Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-12-06, n. 202108083
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Pubblicato il 06/12/2021
N. 08083/2021REG.PROV.COLL.
N. 04793/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4793 del 2015, proposto da
Ministero per i Beni e le Attività' Culturali e del Turismo, Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Lecce, Brindisi e Taranto, già Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici Provincia di Lecce, Brindisi e Taranto, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da pubblici registri e domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
L W T, rappresentato e difeso dall'avvocato S L, con domicilio digitale come da pubblici registri e domicilio fisico eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2;
nei confronti
Comune di Salve, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (Sezione Prima) n. 02694/2014, resa tra le parti, concernente demolizione opere realizzate in zona soggetta a vincolo paesaggistico.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di L W T;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 novembre 2021 il Cons. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’appellante ha impugnato la sentenza del T.A.R. Puglia Lecce, Sez. I, 7 novembre 2014, n. 2694.
In particolare, L W T, titolare di licenza per lo svolgimento di attività commerciale su area pubblica e per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, nonché di apposito posteggio per l'esercizio del commercio su area pubblica, con istanza presentata in data 20.1.2009, ha chiesto di essere autorizzato a eseguire modifiche al manufatto che aveva provveduto a installare per lo svolgimento dell'indicata attività commerciale al fine di migliorarne la funzionalità e, contemporaneamente, ha chiesto di essere autorizzato al mantenimento dello stesso oltre la stagione estiva, così come asseritamente consentito dalla delibera del Consiglio Comunale di Salve del 30 settembre 2008.
Il Comunale di Salve, con provvedimento del 20.4.2009, ha rilasciato la richiesta autorizzazione, che ha trasmesso alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Lecce, Brindisi e Taranto.
Quest’ultima, con nota del 15.05.2009 prot. 8561, ha comunicato di non aver rilevato profili di illegittimità del provvedimento comunale nella parte avente a oggetto l'autorizzazione dei lavori volti a migliorare la funzionalità del manufatto utilizzato per la somministrazione di alimenti e bevande;mentre ha ritenuto che non potesse essere accolta la richiesta di mantenere lo stesso oltre la stagione estiva, dovendosi provvedere al ripristino dello stato dei luoghi.
Il Dirigente dell'Ufficio Tecnico del Comune di Salve, preso atto di quanto comunicato dalla Soprintendenza, con determina n. 96 del 27.05.2009, ha rilasciato la richiesta autorizzazione prescrivendo, tuttavia, la rimozione del manufatto al termine della stagione estiva.
W T ha impugnato quest’ultimo provvedimento, unitamente al predetto atto della Soprintendenza, dinanzi al T.A.R. Puglia Lecce, deducendo la violazione dell'art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004, l’eccesso di potere dovuto a illogicità e perplessità dell'azione amministrativa, la violazione della delibera del Consiglio Comunale di Salve n. 41 del 30 settembre 2008, l’errore sui presupposti di fatto e di diritto, il difetto di istruttoria e di motivazione, lo sviamento di potere.
L’adito T.A.R. pugliese, con la sentenza gravata in questa sede, ha accolto il ricorso per difetto di motivazione dell’atto della Soprintendenza sulla base delle seguenti argomentazioni: “ L'art. 11, comma quarto della legge Regionale Puglia 23 giugno 2006 n. 17 stabilisce che "la gestione di stabilimenti balneari e di altre strutture connesse alle attività turistiche ricadenti su aree demaniali regolarmente concesse è consentita per l'intero anno, al fine di svolgere attività collaterali alla balneazione, con facoltà di mantenere le opere assentite, ancorché precarie, qualora, prima della scadenza della concessione, sia stata prodotta regolare istanza di rinnovo e, comunque, sino alle relative determinazioni dell'autorità competente". La previsione normativa consente il mantenimento delle opere precarie poste a servizio di uno stabilimento balneare per l'intero anno solare, subordinando tuttavia ciò alla salvezza della tutela del paesaggio, in ossequio al rilievo primario della tutela paesaggistica. La esclusione della rimozione dei manufatti al termine della stagione estiva deve quindi fondarsi sull'assenza di lesioni, nel periodo interessato dalla persistenza della struttura, ai valori paesaggistici del sito nel cui ambito lo stabilimento balneare è insediato. Nel caso in