Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-12-30, n. 201107002

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-12-30, n. 201107002
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201107002
Data del deposito : 30 dicembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08377/2010 REG.RIC.

N. 07002/2011REG.PROV.COLL.

N. 08377/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8377 del 2010, proposto da:
ANAS s.p.a. e Ministero dell’interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Consorter s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Terza, 26 luglio 2010, n. 28473, resa tra le parti, con la quale sono stati annullati:

- il provvedimento emesso in data imprecisata, comunicato con nota prot. CPA-0057529-P, con il quale la Sezione Compartimentale ANAS di Catania ha disposto l'esclusione dell'impresa ricorrente dalla procedura di affidamento relativa ai “lavori urgenti per la posa in opera di rete parietale armata e pannelli di funi lungo la pendice di monte della SS 114, in prossimità dei Km 22+200 e 21+350” (Bando CT2009-15 Gara 1);

- le informazioni ad asserito contenuto interdittivo, ex artt. 4 L. n. 490/1994 e 10 D.P.R. n. 252/1998, rilasciate dalla Prefettura di Messina, in data 19 gennaio 2009;

- il provvedimento con il quale l'ANAS ha disposto l'inserimento di tali informazioni, in forma di annotazione, nel cosiddetto “Casellario Informatico ANAS” (CIA).


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 19 luglio 2011 il consigliere Andrea Pannone e udito per le amministrazioni ricorrenti l’avvocato dello Stato Vitale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società appellata Consorter s.r.l. ha impugnato innanzi il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio la determinazione, di cui alla nota ANAS in data 19 ottobre 2009, di esclusione dalla gara per affidamento di “lavori urgenti per la posa in opera di rete parietale armata e pannelli di funi lungo la pendice di monte della SS 114 in prossimità del Km 22+200 e 21+350 ” (importo a base d’asta di Euro 391.275,73) e la presupposta informativa interdittiva della Prefettura di Messina in data 19 gennaio 2009, ai sensi degli artt. 4 d.lgs. 8 agosto 1994, n. 490e 10 d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252, risultante dal Casellario informatico ANAS.

La sentenza appellata ha accolto il ricorso e annullato gli atti impugnati, ritenendo illegittimo l’utilizzo, da parte della stazione appaltante, di un’informazione prefettizia oltre il periodo di validità, stabilito per legge, dell’informativa stessa, essendo stata quest’ultima mantenuta nel casellario informatico dell’ANAS, accessibile alle sedi periferiche, per un periodo di tempo ultrasemestrale.

Il d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252, all'art. 2, comma 1, stabilisce: “La documentazione prevista dal presente regolamento è utilizzabile per un periodo di sei mesi dalla data del rilascio, anche per altri procedimenti riguardanti i medesimi soggetti” . Questo termine appare è superato perché la stazione appaltante, nel valutare l’ammissione alla gara, scadente nel settembre 2009, ha utilizzato, con l’atto di esclusione di cui alla nota 19 ottobre 2009, un’informativa prefettizia che, essendo stata emessa il 19 gennaio 2009, era non più utilizzabile.

Il primo giudice ha affermato che i limiti temporali di validità della documentazione antimafia debbono poter valere non solo “contro” l’interessato (nel senso della necessità di verificarne la permanenza dei requisiti), ma anche a suo favore. Nemmeno si può ritenere che questo periodo di utilizzabilità (letteralmente non limitato alle informative “negative”) possa risultare tale sulla base di un’interpretazione logica o sistematica della normativa : anzi lo stesso art. 2, comma 2, d.P.R. n. 252 del 1998 espressamente riferisce alle amministrazioni la necessità di acquisire “la documentazione prevista dal presente regolamento, di data non anteriore a sei mesi” . Inoltre, il comma 8 l’art. 10, comma 8, del medesimo d.P.R. n. 252 del 1998 postula la necessità che la prefettura aggiorni “l'esito delle informazioni al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell'accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa” , confermando così l’utilizzabilità temporalmente e generalmente limitata delle informazioni stesse.

La sentenza ha richiamato alcuni precedenti (cfr. Cons. Stato, IV, 2 ottobre 2006, n. 5753 e 15 novembre 2004, n. 7362) da cui trae che la regola della limitazione temporale di utilizzabilità quale che ne sia il contenuto, non importa se positivo o negativo nei confronti dei destinatari.

Sia l’ANAS che il Ministero dell’interno hanno proposto appello deducendo in rito la nullità della sentenza per difetto di contraddittorio e, nel merito, la violazione degli artt. 2 e 10 del d. P.R. 252 del 1998.

