Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-03-21, n. 201701279

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-03-21, n. 201701279
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201701279
Data del deposito : 21 marzo 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/03/2017

N. 01279/2017REG.PROV.COLL.

N. 09596/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 9596/2014 RG, proposto dal Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore ed il Comando generale della Guardia di finanza, in persona del Comandante generale pro tempore , rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici si domiciliano in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. A S, con domicilio eletto in Roma, via Taranto n. 18, presso l’avv. Brancaccio,

per la riforma

della sentenza del TAR Campania – Salerno, sez. I, n. 1089/2014, resa tra le parti e concernente la irrogazione sanzione della rimozione dal grado con modifica della causa di cessazione dal servizio;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig.-OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 10 novembre 2016 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, l’avv. Scuderi e l’Avvocato dello Stato Greco;


Ritenuto in fatto che:

– il sig. -OMISSIS-, già sottufficiale della GDF e in congedo per riforma dal 10 maggio 2005, fu rinviato a giudizio dall’AGO nel processo penale instaurato dalla Direzione distrettuale antimafia di Salerno per i reati di falso materiale e di falso ideologico in atti pubblici commesso da p.u. e di peculato (in concorso);

– con sentenza divenuta irrevocabile il 29 gennaio 2011, il Tribunale di Salerno prosciolse lo stesso sig.-OMISSIS-, già in congedo, per intervenuta prescrizione dei reati ascrittigli;

– a seguito dell’attivazione (29 gennaio 2011) nei suoi confronti d’un procedimento disciplinare per i medesimi fatti, il sig.-OMISSIS- subì la sanzione della perdita del grado per rimozione, con modifica della cessazione dal servizio (determinazione del 25 giugno 2013, notificata il successivo 4 luglio) e con decorrenza ex tunc ;

– la GDF ha poi interessato l’INPDAP per far cessare il trattamento di quiescenza a favore del sig.-OMISSIS-, con contestuale ripetizione dei ratei di pensione già percetti;

Rilevato altresì che:

– avverso tal statuizione e gli atti connessi è dunque insorto il sig.-OMISSIS- innanzi al TAR Salerno, col ricorso n. 8596/2014 RG, deducendo:

1) l’illegittima retrodatazione della sua cessazione dal servizio (per rimozione) ai sensi degli artt. 861 e 867 del Dlg 15 marzo 2010 n. 66 – COM, in quanto questi ultimi non sono contemplati nel successivo art. 2136 tra le disposizioni del Libro IV espressamente applicabili al personale GDF, di talché nel caso in esame resta tuttora fermo il previgente ordinamento ex l. 31 luglio 1954 n. 599;

2) anche ad ammettere l’applicazione integrale degli istituti del COM non espressamente richiamati, l’inapplicabilità comunque di tal effetto retroattivo al ricorrente, essendo stato posto in congedo ben prima che egli fosse sottoposto a procedimento disciplinare;

3) la sicura applicabilità al ricorrente, in quanto sottufficiale della GDF, del regime ex l. 599/1954 (pur se per altro verso abolito), grazie al richiamo per tal personale contenuto nell’art. 1 della l. 17 aprile 1957 n. 260, mai abrogata e che non prevedeva qualunque modifica della causa di cessazione dal servizio;

4) l’omesso rispetto dei termini ex art. 111 del DPR 10 gennaio 1957 n. 3 e la violazione del giusto procedimento disciplinare o, in subordine, l’illegittimità costituzionale degli artt. da 64 a 74 della l. 599/1954 (applicabile ai sottufficiali GDF in base alla l. 260/1957) o, se ritenuti applicabili, degli artt. da 1370 a 1388 COM, nella parte in cui non prevedono termini del procedimento disciplinare coerenti con le norme del TU imp. civ. St.;

5) il difetto di motivazione della sanzione irrogata;

6) l’omessa valutazione, da parte degli organi disciplinari, del contenuto e dello svolgimento del processo penale che vide coinvolto il ricorrente, risolti con una sentenza ex art. 129 c.p.p. e da cui emerge l’insussistenza di elementi per la sua sicura colpevolezza;

7) l’illegittimità derivata da dette questioni nei confronti del trattamento pensionistico;

– l’adito TAR, con sentenza n. 1089 del 10 giugno 2014, ha accolto la pretesa attorea, affermando: I) l’applicabilità ai sottufficiali GDF delle sole norme indicate nell’art. 2136 del COM, II) la piena vigenza della l. 260/1957 (non toccata dalle abrogazioni espresse ex art. 2268 COM) la quale fa un rinvio recettizio alle norme disciplinari ex l. 599/1954 pur se abolita dal COM per ogni altro verso, III) la salvezza da parte del COM di tutte le norme vigenti proprie della GDF, IV) in ogni caso la inapplicabilità dell’art. 867 COM (non sussistendo una condanna penale contro il ricorrente) donde l’assenza d’ogni automatismo tra perdita del grado e modifica della causa di cessazione dal servizio (possibile solo se a tal momento fosse stato pendente un procedimento penale o disciplinare);

