contratti a termine, quella della valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato.
In proposito sono significativi gli “ indirizzi operativi in materia di valorizzazione dell’esperienza professionale del personale con contratto di lavoro flessibile e superamento del precariato ” contenuti nella circolare n. 3/2017 del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione riguardante, tra l’altro, l’applicazione della disciplina dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017. Premessa la finalità della norma di “ offrire tutela rispetto a forme di precariato protrattesi nel tempo, valorizzando, nel rispetto delle regole di cui all’art. 97 Cost., le professionalità da tempo maturate e poste al servizio delle pubbliche amministrazioni, in coerenza con i fabbisogni e le esigenze organizzative e funzionali di queste ultime ”, la circolare individua, tra l’altro, gli adempimenti preliminari e i criteri di coordinamento tra “ le procedure di reclutamento speciale ” dell’art. 20, commi 1 e 2, e il piano triennale dei fabbisogni e l’indicazione della relativa copertura finanziaria, prescrivendo alle amministrazioni di operare “ una ricognizione del personale potenzialmente interessato e delle esigenze di professionalità da reclutare attraverso tali procedure. Ciò al fine di poter definire in modo coerente, nel piano dei fabbisogni, le professionalità da reclutare sia in relazione al reclutamento ordinario rivolto all’esterno sia di quello speciale dedicato al superamento del precariato ed alla valorizzazione delle esperienze lavorative ”, di modo che possa essere raggiunto l’obiettivo, ivi specificato, di coordinare le procedure programmate ai sensi dell’art. 20 e le previsioni del piano dei fabbisogni.
7.3.1. In riferimento a tale contesto normativo, non sono pertinenti gli argomenti difensivi del Comune di Cassino, basati sulle sentenze della Corte Costituzionale 13 novembre 2009, n. 293 e 29 aprile 2010 n. 150 (oltre che sulla più recente 15 ottobre 2021, n. 195 e sulle altre citate nella memoria ex art. 73 Cod. proc. amm.), nonché i richiami, da parte dello stesso Comune, dei precedenti di questo Consiglio di Stato, VI, 18 maggio 2020, n. 3144 e 5 marzo 2020 n. 1622 (impropriamente posti a fondamento della decisione di primo grado), nonché Cons. Stato, III, 3 febbraio 2020, n. 872 (riguardante profili applicativi dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017, totalmente estranei all’oggetto del presente giudizio).
Proprio alla stregua delle richiamate decisioni della Corte Costituzionale, ma anche di numerose altre (tra cui le sentenze n.7 del 2015;n. 134 del 2014;n. 217 del 2012), la giurisprudenza costituzionale ritiene legittime le deroghe alla regola dell’accesso mediante pubblico concorso in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle e purché le forme di reclutamento diverse dal concorso riguardino singoli casi e si attuino secondo modalità predeterminate dal legislatore che rispondano a criteri di ragionevolezza che non contraddicano i principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione.
Tra le eccezioni consentite vi è quella finalizzata a garantire alla pubblica amministrazione l’esigenza di consolidare specifiche esperienze professionali maturate all’interno e non acquisibili all’esterno, dovendosi escludere tale evenienza quando le procedure di stabilizzazione del personale precario siano indiscriminate o comunque si risolvano in un privilegio per determinate categorie (sentenze n. 189 del 2011, n. 310 del 2011, n. 3 del 2013, fino alla recente n. 227 del 2021).
Tali principi sono stati ribaditi o presupposti dalle pronunce di questo Consiglio di Stato n. 1622/20 e n. 3144/20 richiamate dal Comune di Cassino, nonché da diverse altre (tra cui Cons. Stato, Ad. Plen. 20 dicembre 2017, n. 11), allo scopo di valutare la legittimità costituzionale o la compatibilità con l’ordinamento dell’Unione Europea delle discipline nazionali che variamente hanno regolato nel corso del tempo il reclutamento di personale pubblico con modalità volte ad eliminare i fenomeni di precariato.
Tuttavia, proprio in considerazione dell’interpretazione suddetta del principio costituzionale, né la legge delega 7 agosto 2015, n. 124 in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche né il decreto delegato n. 75 del 2017, nelle disposizioni volte al superamento del precariato nella pubblica amministrazione, sono sospettabili di illegittimità costituzionale in riferimento all’art. 97, comma 4, Cost. (cfr., da ultimo, Corte Costituzionale, 21 dicembre 2021, n. 250, per l’inserimento delle previsioni dell’art. 20 in commento tra le procedure di stabilizzazione intese come “ uno strumento di reclutamento derogatorio rispetto a quello ordinario del pubblico concorso, in quanto introducono un percorso riservato ad una platea ristretta di soggetti, che risultino in possesso di determinati requisiti e abbiano maturato un determinato periodo di esperienza lavorativa in ambito pubblico, secondo dettagliate disposizioni previste da specifiche leggi. ”).
