Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-11-23, n. 202210309

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-11-23, n. 202210309
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202210309
Data del deposito : 23 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/11/2022

N. 10309/2022REG.PROV.COLL.

N. 05976/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5976 del 2022, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato prof. C F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sede di Roma (Sezione Prima), n. -OMISSIS-.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2022 il Cons. Umberto Maiello e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. In data 8 febbraio 2021, l’appellante, cittadino francese, ha presentato un’istanza al Ministero della Giustizia volta ad ottenere, così come ha già ottenuto in Francia, Polonia e Svizzera, una dichiarazione di esplicita ‘garanzia di non estradizione’ negli U.S.A., ai sensi degli artt. 697 e 698 c.p.p., nell’eventualità in cui fosse stata richiesta dalle competenti autorità statunitensi.

1.1. Le esigenze sottese alla suddetta istanza si riconnettono, nella prospettazione di parte, alla pendenza di un procedimento penale instaurato nel 1977 dallo Stato della California per il delitto di atti sessuali con una minorenne e di cui l’appellante contesta la legittimità in ragione di un accordo ( pleabargain ) per effetto del quale egli avrebbe già scontato integralmente presso l’istituto penitenziario californiano di -OMISSIS-la pena inflittagli.

1.2. E, infatti, nel 2005 le autorità statunitensi (nella specie, l’U.S. Attorney’s Office di Los Angeles, California) hanno richiesto all'Interpol l'emissione di una RedNotice (c.d. avviso rosso) registrata con il n. -OMISSIS-, in ragione della quale l’arresto dell’appellante sarebbe stato giustificabile e legittimo anche in un Paese “terzo” rispetto al provvedimento di estradizione.

2. A fronte del mancato esame dell’istanza da parte del Ministero, l’appellante ha proposto il ricorso di primo grado innanzi al TAR per il Lazio, Sede di Roma, che, però, con la sentenza n. -OMISSIS-lo ha dichiarato inammissibile.

2.1. Il TAR ha, invero, rilevato l’« insussistenza di un obbligo di provvedere in capo al Ministero della Giustizia in via preventiva, in funzione della mera eventualità della presentazione di una domanda di estradizione ovvero di una richiesta di arresto provvisorio, istanze che, per converso, fanno insorgere l’obbligo di attivazione da parte del Ministero intimato» trattandosi di “ (…) istanza non prevista dall’ordinamento come idonea ad avviare un procedimento tipico” .

2.1. Il TAR ha, altresì, disatteso la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, in quanto, a suo dire, in assenza di richieste di estradizione, « il ricorrente è libero di spostarsi sul terreno dell’Unione Europea ».

3. L’appellante ha chiesto che – in riforma della sentenza del TAR – il ricorso di primo grado sia accolto, a tal fine articolando i seguenti motivi di gravame:

a) sarebbe erronea la statuizione di inammissibilità, anzitutto, siccome pronunciata in violazione degli artt. 35 e 34 del cod. proc. amm., stante il chiaro ed attuale interesse del ricorrente alla pronuncia e non essendovi ragioni ostative a una decisione di merito, ragioni che nemmeno sarebbero state enunciate nell’appellata sentenza;

b) contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, sussisterebbe l’obbligo di provvedere, non potendo individuarsi, come pur erroneamente affermato dal TAR, un provvedimento di riscontro all’istanza presentata dall’appellante nel “ Rapporto informativo del Ministero della Giustizia Prot. n. m_dg.-OMISSIS-. ”, depositato in giudizio dall’Avvocatura Generale dello Stato e ad essa indirizzato quale mera relazione ad uso interno e a soli fini difensivi. Il TAR non si sarebbe, pertanto, accorto della permanenza del silenzio, dovendo il Ministero rispondere nella sede propria mediante l’avvio di un procedimento, la conseguente istruzione e la coerente definizione con provvedimento espresso e motivato nei termini previsti dalla legge.

Né potrebbe avere qui rilievo, rispetto all’obbligo di provvedere nel senso suddetto, la prospettata inaccoglibilità della domanda siccome presentata in via “preventiva” in assenza di una richiesta di estradizione, trattandosi di profili di merito ovvero di inammissibilità procedimentale dell’istanza che, semmai, si sarebbero dovuti valorizzare nel doveroso provvedimento conclusivo del procedimento, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990;

c) il TAR non avrebbe adeguatamente considerato che la domanda è stata presentata in via preventiva in quanto la tutela qui azionata, ove venisse differita al momento dell’ingresso dell’appellante nel territorio dello Stato italiano, oppure al momento della richiesta di estrazione da parte delle autorità statunitensi, si potrebbe rivelare tardiva ed inutile rispetto ad un arresto o ad una potenziale misura cautelare personale che lo priverebbero della propria libertà personale, arrecando così un pregiudizio irreparabile;

d) la sentenza appellata andrebbe riformata anche nella parte in cui, non recependo il rischio concreto della possibilità di arresto immediato, avrebbe disatteso la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.