All’udienza del 19 luglio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Va preliminarmente rilevato che il regolamento di cui al d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 ( norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia ) all'art. 2, comma 1, in tema di validità della documentazione antimafia stabilisce: “La documentazione prevista dal presente regolamento è utilizzabile per un periodo di sei mesi dalla data del rilascio, anche per altri procedimenti riguardanti i medesimi soggetti” .

La sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio qui appellata assume che questo limite temporale (applicabile alla fattispecie ratione temporis ) valga non solo a favore dell’amministrazione (cioè per gli accertamenti negativi, vale a dire che indichino la non presenza di infiltrazioni mafiose), ma anche contro (cioè per gli accertamenti positivi), e ciò sulla base del principio di parità di trattamento. A tal fine richiama precedenti giurisprudenziali che sorreggerebbero la tesi accolta.

La Sezione osserva però che i precedenti invocati (Cons. Stato, IV, 15 novembre 2004, n. 7362 e 2 ottobre 2006, n. 5753) appaiono in realtà inconferenti, perché si limitano a richiamare incidentalmente la disposizione di cui all’art. 2, ma senza farne effettiva applicazione (del resto, in entrambi i giudizi il privato è risultato soccombente).

Il Collegio concorda piuttosto con l’orientamento espresso da Cons. Stato, V, 28 febbraio 2006, n. 851 e 12 giugno 2007, n. 3126, secondo cui l’attualità dei fatti e del rischio, che deriva dall'emersione di tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata in organismi imprenditoriali, va intesa nel senso che, se non vi sono fatti nuovi, rispetto ad una precedente valutazione di presenza di tentativi siffatti, non è ragionevole, per ciò solo, concludere per il suo venir meno.

Non si deve invero dimenticare, rileva il Collegio, che la ratio delle disposizioni regolamentari in questione (attuative della previsione di legge di cui all’art. 4 d.lgs. 8 agosto 1994, n. 490, a loro volta attuative della l. 17 gennaio 1994, n. 47, in materia di comunicazioni e certificazioni previste dalla normativa antimafia), ostative alla partecipazione alle gare, riflette non già una funzione sanzionatoria, ma di prevenzione, finalizzata a costituire efficaci argini alla penetrazione criminale negli appalti pubblici. È perciò ragionevole, e conforme a proporzionalità, considerare a questi fini che la situazione di rischio di infiltrazioni, che non è costituita ma solo manifestata da singoli e rilevati episodi,si può considerare davvero fugata non già per il mero e formale successivo trascorrere di un così breve lasso di tempo dall'ultima verifica fatta, quanto per la necessità che siano sopravvenuti e accertati fatti positivi, idonei a dar conto di un nuovo e consolidato operare dei soggetti cui era stato collegato il pericolo, che persuasivamente e fattivamente dimostri un avvenuto discostamento dalla situazione prima rilevata. Ne consegue, per non derogare senza base alla ragione e alla finalità della legge, che quando il ricordato art. 2, comma 1, della disposizione regolamentare afferma che la documentazione è utilizzabile solo per sei mesi dal rilascio, intende riferirsi ai soli casi di documentazioni negative, vale a dire che attestino che non risultano infiltrazioni della criminalità organizzata, e non già – come è nella specie – anche casi di documentazioni positive: queste conservano pertanto la loro capacità interdittiva anche oltre quel termine.

Del resto, se fosse fondata l’interpretazione assunta dalla sentenza appellata, sarebbe del tutto incoerente e superflua la disciplina dell’art. 10, comma 8, del medesimo d.P.R. n. 252 del 1998, secondo cui la prefettura, anche ad istanza dell’interessato, aggiorna l’esito delle informazioni al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell'accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa: se infatti un’informativa “positiva” dovesse esaurire l’efficacia con il mero trascorrere del termine semestrale, non vi sarebbe bisogno di alcun aggiornamento;
di più, nessun aggiornamento potrebbe seriamente essere effettuato a causa della brevità di un tale termine.

Nel caso di specie la sentenza ha riconosciuto che il disciplinare di gara (depositato dall’odierna appellata) disponeva espressamente, all’art. 2, ultima parte, che “la stipulazione del contratto era, comunque, subordinata al positivo esito delle procedure previste dalla normativa vigente in materia di lotta alla mafia” : donde la legittimità e doverosità, alla stregua del disciplinare stesso, dell’acquisizione delle contestate informazioni prefettizie.

Orbene l’annullamento giurisdizionale di un’informativa “positiva” non equivale al riconoscimento dell’insussistenza delle cause interdittive di cui all’art. 4 del d.lgs. 8 agosto 1994, n. 490, cosicché la società appellata non avrebbe potuto partecipare alla gara per l’omessa presentazione di documentazione essenziale, ossia di un’informativa “negativa”.

Il ricorso in appello di ANAS s.p.a. e del Ministero dell’interno va dunque accolto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

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