L’art. 20 del decreto delegato, in particolare, ha introdotto una normativa a portata temporale limitata, applicabile - come sottolineano gli appellanti - in presenza di requisiti rigorosi e predeterminati, atti a valorizzare la pregressa esperienza professionale maturata in un arco di tempo ragionevolmente prolungato ed “ in relazione alle medesime attività svolte ” (arg. ex comma 1, lett. b).
La scelta legislativa appare conforme a criteri di ragionevolezza perché limitata a soggetti che già hanno superato una pubblica selezione ed anche in linea con i principi di uguaglianza e di imparzialità per la piena e uniforme utilizzazione della professionalità maturata dagli aspiranti alla stabilizzazione in un periodo prossimo all’entrata in vigore della normativa di favore (riferito all’entrata in vigore della legge n. 124 del 2015).
7.4. Nel descritto contesto normativo, non si giustificano affatto gli argomenti sostenuti dal Comune di Cassino per escludere o ridurre la portata dell’obbligo di motivazione della determinazione di indizione del pubblico concorso, pur in presenza di situazioni, ben note all’amministrazione, di possibile ricorso alla procedura di stabilizzazione.
Proprio i richiamati precedenti giurisprudenziali consentono di confutare, non solo l’assunto che l’indizione del concorso, attuando un principio costituzionale, non dovrebbe essere motivata in modo diffuso, ma anche quello che, trattandosi di scelta contenuta in un atto programmatico a portata generale e organizzativa, come il Piano triennale del fabbisogno del personale e il piano delle assunzioni, non dovrebbe essere munita di alcun particolare supporto giustificativo.
Il contenuto generale delle dette deliberazioni e della determinazione contenente il bando di concorso non è incompatibile con l’obbligo di motivazione, ai sensi del secondo comma dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, invocato dall’ente locale. All’opposto, occorre valorizzare il principio desumibile dal primo comma (esteso ai provvedimenti amministrativi “ concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento di pubblici concorsi ed il personale ”) e tenere presente che l’obbligo di motivazione non riguarda il contenuto delle disposizioni generali previste nell’atto bensì “ la determinazione con cui l’amministrazione stabilisce la procedura per il reclutamento del personale ” (così Cons. Stato, Ad. plen., n. 14/2011).
Come sottolineato in tale precedente il dovere motivazionale “ è particolarmente rilevante nei casi in cui l’amministrazione ha dinanzi a sé una pluralità di opzioni, le quali possono determinare costi economici ed amministrativi diversificati e quando deve comunque considerare le posizioni giuridiche di determinati soggetti, titolari di aspettative protette dall’ordinamento ”.
Esso rileva in una duplice direzione: evidenzia l’interesse pubblico dell’amministrazione sotteso alla scelta compiuta e indica l’attenta considerazione degli interessi giuridici facenti capo ai soggetti aventi interesse a modalità di reclutamento alternative al concorso (cfr., sia pure in riferimento alla fattispecie dello scorrimento delle graduatorie ancora efficaci, sempre Cons. Stato, Ad. Plen., n. 14/2011), nel caso di specie alla stabilizzazione del personale precario, in attuazione di norme applicabili ratione temporis .
8. Orbene gli atti impugnati nel presente giudizio non sono adeguatamente motivati in merito all’uno e all’altro degli aspetti rilevanti.
La relativa censura - che non è affatto nuova come eccepito dal Comune appellato, ma è da reputarsi compresa nella doglianza di insufficienza della motivazione ampiamente svolta nel ricorso introduttivo - è fondata ed assorbe tutte le altre.
Per un verso, infatti, nella delibera n. 93/2020 è solo tautologicamente enunciato il “ rispetto del dettato costituzionale di cui all’art. 97 ” della Costituzione (“ da cui derivano anche i principi di efficienza ed efficacia ed imparzialità, principi cui deve ispirarsi l’azione amministrativa ”) e sono esposte le finalità, del tutto generiche e (come notano gli appellanti) naturalmente insite nella scelta della pubblica selezione, di “ ampliare massimamente la platea dei partecipanti;selezionare i capaci e i meritevoli che si affacciano al mercato del lavoro;favorire il ricambio generazionale, ritenuto strumento fondamentale per dotare la PA della competenza e della professionalità necessaria per essere adeguata alle sfide future ”.