E, invero, l’inerzia dell’Amministrazione intimata impatterebbe con il diritto dell’appellante, cittadino europeo, di circolare nell'Unione, come solennemente garantito dagli artt. 20 e 21 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea e dall'art. 45 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, anche perché la prospettata compressione di tale diritto sarebbe sproporzionata, in quanto non soddisferebbe nessuno dei motivi di restrizione di cui alla Direttiva 2004/38/CE del 29 aprile 2004, il cui articolo 22 dispone che la libertà di circolazione e di soggiorno di un cittadino UE possa essere limitata solo per « motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica » ulteriormente precisando che « la sola esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’adozione di tali provvedimenti. Il comportamento personale deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società »;

e) sotto diverso profilo, il medesimo capo della decisione sarebbe illegittimo in quanto la circostanza che l’interessato non disponga di alcun rimedio processuale ‘preventivo’ per contestare tale grave ostacolo alla sua libertà di circolazione sarebbe tale da configurare una violazione altrettanto palese del suo diritto a un ricorso effettivo.

4. Resiste in giudizio il Ministero della Giustizia.

5. Le parti con successive memorie hanno ribadito le proprie difese.

5.1. All’udienza del 3 novembre 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

6. Ritiene la Sezione che l’appello è infondato e, pertanto, va respinto, con conseguente conferma del dispositivo della sentenza del TAR, ancorché con diversa motivazione.

7. E’ decisivo considerare che il ricorso di primo grado risulta inammissibile per la mancata instaurazione del contraddittorio nei confronti degli Stati Uniti d'America, che, nella qualità di soggetto controinteressato, si sarebbero dovuto evocare in giudizio.

Di ciò il Collegio ha preliminarmente informato le parti, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 73 del codice del processo amministrativo.

7.1. Ad avviso dell’appellante, l’ordinamento dovrebbe prevedere un rimedio di tutela ‘anticipata’ per il cittadino europeo, rispetto alla formalizzazione di una richiesta di attivazione, nei suoi confronti, della procedura di estradizione c.d. passiva.

Tale prospettazione mira a dare evidenza alla possibile compressione del diritto alla libera circolazione di un cittadino europeo di cui agli articoli 20, comma 2, lettera a), e 21, comma 1, del TFUE a seguito e per effetto della pubblicazione nella banca dati dell’Interpol di una cd. “ red notice ”.

7.2. Per promuovere l’assistenza reciproca tra le autorità di polizia criminale dei paesi aderenti, il sistema Interpol prevede una serie di avvisi pubblicati per scopi specifici e contrassegnati da un codice colorato.

Tra essi, gli avvisi di ricerca rossi sono pubblicati su richiesta di un ufficio centrale nazionale o di un ente internazionale, con facoltà di svolgere indagini e perseguire reati, al fine di richiedere la localizzazione di una persona ricercata, la sua detenzione, il suo arresto o la limitazione dei suoi spostamenti ai fini dell’estradizione, della consegna o di un’azione simile conforme al diritto.

In altri termini, alla stregua del regolamento Interpol, se una persona oggetto di un avviso rosso viene localizzata in uno Stato membro dell’Interpol, tale Stato deve, in particolare, procedere all’arresto provvisorio della persona ricercata oppure controllare o limitare gli spostamenti di quest’ultima, purché tali misure siano previste dalla sua legislazione nazionale e dagli accordi internazionali applicabili.

7.3. È, dunque, per le ragioni qui rappresentate, che l’odierno appellante ha inteso di sollecitare una forma di tutela preventiva per rendere irrilevanti gli effetti conseguenti dalla pubblicazione, a suo carico, di un avviso rosso, su iniziativa di uno Stato estero, nella specie gli Stati Uniti d’America.