– appellano il MEF e consorti, con il ricorso in epigrafe ed in forza del quale non è possibile far rivivere l’abrogata l. 599/1954 sol perché tuttora richiamata dalla vigente l. 260/1957 e stante la clausola di salvaguardia contenuta nell’art. 2115 COM, nonché l’efficacia retroattiva della perdita del grado con rimozione fin dalla cessazione dal servizio, cui replica il sig.-OMISSIS- ribadendo i suoi motivi assorbiti in primo grado;

Considerato in diritto in primo luogo che:

– se non par dubbia l’intervenuta abrogazione della l. 599/1964 per effetto dell’art. 2268, c. 1, n. 400) del COM, corretta s’appalesa la ricostruzione operata dal TAR, giacché non v’è automatismo alcuno, anzi vige il principio contrario (salvo precisazioni) nel travaso delle norme del COM stesso all’ordinamento del personale della GDF;

– infatti, il combinato disposto dell’art. 1, c. 2 e dell’art. 2136 del COM impone all’interprete di non revocare in dubbio l’autonomia di detto ordinamento, fatte salve le disposizioni contenute in modo espresso nell’art. 2136, che sono, quindi, di stretta interpretazione verso la GDF, in caso contrario enfatica appalesandosi la clausola di salvezza posta nel medesimo art. 1, c. 2, in base al quale nulla è innovato per le disposizioni vigenti proprie del Corpo;

– in particolare, l’art. 2136 del COM, in varia guisa, reca una regola di compatibilizzazione (si badi, non di automatica applicazione) d’un complesso di sue disposizioni che sono idonee ad integrare il sistema di governo del personale militare del Corpo, potendo esser estese per loro valenza generale ai Corpi di polizia ad ordinamento militare;

– sicché non ha pregio e va disatteso l’assunto, che con ogni evidenza gli appellanti nel citarlo così lo condividono, secondo cui l’art. 2136, la cui collocazione topografica rileva solo perché determina i presupposti ed i limiti di coordinamenti tra esso ed il vigente corpo normativo della GDF (ma non ha altri scopi), vada letto nel senso, per vero alquanto paradossale, che tutte le altre norme del COM s’applichino tout court al personale GDF;

– è vero il contrario, in quanto, cioè, devesi affermare non già la separatezza, ma certo la sostanziale autoconsistenza del vigente regime del personale GDF, con le eventuali integrazioni stabilite espressamente e rivenienti sia dallo stesso COM (art. 2136), sia dal Dlg 30 marzo 2001 n. 165 (art. 2135);

– per contro, ogni altra norma del COM s’appalesa incongrua o ripetitiva di quanto già la normativa del Corpo prevede, stante la chiara la volontà del legislatore di rendere disponibili pure alla GDF sì tutte, ma solo quelle norme comuni in materia di gestione del personale militare, superando ogni ostacolo normativo per cui i militari restano regolati (solo) dai rispettivi ordinamenti settoriali;

– fuori da queste compatibilità, non solo non sarebbe possibile trasporre da un sistema all’altro, per la loro reciproca autonomia, norme che riguardino espressamente l’uno e non anche l’altro, ma pure gli effetti abrogativi recati dallo stesso COM al suo sistema regolatorio restano al più limitati a tal precipuo ambito, come s’evince dal (malamente) invocato art. 2115, in virtù del quale «… i rinvii contenuti nelle fonti normative vigenti a disposizioni o istituti riprodotti nel presente codice e nel regolamento, si intendono effettuati alle corrispondenti disposizioni e istituti dei citati codice e regolamento …»;

– con tal disposizione, l'abrogazione delle vecchie norme si giustifica proprio e soltanto perché esse son state sostituite da quelle nuove del COM, tant’è che, ove per qualunque ragione il nuovo diritto colà incorporato fosse abrogato o ne fosse sospesa o differita l’efficacia, rivivrebbe il vecchio diritto disperso nei testi precedenti, senza ulteriori effetti in altri sistemi autonomi;

– in realtà il richiamo al citato art. 2115 è comunque un falso problema, giacché neppure nel COM v’è stata la riproduzione della l. 599/1954 a causa della definitiva modifica e la sostituzione delle norme colà contenute;

– in ogni caso, tutto ciò non si riverbera pure nel sistema normativo della GDF, in cui tuttora vige la legge n. 260 nella sua interezza e, dunque e per il solo contesto organizzativo del Corpo, con tutte le sparse norme alle quale effettua un rinvio recettizio, compresa quindi la l. 599/1994;

– essa è stata sì abrogata e sostituita dalle nuove norme del COM per i fini dell’ordinamento di quel settore, ma che vige attuale e senza alcuna “reviviscenza” grazie al predetto rinvio, per esser così incorporata tal quale nella legge che validamente ancor oggi dispone il rinvio stesso e senza che vi siano evidenti ragioni d’abrogazione per manifesta incompatibilità,