Per altro verso, nemmeno un cenno è fatto alla procedura di stabilizzazione di cui al d.lgs. n. 75 del 2020, alle precedenti deliberazioni della stessa Giunta comunale che ne avevano previsto l’applicazione dell’art. 20, alle posizioni di soggetti potenziali interessati.
Né risulta che il Comune di Cassino abbia adottato altri atti interni, che, seguendo le indicazioni fornite dalla citata circolare n. 3 del 2017, “ nel rispetto della partecipazione sindacale … diano evidenza del personale in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 20 … definiscano le ragioni delle … scelte [dell’amministrazione] con riferimento all’an, al quomodo e al quando ”, previa fissazione di “ criteri trasparenti sulle procedure da svolgere, dandone la dovuta pubblicità ” (punto 3.2.2. della circolare).
8.1. Le lacune dell’impianto motivazionale della delibera n. 93/2020 e degli atti successivi sono evidenti e non superabili in base agli argomenti difensivi del Comune.
Non è utile allo scopo il rinvio - pur contenuto nella delibera - alla proposta dirigenziale di approvazione del Piano triennale del fabbisogno del personale, dove dà atto delle proposte dei dirigenti di settore che segnalano le esigenze di personale “ dettando le priorità di reclutamento di personale a tempo indeterminato e a tempo pieno in possesso di competenze tecniche, giuridiche e amministrativo-contabili, per tenere conto adeguatamente delle competenze sempre più qualificate richieste per fronteggiare l’evoluzione normativa, sempre più complessa, in alcuni settori specifici ove vengono messi a rischio i servizi alla persona, quelli diretti all’utenza, i servizi professionali tecnici e contabili, quelli rivolti alla tutela ed alla sicurezza ”.
Si tratta di un’indicazione di indirizzo che, non essendo in sé incompatibile con la procedura di stabilizzazione prevista per legge, ove fosse stata intesa come volta ad escludere i dipendenti già assunti con rapporti di lavoro a tempo determinato –nel presupposto della mancanza in capo a questi ultimi delle competenze qualificate nei termini sopra riportati –, avrebbe dovuto essere in tal senso esplicitata. Inoltre, avrebbe dovuto essere supportata da elementi atti a riscontrare tali asserite carenze di capacità professionale, pur a fronte del dato esperienziale valorizzato dal legislatore.
8.2. La mancata esplicitazione negli atti impugnati di siffatta (asserita) ragione di esclusione del ricorso alla procedura di stabilizzazione ovvero di altre eventuali ragioni di preferenza per il pubblico concorso rispetto alla modalità alternativa (come quella che la scelta sarebbe dovuta alla diversità e maggiore complessità delle prove previste per la procedura concorsuale del 2020 rispetto a quelle previste per la selezione del 2012, su cui si intrattiene il Comune nella memoria di costituzione in appello) non può certo essere colmata dalle considerazioni svolte dalla difesa comunale negli atti del presente giudizio.
Pertanto, nemmeno è corretto il recepimento di tali considerazioni nella sentenza di primo grado, laddove ha ritenuto giustificato l’esonero dell’amministrazione dall’obbligo di motivazione “ Tanto più nella ipotesi in argomento, in cui i ricorrenti hanno concluso il rapporto con l’Amministrazione sin dal 14 ottobre 2015 e rispetto ai quali:
- non sussisteva un’attuale situazione di rapporto di lavoro precario;
- non erano in corso contratti di lavoro a termine;
- non sono configurabili particolari professionalità meritevoli di valorizzazione, tenuto conto del lungo periodo intercorrente dalla cessazione del rapporto ”.
In proposito, è condivisibile la censura degli appellanti secondo la quale la difesa civica ha introdotto in giudizio una serie di elementi di fatto e di ragioni giustificatrici delle determinazioni comunali che danno luogo ad inammissibile integrazione postuma della motivazione e che confermano il vizio motivazionale degli atti impugnati.
8.3. Non appare decisivo nemmeno il rilievo difensivo che la scelta del pubblico concorso risulta essere stata effettuata non solo per il personale da assumere nella polizia municipale, ma per tutte le assunzioni oggetto del Piano triennale di fabbisogno del personale e del piano delle assunzioni.
Esso si limita a registrare un dato di fatto, senza che gli atti impugnati indichino le ragioni dell’uniformità della scelta perseguita dall’amministrazione e senza che questa possa essere reputata legittima solo perché applicata a tutti i settori dell’amministrazione, attesa la presenza di situazioni differenziate dei soggetti coinvolti nelle assunzioni nei diversi settori.
8.4. Valgono a differenziare la posizione dei ricorrenti, in primo luogo, le precedenti deliberazioni della Giunta comunale n. 285 del 10 settembre 2018 di approvazione del programma triennale del fabbisogno del personale 2018-2020 (che aveva stabilito espressamente di dare corso all’assunzione di tre vigili urbani con al seguente modalità: “ stabilizzazione art. 20 D.L. 75/2017 ”) e del Commissario straordinario, insediatosi a seguito della dichiarazione dello stato di dissesto comunale, n. 42 del 28 marzo 2019, assunta con i poteri della giunta comunale, avente ad oggetto “ programmazione del fabbisogno del personale triennio 2019/2021 – piano delle assunzioni ” (che ha ribadito la determinazione dell’ente di procedere all’assunzione di tre vigili urbani attraverso la “ stabilizzazione ex art. 20 d.lgs. 75/2017 ”).
Sono atti idonei ad ingenerare nei ricorrenti - che già in data 4 luglio 2017 (a ridosso quindi della data di entrata in vigore del d.lgs. n. 75 del 2017, che è quella del 22 giugno 2017) avevano presentato formale istanza di “stabilizzazione” - un legittimo affidamento, se non nell’accoglimento dell’istanza, quanto meno nell’apertura del procedimento previsto dall’art. 20, comma 1, del decreto delegato.
La circostanza, sottolineata dal Comune, che nessuna delle due delibere avrebbe superato con esito positivo il controllo della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali istituita presso il Ministero dell’interno –oltre ad essere in parte smentita dal decreto ministeriale n. 149474 del 18 novembre 2019 prodotto dalla difesa degli appellanti a dimostrazione della copertura finanziaria degli atti del Commissario - non incide sull’affidamento riposto nelle delibere regolarmente assunte dall’amministrazione competente, poiché non ne avrebbe impedito la reiterazione, una volta superato lo stato di dissesto dell’ente locale.
Analogamente è a dirsi per la mancanza di motivazione dei precedenti piani di fabbisogno del personale, sostenuta dalla difesa comunale in riferimento alla previsione ivi contenuta del ricorso alla procedura di reclutamento speciale dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017: è sufficiente a supportare il legittimo affidamento dei privati la determinazione a loro favorevole assunta dall’amministrazione, mediante il rinvio esplicito alla norma recante la previsione della procedura di stabilizzazione.
8.5. D’altronde, come detto, i signori M, D P e F avevano avanzato apposita istanza in data 4 luglio 2017, di modo che le dette successive deliberazioni di Giunta (precedute da altra del 30 novembre 2017, n. 562, che aveva inserito in pianta organica quattro posti di agente di polizia locale corrispondenti alle precedenti quattro assunzioni a tempo determinato), non avrebbero potuto essere lette altrimenti che come positivo riscontro da parte dell’amministrazione comunale delle rivendicazioni dei predetti.
Giova precisare che con ciò non si intende affermare la sussistenza, in capo agli istanti, dei requisiti richiesti dalla legge per l’assunzione a tempo indeterminato, poiché la relativa verifica è riservata all’amministrazione nell’ambito dell’apposita procedura di reclutamento speciale del personale precario, se ed in quanto l’ente locale deliberi di accedervi.
La pronuncia con la presente decisione - pur invocata dalle parti, in posizioni contrapposte - è preclusa dalla circostanza che si tratta di poteri amministrativi non ancora esercitati (arg. ex art. 34, comma 2, Cod. proc. amm.).
La presentazione dell’istanza del 4 luglio 2017, le successive deliberazioni del Comune di Cassino e l’atto di diffida e significazione del 30 dicembre 2019 avrebbero dovuto comunque indurre l’amministrazione a motivare, secondo quanto sopra specificato, la differente scelta effettuata con la delibera n. 93 del 15 aprile 2020.
9. L’appello va quindi accolto e, in riforma della sentenza appellata, vanno accolti il ricorso e i motivi aggiunti proposti dai ricorrenti M, D P e F e, per l’effetto, vanno annullati gli atti impugnati, nei limiti dell’interesse dei ricorrenti.
Il Comune di Cassino dovrà nuovamente determinarsi, secondo quanto sopra specificato, sulle modalità di reclutamento dei vigili urbani inseriti nel piano del fabbisogno del personale 2020/2022 e nel relativo piano delle assunzioni.
10. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo per entrambi i gradi di giudizio.