esame, la Soprintendenza, non adduce alcuna ragione che induca a ritenere incompatibili le opere al termine della stagione estiva. Il Collegio non ignora l’orientamento fatto proprio dal Consiglio di Stato in materia (per tutte sent.5293/2013) che partendo dal presupposto che la Corte costituzionale, con sentenza 27 giugno 2008, n. 232, ha affermato che la precedente formulazione della L.r.17/ 2006 (prima della modifica apportata dalla L.R.24/2008) – che consentiva il mantenimento oltre la durata della stagione balneare e per l’intero anno delle opere precarie e amovibili di facile rimozione, funzionali all’attività turistico-ricreativa su aree demaniali e già autorizzate per il mantenimento stagionale, anche in deroga ai vincoli previsti dalle normative in materia di tutela territoriale, paesaggistica, ambientale e idrogeologica, in mancanza della necessaria positiva valutazione di compatibilità paesaggistica - violava le competenze esclusive statali in materia di tutela ambientale e paesaggistica e ha dichiarato, pertanto, costituzionalmente illegittima la norma stessa, che lede l’art. 117, secondo comma, lett. s) Cost. in relazione all’art. 146 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, - ha rilevato che anche la nuova formulazione della legge regionale tende a eludere il disposto della sentenza costituzionale. Con la sentenza citata il Consiglio di Stato, ha ritenuto che una lettura della stessa secundum Costitutionem, comporti che “il parere e l’autorizzazione paesaggistica dell’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio non possono essere limitati dall’esterno da una legge regionale come quella in questione, perché diversamente si ammetterebbe, in lesione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., che la Regione Puglia possa con una sua legge regionale modificare o condizionare l’operatività delle leggi statali in materia di tutela. Ne segue nella specie che già ai fini dell’autorizzazione paesaggistica - la quale (art. 146, comma 4) “costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio” e alla quale debbono pertanto conformarsi gli altri atti amministrativi che danno titolo a quei manufatti - non opera la previsione dell’art. 11, comma 4-ter, l.r. Puglia 23 giugno 2006, n. 17, come introdotto dall’art. 1 l.r. 2 ottobre 2008, n. 24, secondo cui tutte le strutture funzionali all’attività balneare, purché di facile amovibilità, possono essere mantenute per l’intero anno. Ben può pertanto una tale autorizzazione paesaggistica, come il parere della Soprintendenza che ne è presupposto, prescrivere che un manufatto sia paesisticamente assentibile, ove ne ricorra il caso, per la sola stagione balneare e perciò vada al suo termine rimosso”. Applicando tali principi alla fattispecie, deve rilevarsi che è pur sempre necessario che la Soprintendenza manifesti espressamente le ragioni sottese alla sua valutazione di non compatibilità delle strutture al termine della stagione estiva, valutazioni che per quanto espressione di discrezionalità tecnica, devono comunque esternare le ragioni tecniche utilizzate, in ossequio al principio generale di cui all’art.3 della L.241/1990, che impone l’obbligo di motivazione a tutti i provvedimenti amministrativi (tanto più ove questi comportino il sacrificio del diritto di iniziativa economica di cui all’art.41 Cost. con l’imposizione dell’utilizzo di ingenti risorse economiche), e a quelli di buon andamento ed efficacia di cui all’art.97 cost. Nella fattispecie in esame, la Soprintendenza non ha manifestato alcuna ragione che possa giustificare l'obbligo di rimozione della struttura al termine della stagione estiva ”.
L’Amministrazione soccombente ha proposto l’appello in esame, formulando i seguenti motivi:
- sostiene l’appellante che il Giudice di prime cure, trascurando un importante profilo della vicenda, ha errato nel non dare atto della sopravvenuta improcedibilità del ricorso.
In particolare, la censura è connessa al fatto che il Sig. Tamborrini all'inizio del 2009 (ossia dopo il termine della stagione balneare 2008) ha chiesto di essere autorizzato a mantenere il manufatto che aveva realizzato (e sul quale intendeva effettuare ulteriori interventi per renderlo più funzionale), una volta conclusa la stagione turistica, avvalendosi della facoltà riconosciutagli da una delibera del Consiglio Comunale di Salve del settembre 2008, assunta sulla base dell'art.11, comma 4-bis, della legge della Regione Puglia n. 17 del 2006 (norma a quell'epoca già dichiarata incostituzionale).
La delibera in questione prevedeva la necessità di un’apposita richiesta da parte dei titolari di autorizzazioni e concessioni demaniali da rinnovare di anno in anno, con obbligo di rinnovo annuale prima della scadenza.
