Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-03-06, n. 201801409

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-03-06, n. 201801409
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201801409
Data del deposito : 6 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/03/2018

N. 01409/2018REG.PROV.COLL.

N. 07528/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7528 del 2017, proposto da:
I S, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati M F e M S, con domicilio eletto presso lo studio Falco Massimo in Roma, via degli Avignonesi N. 5;

contro

Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Abbanoa S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato M L, con domicilio eletto presso lo studio Maria Stefania Masini in Roma, via A. Gramsci 24;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI: SEZIONE I n. 00403/2017, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, di Abbanoa S.p.A. e dell’Ufficio Territoriale del Governo di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2018 il Cons. Luigi Birritteri e uditi per le parti gli avvocati M S, Sciacca su delega dichiarata di M L e l'Avvocato dello Stato Attilio Barbieri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con sentenza n. 403 del 14 giugno 2017 il TAR per la Sardegna ha dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione attiva, il ricorso proposto dalla IBI spa per il risarcimento dei danni (quantificati in complessivi €. 4.621.690,21) per effetto della illegittima revoca, disposta da Abbanoa s.p.a., dell’appalto integrato per la progettazione esecutiva e l'esecuzione delle opere di adeguamento dell'impianto di potabilizzazione di Truncu Reale, del Comune di Sassari. Revoca disposta per effetto dell’interdittiva antimafia emessa a carico della suddetta società dal Prefetto di Napoli ed annullata dal Tar Campania con pronuncia divenuta irrevocabile.

Il primo giudice rilevava, in via preliminare, la fondatezza dell’eccezione d’inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa di Abbanoa poiché la IBI spa, con atto del 21 gennaio 2011 (annotato nel registro delle imprese il 26 gennaio 2011), aveva ceduto l’azienda alla ENTEI spa. Cessione intervenuta prima della notificazione del ricorso di primo grado e persino prima che l’appellata Abbanoa spa procedesse alla revoca dell’atto impugnato (in data 2 marzo 2011).

Avverso tale decisione propone appello la IBI spa deducendo l’illegittimità del dichiarato difetto di legittimazione ad agire, assumendo che la cessione di azienda alla ENTEI ha avuto ad oggetto, per la parte che qui interessa, soltanto “ i crediti maturati alla data di cessione ed inerenti alla gestione

dell’azione ceduta: crediti che, in quanto tali, non possono comprendere il diritto al risarcimento dei danni extracontrattuali patiti dalla IBI prima della cessione ”.

Nella prospettiva dell’appellante questa soluzione è sorretta anche dal tenore dell’art. 2559 del codice civile che limiterebbe l’effetto della cessione ai soli “crediti relativi all’azienda ceduta”, ma non anche ai crediti di natura personale, non connessi alla gestione dell’impresa ma a fattispecie di responsabilità extracontrattuale;
categoria nella quale va inquadrato l’azionato diritto al risarcimento del danno derivante da atto amministrativo illegittimo.

Sul presupposto della sussistenza della legittimazione ad agire l’appellante ripropone integralmente i motivi di censura articolati in prime cure e non delibati dal TAR Cagliari, attesa la preclusione processuale declinata in primo grado.

Con tempestiva memoria si sono costituiti in giudizio la Abbanoa spa, il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Napoli invocando il rigetto dell’appello proposto.

All’odierna udienza, sentite le parti la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato e deve essere respinto.

Invero nella fattispecie appare pacifico, siccome correttamente ritenuto dal primo giudice, che l’appellante è priva di legittimazione attiva per azionare la pretesa risarcitoria articolata nel ricorso di primo grado.

E’ dato incontroverso che la cessione di azienda (dalla IBI alla ENTEI) ha avuto luogo ben prima della notificazione del ricorso in primo grado e che nell’atto di cessione non risulta formulata alcuna riserva in ordine all’azione risarcitoria in oggetto.

