Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-04-06, n. 202002250
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Pubblicato il 06/04/2020
N. 02250/2020REG.PROV.COLL.
N. 08050/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8050 del 2016, proposto da C A, rappresentato e difeso dagli avvocati A M e L V, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G F in Roma, via Flaminia, n. 109;
contro
Ministero per i beni e le attività culturali - Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per il Comune e la Provincia di Napoli, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sede di Napoli, Sezione VII, n. 4172/2016, resa tra le parti e concernente: parere negativo di compatibilità paesaggistica;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione appellata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2019, il consigliere B L e uditi, per le parti, l’avvocato L V e l’avvocato dello Stato Alessandro Iacoangeli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il TAR per la Campania respingeva il ricorso n. 4998 del 2015, proposto da C A – in qualità di legale rappresentante della Prominvest S.r.l., proprietaria della struttura ricettiva Hotel Europa sita in Castellammare di Stabia, via Muscogiuri, n. 12 – avverso la nota della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per il Comune e la Provincia di Napoli, recante il parere di non compatibilità paesaggistica ( ex art. 167 d.lgs. n. 42/2004) relativo alla domanda di permesso a costruire in sanatoria presentata in data 8 ottobre 2010, riguardante la realizzazione, in assenza di titolo edilizio, presso la menzionata struttura ricettiva sita in area assoggettata a vincolo paesaggistico, di una piscina interrata, locali tecnici, sistemazione a verde dell’area esterna e diversa distribuzione degli spazi interni dell’ultimo piano dell’edificio. In particolare, il parere negativo soprintendentizio, previa esclusione di ogni rilevanza paesaggistica delle opere di sistemazione interne per cambio di destinazione d’uso all’ultimo piano dell’edificio, era basato sul testuale rilievo che « sia la piscina, in quanto nuova costruzione, sia i volumi realizzati ex novo, non rientrano nei casi previsti dal citato comma 4 dell’art. 167. Di conseguenza le opere di sistemazione esterna conseguenziali alle suddette nuove costruzioni non possono essere assentite ».
Il TAR, in reiezione del ricorso, rilevava che:
- alcuna rilevanza poteva attribuirsi alla sentenza n. 2763/2013 dello stesso TAR, la quale, pur riferendosi alle medesime opere, aveva ad oggetto non la sanatoria paesaggistica, ma quella urbanistica ex art. 36 d.P.R. 380/2001 e il relativo atto di diniego comunale, fondato sul distinto profilo del contrasto degli interventi con le previsioni urbanistiche, sulla base peraltro di un errata considerazione della loro collocazione in una determinata zona di PRG;
- la piscina di cui è causa (unitamente alle relative opere accessorie) non poteva essere annoverata fra i volumi tecnici o pertinenziali, in quanto la stessa non poteva considerarsi come strettamente connessa alle esigenze tecnico-funzionali della struttura alberghiera, essendo in grado di esprimere una propria autonomia funzionale (tant’è che molte strutture alberghiere consentono l’accesso a pagamento alla piscina anche a persone non rientranti nella clientela dell’hotel)
- ciò, a prescindere dal rilievo, ripetutamente affermato dal TAR in propri precedenti, che « tutti gli elementi strutturali concorrono al computo della volumetria del manufatto, siano essi interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell'edificio al quale accede » (v. così, testualmente, l’appellata sentenza).
2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’originario ricorrente, sostanzialmente riproponendo i motivi di primo grado, seppure adattati all’impianto motivazionale dell’impugnata sentenza, nonché chiedendo, previa sospensione della sua provvisoria esecutorietà e in sua riforma, l’accoglimento del ricorso di primo grado.
3. Si costituiva in giudizio il Ministero appellato con comparsa di stile, resistendo.
4. Respinta con ordinanza n. 5404/2016 l’istanza di sospensiva – sotto l’esclusivo profilo che, in punto di periculum in mora , non risultavano dedotti e allegati eventuali ostacoli o impedimenti all’attuale utilizzazione delle opere in questione, in tesi riconducibili al gravato parere soprintendentizio –, all’udienza pubblica del 17 ottobre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Premesso che, contrariamente a quanto affermato nell’appellata sentenza, il parere soprintendentizio sin dal ricorso introduttivo di primo grado era stato impugnato anche nella parte in cui aveva dichiarato non sanabili le opere di sistemazione esterna, in quanto consequenziali alle opere di realizzazione della piscina e dei vani tecnici (v. p. 9 del ricorso di primo grado), si osserva nel merito che l’appello è fondato, nei sensi di cui appresso.