Sempre secondo l’appellante, sulla base dell'istanza che l'appellato aveva presentato all'inizio del 2009 (epoca in cui avrebbe già dovuto rimuovere il manufatto), il Comune avrebbe potuto assentire la permanenza del manufatto in loco per il periodo invernale che aveva fatto seguito alla stagione estiva immediatamente precedente (e quindi a partire dall'autunno del 2008 fino alla primavera del 2009) o per il periodo invernale immediatamente successivo all'istanza. Avuto riguardo al contenuto della delibera del Comune di Salve, la prescrizione impartita dal Comune produceva i suoi effetti a partire dalla data sopra indicata (1.9.2009) ovvero dalla conclusione della stagione estiva 2009 e fino alla conclusione della stagione invernale 2010.
Nel luglio del 2014, allorquando è stato discusso il ricorso dinanzi al T.A.R. Puglia, il ricorrente non poteva più vantare alcun interesse a ottenere il pronunciamento dello stesso sulla legittimità di un provvedimento che aveva completamente cessato di produrre i suoi effetti, con la conseguenza che il Giudice di prime cure avrebbe dovuto senz'altro dare atto di ciò e dichiarare il ricorso improcedibile. Né l’istante poteva vantare alcun ipotetico interesse risarcitorio, avendo peraltro l’adito T.A.R. sospeso il provvedimento di diniego;
- l’Amministrazione appellante ritiene che, alla luce del contesto normativo in materia di gestione di stabilimenti balneari e di altre strutture connesse alle attività turistiche ricadenti su aree demaniali, la sentenza gravata sia errata nella parte in cui ha ritenuto che la competente Soprintendenza doveva indicare le ragioni per le quali il manufatto terminata la stagione doveva essere rimosso.
La stessa appellante ritiene, altresì, che tutte le volte in cui il singolo intenda ottenere non solo l'autorizzazione paesaggistica per l'allocazione della struttura necessaria per lo svolgimento della propria attività d'impresa, ma anche quella di mantenere la stessa durante il periodo invernale, deve farsi carico di indicare in modo chiaro e puntuale le ragioni per le quali si potrebbe assentire una deroga a quella che è la regola fondamentale (che in territorio pugliese ci si ostina a disconoscere), ossia che tutto ciò che è servente allo svolgimento di attività balneari deve essere con una certa frequenza montata e poi smontata, ed è solo ed esclusivamente in rapporto alle specifiche ragioni allegate dal singolo che l'amministrazione statale deve ritenersi obbligata al proprio eventuale avviso negativo.
Si è costituito in giudizio il controinteressato L W T resistendo al ricorso e formulando argomentazioni difensive.
All’udienza pubblica dell’11.11.2021 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1) Il ricorso si rivela infondato per le ragioni che seguono.
2) Da rigettare si palesa il primo motivo di appello, incentrato sull’indicata circostanza che l’adito T.A.R. avrebbe dovuto dichiarare l’improcedibilità del ricorso, per sopravvenuta carenza di interesse, essendo la concessione temporanea e dovendo essere rinnovata di anno in anno l’istanza di mantenimento del manufatto oltre la stagione estiva.
Al riguardo, la sopravvenuta carenza di interesse presuppone una dichiarazione espressa della parte ricorrente, considerato anche il carattere dispositivo del processo amministrativo, oppure, nel caso sia invocata dalla parte resistente (come nell’ipotesi in esame), necessita che dagli atti del giudizio risulti chiaramente che il ricorrente non possa conseguire alcuna concreta utilità dalla decisione di annullamento del provvedimento gravato.
Ne deriva logicamente che, qualora l’intervenuta sopravvenuta carenza di interesse sia dedotta dalla parte resistente, quest’ultima debba dare la prova rigorosa della sussistenza della condizione di assenza di utilità della decisione per la parte che ha proposto il ricorrente.
Nel caso di specie tale prova non è stata raggiunta in quanto non può escludersi che dalla mancata ottemperanza di un provvedimento che prevede la rimozione di manufatti, con il ripristino dello stato dei luoghi, non possano derivare conseguenze negative per l’interessato anche di carattere retrospettivo.
Non sono, inoltre, state rese specifiche informazioni sul prosieguo a livello sostanziale della vicenda, idonee a dimostrare l’effettiva assenza di utilità della pronuncia sull’annullamento dell’atto gravato.
3) Infondato si palesa anche il secondo motivo di appello, incentrato sull’asserita assenza dell’obbligo di specifica motivazione del parere negativo della Soprintendenza sull’istanza di mantenimento delle opere oltre il periodo stagionale e, in particolare, in ordine alla compatibilità del mantenimento delle strutture oltre la stagione estiva con gli interessi paesaggistici che la medesima Amministrazione è deputata a tutelare.