Tanto premesso, contrariamente all’assunto articolato dall’appellante, la cessione dell'azienda, a norma dell'art. 2559 cod. civ., ha carattere unitario ed importa il trasferimento al cessionario, insieme a tutti gli elementi costituenti l'" universitas " e senza necessità di una specifica pattuizione nell'atto di trasferimento, di tutti i crediti inerenti la gestione dell'azienda ceduta.

L'ostacolo al trasferimento dei crediti può derivare dalla contraria volontà manifestata dalle parti nel contratto di cessione (nella fattispecie, come detto, non documentata) e non dal carattere personale del rapporto, menzionato, invece, dall'art. 2558 cod. civ., che disciplina la sorte dei contratti, mentre l'inerenza del credito alla gestione dell'impresa non è esclusa dalla sua natura extracontrattuale, se il fatto illecito sia stata commesso ai danni dell'azienda (come nella fattispecie).

In tal senso milita il costante insegnamento della Corte di Cassazione che va, in questa, sede richiamato (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 13676 del 13/06/2006) secondo cui “ tra i crediti che, nel caso di cessione d'azienda, si trasferiscono automaticamente al cessionario rientrano anche quelli derivanti da fatti illeciti commessi in danno dell'impresa cedente, a nulla rilevando che gli stessi consistano nella lesione di interessi legittimi pretensivi od oppositivi per condotta illegittima della P.A…” (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13692 del 31/07/2012, peraltro già richiamata dal giudice di prime cure).

Sicchè la decisione impugnata appare corretta ed il rigetto del correlativo motivo d’appello sul punto assume natura assorbente in ordine agli ulteriori motivi di gravame.

Nondimeno, ragioni di completezza rendono opportuno rilevare che, anche nel merito, l’azione risarcitoria proposta apparirebbe, comunque, infondata.

Invero, in concreto, l’informativa antimafia di cui trattasi– pur ritenuta illegittima – non trasmoda in

provvedimento illecito, foriero di danno risarcibile ai sensi dell’art. 2043 c.c. alla luce del costante insegnamento di questa sezione nella specifica materia.

Il tal senso è sufficiente ricordare che il risarcimento del danno non è una conseguenza diretta e costante dell'annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo in quanto richiede la positiva verifica, oltre che della lesione della situazione giuridica soggettiva di interesse tutelata dall'ordinamento, anche del nesso causale tra l'illecito e il danno subito, nonché della sussistenza della colpa o del dolo dell'amministrazione.

E la configurabilità degli estremi della colpa dell’amministrazione nell’adozione delle informative antimafia dev’essere scrutinata in coerenza con la funzione, con la natura e con i contenuti delle relative misure.

Andrà, in particolare, riconosciuto il dovuto rilievo alla portata della regola di azione, alla quale devono rispondere i Prefetti nell’esercizio della potestà in questione, che si rivela particolarmente sfuggente e di difficile decifrazione (cfr. in tal senso Consiglio di Stato sez. III n. 5737 del 18.12.2015;
sez. III, 1 settembre 2014, n.4441;
Sez.III, 28 luglio 2015, n. 3707).

Peraltro, nella fattispecie, l’informativa di cui si discute è stata annullata dalla sentenza n. 204/2013 del Consiglio di Stato resa in un diverso giudizio ma avente ad oggetto il medesimo provvedimento, perché fondata sul rinvio a giudizio dell’amministratore della società per il reato di traffico illecito di rifiuti considerato eccessivamente risalente nel tempo (2003).

SI tratta all’evidenza di una conclusione dalla quale, anche alla luce della natura di reato “spia” del fatto posto a fondamento dell’interdittiva e dell’ampia discrezionalità che in materia compete al Prefetto, non pare proprio possano ricavarsi gli estremi della colpa in capo all’amministrazione procedente. Colpa da escludersi pacificamente in capo alla stazione appaltante poiché la revoca dell’assegnazione provvisoria deve ritenersi atto dovuto.

Sicchè anche sotto tale profilo l’appello proposto risulta infondato.

La natura della questione trattata rende equo compensare interamente tra le parti le spese del giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi