Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-03-12, n. 201501325

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-03-12, n. 201501325
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201501325
Data del deposito : 12 marzo 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07263/2014 REG.RIC.

N. 01325/2015REG.PROV.COLL.

N. 07263/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7263 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-,
rappresentato e difeso dagli avv.ti A M ed A S ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo, in Roma, viale Carso, 23,

contro

MINISTERO dell’INTERNO,
in persona del Ministro p.t.,
costituitosi in giudizio, ex lege rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso gli ufficii della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, 12,

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA - SEZIONE II QUATER n. 06087/2014, resa tra le parti, concernente diniego concessione della cittadinanza italiana.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Vista l’Ordinanza n.-OMISSIS-, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 25 settembre 2014, di reiezione della domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta, alla pubblica udienza del 5 febbraio 2015, la relazione del Consigliere S C;

Udito, alla stessa udienza, l’avv. Agnese Soldani dello Stato per l’appellato, nessuno essendo ivi comparso per l’appellante;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. – L’odierno appellante, già ricorrente in primo grado, di origine marocchina, regolarmente immigrato e soggiornante in Italia sin dal 1990, ha chiesto in data 11 agosto 2005 la concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge 5 febbraio 1992, n. 91.

All'esito della relativa istruttoria, è stato emesso un provvedimento di diniego ( in data 10 ottobre 2008 ), nel quale viene rilevato che “dall'attività informativa esperita sono emersi elementi ostativi di pericolo per la sicurezza della Repubblica, di cui all'art. 6, comma 1, lettera c) della legge 91/1992”.

2. - L'interessato ha proposto ricorso al T.A.R. per il Lazio, sede di Roma.

Quest'ultimo ha emesso una ordinanza istruttoria per acquisire al giudizio le informazioni "riservate", alle quali, come si è visto, il provvedimento di rigetto fa un cenno assolutamente generico.

Il Ministero ha trasmesso, con apposite cautele di riservatezza, una "comunicazione” in data 15 febbraio 2013, di cui le parti hanno preso in giudizio visione senza possibilità di estrarne copia ai sensi dell’art. 42, comma 8, della l. n. 124/2007, dalla quale risultano le informazioni sul conto del ricorrente poste a base del provvedimento impugnato, che fanno riferimento alla sua vicinanza ad elementi appartenenti ad un -OMISSIS-, sospetto di infiltrazione da parte di soggetti legati ad -OMISSIS-.

Il T.A.R., con la sentenza ora appellata, ha premesso che “nel procedimento di rilascio della cittadinanza italiana, l'amministrazione dispone di ampia discrezionalità, la quale non può che tradursi in un apprezzamento di opportunità circa lo stabile inserimento dello straniero nella comunità nazionale, condotta sulla base di un complesso di circostanze atte a dimostrare l'integrazione del soggetto interessato nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta”;
dipoi, passando ad esaminare la fattispecie nella sua concretezza, ha ricordato l'istruttoria svolta e, riferendosi alla "nota informativa" da ultimo acquisita agli atti del giudizio, ha osservato che le informazioni in essa esplicitate “appaiono fornire un sufficiente supporto motivazionale alla decisione di rigetto della cittadinanza italiana … per la sua precisione circa il tipo di attività effettuato”.

Basandosi su queste ultime considerazioni, il T.A.R. ha respinto la censura, formulata nel secondo motivo di ricorso, di difetto, illogicità e contraddittorietà della motivazione;
così come ha poi respinto il primo motivo di ricorso, con cui si lamentava la violazione dell’art. 8, comma 2, della l. n. 92/1991.

3. – Propone ora appello l’originario ricorrente, rinnovando la richiesta di declaratoria di illegittimità del provvedimento ministeriale sulla base del secondo dei motivi in primo grado dedotti e respinti.

Si è costituito, senza peraltro formulare difese, il Ministero dell’Interno.

Con Ordinanza n.-OMISSIS-, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 25 settembre 2014, è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata.

In data 26 gennaio 2015 il Ministero dell’Interno ha depositato documenti.