Al riguardo, il Collegio trova scevra da profili di erroneità la sentenza di primo grado, che ha annullato l’atto della Soprintendenza per difetto di motivazione.
L’Amministrazione appellante ritiene in sostanza, come anche indicato nella parte in fatto, che stante il carattere stagionale della concessione e la regola generale della necessità di rimozione dei manufatti accessoria fine stagione, il diniego al mantenimento delle opere per tutto l’anno non necessiti di una specifica motivazione sull’assenza di compatibilità con il vincolo paesaggistico e che, anzi, è l’istante a dover indicare le specifiche ragioni per le quali intende richiedere di non rimuovere le opere alla fine della stagione estiva.
In particolare, la parte appellante ha richiamato al riguardo il portato della sentenza della Corte Costituzionale 27 giugno 2008, n. 232, che ha dichiarato incostituzionale il previgente testo del comma 4 bis dell’art. 11 della legge n. 17/2006 della Regione Puglia, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. in relazione all’art. 146 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in quanto consentiva il mantenimento oltre la durata della stagione balneare e per l’intero anno delle strutture precarie e amovibili di facile rimozione, funzionali all’attività turistico-ricreativa su aree demaniali e già autorizzate per il mantenimento stagionale, anche in deroga ai vincoli previsti dalle normative in materia di tutela territoriale, paesaggistica, ambientale e idrogeologica, in mancanza della necessaria positiva valutazione di compatibilità paesaggistica, così ledendo le competenze esclusive statali in materia di tutela ambientale e paesaggistica.
La medesima parte appellante ha richiamato il regime vincolistico delle aree costiere, ex artt. 146 e 149 del d.lgs. 42/2004, e la necessità di assicurare la tutela degli interessi paesaggistici in quelle aree, considerando il regime stagionale delle concessioni e disponendo l’ "amovibilità" di ciascun manufatto, ovverosia la sua rimovibilità, quale presupposto indispensabile per il ripristino dello status quo ante al termine della stagione balneare.
Al tempo stesso, l’appellante ha rilevato come anche il nuovo testo del comma 4 bis dell’art. 11 della legge n. 17/ 2006 della Regione Puglia, che condiziona il mantenimento dei manufatti oltre il termine della stagione estiva al nulla osta delle autorità preposte alla tutela dell'ambiente e del paesaggio, tende a sottrarre a questi manufatti il carattere della temporaneità stagionale, per convertirli in pratica in manufatti tendenzialmente duraturi, tanto quanto la concessione demaniale marittima.
Secondo l’appellate, quindi, qualora il concessionario voglia mantenere la struttura necessaria per lo svolgimento della propria attività d'impresa anche durante il periodo invernale, deve farsi carico di indicare in modo chiaro e puntuale le ragioni per le quali si potrebbe assentire una deroga alla regola che tutto ciò che è servente allo svolgimento di attività balneari deve essere con una certa frequenza montato e poi smontato, ed è solo ed esclusivamente in rapporto alle specifiche ragioni allegate dal singolo che l'amministrazione statale deve ritenersi obbligata al proprio eventuale avviso negativo.
La medesima parte appellante deduce che, qualora si dovesse ammettere la necessità di una specifica motivazione sulla incompatibilità con il vincolo paesaggistico, “si avrebbe totale inversione fra eccezione e regola nel senso che a prescindere di ogni e qualsiasi indicazione da parte dell'interessato l'amministrazione statale (ma anche quella locale proposta alla tutela del vincolo) piuttosto che esprimersi rispetto alla localizzazione in area vincolata di struttura destinata a rimanere ivi temporaneamente sarebbe obbligata dovrebbe effettuare le proprie valutazioni considerando il manufatto come costruzione destinata a rimanere stabilmente in loco e di volta in volta farsi carico di indicare le ragioni che la dovessero indurre a rilasciare quella che si potrebbe definire una "autorizzazione temporanea”… ” . In definitiva nel caso di specie, “ l'amministrazione statale non doveva in alcun modo farsi carico di fornire specifica motivazione " nel momento in cui ha rammentato che il manufatto che si intendeva modificare mediante l'intervento per il quale era stata chiesta l'autorizzazione doveva essere rimosso al termine della stagione balneare. Siffatta conclusione… a maggior ragione si imponeva visto e considerato che l'istanza dell'appellato non indicava alcuna specifica ragione per la quale si chiedeva di poter mantenere il manufatto al termine della stagione estiva essendosi questi, come si è già accennato, limitato a chiedere di potersi avvalere della facoltà cui si faceva riferimento nella citata delibera n. 41 del 30 settembre 2009 del Comune di Maglie ” . Ciò anche in considerazione “ che l'istanza presentata dal Tamborini aveva ad oggetto l'esecuzione di alcune modifiche di un manufatto installato negli anni precedenti previo rilascio di autorizzazione paesaggistica con la quale era stato chiarito che la struttura andava rimossa nel periodo invernale ”.