Questa Sezione, con la sentenza n. 6644/2019 – in reiezione dell’appello proposto dal Comune di Castellammare di Stabia avverso la sentenza n. 2763/2013 del TAR per la Campania, con la quale, in esito a verificazione, era stato accolto il ricorso proposto dall’odierno appellante avverso il diniego comunale della richiesta del permesso a costruire in sanatoria prot. n. 49133/2010 e il successivo ordine di demolizione del 9 marzo 2011 relativi alle opere di cui è causa –, ha statuito che:
- la realizzazione di una piscina di non rilevanti dimensioni, quale quella in contestazione, rientra nell’ambito delle pertinenze e non integra violazione né degli indici di copertura né degli standard urbanistico-edilizi, atteso che non aumenta il carico urbanistico della zona e che i vani per impianti tecnologici sono sempre e comunque consentiti;
- in tale ottica, in linea generale una piscina realizzata in una proprietà privata a corredo esclusivo della stessa non possiede un’autonomia immobiliare, ma deve considerarsi quale pertinenza dell’immobile principale esistente, essendo destinata a suo servizio;
- analoghe considerazioni non potevano che estendersi anche alle opere di sistemazione ed a quelle concernenti i locali di servizio.
Ebbene, pur riferendosi dette statuizioni agli aspetti urbanistico-edilizi della vicenda all’esame, le stesse – al fine di evitare quanto meno un conflitto pratico tra giudicati e di garantire la coerenza delle decisioni giudiziarie relative ad un medesimo episodio di vita, seppur nel caso di specie involgente amministrazioni in parte diverse – non possono che assumere rilievo nel presente giudizio, laddove con tali statuizioni la piscina, i vani tecnici e le correlative opere esterne di sistemazione sono state qualificate come opere pertinenziali alla struttura alberghiera.
Infatti, il rinvio ai concetti di volumetria e superficie utile, contenuto nell’art. 167, comma 4, d.lgs. n. 42/2004 – per cui l’autorità preposta alla gestione del vincolo accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei casi indicati (tra cui, per quanto qui interessa, in relazione a lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati ) –, non può che interpretarsi nel senso di un rinvio al significato tecnico-giuridico che tali concetti assumono in materia urbanistico-edilizia, trattandosi di nozioni tecniche non già specificate dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, ma solo dalla normativa urbanistico-edilizia (v. sul punto, ex plurimis , Cons. Stato, Sez. VI, 31 marzo 2014, n. 1512); ne deriva che non può essere ipotizzato un’accezione in termini a-tecnici o eccedenti il loro significato specialistico per giungere senz’altro alla conclusione di un’astratta preclusione normativa rispetto a una valutazione che va, invece, ragionevolmente espressa in funzione della essenzialità dell’opera che di volta in volta viene in rilievo, in modo da porla in concreta ed effettiva relazione, ai fini del successivo giudizio di compatibilità paesaggistica, rispetto al contesto paesaggistico tutelato (v. Cons. Stato, Sez. VI, 13 maggio 2016, n. 1945).
Ebbene, una volta qualificate, con la sentenza n. 6644/2019 di questa Sezione (con statuizione condivisa da questo collegio, se non altro per ragioni di coerenza sistematica), le opere de quibus come pertinenziali alla struttura alberghiera, deve, per un verso, ritenersi erronea la statuizione del TAR escludente tale caratteristica, e, per altro verso, escludersi che si esuli dalla casistica prevista dall’art. 167, comma 4, lettera a), d.lgs. n. 42/2004, non avendo invero la realizzazione delle opere sub iudice comportato la realizzazione di volume ex novo astrattamente preclusivo di una valutazione postuma di compatibilità paesaggistica.
Ne consegue l’illegittimità dell’impugnato parere della Soprintendenza, la quale avrebbe dovuto non già dichiarare l’intervento senz’altro non rientrante nelle fattispecie dell’art. 167 d.lgs. n. 42/2002, bensì procedere alla sua valutazione concreta e postuma di compatibilità paesaggistica, rispetto ai valori tutelati dal vincolo.
Per le esposte ragioni, di natura assorbente, in riforma dell’appellata sentenza e in accoglimento del ricorso di primo grado, s’impone l’annullamento del gravato provvedimento.
6. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.