La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 5 febbraio 2015, dopo che alla stessa è stata indicata alle parti, ex art. 73, comma 3, c.p.a., la sussistenza di una questione, rilevata d’ufficio, di inammissibilità dell’appello.

4. - Va preliminarmente rilevata la tardività della produzione documentale effettuata dal Ministero appellato in data 26 gennaio 2015, in violazione del termine ( perentorio, in quanto espressione di un precetto di ordine pubblico sostanziale posto a presidio del contraddittorio e dell'ordinato lavoro del giudice, con la conseguenza che la sua violazione conduce alla inutilizzabilità processuale dei documenti presentati tardivamente, da considerarsi tamquam non essent: in termini, Cons. Stato, Sez. III, 13 settembre 2013, n. 4545 ) di quaranta giorni liberi previsto dall'art. 73, comma 1, del cod. proc. amm.

Ciò posto, il Collegio ritiene l’appello inammissibile, per violazione del principio di specificità, di cui all’art. 101, comma 1, c.p.a.

Ed invero, nel giudizio amministrativo costituisce specifico onere dell'appellante formulare una critica puntuale della motivazione della sentenza impugnata, posto che l'oggetto di tale giudizio è costituito da quest'ultima e non dal provvedimento gravato in primo grado;
ed il suo assolvimento esige la deduzione di specifici motivi di contestazione della correttezza del percorso argomentativo che ha fondato la decisione appellata ( così Consiglio Stato, sez. V, 06 ottobre 2003, n. 5896 ).

Se costituisce specifico onere ai fini dell'ammissibilità del gravame quello di contrastare la sentenza del TAR sui capi oggetto di impugnativa ( tra le tante, si veda Cons. Stato, VI, 4 agosto 2009, n. 4889 e, da ultimo, Cons. St., IV, 13 dicembre 2013, n. 6005 ) e cioè quello di contrapporre alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata quelle dell'appellante volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime ( dovendosi ritenere inammissibile l'atto di appello, che, senza neppure menzionare per sintesi il contenuto della prima decisione, risulti totalmente avulso dalla censura di quanto affermato dal primo giudice e si limiti ad illustrare la tesi giuridica già esposta in primo grado: Cass. 20-3-2013, n. 6978 e 21 marzo 2014, n. 6793 ), nella specie tale onere non è stato adempiuto, essendosi l'appellante limitato alla pedissequa riproposizione della narrativa e del secondo dei motivi di primo grado, omettendo qualsiasi cenno e qualsivoglia critica alla decisione appellata (come stabilito dall'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella sentenza 4 giugno 2011, n. 10;
v. anche Cons. St., V, 15 luglio 2013, n. 3852 e Cons. St., III, 16 dicembre 2013, n. 6017), mediante lo sviluppo di puntuali censure alla contraria decisione di primo grado e, in particolare, alle sue argomentazioni.

Né a tale requisito rispondono le uniche “novità” contenute nella parte in fatto dell’appello, laddove ( pagg. 6 – 8 ) vengono svolte deduzioni avverso le risultanze della citata comunicazione ministeriale acquisita in via istruttoria in primo grado, che, oltre a non sottoporre ad espressa valutazione critica la considerazione in termini di sufficienza motivazionale come s’è visto operatane dal T.A.R. ( la cui sentenza viene del tutto obliterata dall’appellante ), propongono per la prima volta in appello, in violazione dell’art. 104 c.p.a., vizii della relativa motivazione in alcun modo fatti valere o prospettati ritualmente in primo grado, come del resto puntualmente rilevato dallo stesso T.A.R. laddove ha osservato, con statuizione anch’essa rimasta inoppugnata e priva di specifici rilievi critici, l’assenza in prime cure di “specifiche difese” e/o di “motivi aggiunti” vòlti in qualche modo a contestare la ridetta nota.

5. - In conclusione, l'appello va dichiarato inammissibile, nei sensi sopra indicati.

La assenza di difese da parte dell’Amministrazione appellata giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente grado.

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