Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2011-09-05, n. 201104980
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Testo completo
N. 04980/2011REG.PROV.COLL.
N. 06228/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 6228 del 2010, proposto da:
STUDIO ASSOCIATO DI INGEGNERIA DI ING. VINCENZO CARAFFA, ING. GIUSEPPE CARAFFA, ARCH. SALVATORE CARAFFA, in proprio e quale capogruppo mandatario, del gruppo formato con ing. A C e ing. A C, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. V B, con domicilio eletto presso l’avv. V B in Roma, via Antonio Bertoloni, n. 35;
contro
COMUNE DI CAULONIA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Nicola Alvino e M. Elisabetta Cannizzaro, con domicilio eletto presso Ornella D'Amato in Roma, via L. V. Bertarelli, n. 29;
ARENA GIUSEPPE, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Salazar, con domicilio eletto presso l’avv. Michele Salazar in Roma, via O. Tommasini, n. 20;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA - SEZ. STACCATA DI REGGIO CALABRIA n. 540 del 7 giugno, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO INCARICO DI PROGETTAZIONE;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Caulonia e di G A;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2011 il Cons. C S e uditi per le parti gli avvocati Centanni, su delega dell' avv. Biagetti, Alvino e Maria Serena Salazar, su delega dell' avv. Michele Salazar;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
1. Il Raggruppamento Temporaneo di Imprese formato dallo “Studio Associato di Ingegneria e Architettura di Ing. Vincenzo Caraffa, Ing. Giuseppe Caraffa, Arch. Salvatore Caraffa”, quale capogruppo mandatario, dall’Ing. A C e dall’ing. A C (d’ora in avanti R.T.L. Giuseppe Caraffa), partecipava alla procedura aperta, ai sensi dell’art. 55 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, indetta dal Comune di Caulonia per l’affidamento dell’incarico di redazione del progetto definitivo/esecutivo inerente la costruzioni di un Auditorium “Casa della Pace” in memoria di Angelo Frammartino per un importo complessivo di €. 1.650.000,00, classificandosi al terzo posto con punti 76,00, di cui punti 56 per l’offerta tecnica e punti 20 per l’offerta economica.
L’aggiudicazione era disposta in favore del Raggruppamento Temporaneo di Imprese di progettisti tra l’ing. G A, arch. Clementina Albanese, arch. D G, ing. F A S, C S, arch. D V, Ing. F V e ing. D C (d’ora in avanti R.T.I. G A), la cui offerta aveva conseguito punti 86,59, di cui punti 74,33 per l’offerta tecnica e punti 12,26 per quella economica.
2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, con la sentenza n. 540 del 7 giugno 2010 ha respinto il ricorso proposto dal R.T.I. Caraffa per l’annullamento della determinazione del dirigente dell’area tecnico manutentiva del Comune di Caulonia n. 467 del 4 dicembre 2009, recante l’aggiudicazione definitiva dell’affidamento della progettazione definitiva/esecutiva, direzione dei lavori, prestazioni accessorie e specialistiche e coordinamento per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione per la realizzazione dell’edificio “Auditorium Casa della Pace”, al R.T.I. G A.
Disattese invero le eccezioni preliminari, sia quella di tardività del ricorso, sia quella di inammissibilità (per l’asserita mancata impugnazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva e per la mancata notifica del ricorso agli altri controinteressati), il tribunale ha ritenuto infondati i motivi di censura imperniati sulla violazione dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 81 e 83 del codice dei contratti pubblici e dell’art. 9, punto B, del bando di gara, nonché sull’eccesso di potere per violazione del principio di buona fede, difetto di motivazione e violazione del D. Lgs. n. 192 del 2005, osservando innanzitutto che, benché la clausola del bando concernente l’attribuzione del punteggio all’offerta economica non fosse particolarmente chiara, non poteva tuttavia accogliersi la tesi del R.T.I. ricorrente, secondo cui il punteggio per l’offerta economica sarebbe spettato solo al concorrente che avesse offerto il prezzo più basso (senza alcun punteggio per le offerte economiche degli altri concorrenti);ugualmente infondata era la censura di difetto di motivazione del provvedimento impugnato, mentre inammissibile, anche per la sua genericità, era la censura relativa alla dedotta illegittimità della valutazione degli aspetti progettuali dell’offerta presentata dal raggruppamento aggiudicatario.
