Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-01-03, n. 202300083

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-01-03, n. 202300083
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202300083
Data del deposito : 3 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/01/2023

N. 00083/2023REG.PROV.COLL.

N. 02995/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2995 del 2015, proposto da
L P, C G, rappresentati e difesi dagli avvocati E P, F P, con domicilio eletto presso lo studio F P in Roma, viale Maresciallo Pilsudski, n.118;

contro

Comune di Lanuvio, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione I quater) n. 9619/2014, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 14 novembre 2022 il Cons. L M T e udito per le parti l’avvocato F P in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams";

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per il Lazio gli odierni appellanti invocavano l’annullamento dell’ordinanza di demolizione n. 128 del 10 ottobre 2005 del Comune di Lanuvio.

2. Il primo giudice respingeva il ricorso, rilevando che successivamente alla presentazione dell’istanza di condono l’immobile de quo era oggetto di ulteriori lavori, realizzati senza alcun titolo edilizio, alterandone l’originaria consistenza. Pertanto, la domanda di condono presentata il 30 marzo 2004 non poteva dirsi riferita al manufatto esistente, sicché l’ordine di demolizione non resta inficiato dalla precedente presentazione di istanza di condono. Del pari, risultava destituito di fondamento il difetto di istruttoria, avendo il Comune proceduto a plurimi sopralluoghi. Infine, non poteva trovare accoglimento la censura inerente il dedotto difetto di motivazione, in quanto i ricorrenti non contestavano la difformità tra la domanda di condono e l'ordine di demolizione come riportato nell'atto impugnato, né avevano addotto elementi per dimostrare la corrispondenza tra la domanda di condono e l'immobile oggetto dell'ordine di ripristino.

3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe hanno proposto appello gli originari ricorrenti, che ne lamentano l’erroneità per le seguenti ragioni: a) non sarebbe dato comprendere da quali circostanze il TAR abbia desunto che l’immobile sia stato oggetto di lavori ulteriori. Inoltre, se gli stessi fossero consistiti in mere opere di rifinitura, sarebbe erroneo sostenere che avrebbero mutato la consistenza dell’immobile. Ciò non avrebbe dovuto ostacolare in ogni caso l’esame dell’istanza di condono presentata dagli appellanti per la parte di opere realizzate in tempo antecedente alla presentazione dell’istanza di condono. Sicché, solo in relazione alle opere realizzate successivamente sarebbe corretta l’affermazione secondo la quale l’ordinanza di demolizione si presenterebbe quale atto vincolato;
b) non si comprenderebbe da quali elementi il TAR abbia tratto convincimento in ordine al fatto che l’amministrazione comunale avesse posto in essere numerosi sopralluoghi;
c) il TAR non avrebbe esattamente compreso il vizio di difetto di motivazione denunciato, essendo riferito quest’ultimo alla circostanza che il comune non avesse esaminato la richiesta di condono in relazione a quelle opere sicuramente realizzate prima della presentazione dell’istanza;
d) la sentenza impugnata avrebbe del tutto omesso di esaminare e decidere il terzo motivo del ricorso introduttivo, con il quale veniva censurata la pretesa sottoposizione del lotto ad un non meglio specificato vincolo ambientale ai sensi del D. Lgs. 42/04, senza dimostrare la effettività di tale circostanza.

4. Nelle successive difese gli appellanti hanno insistito nelle loro conclusioni.

5. Con ordinanza n. 6549/2021 la Sezione ha disposto istruttoria al fine di “ acquisire in via istruttoria dalla stessa amministrazione la seguente documentazione: il provvedimento n. 115/2005 (citato nel provvedimento impugnato) ed eventuali verbali di sopralluoghi effettuati da parte degli organi del Comune ”. Nessuna delle parti ha depositato gli atti in questione, né gli appellanti nei confronti dei quali era stato adottato il provvedimento n. 115/2005, né l’amministrazione comunale.

6. L’appello è infondato e non merita di essere accolto.

6.1. Quanto al primo motivo di appello deve rilevarsi che la circostanza che l’immobile oggetto di condono sia stato interessato da lavori in epoca successiva alla presentazione della richiesta in questione si desume dagli stessi atti di causa, quali ad esempio dalla memoria depositata in primo grado in data 29 maggio 2014 dove è scritto alla pagina 1 che: “ …nonostante la pendenza della detta domanda di condono. Nel frattempo l’immobile è stato ultimato nelle rifiniture ”. Inoltre, il provvedimento impugnato descrive l’immobile come una struttura “ realizzata in blocchetti di cls. ed il tetto in travi di ferro e laterizi ”, ossia in condizioni incompatibili con la possibilità che lo stesso potesse essere abitato, come affermato dagli appellanti. Sicché risulta evidente la trasformazione subita dallo stesso, che ne ha comportato anche per dimensioni dal confronto tra quanto dichiarato nell’istanza di condono e quanto desumibile dal provvedimento impugnato un diverso organismo edilizio. Sicché correttamente il primo giudice ha ritenuto che l’ordinanza di demolizione fosse un atto dovuto.

6.2. Il secondo motivo di appello non merita di essere accolto dal momento che nel provvedimento impugnato l’amministrazione afferma di aver rilevato l’esistenza di un immobile delle seguenti dimensioni ml. 12,10 x 11,60 provvisto di copertura a falda unica di altezza di ml 2,80 circa, sicché è evidente che lo stesso sia stato misurato, risultando i dati in questione ben diversi da quelli descritti in sede di istanza di condono edilizio superficie complessiva mq 69,95.

6.3. Anche il terzo motivo di appello non merita condivisione dal momento che la radicale trasformazione subita dall’immobile evidenziata dal primo giudice consente di superare il deficit motivatorio denunciato dagli originari ricorrenti.

6.4. Quanto all’omesso esame del motivo di ricorso avente ad oggetto il mancato accertamento in loco previe misurazioni della circostanza che l’immobile ricade su un lotto su cui insiste un vincolo a tutela ambientale ai sensi del D.Lgs. 42/2004, deve osservarsi che l’istanza di condono riguarda un immobile realizzato al foglio 32 mappale 213/288 in località Via Riserva della Bandita e che l’amministrazione comunale rileva la presenza di un vincolo che interessa tutto il foglio 32 mappale 213/288 in località Via Riserva della Bandita, sicché in difetto di una prova relativa all’assenza in toto del vincolo in questione non si comprende a quale fine l’amministrazione comunale avrebbe dovuto operare una misurazione in loco.

7. Il presente appello deve, quindi, essere respinto. Non deve farsi luogo alla disciplina sulle spese per la mancata costituzione di parte appellata.

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