– pertanto, almeno fin quando il legislatore, con le cautele del caso, vorrà estendere tutti gli istituti della disciplina militare pure alla GDF, restano ferme le norme disciplinari tuttora vigenti per detto Corpo e non altrimenti in modo espresso eterointegrate o rese compatibili con quelle del COM e, di conseguenza, senza possibilità di applicazioni analogiche fuori contesto, in particolar modo laddove già l’ordinamento di settore sia autosufficiente e, a più forte ragione, qualora si vogliano estendere in via analogica disposizioni sanzionatorie non specificamente previste in modo retroattivo a fatti da lungo tempo definiti ad altro titolo;

Considerato altresì che:

– propugnano gli appellanti la sicura applicabilità dell’art. 923, c. 5 del COM —secondo cui «… il militare cessa dal servizio, nel momento in cui nei suoi riguardi si verifica una delle predette cause, anche se si trova sottoposto a procedimento penale o disciplinare. Se detto procedimento si conclude successivamente con un provvedimento di perdita del grado, la cessazione dal servizio si considera avvenuta per tale causa …»—, e ciò anche senza il richiamo espresso di tal disposizione nel sistema della GDF;

– già il Collegio fatica a seguire l’avviso degli appellanti laddove, dando per ammessa la pacifica applicabilità del citato art. 923, c. 5 al sistema normativo della GDF, reputano sussistere il relativo presupposto nel I per. (la pendenza d’un procedimento penale al tempo dell’originaria cessazione dell’appellato dal servizio);

– nondimeno, a tutto concedere, non v’è coincidenza tra detta norma ed il precedente art. 867, c. 3 (anch’esso non richiamato per la GDF), solo in base al quale, qualora la perdita del grado consegue a condanna penale, essa decorre dal passaggio in giudicato della relativa sentenza, mentre decorre dalla data di cessazione dal servizio se in quel momento risulti pendente un procedimento penale o disciplinare, che poi si concluda con la perdita del grado;

– per contro, l’art. 923 c. 5 reca l’eccezione al principio, per cui il militare cessa dal servizio quando si verifica la relativa causa anche se sia sottoposto a procedimento penale o disciplinare, salvo successiva modifica del titolo di cessazione se l’uno o l’altro procedimento si concludano poi con la perdita del grado;

– sicché, ed il rilievo è assolutamente decisivo ai fini della presente controversia, non avendo l’appellato ricevuto una sentenza di condanna (ma solo una che ne dichiarò la prescrizione), non è comunque venuto in essere nessuno dei due presupposti indicati dalla norma per la modifica del titolo di cessazione dal servizio;

– infatti il procedimento penale pendeva sì all’epoca della cessazione dal servizio ma non è sfociato in alcuna condanna ma solo nell’accertamento della intervenuta prescrizione;

– invece il procedimento disciplinare, conclusosi esso sì con la rimozione, è stato attivato sei anni dopo la predetta cessazione e quindi ontologicamente non pendeva nel momento della cessazione stessa:

– pertanto, per concludere sul punto dirimente, al momento della cessazione dal servizio l’interessato a) era sottoposto a procedimento penale ma questo non è sfociato in condanna con sanzione accessoria b) non era sottoposto a procedimento disciplinare, in quanto questo iniziò sei anni dopo;

– pur ad accedere alla tesi estensiva propugnata degli appellanti, la fattispecie ex art. 923, c. 5 non s’attaglierebbe alla posizione dell’appellato e comunque le norme fin qui citate, che non riguardano espressamente la GDF, son state poste dal COM con effetto ex nunc e, quantunque con talune differenze già esistenti nell’art. 14-bis del Dlg 8 maggio 2001 n. 133 (nel testo introdotto dal Dlg 19 agosto 2005 n. 197), non costituiscono principi generali o clausole integrative immanenti nell’ordinamento generale (ché, anzi, l’art. 60 della l. 599/1969 fu dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non previde la possibilità per i sottufficiali, collocati in congedo per perdita del grado, di conseguire la pensione al compimento di quindici anni di servizio: cfr. C. cost., 20 dicembre 1989 n. 557) e, dunque, nell’un verso o nell’altro sono inidonee a definire la vicenda del medesimo sig.-OMISSIS- nel senso voluto dagli appellanti;

– scolorano così le pur giuste questioni, che gli appellanti propongono sulla statuizione del TAR in ordine alla necessità che il Corpo attivasse il procedimento disciplinare prima di quello penale, non tanto perché l’attuale disciplina dell’art. 1393 del COM non lo prevede (poiché tal disposizione non s’applica alla GDF), quanto perché, ove il militare del Corpo riceva una condanna penale, il relativo procedimento disciplinare è soggetto alla l. 27 marzo 2001 n. 97 (arg. ex Cons. St., IV, 31 dicembre 2007 n. 6809) e, ove non abbia subito condanna, esso segue le norme della l. 599/1954, opportuno appalesandosi, ove i fatti disciplinari coincidano con quelli del procedimento penale, la conclusione di quest’ultimo e comunque essendo tutto ciò cosa diversa delle questioni sugli artt. 867 e 923 del COM;

– in definitiva, l’appello va così rigettato, ma la complessità e la novità della lite suggeriscono la compensazione integrale, tra le parti, delle spese del presente giudizio, fermo restando che tutte le questioni testé vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell' art. 112 c.p.c. e che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati son stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.

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