3. L’ing. Vincenzo Caraffa, legale rappresentante dell’omonimo R.T.I., ha chiesto la riforma della predetta sentenza, deducendone l’erroneità alla stregua di cinque motivi, rubricati rispettivamente “I. Manifesta erroneità di giudizio in relazione alla dedotta violazione dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 81 e 83 del D. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e dell’art. 9, punto B) del bando di gara”;“II. Manifesta erroneità del giudizio in relazione alla dedotta violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241”;“III. Manifesta erroneità di giudizio in relazione alla dedotta violazione della direttiva 2002/91/CE, recepita in Italia dal D. Lgs. 19 agosto 2005, n. 192, nonché della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sul contenimento del gas serra e sul risparmio energetico”;“IV. Omessa pronuncia in relazione al dedotto eccesso di potere per cattivo esercizio del potere amministrativo” e “V. Sull’eccezione di inammissibilità per pretesa omessa impugnazione della determina di aggiudicazione definitiva”, attraverso i quali ha sostanzialmente riproposto le censure sollevate in primo grado, a suo avviso malamente apprezzate ed inopinatamente respinte, con motivazione carente e lacunosa, frutto di un superficiale esame dei documenti versati in atti.
4. Hanno resistito all’appello il Comune di Caulonia e il R.T.I. A, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza ed insistendo per il suo rigetto.
La parte appellante ed il Comune di Caulonia, in prossimità dell’udienza di discussione, hanno illustrato ulteriormente le proprie tesi difensive con apposite memorie.
Alla pubblica udienza del 22 febbraio 2011, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
5. L’appello è infondato nel merito.
Ciò esime la Sezione dall’esame delle eccezioni di inammissibilità dell’appello e dello stesso ricorso introduttivo del giudizio di primo grado sollevate dal Comune di Caulonia e dal R.T.I. G A e rende altresì superflua la delibazione del quinto motivo di gravame, con il quale l’appellante ha dedotto l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per la mancata impugnazione dell’aggiudicazione definitiva, sollevata dal R.T.I. G A.
5.1. Possono essere esaminati congiuntamente, per la stretta connessione che li caratterizza, il primo, il secondo ed il quarto motivo di gravame, con i quali è stata denunciata rispettivamente “Manifesta erroneità di giudizio in relazione alla dedotta violazione dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 81 e 83 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e dell’art. 9, punto B) del bando di gara”, “Manifesta erroneità del giudizio in relazione alla dedotta violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241” e “Omessa pronuncia in relazione al dedotto eccesso di potere per cattivo esercizio del potere amministrativo”.
In sintesi, secondo il R.T.I. appellante, la corretta interpretazione del punto 9 del bando di gara, che aveva previsto ai fini dell’affidamento dell’incarico professionale oggetto di gara il criterio del’offerta economicamente più vantaggiosa, con l’attribuzione di 80 punti per la parte tecnica (lett. A) e di 20 punti per il ribasso offerto sul compenso professionale (lett. B), comportava, in particolare, che i 20 punti per il ribasso offerto sul compenso professionale dovessero essere attribuiti soltanto al concorrente che avesse offerto il maggior ribasso, non potendo ammettersi invece l’attribuzione di un punteggio proporzionale al ribasso offerto, trattandosi di un sistema non previsto dal bando: ciò determinava, sempre secondo la tesi dell’appellante, l’illegittimità dell’operato della commissione di gara, e per essa dell’amministrazione appaltante, che, attribuendo a tutti i concorrenti il punteggio previsto dal punto 9, lett. B, del bando di concorso, in modo proporzionalmente (inverso) al ribasso offerto, aveva in realtà illegittimamente modificato, integrandola, la lex specialis della gara, peraltro senza neppure rendere intellegibili le ragioni che avevano giustificato il ricorso all’attribuzione di punteggi lineari alle offerte economiche successive al migliore offerente.
Le pur suggestive argomentazioni non sono meritevoli di accoglimento.
5.1.1. In punto di fatto occorre evidenziare che è pacifico tra le parti che la gara a procedura aperta, indetta dal Comune di Caulonia per l’affidamento dell’incarico professionale finalizzato alla redazione del progetto definitivo/esecutivo inerente la costruzione di un auditorium “Casa della Pace”, prevedeva al punto 9 che l’aggiudicazione sarebbe avvenuta con l’applicazione del “criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi degli artt. 81 e 83 del D. Lgs. n. 163/2006 come modificato ed integrato dal D.Lgs. n. 152/2008…”.
Nel predetto punto 9 del bando era anche stabilito che la valutazione delle offerte sarebbe stata compiuta da una commissione appositamente nominata, nel rispetto dei princìpi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza, con l’assegnazione di complessivi 100 punti, 80 dei quali per la qualità, efficienza e funzionalità dell’opera di progettazione presentata (tenendosi conto della qualità del progetto, del pregio tecnico, delle caratteristiche estetiche e funzionali, delle caratteristiche ambientali, urbanistiche, ecc.), mentre i rimanenti 20 punti sarebbero stati assegnati per il ribasso offerto sul compenso professionale. Al riguardo il tenore letterale del bando di gara era il seguente: “L’offerta economica è rappresentata dal corrispettivo per le attività professionali riconducibili all’oggetto del presente incarico, determinato a corpo in misura percentuale di ribasso sul prezzo a base d’asta, di cui al precedente articolo 7, e pari ad €. 122.950,82. I 20 punti a disposizione per l’offerta economica verrano attribuiti al concorrente che avrà offerto la cifra più bassa del corrispettivo”.
