Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-11-12, n. 202107543

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-11-12, n. 202107543
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202107543
Data del deposito : 12 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/11/2021

N. 07543/2021REG.PROV.COLL.

N. 02178/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2178 del 2015, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati E F, Michela Reggio D'Aci, domiciliato in via digitale come da Pubblici Registri e con domicilio fisico eletto presso lo studio Michela Reggio D'Aci in Roma, via degli Scipioni, n. 288;

contro

Comune di Padova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M L, V M, domiciliato in via digitale come da Pubblici Registri e con domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato L L in Roma, via del Viminale n. 43;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) n. -OMISSIS-/2014, resa tra le parti, concernente diniego permesso di costruire in sanatoria


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Padova;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2021 il Cons. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti gli avvocati;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1) La parte appellante ha presentato l’1 luglio 2004 una richiesta di permesso in costruire in sanatoria, ai sensi dell'articolo 32 del decreto legge 269 del 2003, riguardante un immobile sito nel Comune di Padova.

Nel preavviso di rigetto del 28.10.2008, l'Amministrazione comunale ha dedotto l’esistenza di riprese aereofotogrammetriche realizzate nel periodo maggio – novembre 2003, dalle quali non sarebbe risultato presente sul territorio il manufatto oggetto di istanza di condono, atteso che la sanatoria in questione si riferisce agli abusi realizzati entro il 31 marzo 2003.

Nella successiva nota del Comune del 3.7.2009, veniva allegata copia delle ripresa aerea, in scala 1:1000 e 1:2000, effettuata il 7.5.2003 (-OMISSIS-..

La parte appellante ha presentato osservazioni volte a contestare l'affidabilità del rilievo aerofotogrammetrico.

Il Comune ha rigettato l'istanza di condono edilizio con provvedimento del 18 gennaio 2010, n. 13338, ritenendo che dalle osservazioni presentate non sarebbero emerse motivazioni utili a superare le ragioni di rigetto e che "non comparendo nelle riprese aeree effettuate in data 07/05/2003 (programma -OMISSIS-., il manufatto risulterebbe costruito successivamente al 31/31/2003".

Parte ricorrente ha impugnato il provvedimento di rigetto - unitamente alla comunicazione ai sensi dell'art. 10 bis della legge n. 241/1990 del 23.10.2008, prot. n. 0291720, e alla successiva nota

3.7.2009 prot. n. 0182153 - dinanzi al T.A.R. Veneto, chiedendo l'annullamento degli atti gravati e il risarcimento del danno.

L'adito T.A.R. ha rigettato il ricorso con la gravata sentenza n. -OMISSIS-/2014 del 18.6.2014, condannando altresì l’originario ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore del Comune, liquidate nell'importo di€ 2.000,00 oltre ad Iva e c.p.a.

Le motivazioni del rigetto sono state basate, in estrema sintesi, su questi argomenti:

- la data di ultimazione dei lavori è successiva al 31 marzo 2003, come dimostrato dal rilievi aerofotogrammetrico acquisiti in sede istruttoria dal Comune. Inoltre l'onere di provare la data di realizzazione dell'abuso ai fini della dimostrazione dell’esistenza dei presupposti del provvedimento di sanatoria gravava in capo alla parte ricorrente;

- La domanda di condono si è rivelata dolosamente infedele e, pertanto, non si è perfezionato il silenzio assenso;

- l’art. 10 bis della Legge 241/1990 è stato rispettato in quanto il preavviso di rigetto riportava le motivazioni per le quali l'istanza di condono non sarebbe potuta essere accolta, mentre il ricorrente aveva lamentato che le osservazioni effettuate non sarebbero state prese in considerazione in sede di provvedimento finale.

Avverso la sentenza di prime cure l'originario ricorrente ha proposto il presente appello, formulando i tre rubricati motivi di ricorso di seguito indicati:

I) Avverso il capo di sentenza che ha rigettato il primo motivo del ricorso, con cui si deducevano i vizi di violazione e falsa applicazione dell'art. 32, comma 35 del D.L. 30.9.2003 n. 269, conv. con L. 24.11.2003 n. 326;
eccesso di potere per erroneità dei presupposti e per istruttoria

insufficiente;
eccesso di potere per carenza di motivazione.

In sostanza la parte appellante critica il rigetto del primo motivo di ricorso di primo grado nel quale lo stesso appellante aveva dedotto che la dichiarazione ex art. 47, comma 1, D.P.R. n. 445/2001 - allegata alla domanda di condono ed attestante la data di ultimazione dei lavori al 31.3.2003 - dovesse considerarsi dotata di valore certificativo e probatorio privilegiato e che, pertanto, quanto ivi attestato non potesse essere ritenuto a priori irrilevante dal Comune. Quest’ultimo avrebbe avuto l'onere di svolgere una specifica attività istruttoria (fondata su dati oggettivi e puntuali) per contestarne la veridicità. Ciò anche alla luce del fatto che il rilievo aerofotogrammetrico era inattendibile, non essendo possibile vedere l'area interessata dall'intervento interamente oscurata dalle chiome degli alberi circostanti.