Il Collegio rileva che, nel caso di specie, l’interpretazione resa dal T.A.R. in ordine all’applicazione del testo vigente dell'art. 11, comma 4-bis, della legge della Regione Puglia n. 17 del 2006 e delle altre disposizioni legislative vigenti sul tema, si palesi in linea con le competenze statali in materia paesaggistica. Infatti, pur non ignorando la giurisprudenza amministrativa formatasi in ordine al nuovo testo della legge regionale sui punti problematici e il possibile intento latu sensu elusivo della disciplina richiamata dalla stessa sentenza gravata, il medesimo Collegio ritiene che il principio espresso dalla più volte citata sentenza della Corte Costituzionale, volto alla salvaguardia delle competenze statali in materia paesaggistica, non abbia subito alcun vulnus .
Il portato della suddetta sentenza della Corte Costituzionale si incentra, infatti, sull’intangibilità delle suddette competenze in materia paesaggistica, non potendo una legge regionale disporre il mantenimento per l'intero anno delle strutture precarie e amovibili interessanti aree paesaggisticamente vincolate, in deroga alle norme che subordinano ad autorizzazione paesaggistica ogni intervento su immobili o aree di interesse paesaggistico.
Nel caso di specie, in conformità con il novellato testo della legge regionale in esame, l’istanza di mantenimento delle opere oltre il periodo estivo è stata sottoposta alla valutazione della competente Soprintendenza, così rispettando l’ordine di competenze statali stabilito in materia, che non subisce un vulnus.
La questione del rispetto delle competenze statali, tuttavia, si distingue nettamente da quella dell’obbligo di motivazione dei relativi provvedimenti.
Il Collegio ben concorda, in linea di principio, sul fatto che il mantenimento delle opere al termine della stagione estiva si pone quale eccezione alla regola della stagionalità dei manufatti, ma ciò non può tradursi in una dequotazione dell’obbligo di motivazione, incidendo semmai sulla valutazione, che può essere particolarmente rigorosa, delle ragioni che possano giustificare tale mantenimento, che la Soprintendenza valuta secondo criteri di discrezionalità tecnica.
In ogni caso, una volta riconosciuta la necessità di una valutazione paesaggistica sull’istanza – nel rispetto delle competenze statali – non possono non vigere per la stessa le norme generali in materia di atti amministrativi, tra cui l’obbligo di motivazione di un eventuale parere negativo della Soprintendenza, che dovrà indicare le ragioni di incompatibilità della permanenza dell’opera con il vincolo paesaggistico.
D’altra parte, l’obbligo di motivazione è un vincolo generale dell’Amministrazione nell’esercizio del potere provvedimentale, che non si vede perché debba essere soprasseduto proprio nel campo delle autorizzazioni paesaggistiche, dove il profilo della discrezionalità tecnica dell’amministrazione, nella valutazione della compatibilità con l’interesse dei valori paesaggistici, assume una rilevante consistenza.
Proprio in questo ambito, infatti, in gran parte scevro da attività vincolata, l’obbligo di motivazione si rileva tanto più necessario al fine di rendere note le ragioni che hanno portato al diniego e rendere trasparente l’esercizio del potere.
Il Collegio rileva, inoltre, che l’argomentazione secondo cui il ricorrente originario avrebbe dovuto indicare specificamente il motivo per il quale ha richiesto di poter mantenere le strutture al termine della stagione estiva costituisce una inammissibile integrazione postuma della motivazione, perché non indicata nel provvedimento gravato.
Più in particolare, non si disconosce che la Soprintendenza, al fine di una completa valutazione degli interessi inerenti alla richiesta, possa richiedere all’istante le specifiche ragioni per le quali intende mantenere in essere i manufatti oltre la stagione estiva, ma l’assenza di tale elemento deve essere eventualmente indicata in motivazione del provvedimento negativo.
4) Per le suesposte ragioni il ricorso va rigettato.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Le specifiche circostanze inerenti al ricorso in esame costituiscono elementi che militano per l’applicazione dell’art. 92 c.p.c., come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a. e depongono per la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.