5.1.2. Ciò posto, la Sezione osserva che la questione controversa involge la tematica della corretta interpretazione della clausola del bando che prevedeva l’attribuzione di 20 punti per l’offerta del maggior ribasso sul compenso professionale.
5.1.2.1. Giova al riguardo ricordare che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, l’interpretazione degli atti amministrativi (ivi compreso il bando di gara) soggiace alle stesse regole dettate dall’art. 1362 e ss. c.c. per l’interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all’interpretazione letterale (in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo), dovendo in ogni caso il giudice ricostruire l’intento dell’amministrazione ed il potere che essa ha inteso esercitare in base al contenuto complessivo dell’atto e tenendo conto del rapporto tra le premesse ed il suo dispositivo (C.d.S., sez. V, 9 novembre 2010, n. 7966;16 giugno 2009, n. 3880);occorre poi aggiungere, per un verso, che secondo il criterio di interpretazione di buona fede (ex art. 1366 c.c.) gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento che impone alla P.A. di operare in modo chiaro e lineare, in modo da fornire ai cittadini regole di condotte certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative (C.d.S., sez. V, 19 novembre 2010, n. 7260) e, per altro verso, che solo in caso di oscurità ed equivocità delle clausole del bando (e degli atti che regolano i rapporti tra cittadini e P.A.) può ammettersi una lettura idonea a tutela dell’affidamento degli interessati in buona fede, non potendo generalmente addebitarsi al cittadino un onere di ricostruzione dell’effettiva volontà dell’amministrazione attraverso complesse indagini ermeneutiche ed integrative (C.d.S., sez. V, 17 ottobre 2008, n. 5064;28 marzo 2007, n. 1141).
5.1.2.2. Alla stregua di tali principi la tesi dell’appellante non può trovare favorevole considerazione in quanto si fonda su di un’inammissibile estrapolazione del solo contenuto della lettera B) del punto 9 del bando di gara dal contesto che lo contiene, senza tener conto in definitiva del fatto che detta clausola è parte integrante proprio del punto 9 e che pertanto deve essere letta ed interpretata nel suo insieme.
Invero, come si è avuto modo di accennare, il ricordato punto 9 del bando di gara è significativamente rubricato “Procedure per la valutazione – criterio di affidamento” e al primo capoverso dispone espressamente (ed inequivocamente) che l’aggiudicazione sarebbe avvenuta con l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi degli articoli 81 e 83 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, in base agli elementi successivamente indicati e che a tal fine la commissione di gara disponeva di 100 punti, di cui 80 per la qualità, efficienza e funzionalità dell’opera di progettazione presentata (all. A) e 20 punti per il ribasso offerto sul compenso professionale (all. B).
Proprio l’individuazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, quale criterio di aggiudicazione, in quanto notoriamente caratterizzato dalla valutazione di una pluralità di elementi, anche qualitativi, e non solo del prezzo (C.d.S., sez. V, 19 novembre 2009, n. 7259;sez. VI, 4 settembre 2006, n. 5100) esclude in radice la esclusiva ed assoluta rilevanza dell’elemento prezzo, sub specie del maggio ribasso offerto sul compenso professionale, su cui è imperniata la tesi dell’appellante.
E’ sufficiente osservare al riguardo che l’attribuzione del punteggio per l’offerta economica al solo concorrente che avesse offerto il maggior ribasso sul compenso professionale avrebbe svilito lo stesso criterio di aggiudicazione indicato dall’amministrazione appaltante (offerta economicamente più vantaggiosa), trasformandolo di fatto nel criterio di aggiudicazione al prezzo più basso, così tradendo la volontà dell’amministrazione, secondo cui bisognava tener conto anche e soprattutto degli elementi qualitativi dell’offerta (per i quali era stato previsto un peso decisivo, 80 punti su 100).
D’altra parte, ad avviso della Sezione, non emergono (né sono state indicate) nel bando di gara altre disposizioni che, in (eventuale) contrasto con quelle esaminate, potessero dar luogo a dubbi o equivoci in ordine alla corretta interpretazione della volontà dell’amministrazione circa le effettive modalità di scelta dell’offerta migliore o che potessero ingenerare un eventuale affidamento in buona fede sul criterio del prezzo più basso, quale criterio effettivamente prescelto dall’amministrazione.