Secondo la parte appellante la sentenza sarebbe incorsa in errore in quanto, dopo aver riconosciuto che il rilievo aerofotogrammetrico non risultava risolutivo, ha comunque statuito che dalla documentazione prodotta in giudizio non risulterebbe sussistente il presupposto indefettibile per il rilascio del condono, consistente nell'avvenuta ultimazione dei lavori alla data del 31.3.2003.

Sostiene il ricorrente, quale motivo di censura, che il provvedimento di rigetto del Comune si sarebbe fondato, nel suo apparato motivazionale, solo sulla rilevanza del rilievo aerofotogrammetrico, ritenuto dal T.A.R. non risolutivo, e che pertanto il provvedimento andava annullato.

Il medesimo T.A.R. non avrebbe dovuto prendere in considerazione altre risultanze e argomentazioni, che si sarebbero risolte in una integrazione postuma della motivazione, tanto più che le stesse risultavano errate.

La sentenza di primo grado avrebbe infatti male interpretato le risultanze degli atti di giudizio, valorizzando gli esiti di un accesso effettuato dalla Polizia Municipale il 7.4.2004, nel corso del quale, secondo il Comune, sarebbe stato accertato che a quella data era ancora in corso la realizzazione del manufatto.

Il verbale in questione, tuttavia, non avrebbe riportato accertamenti rilevati dagli stessi agenti verbalizzanti, con effetti fidefacenti riconducibili a un atto pubblico, bensì avrebbe riportato alcune dichiarazioni dei vicini, che in quanto attestazioni de relato non hanno alcun effetto probatorio, tanto più in quanto i suddetti vicini, asserisce l’appellante, erano portatori di un interesse contrario alla concessione del condono edilizio.

Il T.A.R., inoltre, avrebbe male interpretato anche le risultanze delle dichiarazioni di terzi depositate in giudizio da parte ricorrente, inerenti alla data di realizzazione dell’abuso, riportando in sentenza che dette dichiarazioni non sono idonee a comprovare la circostanza della data di realizzazione degli abusi e si riferiscono a diversi immobili in quanto riportanti un differente numero civico.

In realtà, infatti, una delle tre dichiarazioni riporta il numero civico corretto e finanche la corretta identificazione catastale.

Stante inoltre, come indicato, la mancata capacità probatoria del verbale allegato, il T.A.R. avrebbe dovuto considerare positivamente la dichiarazione del terzo che ha affermato che le opere in questione sono state effettuare prima del 31 marzo 2003.

Infine, la sentenza in esame non avrebbe tenuto conto dell’accatastamento dell’immobile avvenuto poco dopo l’acceso di cui al verbale che ha indicato che i lavori non erano stati ultimati.

II) Avverso il capo di sentenza che ha rigettato il primo motivo del ricorso introduttivo, con cui si deduceva il vizio di violazione dell'art. 32, 37° comma D.L. 30.9.2003 n. 269, conv. con L. 24.11.2003 n. 326, in quanto il decorso di 24 mesi dalla presentazione dell'istanza di condono, unitamente al pagamento degli oneri di concessione, avrebbe comportato l'accoglimento della domanda secondo il meccanismo del silenzio-assenso.

In sostanza, la parte ricorrente in appello ha dedotto l’erroneità della sentenza gravata per aver rigettato l’argomentazione secondo cui il provvedimento di rigetto dell'istanza di condono è intervenuto in un momento in cui la P.A. aveva oramai perduto il potere di denegare il titolo edilizio in sanatoria, poiché la decisione era stata assunta oltre il termine di 24 mesi idoneo a qualificare la condotta omissiva in termini di silenzio-assenso, ai sensi dell'art. 32, comma 37, D.L. 269/2003.

La sentenza impugnata ha rigettato l’indicata censura in quanto ha ritenuto che la domanda di sanatoria integrasse una "domanda dolosamente infedele" precludendo la formazione del

silenzio-assenso ex art. 40, comma 1, l. 28 febbraio 1985, n. 47.

L’appellante sostiene che, invece, le attestazioni effettuate dall'odierno appellante nella dichiarazione ex art. 47, comma 1, del D.P.R. 445/2001, presentata contestualmente all'istanza di condono e attestante la data di ultimazione dei lavori al 31.3.2003, non siano state superate o smentite dal Comune di Padova nel corso dell'istruttoria procedimentale e, anzi, abbiano trovato piena conferma nelle produzioni documentali effettuate dal medesimo appellante nel corso del giudizio di primo grado.

L'assenso sul condono si sarebbe dovuto ritenere tacitamente formato, stante l'inerzia della P.A., dopo 24 mesi dal 31.10.2005, con conseguente illegittimità del successivo rigetto.

III) Avverso il capo di sentenza che ha rigettato il primo motivo del ricorso introduttivo, con cui si deducevano i vizi di violazione dell'art. 10 bis L.

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