7.4. O, osserva il Collegio che – così come è stata prospettata dall’appellante la sua esigenza di avere tutela ‘anticipata’ rispetto al procedimento che potrebbe portare a misure limitative della sua libertà personale a seguito del suo ingresso nel territorio italiano – va ravvisata l’esigenza dello Stato estero di potersi difendere nel giudizio, proposto al fine di produrre effetti restrittivi a seguito della richiesta dello stesso Stato estero (il quale non può che mirare a fare riaffermare la cogente valenza conformativa dell’avviso rosso nella parte in cui, per come recepito nell’ordinamento nazionale, contempli un potere di iniziativa della polizia giudiziaria svincolato, nella fase pre-cautelare, dalla previa richiesta del Ministro ovvero dallo stesso intervento giurisdizionale, non richiedendosi in subiecta materia – a cagione delle qualificate circostanze di urgenza che reggono la suddetta eccezionale fattispecie - un intervento ex ante dell'autorità giudiziaria ovvero del Ministro, i quali solo successivamente verrebbero coinvolti nella procedura di convalida dell’arresto preventivo, ai sensi dell’art. 716, comma 2, del c.p.c.).

7.5. Lo stesso meccanismo anticipato di tutela posto a fondamento della pretesa azionata in giudizio non può, dunque, che replicare il rapporto processuale che, in parallelo, si delinea con l’attivazione della ordinaria procedura di estradizione c.d. passiva, delineata negli artt. 697 ss. del codice di procedura penale, e che nel suo fisiologico sviluppo ha inizio con una specifica domanda dello Stato estero interessato (art. 700 c.p.p.), sicché il medesimo Stato richiedente (che ai sensi dell'art. 702 c.p.p. può intervenire nella fase giurisdizionale) si trova in una posizione uguale e contraria rispetto all'estradando, risultando titolare di un interesse giuridicamente qualificato e differenziato rispetto agli effetti tipici del decreto di estradizione (cfr. in tal senso Cons. St., Sez. IV, 5 giugno 2022, n. 3316), in conseguenza della valenza precettiva del trattato di estradizione vigente tra gli U.S.A. e la Repubblica Italiana, firmato il 13 ottobre 1983 e ratificato dall'Italia con l. 26 maggio 1984, n. 225.

7.6. Rileva dunque l’art. 117, comma 1, del codice del processo amministrativo, per il quale “ il ricorso avverso il silenzio è proposto, anche senza previa diffida, con atto notificato all'amministrazione e ad almeno un controinteressato nel termine di cui all'articolo 31, comma 2 ”.

Nella specie, il controinteressato è lo Stato estero promotore della pubblicazione della red notice , i cui effetti si vorrebbero rendere irrilevanti, sicché la mancata notifica del ricorso di primo grado impone di dichiararlo inammissibile (cfr. Cons. St., Sez. IV, 6 dicembre 2013, n. 5825).

8. Infine, e sotto diverso profilo, considerate anche le sollecitazioni provenienti dalla parte appellante all’attivazione della cd. pregiudiziale comunitaria ex articolo 267 del TFUE con richiesta di rimessione al vaglio della CGUE della verifica di compatibilità con il diritto eurounitario della normativa nazionale in tema di estradizione, il Collegio deve aggiuntivamente rilevare come non risultino versati agli atti del giudizio, tanto di primo grado che di appello, sia la RedNotice – di cui, pertanto, non viene comprovata la perdurante efficacia oltreché l’attitudine ad ingenerare effetti restrittivi della libertà personale – né gli stessi provvedimenti giurisdizionali favorevoli che sarebbero stati emanati dalle Autorità giudiziarie di altri Paesi europei e che, a dire dell’appellante, avrebbero accertato la violazione del diritto dell’Unione Europea a causa dell’affermata esecuzione della pena comminata e sulla base dei quali sollecita che anche in Italia si accerti che non deve esservi l’estradizione.

8.1. D’altra parte, risulta che anche in sede amministrativa tale documentazione non sia stata posta alla valutazione del Ministero, il che evidenzia come a fondamento della originaria istanza neppure erano state adeguatamente richiamate e documentate le deduzioni secondo cui l’ordinamento italiano e la prassi nazionale darebbero luogo ad un sistema di tutela inadeguato, rispetto a quello riferibile ad altri Stati dell’Unione Europea.

In questa sede, rileva il fatto che non vi è stata da parte dell’appellante una rappresentazione circostanziata dei fatti che dovrebbero condurre ad una preliminare delibazione della cd. pregiudiziale comunitaria.

9. In conclusione, l’appello va respinto.

Le spese del presente grado di giudizio - in ragione della novità della questione - vanno compensate.

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