5.1.2.3. Così ricostruito l’esatto contenuto della lett. B) del punto 9 del bando di gara, nel senso cioè che, fermo restando l’attribuzione del punteggio massimo di 20 punti alla miglior offerta economica, era legittimo, doveroso e coerente con il criterio di aggiudicazione prescelto l’assegnazione di un punteggio anche agli altri concorrenti in ragione del ribasso loro offerto (rispetto a quello massimo), correttamente la commissione, come del resto emerge dalla documentazione in atti, ha applicato ai fini del relativo calcolo quello di cui al punto b), dell’allegato B, del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 (regolamento tuttora in vigore), ciò non determinando affatto una inammissibile integrazione della lex specialis.
Era infatti proprio quest’ultima, al più volte citato punto 9 del bando di gara, ad affermare che l’aggiudicazione sarebbe avvenuta con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi degli articoli 81 e 83 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163: il quinto comma dell’articolo 83 stabilisce testualmente che “per attuare la ponderazione o comunque attribuire il punteggio a ciascun elemento dell’offerta, le stazioni appaltanti utilizzano metodologie tali da consentire di individuare con un unico parametro numerico finale l’offerta più vantaggiosa. Dette metodologie sono stabilite dal regolamento, distintamente per lavori, servizi e forniture…”.
Risultano pertanto prive di fondamento le deduzioni circa l’illegittimità dell’operato della commissione per aver fissato criteri di valutazione dell’offerta economica dopo la valutazione dell’offerta tecnica.
Deve anche aggiungersi che è del tutto insussistente il presunto vizio di carenza di motivazione per l’asserita mancata indicazione dei criteri utilizzati dalla commissione per l’attribuzione dei punteggi relativi all’offerta economica, tanto più che, come si ricava dall’esame del verbale dell’11 settembre 2009, la commissione ebbe ad illustrare come si sarebbe proceduto per l’attribuzione dei punti corrispondenti all’offerta economica, in particolare chiarendo che sarebbe stata “…utilizzata una legge di tipo lineare assegnando 20 punti al massimo ribasso”.
5.2. Resta da esaminate il terzo motivo di gravame con cui, denunciando “Manifesta erroneità di giudizio in relazione alla dedotta violazione della Direttiva 2002/91/CE, recepita in Italia dal D. Lgs. 19 agosto 2005, n. 192, nonché della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sul contenimento dei gas serra e sul risparmio energetico”, l’appellante ha sostenuto che il progetto del R.T.I. aggiudicatario non prevedeva nel realizzando edificio l’installazione di impianti funzionali alla produzione di energia di fonti alternative, il che rendeva inutilizzabile il progetto stesso che non avrebbe giammai potuto conseguire il necessario permesso di costruire: ciò confermava l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione, inopinatamente non percepita dai primi giudici.
Anche tale censura è infondata.
Infatti, se è vero che il comma 288 dell’art. 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, aveva previsto che, a decorrere dall’anno 2009, in attesa dell’emanazione dei provvedimenti attuativi di cui all’art. 4, comma 1, del D. Lgs. 19 agosto 2005, n. 192 (“Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia”), il rilascio del permesso di costruire era subordinato alla certificazione energetica dell’edificio, così come prevista dall’art. 6 del citato D. Lgs. n 192 del 2005, nonché delle caratteristiche strutturali finalizzate al risparmio idrico e al reimpiego delle acque meteoriche, il successivo comma 289 aveva disposto la sostituzione del contenuto dell’allora vigente comma 1 bis dell’art. 4 del D. Lgs. 6 giugno 2001, n. 301, con il seguente: “A decorrere dal 1° gennaio 2010, nel regolamento di cui al comma 1, ai fini del rilascio del permesso di costruire deve essere prevista, per gli edifici di nuova costruzione, l’installazione degli impianti per la produzione di fonti rinnovabili, jn modo da garantire una produzione energetica non inferiore a 1 KW per ciascuna unità abitativa, compatibilmente con la realizzabilità tecnica dell’intervento…”.
Sennonché il termine del 1° gennaio 2010 è stato spostato al 1° gennaio 2011, giusta quanto disposto dal comma 1 octies dell’art. 29 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, aggiunto dalla relativa legge di conversione e dal comma 4 bis dell’art. 8 del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194: ciò rende priva di fondamento la censura, a prescindere da ogni questione sulla sua stessa ammissibilità, non essendo stato chiarito neppure in sede di appello in che modo i presunti vizi di valutazione dell’offerta avrebbero influito sull’aggiudicazione.
6. In conclusione alle stregua delle osservazioni svolte l’appello deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.